Emilia Romagna: meno iscritti all’Università. Rimini: quali rimedi? Parla l’assessore Bulletti.

Emilia Romagna: meno iscritti all’Università. Rimini: quali rimedi? Parla l’assessore Bulletti.
Università, foto di repertorio

RIMINI. UNIVERSITA’: Dichiarazione del Vice Presidente della Provincia di Rimini, Carlo Bulletti:

GIOVANI & FUTURO
“Un numero di iscrizioni equivalente agli iscritti alla Statale di Milano sono venuti a mancare al sistema formativo universitario nazionale nel periodo 2003/2011. Seimila studenti universitari in meno in Emilia-Romagna dove solo l’Alma Mater regge (grazie alle lauree triennali), con una riduzione- dato riportato lo scorso fine settimana dagli organi d’informazione regionali- del 20% delle iscrizioni. Calo assolutamente non giustificato dalla contrazione demografica, almeno per quanto riguarda gli ultimi 5 anni.
Un fenomeno che ha eterogenee motivazioni: lo scarso differenziale remunerativo tra chi è laureato e chi non lo è, tra chi studia e chi si impegna con un lavoro , magari in proprio; l’assenza di meritocrazia negli ascensori sociali dell’occupazione in Italia; la sfiducia. Dietro al calo delle iscrizioni per una formazione universitaria c’è la demotivazione nella proiezione del proprio futuro in questa realtà, c’è la mancanza di investimento sui saperi del Paese Italia, c’è anche la percezione dei ragazzi che non conti nulla ‘diventare bravo’ perché il sistema premia primariamente la fiducia personale da parte di chi conta. Se questa modalità di non selezione della classe dirigente non verrà radicalmente mutata, la rinuncia ai saperi si rivelerà un colpo mortale prima di tutto per i territori. Tutti i paesi che hanno tenori di crescita forti stanno investendo su cultura e alta formazione e coloro che sono in crisi non hanno mai rinunciato ad sostenere esse. Tranne l’Italia.
Quali rimedi? Assunto che la formazione non debba necessariamente essere sotto casa, Rimini dia gambe ed energia alla tipologia di formazione insistente sul suo territorio. Abbiamo un dipartimento di “scienza della qualità della vita”. Ambizioso e con due possibili destini a breve termine : a) quello dell’insuccesso, se mal definito perché privo di investimenti sulla formazione e chiarezza sui professionisti che ne debbano uscire; b) quello del successo, se il territorio (e nessun altro, badate!) vorrà chiarire il contenuto del dipartimento e sostenere un corpo docente nutrito e molto qualificato. Così si ottempererà la strategia di crescita e quella di attrazione del proprio sistema formativo. Che sarà a breve in competizione con territori molto lontani. Non è possibile guardare l’abbandono degli studenti dalle Università senza guardare le ragioni strutturali della crisi del sistema .
Nella recente applicazione della riforma Gelmini della Università si erano posti criteri di merito per accedere ad una lista nazionale di aventi diritto per la cattedra di professore ordinario. Questi criteri erano lavori scientifici pubblicati su riviste internazionali peer review. Il ministro Profumo dopo il primo bando di concorso pubblico di abilitazione ha inviato una lettera di interpretazione della regola espressa con il bando che più o meno suona così: “la commissione può bocciare chi ha i criteri di merito e può promuovere chi non ha i criteri , con una discrezionalità assoluta”. Con queste modalità di selezione della classe docente non lamentiamoci se il corpo discente si sfaldi.
Tiene dunque l’Alma Mater ma perde il sistema italiano e anche emiliano romagnolo: 29874 nuovi iscritti nel 2003 e 23939 nel 2011. Oltre a questo calo del 20% appare significativo anche il calo del 11% delle iscrizione di residenti in regione in qualunque altra facoltà. A questa riduzione corrisponde un aumento in Lombardia e Piemonte. A Milano la organizzazione privata Humanitas sta per avviare un nuova facoltà di medicina, di livello mitteleuropeo. Il personale docente in Emilia Romagna è il problema che- come abbiamo scritto- anticipa quello della fuga dagli atenei. Rimini è un problema nel problema. La possibilità che altre Università della regione ( Parma, Modena e Ferrara ) si federino è una delle soluzioni ‘di sostenibilità’ qualora il treno degli studenti venga ulteriormente a ridursi. Tra le altre ipotesi per la sostenibilità del sistema universitario vi è poi quella che i territori sostengano corsi specifici con proprie risorse. A questa è correlata la tassazione degli studenti corrispondente al livello qualitativo dei corso di laurea in esame.
Salgono le formazioni scientifiche e calano le altre. Valorizzare i nostri siti formativi (poli romagnoli) e se sì come? Mentre la Lombardia ed il Piemonte si avviano a fortificare i loro sistemi formativi, la Regione Emilia-Romagna che farà? Va qui ricordato che in un epoca di internazionalizzazione del lavoro anche la formazione deve seguire le stesse linee tendenziali . Formarsi ad un lavoro oggi non può costringersi a confini geografici di antica reminiscenza, modello aule sotto casa. Inoltre oggi la competizione ha superato il concetto di laurea ma richiede quale laurea e soprattutto dove l’hai conseguita. Perché alcuni mestieri sono competitivi se alimentati da saperi impartiti da organizzazioni qualificate, non da altre. E allora che farà Bologna e, di conseguenza, che farà Rimini ? E’ molto probabile che se il destino di un polo venisse lasciato senza autonomie di reclutamento docenti, il destino di Rimini sarebbe segnato da Bologna e le discussioni su quale prospettive a medio/lungo termine avrebbe Rimini sarebbero aleatorie. Tutto verrebbe deciso altrove. Cosa farà Rimini ? Consolidare alcune lauree brevi a forte impatto di richiesta sociale , ma anche investire risorse proprie per dipartimenti ad alto carico di innovazione e sviluppo. Come? Innanzi tutto attraverso la iniezione di un corpo docenti incardinati. Su questo, a mio avviso, l’area riminese si giocherà il proprio futuro”.

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