Evasione, in Emilia Romagna il Comune intensifica i controlli sulle dichiarazioni Isee. Calano le domande per gli asili nido.

IL COMUNE VA A SCUOLA DI EVASORI. Conciliare famiglia e lavoro. È con questo obiettivo che la regione Emilia Romagna, per il quarto anno consecutivo, ha messo a disposizione delle famiglie 11.316 voucher (a favore di 1.212 bimbi) per abbattere le rette dei nidi d’infanzia (vedi nostro articolo http://www.romagnagazzette.com/2012/02/18/oltre-11-000-voucher-dalla-regione-per-laccesso-agli-asili-nido ).
Per avere diritto all’assegno le famiglie devono avere due requisiti:
- l’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), in corso di validità, non deve essere superiore ai 35.000 euro;
- entrambi i genitori (o uno solo, in caso di famiglie monogenitoriali) devono essere occupati – ovvero essere lavoratori dipendenti, parasubordinati, autonomi od associati – al momento della domanda e per tutto il periodo in cui si beneficia dell’assegno.
Ma pare che la presentazione del modello ISEE crei non pochi imbarazzi. “Piuttosto che far conoscere il mio reddito, non iscrivo mio figlio al nido“: è quanto si sono sentiti ripetere, più volte, i dipendenti al settore Pubblica istruzione di vari Comuni romagnoli.
Presentare il modello Isee, infatti, significa mettere nero su bianco i propri redditi, sbandierare il proprio 740 al Comune. La cosa non a tutti è piaciuta, soprattutto pensando alle parole spese dagli amministratori sulla lotta all’evasione e sui controlli necessari per colpire l’evasione fiscale. In passato era diverso. Non si era obbligati a presentare l’Isee, accontentandosi di pagare la tariffa più alta, di poco superiore ai 300 euro. Un valore comunque molto inferiore a quanto si paga nei nidi a gestione privata. Quest’anno Gloria Lisi, il vicesindaco di Rimini, ad esempio, ha stravolto le abitudini e non tutti i genitori l’hanno presa bene. Chi non ha voluto far conoscere la propria denuncia dei redditi ha deciso di non iscrivere il figlio nelle scuole pubbliche, puntando, si presume, su quelle private.
Questo perchè, in base alle recenti disposizioni per il contrasto all’evasione fiscale, i Comuni sono autorizzati a diffondere i dati ricevuti all’Agenzia delle Entrate, la quale incrocerà le dichiarazioni Isee con le altre banche dati della città. L’intesa perfezionata con l’Agenzia delle Entrate permetterà poi il salto decisivo: spulciare le dichiarazioni dei redditi delle famiglie e confrontarle con le altre informazioni in possesso dell’amministrazione, per capire chi ha sbagliato e chi ha tentato la truffa.
RISULTATO? CALANO LE ISCRIZIONI. Crisi e verifiche fiscali hanno fatto crollare il numero di iscrizioni nei nidi comunali. A Rimini, per esempio, nel 2011 erano state 777. Quest’anno sono arrivate a 638, ben 138 famiglie in meno in un solo anno quando in passato il trend era l’esatto contrario, una costante crescita. E c’è dell’altro. Il paradosso vuole che rispetto a un anno fa i posti messi a disposizione dall’amministrazione comunale siano aumentati arrivando a 271. Più posti al nido equivalgono a maggiori possibilità di riuscire a trovare una sezione che ospiti il figlio, ma il fisco per alcuni e le tasche vuote per altri, hanno sortito l’effetto contrario alle premesse.
MA C’E’ CHI LANCIA UN ALLARME. La Casa delle donne per non subire violenza, per esempio, ha espresso viva preoccupazione riguardo le nuove norme di accertamento del reddito familiare ai fini della graduatoria per gli asili nido.
Le madri con figli piccoli che si rivolgono ai nostri servizi e che devono fuggire da un uomo che usa violenza contro di loro si troverebbero così ulteriormente penalizzate sull’accesso ai nidi, creando un circolo vizioso sulla loro possibilità di trovare o ritornare tempestivamente al lavoro, continuando un percorso di autonomia già molto gravoso di per sé.
Le donne separate (legalmente o di fatto) con figli/e sono una delle categorie più povere della nostra società, anche perché i padri italiani sono in Europa quelli che in assoluto di meno contribuiscono al mantenimento e alla cura dei figli dopo la separazione, perfino dopo che un giudice ha disposto un assegno. Quando questo assegno non viene di fatto corrisposto, la donna si trova a dover ricorrere al giudice ripetutamente, con ulteriori spese legali. Questa situazione è pressoché costante quando si tratta di uomini che maltrattano la compagna e i figli/e.
E’ meritorio l’intento del Comune di evitare gli abusi nelle agevolazioni legati alle doppie residenze fittizie, come pure sono condivisibili le parole dell’Assessora all’Istruzione Marilena Pillati quando dice che: “Se un bambino ha due genitori, entrambi devono contribuire alla sua crescita ed educazione”, ma questo principio contrasta fortemente con lo stato di fatto attuale, e in particolare con la situazione di grave pregiudizio in cui vivono le madri che subiscono violenza.
La Casa delle donne chiede con forza che venga trovata una soluzione accettabile per il punteggio di accesso al nido per i figli delle donne separate a basso reddito che non percepiscono di fatto l’assegno di mantenimento dal padre del bambino/a.