Notizie non solo di sport. Signora alla prova del nove. Per dimostrare che il nostro non è calcio di m…

LA CRONACA DAL DIVANO. Redde rationem. Ci siamo: il barca è passato ( pur sconfitto 3-2 a Monaco), la nostra Signora si batte per la storia. Ce la facesse a respingere gli assalti dei blancos potrebbe scrivere qualcosa di cui ci occuperemo prontamente, anche un minutino dopo. Stesso auspicio lo facciamo al Napoli ( che se non batte il Dnipro può tranquillamente lasciare andare a Liverpool il suo fantamister) e la Viola, in posizione compromessa. Ma l’ingenuo Belpaese, si sa, ai miracoli ci crede.
QUI PASSA LO STRANIERO. Ci sono dei bacucchi in quei giornali, siti e studi mediatici da far paura. E’ pur vero che il male cercherà di trionfare sempre e comunque sul bene. In questo caso, il male della stupidità contro quello della razionalità. O se volete, quello delle cose ambigue contro quello delle cose trasparenti. Ma andiamo al dunque.
In questi ultimi decenni lo sport della pelota s’è allargato a macchia d’olio. Ormai è un fenomeno intercontinentale, dove perfino il governo cinese ha messo un occhio per far diventare anche la Cina, e in breve tempo, una potenza mondiale. Ma che ha tanto di speciale la pelota?
In fondo resta un gioco, antico, facile da capire e da praticare, fin da piccoli, ma pur sempre un gioco. Che però con la concomitanza di diversi elementi ha catturato ormai passioni in ogni angolo del Pianeta.
Non è solo un bussines, ma anche una calamita sociale, soprattutto in quei popolosi paesi dove ‘ panem et circenses‘ non è uno slogan dei tempi andati. Aiuta insomma a realizzare strategie, a centrare obiettivi sociali e perfino politici. Ed è vero pure che può far salire di qualche punticino il pil d’un paese calcisticamente fortunato. Logico, dunque, che sul calcio di occhi se ne siano posati tanti, lucidi, e avidi di facili e rapidi guadagni.
Più volte abbiamo avuto modo di dire che, pur con il rispetto per altre brave testate, se la ‘rosea‘ non ci fosse bisognerebbe inventarla. Soprattutto quando azzarda inchieste dal valore fondamentale anche se, poi, alla prova dei fatti, sono in pochi quelli che le leggono per non accantonarle. Per non sbatterle nel solito dimenticatoio tanto caro agli imbelli d’ogni razza, genere e stato sociale.
Una inchiesta che ( per noi almeno ) avrebbe il diritto d’essere catalogata tra le ‘ memorabili’ è quella, recentissima, sul calcio Made in England. Indicato, dai bacucchi di cui sopra, e ad ogni piè sospinto, quale modello di riferimento per il calcio ( perlomeno) continentale. Ebbene, nell’inchiesta della ‘rosea‘ appare fin troppo evidente che quello non può essere un esempio da imitare, anche se sta attirando nelle sue casse una quantità di denaro come mai si era vista finora.
Quel pollo di Murdoch, ad esempio, è pronto a sborsare alla Premier per il prossimo triennio qualcosa intorno ai sette miliardi ( noi, per fare un confronto sullo stesso periodo, non arriviamo ad uno). Son soldi suoi, si dirà, quindi beato lui beati tutti.
Eppure, qui, qualche barlume di luce occorre accendere. Per non rotolare, gli uni e gli altri, lungo una china dall’approdo oscuro. E questo non solo ad eventuale beneficio nostro, ma anche di quel calcio che per decenni ci ha riempito alcune delle nostre ore più liete.
I DANARI DELLA PREMIER. Premier: un boom gigantesco, che nasconde però due ombre inquietanti. La prima è stata formalizzata dal Guardian: aggirare le tasse. Le registrazioni in paradisi fiscali come le isole Cayman, le isole Vergini britanniche, Bermuda e località degli Usa con regimi fiscali particolari, alimentano non poche e vaghe preoccupazioni. Il valore delle finanze offshore del calcio di sua Maestà è quantificato in 3 miliardi di sterline( 4,2 miliardi euro), con il Manchester City iscritto alle Cayman in rappresentanza di un quarto dell’intera torta.
Altre ombre derivano dal fatto che acquistare un club inglese è utile per scopi diversi: concludere affari, realizzare operazioni di economia internazionale o garantirsi un passaporto britannico. Un esempio, tutto da portare alla luce, è quello dello sceicco Mansur che nel 2008 ha acquistato il negletto City. La mossa è stata la chiave vincente di una strategia industriale tuttora in espansione: con un piano d’investimento di 1 miliardo di sterline è stata lanciata in Europa la compagnia area Ethiad di Abu Dhabi. La quale, com’è noto ormai a molti, ha acquisto Alitalia nell’attesa ( ovviamente) d’altri colpi.
Che brandeggiano già nell’aria d’una Europa pronta a vendere tutto di tutto. Non vorremmo, qui, pur con tutto il beneficio d’inventario, che si verificasse il caso in cui, nel futuro prossimo, per volare dovremo affidarci a quelli del Golfo. Ma lasciamo ( al momento) l’Europa; e concentriamoci ancora sulla pelota.
Il più noto dei miliardari del calcio inglese è Roman Abramovich, russo, 48 anni, ex nulla ed oggi tutto di tutto, fornito d’un patrimonio di oltre 10 miliardi di euro. Dal 2003 è il boss, che mai si concede alla stampa, del Chelsea di quel Mou Mou ritenuto il number one delle panchine. Roman è circondato da leggende, come quelle sulla sua non ancora accertata origine o come quelle sul suo esercito di guardie del copro, dicono 40, poco meno delle guardie svizzere del Papa, e che lo protegge non si sa da quale grave pericolo. Roman spende e spande. Anche per vincere qualcosa di calcisticamente importante, come due o tre Premier ed una Champions.
Ma perchè la civile Inghilterra, patria della democrazia ( e della trasparenza) moderna, non dirige qualche fascio di luce sul personaggio? Che, a prima vista, sembra più un novello conte di Montecristo, che un appassionato di pallone. Anche se, a dirla tutta, lo si vede spesso esultate davanti ai trionfi dei suoi blues.
Non è, però, che Abram ci incuriosisca più d’altri; visto che la lista dei nababbi che hanno trovato rifugio nelle isole d’Albione sono tanti: Joe Lewis ( Tottenham) , ad esempio, dall’alto del suo Aviva a sei piani e che solo una volta conduce a risalire il Tamigi per andarsi a fare ( quattro conti) e ( quattro chiacchiere) con gli amici; ma anche: Randy Lerner ( Aston Villa) , Stan Kroenke ( Arsenal) , Roland Duchatelet ( Charlton), etc etc.
Pensate inoltre che anche noi, poveri italioti, abbiamo una nostra ( non marginale ) rappresentanza: Pozzo-Cellino e Becchetti. Insomma, se facciamo una botta di conti, ad Albione resta poco o nulla. Lassù, infatti, tira aria di vendita ( o di svendita). Con tanto danaro in arrivo; ma anche, come si diceva, con qualche zona buia che incombe minacciosa. Come quella del riciclaggio, certo un fenomeno non da trascurare, e tuttavia diffuso, più diffuso di quel che non si veda.
La vicenda di Carson Yeung, proprietario del Birmingham, condannato da un tribunale di Honk Kong nel marzo 2014 a sei anni di carcere per avere ‘ripulito’ una montagnola di denaro sporco, è un segnale che anche al naso degli inglesi dovrebbe puzzare. Loro, figli della perfida Albione, accesi seguaci di quel nostro che diceva ‘ pecunia non olet‘.
Alla prossima puntata.
I SORRISI DEL LAUDA. E’ diventato ricco e famoso grazie ad una ‘rossa‘, verso la quale ha comunque sempre avuto scarso affetto. Da crucco minor qual è sempre stato. Adesso che con quelli della Fia ha redatto un regolamento pro Mercedes che più insulso di così non potrebbe essere, si allarga ai limiti del sopportabile non solo con quei sorrisi a quattro palmenti e quelle amabili pacche sulle spalle dei suoi fenomeni, ma anche a frasi tipo ” Siamo più bravi ( della ‘rossa’) a mettere a punto le macchine”.
Senz’altro ha ragione. Ma, come chi ha corso insegna, mettere a posto una macchina centrata in partenza resta operazione ( tutto sommato ) facile. Sostituire un bullone che non va, ad esempio, non è la stessa cosa di cambiare una power unit che solo e soltanto in un certo modo funziona a dovere. Vogliamo dire, che fare i gradassi quando si è incanalato tutto fin dall’inizio , e tramite un regolamento che ( come ha sottolineato Ecclestone) solo un pollo come Montezemolo, poteva avallare. La camicia di forza a cui hanno costretto le altre scuderie del circus automobilistico non può essere spezzata da un mese all’altro. E, forse, neppure da un anno all’altro.
Per cui due ipotesi: o la ‘rossa’ se ne va in altri lidi, lontano dalla F1, lasciando le due ‘frecce’ a scrostarsi desolatamente l’una contro l’altra; o tira fuori il colpo di genio. Come capitò a quella macchinina rossa ( un’ Alfa P3, guidata dal Nivola) che, nel 1935, al Nurburing, al cospetto di tanta feccia umana, sorpassò nell’ultimo tratto dell’ultimo giro una ‘freccia‘ che già intonava il suo inno ad una ( solo) presupposta e ( solo) drammatica eternità.
DUE PAROLINE ALL’ORECCHIO. Due paroline, ci sia concesso, a questi signori. Benitez ha detto che il ” calcio italiano è una merda”, Benitz cerchi allora di far qualcosa di buono ( finalmente) anche in Italia dove la pagnotta non facile da masticare, poi, volendo, se ne può anche andare. Portando la sua … tra le brume di Liverpool.
Alonso ha detto ” che ha fatto bene ad andarsene dalla rossa” in quanto nulla è cambiato. Evidentemente il nostro Ferdy, che per aver guidato una rossa resterà comunque nel suo cuore, non si è ancora del tutto schiarito. La rossa, per un capolavoro di perfidi legulei , è sì dietro alle ‘ frecce’, ma anche avanti alle altre. Cosa che non capitava l’anno scorso. Inoltre, anche se è poco, in Malesia ha colto la palma del vincitore. Anche questa, solo patetico un miraggio nel 2014. Esatto?
Montezemolo reclama gli arretrati. Che, volendo, non sono stati nè pochi nè di scarso prestigio. Il problema suo, però, è che si è addormentato quando l’equipe di legulei ispirata dal Todt e manipolata dal Lauda, entrambi fatti grandi, ricchi e famosi grazie alla rossa, ha redatto un regolamento capestro per nulla contrastato dalla Ferrari che poteva, all’uopo , come ha rivelato Ecclestone, contrastare. Insomma, il nostro, ha fatto la fine di Gulliver in mano ai Lillipuziani. Ben ha fatto quindi Marchionne ha spedirlo in vacanza in qualche amena località del Pianeta.
Il signor Pozzo, peraltro un benemerito del calcio nostrano, ha detto che non sono pochi i giocatori che gli chiedono di andare in Premier. Speriamo riesca ad accontentarli, tutti, dal primo fino all’ultimo; soprattutto d’ora in avanti, visto che sulle isole sta per arrivare una pioggia di scintillante danaro. Avvisandoli, però, di non meravigliarsi se avesse qualche odore sgradevole. Si veda sopra.