Santarcangelo. E l’ arte ‘antica e mirabile’ dei tintori.

SANTARCANGELO&IL MANGANO. Chi arriva a Santarcangelo non viene attratto solo dai numerosi ‘tesori’ storico-architettonici più noti: l’antica Pieve, la Rocca e le Contrade, le grotte, la Collegiata e così via. Perchè c’è dell’altro. C’è l’operosità e la genialità, e ci sono gli uomini di cui parlano, meglio d’altri, i suoi artisti. Un’attività che ‘colpisce’ tra le tante è quella dei ‘tintori’. Un’arte antica, precisa in suo saggio Oreste Delucca ( 1989), antecedente la costruzione dei mangani avvenuta dopo il 1630. Nel 1474, al combarbio dei Fabbri, lavorava infatti la bottega di tale mastro Marco, tintore. Nel 1478, invece, si costituisce una società per l’esercizio della tintoria a Santarcangelo con Giacomino del Gallo riminese. Nel 1544 è menzionato un defunto ‘magister Baptista tintor’ e nell’anno seguente un ‘magister Jacobus de Cesena tintor habitator terre S.Arcangeli’ e altri ancora in date successive.L’introduzione del mangano se non indispensabile per l’esercizio della tintoria è perlomeno una innovazione tecnica importante. Si trattava d’ un investimento importante, tanto che il tintore si preoccupava di ‘strappare’ alla Comunità facilitazioni e garanzie. Era però un vero e proprio salto di qualità, con risultati di livello superiore rispetto ai precedenti.
COS’ E’ IL MANGANO. Il mangano, per chi non l’avessero mai visto, è una grossa ruota azionata all’interno da una o più persone, usato nell’antichità per scopi civili o militari. Applicato all’attività tessile e alla tintoria consente, con la premitura sul tessuto, migliore aspetto e qualità. La manganatura è un po’ l’ultima fase del ciclo di lavorazione e preparazione della tela, ispessita, stirata, per conferirle maggiore lucentezza. Ma dettagli tecnici a parte, tornando sulla diffusione di questa attività a Santarcangelo c’è da restare colpiti. Perché di vera e propria radicata tradizione trattasi. Con numerosi ‘maestri’ e ‘addetti’, nel Seicento, Settecento, Ottocento e, sia pure in quantità via via ridotta, fin ai nostri giorni. Una dimensione tale, insomma, che porta a pensare che sia ‘maturata’ qui più che altrove un’arte che mantiene notevole interesse in ambiti non limitati al locale.
E il saggio di Oreste Delucca, in gran parte, lo dimostra. Oggi, di quell’arte, a Santarcangelo, sopravvive una testimonianza quasi solitaria. Basta recarsi fra via Cesare Battisti e vicolo Denzi, in cui non è difficile notare una targa con scritto: mangano del XVII secolo. Superato un primo ambiente, si scende in un vasto locale in penombra che ospita, con qualche riverbero di luce esterna, il ‘maestoso’ mangano scampato al tempo e tuttora in attività. Il suo proprietario è Alfonso Marchi che con i figli prosegue, miracolosamente, questa trazione dai risultati straordinari.
Un ‘salto’ al mangano è sempre ripagante. Intanto, per confrontarsi la sua mole, che quando si svelò per la prima volta dovette stupire non poco per quel qualcosa di grandioso che mostrava e sopratutto per le sue inusuali potenzialità se poste a confronto con i modesti attrezzi presenti nelle botteghe artigiane d’un tempo, dove tutto ( o quasi) continuava ad essere manuale. L’odore acre delle ‘misteriose’ misture di colore. Il ‘lamento’ della ruota mossa dalla forza umana. Il luccichio delle tinture caratteristiche sulle candide tele di lino. Sono emozioni e pensieri che affiorano solo lì.
LA PRICIPESSA D’INGHILTERRA. Dicono che, anni fa, da queste parti, sia passata una principessa della corte reale d’Inghilterra. Una circostanza speciale, quella, perchè perfino occhi di sangue blu, potessero posarsi, con riconoscenza, affascinati, sui manufatti più pregiati di questa antica tradizione santarcangiolese.
Roberto Vannoni
Nella foto di repertorio, Mangano Marchi ( VXII secolo)