Notizie e commenti di sport. Calcio italiano e sfida globale. Moratti ne è ormai convinto.

CRONACA( NON SOLO) SPORTIVA. ” Nel day after – annota la ‘rosea’ – le istituzioni si sono interrogate a lungo sulle parole di Massimo Moratti, perchè avvertono che è alle porte non solo una svolta in casa nerazzurra ma un rivoluzione per tutto il movimento calcistico nazionale”. E se Giancarlo Abete, il presidente Fgci, da un lato si inorgoglisce per l’attenzione prestata al calcio italiano da un imprenditore asiatico, dall’altro non può che essere preoccupato per un calcio che sta andando ‘ in vendita’. Un po’ com’è capitato, con altri parametri, in Europa.
Gli inglesi, infatti, in pochi anni, hanno ceduto anche mutandine di ( quasi tutte le loro) squadre. A quanto pare non sanno più manco dove sono collocati i forzieri, per cui, chissà mai che a qualcuno dei nuovo proprietario non salti la mosca di cambiare aria, potrebbero ritrovarsi nudi e tosti come agli albori di questa disciplina. Gli spagnoli, con Barca e Real, tenono. Ma si tratta di due ‘squali’ che non praticano solo sport, per cui, anche per loro, caso mai qualcuno cominciasse a contestargli ‘privilegi’ ( ormai solo) feudali, chissà che non vada ad iniziare una parabola ( pericolosamente) discendente.
I francesi hanno cominciato a vendere. Dopo il Psg anche il neo promosso Monaco. Solo i tedeschi, grazie al loro sistema da far invidia, sembrano resistere alle tentazioni esterne. Anche se è pur vero che è diventato un campionato monocorde, nel senso che, l’unica musica che si sente suonare è solo quella del Bayern ( con un Borussia D tutto da riconfermare nei tempi lunghi).
ITALIA E GLOBALIZZAZIONE. E l’Italia? manco a dirlo, sta indietro, alla retroguardia. E poco importa della sua storia carica d’onori, titoli, personaggi; e poco conta anche che tre o quattro anni fa una sua squadra, l’Internazionale, s’è aggiudicata un rarissimo Triplete. Appena qualche anno dopo i trionfi d’un’altra italiana, anzi, milanese, appunto il Milan.
Le cose, nel mondo globalizzato, corrono spedite. Un lustro vale quanto un cinquantennio d’epoche trascorse. E di questo, dopo le opportune valutazioni, si dev’essere accorto Massimo Moratti, presidente-tifoso della sua Inter, che però sembra aver ceduto alle offerte del ( quanto lui) miliardario indonesiano. ” Il problema – ha spiegato Moratti - è che qui non crescono i ricavi.
Quelli che richiede ( non solo) il fair play finanziario. E che bisogna andare a cercare per il Mondo. Allargando i mercati, che altrimenti costerebbero , e che un nuovo soggetto può portarti in casa. Senza sforzo alcuno”.
E’ il vento globale che ha predisposto le orecchie di Moratti. E può non avere tutti i torti. Anzi, probabilmente, pur con tutte le cautele del caso, ha ragione. Anche se quando in casa si cominciano a far entrare stranieri, per quanto educati siano, essi qualche ‘danno‘ ( anche inavvertitamente) lo procurano.
Cosa potrebbe aggiungere ( all’Inter, ma anche a noi) il tycoon indonesiano? Intanto ripianerebbe i debiti. Che anche se a Moratti non danno pensiero, certo sono da saldare. Dopodichè potrebbe arrivare una salutare iniezione di capitali ( 2/3 cento milioni?) che andrebbero a ‘ ricostruire’ e ad ‘ aggiornare‘ l’assetto tecnico-agonistico. Infine, sull’onda delle esperienze anglo-tedesche, si punterebbe all’acquisizione di strutture e servizi che oggi appaiono indispensabile per dare fondo alla società sportiva. Ovviamente ci riferiamo, in primis, ad un nuovo e moderno stadio di proprietà. Il rischio è che non sia un bluff. Com’è capitato con il Malaga. Come potrebbe capitare, da un momento all’altro, per ragioni varie, e che i media mancano d’evidenziare, anche a Psg o Monaco o City. E se poi, alla fin di tutti i discorsi, la cosa ha fondamento, ben s’apra ai venti della globalizzazione. In fondo il Biscione non si chiama Internazionale a caso.
ALTRE DI SPORT. Estate orfana del grande calcio, che tuttavia si riportando in pista con i suoi duelli intercontinentali, il calcio mercato, le residue scorie di Calciopoli, l’attesa del spasmodica del ritorno del Campionato che, checchè ne se ne dica per via della globalizzazione, appare ( di nuovo) equilibrato e stimolante, forse come nessun altro in Europa.
Manca il calcio, non mancano gli sport in gara. L’auto, ad esempio, o meglio la Ferrari, trattiene il respiro nell’attesa di conoscere l’esito del ‘mal di pancia’ di Alonso. Che di far miracoli, infatti, prima o poi, doveva stufarsi. Che debba portare rispetto alla ‘rossa’, questo sì, certo, i miti restano miti; e tuttavia, qualcuno dello staff, dovrà pur dirgli se capiscono qualcosa su quanto sta accadendo all’auto? La delusione, comunque, è nell’aria.
Altre delusioni arrivano dal nuoto. Credevamo di avere uno ‘squadrone’ ci ritroviamo con una manciata di ragazzini ( Magnini, a parte) sperduti e piagnucolanti. Non che non ci siano state eccezioni.
Vedi Tania Cagnotto ( eterna furtarellata, quando deve sbattere la capoccia contro le pandine dagli occhi a mandorla) o Martina Grimaldi ( che dovrebbe essere presa come spot nelle scuole per il suo ultimo chilometro dei 25 compresi nella sua gara). Ma anche Federica Pellegrini, ci spiace non unirci al coro, non ci ha consolato. La medaglia che ha preso ( argento, nei 200 sl) sarebbe venuta a caso; mentre quella che andava portata a casa ( 200 d) non l’ha vista manco col binocolo.
Delle staffette, poi, rimandiamo il commento. Da una leader del suo calibro dovrebbero sortire ben altri contributi. E il fatto che, in vasca, ci sia solo lei ad accendere la luce, non la esenta da partecipazioni, tutto sommato, poco esaltanti.
Sul Setterosa non ci pronunciamo perchè ( ancora) in cantiere, sul Settebello invece diciamo che siamo senza parole. Prima batte la ( terribile) Spagna ( 4-3) poi si disfa prima con il ( minuscolo) Montenegro e poi con la ( solita, ostica) Serbia. I nostri tecnici hanno esultato per il quarto posto, che è sempre qualche passo indietro rispetto all’ultimo mondiale, dove ci siamo laureati campioni, dimenticando anche che non è con gli ‘zuccherini’ che matura il carattere dei nostri omaccioni in vasca. Il ridicolo, infatti, alberga anche in piscina.