Viaggio alle radici della Fede. Novecento, il secolo che ha distrutto. Ma dal quale ripartire.

VIAGGIO ALLE RADICI DELLA FEDE. Quale bilancio, dunque, per l’arte sacra dell’ultimo secolo nel Riminese ? “ Più che la sua quantità è la sua varietà, frammentaria, e soprattutto la sua vicinanza nel tempo, a rendere difficile una sintesi significativa “ chiarisce Pier Giorgio Pasini nel capitolo conclusivo del libro ‘Arte e storia della Chiesa riminese’ ( edito da Skira/ Diocesi di Rimini, 1999).
Libro che ha reso possibile il ( nostro) lungo viaggio ‘alle radici della Fede’ compiuto in tappe diverse ( e tutte rintracciabili su romagnagazzette), che partendo dalle origini ha attraversato ( sia pure in maniera sintetica) i momenti d’incontro tra fede e arte fin al Novecento.
Da qualche tempo, con pretese di artisticità, sono comparse in molte nostre chiese ‘ antiche icone’, magari dipinte a mano, con santi piuttosto moderni e occidentali come Giovanni Bosco, Teresa del Bambin Gesù, Massimiliano Kolbe, la cui spiritualità a poco a che vedere con il misticismo ‘fuori dal tempo’ della tradizione orientale e antica. Del resto scarsi sono gli apporti recenti di artisti locali. L’unico, accennabile, pare essere il classicista Achille Funi ( 1890-1972), ripescato nel 1963 dai Paolotti per la decorazione murale della loro chiesa.
IL NOVECENTO. A questo punto il Novecento, più che per apporti nuovi e significativi, sembra destinato ad essere ricordato per quanto ha ‘irrimediabilmente perduto’. Soprattutto durante il passaggio del secondo conflitto mondiale che ha lasciato devastazioni e lutti un po’ ovunque sul territorio ( nella sola Rimini, ad esempio, ci furono 397 bombardamenti, con 607 morti e 9341 edifici distrutti). In poche parole la civiltà dell‘immagine ha mostrato ( proprio nell’epoca di maggiore diffusione) tutti i suoi limiti nel fornire qualcosa che andasse oltre le sensazioni ‘ soggettive ed effimere’; oscurando ( forse) per sempre il ‘ tempo delle pietre e delle mura parlanti’, o anche ‘dei grandi cicli figurativi creati dagli artisti sotto la guida di esperti teologi’ per realizzare quella ‘biblia pauperum’ che serviva da monito, diletto e guida alle folle dei fedeli. Ed è ( forse ) anche a causa di tutto questo che , oggi, il messaggio evangelico sembra ‘avere spento’ tutta la sua straordinaria efficacia non solo nelle ( sempre più modeste) celebrazioni liturgiche ma anche nella ( sempre più rada) occasione creativa di artisti dirottati altrove.
Anche i sacerdoti sono cambiati. La figura del ‘sacerdote erudito’ è scomparsa. Dando largo ( soprattutto) a figure dedite ad opere di apostolato e sociali. Ma che trascurano, qua e là, in misura ( ovviamente) diversa, la ‘ chiesa’ a loro affidata, e in cui si condensano “ secolari tradizioni che la rendono unica; e con pietre e mattoni che esprimono un antico bisogno di Dio e della sua Chiesa” e dove vanno conservati “ arredi e immagini formati nel corso dei secoli dall’ ingegno e dal lavoro dell’uomo per lodare il Signore e per richiamare la Sua attenzione”.
COME USCIRE DALL’IMPASSE. Sembra di vivere una fase d’impasse. Dalla quale occorre scuotersi. Ma senza aprire nuovi fronti di guerra. “ Si tratta semmai – come suggerisce Pier Giorgio Pasini – per quel che riguarda il patrimonio artistico di riuscire a farlo convivere all’interno di quello pastorale, valorizzando elementi che sono in grado di far recuperare il senso di un cammino e di un impegno di fede iniziato molti anni fa”. Quel cammino che in tanti ( un po’ dappertutto) anelano a riprendere. Forse più di quanti noi crediamo.
Suddivisi ( in particolare) tra coloro che si riconoscono ( tuttora) nella Chiesa locale; ma anche tra coloro che “ pur non riconoscendola esplicitamente, ragionevolmente, in essa, ritrovano le loro radici”. Le radici antichissime ( della storia e ) della fede. Appunto.
Ro.Va.
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