Ravenna. Le femministe si schierano contro il Marinabay e il ‘Mototopa’.

RAVENNA. Udi – Unione donne in Italia, Linea Rosa e Associazione Libere donne – Casa delle donne di Ravenna scrivono una lettera aperta al sindaco Fabrizio Matteucci, al Presidente della Provincia, ai Presidenti delle Associazioni di categoria e alle sigle sindacali per esprimere lo sdegno contro due pubblicità presenti in questi giorni in città
“In un solo giorno siamo venute a conoscenza di due eventi che si terranno in questo fine settimana nel nostro comune: la festa del Marinabay a Marina di Ravenna, e il motoraduno dal titolo inequivocabile Mototopa a San Pietro in Vincoli. Le immagini utilizzate dagli organizzatori di entrambe le iniziative sono volgari e offensive nei confronti delle donne. Da anni denunciamo come l’uso distorto del corpo femminile nelle pubblicità sia un fattore di arretratezza culturale (e si vede bene dal programma del motoraduno) e veicolo attraverso cui passa il modello femminile che la società patriarcale intende imporre: la donna non persona, soggetto di diritti e di libertà, ma corpo desiderabile per gli uomini e solo in quanto tale, esistente e spettacolarizzato. Non a caso le immagini usate sia a Marina che aSa Pietro in Vincoli presentano corpi femminili a metà, da cui sbucano mutandine abbassate (sempre a disposizione!!) o tope (femminilizzate) emergenti da quelle fisiologicamente naturali: mezzi corpi, perchè non esistono le figure intere-donne persone, ma solo merci da esibire e consumare”.
“Pensiamo sia venuto il momento di dire basta: basta pensare che queste immagini siano innocue o, addirittura, scherzose. Basta pensare che, al più, sia questione solo di “buon gusto” (che pure, è banale dirlo, esiste, considerando la cialtroneria e il livello di volgarità raggiunti). E basta, soprattutto, pensare che non esista correlazione fra queste rappresentazioni del corpo femminile e la violenza scatenata contro le donne che finisce spesso, troppo spesso, nel femminicidio. Come è accaduto anche a Ravenna, poche settimane fa, dove una giovane donna rumena Simona Adela è stata uccisa dal suo convivente. Non un fatto di cronaca nera, ma un femminicidio, l’uccisione di una donna per mano dell’uomo che aveva deciso di lasciare e un delitto sessuato, non passionale, come ancora i media si ostinano a definirli. E’ venuto il momento di capire che la violenza maschile sulle donne non è un problema privato, ma culturale e politico, che trova la sua origine nei rapporti di potere fra i sessi, in una cultura patriarcale fondata sull’idea del possesso e della sopraffazione dell’uomo sulla donna, nell’esclusione e marginalizzazione delle donne dal potere politico e sociale, nel permanere di discriminazioni e stereotipi sessisti nella società e nei mass media. Questa cultura si nutre di immagini come quelle delle pubblicità segnalate, donne corpi da possedere, prede da cacciare, oggetti privi di autonomia e, al contempo, rilancia e alimenta il permanere di modelli femminili dipendenti e subalterni. Con la Convenzione No More – mai più violenza e femminicidio contro le donne, firmata da molte associazioni, gruppi femminili, reti di donne in Italia e anche nella nostra città (dove è stata sottoscritta anche dalla Giunta del Comune di Ravenna), vogliamo andare oltre l’indignazione e le denunce e chiamare tutti e tutte alle loro responsabilità, prendendo parola pubblica su questi temi: dire basta con la pubblicità lesiva della dignità delle donne e impegnarsi con più determinazione in tutti gli ambiti, culturali, lavorativi, di aggregazione sociale e sportiva, per contrastare i fenomeni della violenza maschile contro le donne”.
“Ci rivolgiamo a voi come rappresentanti delle Istituzioni locali e di quel vasto mondo di associazionismo imprenditoriale, sindacale, sportivo, di intrattenimento in cui si riconoscono tantissime aziende del nostro territorio, per chiedervi: pronunciatevi pubblicamente contro l’uso distorto e pericoloso che viene fatto del corpo femminile nelle immagini che compaiono nelle pubblicità di aziende, ditte locali, eventi sortivi e spettacoli vari; dite che occorre fermarsi a riflettere sul perché c’è tanta violenza contro le donne, tanta minimalizzazione dei comportanti discriminatori e violenti e tanta sottovalutazione della pericolosità di certe immagini adottate; fate capire che la nostra comunità non si riconosce nei modelli sessisti riproposti anche nelle immagini apparse in questi giorni, ma in altre idee, nel rispetto della differenza sessuale e dei diritti che spettano alle donne, nella civile convivenza fra i generi fondata su nuovi rapporti rispettosi della reciproca autonomia e differenza. Faremmo tutte e tutti un passo avanti nella difficile azione di contrasto della violenza maschile sulle donne se, accanto alla mobilitazione permanente dei gruppi e associazioni femminili, si sentisse, forte e chiara, la voce dei rappresentanti delle istituzioni e organizzazioni sindacali e sociali della città, a sancire la riprovazione verso questi volgari stereotipi: non è censura, non è moralismo, ma presa di coscienza che certe immagini fanno male quanto le molestie e le violenze. Ce lo dicono l’Onu, la Convenzione europea sui diritti delle donne di Istanbul. Assumiamo questa responsabilità anche a Ravenna”.