Non solo sport. Scontro di treni, strage jiadista a Nizza, golpe in Turchia. Europa, ma che succede?

Non solo sport. Scontro di treni, strage jiadista a Nizza, golpe in Turchia. Europa, ma che succede?
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CRONACA DAL DIVANO ESTATE. Pagine di cronaca sconvolgenti. Lo scontro tra i due treni in Puglia, la strage jiadista sulla Promenade des Anglais a Nizza, il ( fallito) colpo di stato in Turchia. Sangue, orrore, per restare ai titoli più forti. Dappertutto. In casa nostra, nel sud dell’Europa e alla sua porta d’Oriente. Per un Vecchio Continente ( nonostante tutto) ancor più fragile ( dopo la Brexit), diviso  ( tra le diverse aree storiche) e accerchiato ( non solo dal terrorismo).  Che aspettiamo? Che stanno facendo le nostre leadership  per fronteggiare le ombre scure delle tempeste in arrivo? Che dobbiamo aspettarci?

Lo scontro fra treni in Puglia ( che già conta almeno sei indagati) apre ancora getta ancora una volta luce su nostri ritardi ed inefficienze. Difficili da colmare, difficili da attribuire. La Procura di Trani ha delegato nel frattempo la Guardia di Finanza a vagliare se Ferrotramviaria ( la società che gestisce la rete, di proprietà regionale) abbia richiesto o meno ( a suo tempo, ovviamente ) uno standard di sicurezza più alto e quali siano stati i motivi per i quali  la  concessione ( in scadenza ) sia stata allungata  fino al 2021.
Ora, con tanto dolore in corso, addentrasi nei soliti balletti burocratici, sembra quasi una beffa dopo il danno. Anche perchè, come al solito, le responsabilità sono tutte da verificare. Ad esempio, l’accertamento dei requisiti di sicurezza non spetterebbe alla Regione, ma all’Ustif, organismo periferico del Ministero dei Trasporti. E comunque l’inchiesta punta ai fondi europei e alle responsabilità politiche. Solita strada per risolvere tutto niente?
La ricostruzione ( fatta attraverso il costoso sistema di  telecamere  fatto  installare tempo fa dal sindaco Christian  Estrosi) della folle corsa del Tir bianco di 19 tonnellate lanciato contro la folla alla Promenade, pone non pochi interrogativi. Il camion, preso a noleggio lunedì 11 luglio da tale  Mohamed Lahouaiej Bouhlet ( 31 anni, tunisino, residente a Nizza con permesso di soggiorno)  doveva essere riconsegnato mercoledì 13; invece, le telecamere, lo inquadrano in  quel giorno ancora parcheggiato nel qt Auriol nell’ Est di Nizza, dove resta fino alla sera successiva, quella della Festa nazionale e dei fuochi d’artificio, con tanta folla e molti bambini.

Alle 21,34 il terrorista arriva in bicicletta, la carica nell’enorme pancia dell’automezzo praticamente vuota, e si dirige verso l’Ovest della città. Per una volta il suo profilo non è quello del bravo ragazzo ma di un brutto ceffo, con tanti problemi personali e famigliari. Che però non sembrava mai davvero radicalizzato. Alle 22,45, Mohamed giunge all’inizio della Promenade, all’altezza del numero civico 11. Trova una barriera di poliziotti. E qui, non si sa bene, se sia salito ( improvvisamente o meno ) sul marciapiede dando inizio alla folle corsa. Il Tir accelera e toccai 90 orari. Mohamed si adopera per fare il maggior numero di vittime possibile.
Qualcuno, anche in scooter come il tedesco Gutjar, cerca di fermarlo finendo sotto le ruote del pesante automezzo. Invano. La corsa è continuata, zigzagando, per oltre due chilometri. Fino al Palais de la Mediterranee.  Il terrorista, non contento del tutto, aveva anche preso a sparare  dal finestrino con  una pistola calibro 7.65. Fin quando la Polizia è riuscita ad abbatterlo. In tutto non  era trascorso più di un  minuto, mentre alle sue spalle iniziava la terribile conta di morti ( non meno di 84) e di feriti ( 202 al primo controllo), tra loro tanti bambini. Vestiti a festa.

” Abbiano preso il potere” hanno annunciato i militari turchi autori del ( presunto) golpe del 15 luglio. Ma quale potere? Sul fatto che  grava con non poche incognite e perplessità sul forte alleato medio orientale della Nato, sono in tanti a chiedersi perchè ( una volta in atto) non sia stato portato avanti con la necessaria efficacia. Un po’ come ha fatto ( ancor di recente) al Sisi, in Egitto, il quale  come primo passo ha provveduto ad incarcerare Mohamed Morsi, cioè il presidente al potere, prendendo possesso al contempo ( direttamente) della televisione per impedire, con la (necessaria)  tempestività, la ( prevedibile) mobilitazione dei Fratelli Mussulmani.

Nel caso del ( presunto) golpe turco, invece, al posto del volto del nuovo capo sarebbe comparso quello di un ufficiale di non altissimo rilievo, mai sentito nominare e che era stato rimosso dallo staff dello Stato Maggiore lo scorso mese di marzo.
I golpisti hanno addirittura avvertito in anticipo le loro ambasciate nel Mondo che ‘ tra mezz’ora’ avrebbero preso il potere. Inoltre è apparso abbastanza ridicolo che pensassero di tenere in pugno un paese enorme come la Turchia ( con oltre 80 milioni di abitanti) muovendosi solo su Ankara ed Istanbul.
Erdgogan, il presidente eletto, che in un primo momento pareva fosse riparato in Germania, chiede adesso la mobilitazione popolare contro i golpisti e la testa ( in particolare) del suo rivale storico, l’ex imam 75enne Fethullah Gulen, in auto-esilio negli Stati Uniti. Lo considera ( ammesso e non concesso) l’ispiratore dell’incredibile golpe, bruciatosi in tutto ( con qualche centinaio di vittime) nel giro di poche ore.
Negli ultimi tempi Erdogan si è adoperato in una politica di ricomposizione generale con tutti i paesi vicini ( curdi a parte). Il nuovo premier Binali ( fedelissimo del presidente) ha addirittura annunciato la pace con Israele; mentre lo stesso Erdogan ha inviato una lettera di scuse a Putin per l’abbattimento in novembre del jet russo, avviando così il riavvicinamento con Mosca.
Il rapporto con l’Ue è ( al momento) reso forte dai tre milioni di profughi siriani che restano in Turchia in cambio di sei miliardi di euro. Erdogan ha allungato anche una mano tesa ( perfino) al presidente siriano  Bashar al Assad, bestia nera del regime fino poco tempo fa. Il tutto, si dice, perchè il nuovo gran capo della politica turca voglia avere il giusto peso nella ridefinizione degli assetti generali  in Medio Oriente.

ALTRE DI SPORT. Non va bene la ‘rossa‘, non va meglio Rossi. In Germania ha fatto un altro regalo al pimpante Marquez, che s’è adesso avvantaggiato di oltre 50 punti in classifica. Peccato che il Dottore commetta errori proprio dove dovrebbe dare lezioni: l’esperienza. Il fatto grave, poi, è che gli errori li ripete. S’è invece infortunato Marco Tamberi. Il suo volo, al momento s’è interrotto, qui. Ai piedi del podio olimpico e fors’anche del record del Mondo.
Solita figura da scolaretti imberbi, invece, da quelli della pallavolo, che il grembiulino loro messo dalla mamma non vogliono proprio toglierselo di dosso. Nonostante che, oggi come, possono toccare il cielo con un dito. Buone nuove invece dai giovani dell’atletica leggera. In piena rinascita.

CALCIOMERCATO. E torniamo a parlare anche di calcio. Anzi di calciomercato, che ai giorni nostra conta quanto e più del campo. La Juve continua a puntare il Pipita, che pare abbia accettato la corte ( generosa) della Nostra Signora. Anche in Italia sta quindi per materializzarsi il modello Bundesliga?  Vedremo. Intanto, dopo Pjanic, sono in arrivo a Vinovo Benatia ( ritorno in Italia dal Bayern) e Pjaca.
Collejon&Co mandano baci e abbracci al Pipita. Per loro ci sarà in Val di Sole. Intanto il Ciuccio ha preso Giak e Santon ( dall’Inter). Dicono anche che abbia messo gli occhi su Maurito  Icardi, ma in quell’orecchio l’Inter Sunig non ci sente. La Beneamata, tra l’altro, sta sondaggiando Capello ( rimasto bloccato in Turchia) per un ruolo da manager post Mancini. Affondo, inoltre, per Candreva.
Al Milan, tanto Galliani quanto Montella, vanno per i cavoli loro ragionando e bloccando questo e quello non si sa con i soldi di chi. I rossoneri, con i resti della truppa rimasta a Milanello, hanno battuto il Bordeaux in trasferta( 1-2). C’è intanto l’ok ( dall’Udinese) per Zielinshi mentre Bacca nicchia in attesa di una proposta Champions. Si fa al contempo gli affaracci suoi la Roma. In festa, tra tanta gente, in quel di Pinzolo. Molte le sue operazioni: ( tra cui,  in uscita) Ljajic al Toro; ( e in entrata) Szczesny ( di ritorno da Londra con il sorriso ) e Diawara. Tra Strootman ( recuperato) e Manolas è volata invece qualche parolina di troppo. Nulla di irreparabile. L’aria de Roma metterà riparo a tutto e tutti. Anche perchè ci vorrà pure qualcuno che ( provi) a frenare la nostra Bismarck.

COPPI – MERCKS E CHI LI HA ( DAVVERO) CONOSCIUTI. E’ dagli anni Sessanta che ci si dibatte se il più grande dei pedalatori sia stato il nostro Coppi o il belga Mercks. Molti storiografi ( e tanti, troppi saputelli) odierni, anche di parte nostra, propendono ( allegramente) per il secondo, visto anche i titoli che è riuscito a mettere in carniere. Senza valutare, chissà perchè,  i contesti diversi in cui i due straordinari campioni hanno vissuto.
Ad esempio, quando si elencano le vittorie di Coppi ci si ricorda che ha ‘ saltato’ i suoi  anni centrali  ( 1940/1947 o giù di lì ) per ragioni belliche e post belliche? Quando si dice che ha vinto ‘ solo‘ due Tour si sa che, lui, al Tour, per le ragioni di cui sopra, c’è potuto andare solo tre volte e intorno ai trent’anni? E comunque, sul tema, tra i tanti, avveduti o meno, c’è n’è uno che ( per c0mpetenza, conoscenza diretta e imparzialità)  può ( come si dice) tagliare la testa al toro?

C’è sì. E’ il ‘grande’ Raphael Geminiani, 91 anni, emigrato d’origini romagnole  in Francia .  Spiega  Raphael Geminiani: ” Sono stato direttore sportivo di Mercks. Non si capacitava. Un giorno Eddy mi fa ‘ Tu sei sempre per Coppi,ma io sono almeno al suo livello?’. E io: ‘ No, lui ha vinto qualcosa che a te manca‘. Eddy rispose:’ E’ impossibile, cosa?’. Gli dissi: ‘ Due titoli mondiali su pista ad inseguimento‘. Rimase senza parole. Se Fausto stava bene poteva staccarti ovunque: in salita, in discesa, in pianura, a cronometro, col sole, la pioggia, la neve. Immenso”.

ESSER(CI) O NON ESSER(CI). QUESTO E’ IL DILEMMA! Dapprima ( da brava conservatrice) l’inchino alla regina Elisabetta, poi, subito al lavoro per metter sù la sua squadra di governo.Theresa May è ora  la nuova inquilina del n 10 di Downing street, con davanti l’aspro cammino di ” dover condurre il Paese fuori dalla Ue, rassicurando le istituzioni politiche interne ed internazionali, ma soprattutto l’opinione pubblica, quella che in nome dell’antipolitica ha votato per la Brexit“.
Nel suo governo è previsto un numero alto di donne ( già sette, nel governo Cameron), ma anche un numero equilibrato di pro e contro la Brexit.
Agli Esteri ha posto  all’ex sindaco di Londra Johnson, pro Brexit, mentre alla Difesa ha confermato Fallon con  Davis, esponente Tory e sostenitore del Leave, al neonato ministero alla Brexit,cui spetterà un ruolo delicato nelle trattative di uscita ( ammesso e non concesso che ci sarà)  dalla Ue.
Theresa May , 59 anni, checome molte delle donne immesse ultimamente nell’agone politico nazionale ed internazionale,  ” non ha dato ancora prova di sapersi muovere ai piani alti della geopolitica“, più o meno quanto la Thatcher ai suoi esordi 27 anni fa, è andata subito al cuore del problema politico e sociale che ilreferendum ha rivelato, ovvero la spaccatura tra due ‘nazioni’, un po’ a riecheggiare le Two Nations di Disraeli, formate da ricchi e poveri, da istruiti e da ignoranti, da cosmopoliti e da locali, da avvantaggiati e da svantaggiati, imposto dal grande rimescolamento planetario della globalizzazione.
Theresa May, favorevole al Remain, già alla guida degli Interni fra 2010 e 2016, sostenitrice della linea dura nei confronti dell’immigrazione, ha sottolineato che accetta la ‘sfida‘ del ‘ divorzio da Bruxelles‘ con “ una visione positiva sul futuro dell’Isola nel Mondo“.  Come potrà riuscire a conciliare situazioni culturali e sociali interne ( per molti versi) sconosciute con il ( solito ) essere o non essere britannico nei confronti dell’Europa, probabilmente, al momento, manco lei lo sa.

Non si può certo liquidare in due righe l’essere o non essere della Gran Bretagna con il resto d’Europa. Gli isolani, abitanti della perfida Albione, hanno sempre cercato di tenere un piede al di là e un altro al di qua della Manica. A volte ci sono riusciti, con grandi risultati positivi per loro e per il Mondo, altre volte è andata così così, altre volte ancora non gli è riuscita per niente
Ci sono riusciti quando hanno contribuito a sconfiggere, prima, nel 15/18, gli Imperi centrali e, poi, uno dopo l’altro, Fascismo-Nazismo e Comunismo; ci sono riusciti così così quando hanno dato la spallata definitiva all’Europa napoleonica che se fosse rimasta in piedi non sarebbe stato poi tutto quel male per il Vecchio Continente; non ci sono riusciti affatto quando si sono impelagati in contese lunghe, devastanti, sanguinose. Da quest, soprattutto, avrebbe dovuto apprendere, anche alla luce di una globalizzazione che non permette più di affrontare i monumentali stati-continente con le limitate forze oggi disponibili sulle isole.

La Guerra dei cent’anni iniziò come contesa tra case  regnanti e finì come  conflitto tra due nazioni. Nel 1337, Edoardo III d’Inghilterra e Filippo VI di Francia giunsero ai ferri corti per via dei possedimenti feudali inglesi in Francia. S’avviò così l’aspra contesa durata un secolo. Ripassare vittorie e sconfitte poco aggiunge, se non l’orrore e l’incredulità  per quanto sangue sia stato sparso invano sul suolo d’Europa.
Nel 1428 gli inglesi assediano Orleans. Ma sono battuti dai francesi guidati dalla mistica Giovanna d’Arco, poi mandata al rogo dagli inglesi sconfitti. Con la vittoria francese del 1453 nella battaglia di Castillon si chiude la Guerra dei cent’anni. Con la sola Calais rimasta in mano inglesi.
Ma a cosa portò, in buona sostanza, il conflitto ai due contendenti? In Francia, di certo, rafforzò il potere regio che generò l’assolutismo monarchico: in Inghilterra le assemblee rappresentative avrebbe assunto un ruolo chiave specie nel controllo della spesa nazionale, di fatto, della politica regia. Inoltre, persa la depandancecontinentale, i britannici si sarebbero concentrati sull’espansione extra europea, gettando le basi del loro potere marittimo planetario.  Che non esiste più. Purtroppo,  ( soprattutto) per loro. E che non rinasce ( solo) negando il ( loro) welfare agli immigrati ( del resto d’Europa). A meno che non abbian perso il lume della ragione e si siano messi a credere  che, questo ‘tonfo‘  nel buio pesto dell’egoismo isolano,  sia il modo migliore  per rendere il paese della Regina ancora ‘ più forte‘.

Essere ( europei) o non essere ( europei)? Questo è il dilemma!

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