Non solo sport. Il terrore senza freni. Ma anche argomenti di sport. E una Signora sempre più regale.

LA CRONACA DAL DIVANO ESTATE. Europa, terra di martirio. Perpetrato da quelli che, secondo gli ottimisti, non avrebbero dovuto avere altro pensiero che di integrarsi con la gran madre Europa; e che, invece, le portano colpi sempre più ravvicinati e violenti, colpendo a raffica gente inerme e bambini. Come ci sia ancora in questo Vecchio Continente gente che s’ostina a bendarsi gli occhi davanti a tanta dura realtà non è dato da sapere.
Forse basterebbe più rigore. Forse occorrerebbero regole da far accettar e rispettare soprattutto da chi in Europa vuol venire a vivere. Separando ( con margini di certezza) la gramigna dalle persone di buona volontà, magari con il ricorso ( anche qui) ad una effettiva, quotidiana e coordinata collaborazione tra i Pesi Ue e le loro forze di Polizia e di Informazione. Chiedere il tutto sembra ovvio. Ma ovvio non è, alla prova dei fatti.Onde per cui tra organizzati, cani sciolti e mitomani di varia provenienza a pagare il prezzo più alto sono sempre i più esposti, i meno tutelati, i più inoffensivi.
Tra le ultime inermi vittime di questa già lunga strage, è stato un parroco ( ed una fedele) di un piccola chiesa vicino a Rouen. Due terroristi ( poi uccisi dalla polizia) al grido di ” Daesh, daesh!” ( acronimo arabo di Isis) sono entrati come forsennati nel piccolo tempio cristiano in cui si stava celebrando la messa del mattino procedendo ad inviare, senza pietà alcuna, il loro macabro rituale di morte alla solita Europa attonita, indifesa e impotente.
Negli Usa, cresce Donald Trump ( al 48% secondo il sondaggio Cnn, decisamente qualcosa in più del 45% della Clinton). La convention repubblicana di Cleveland che ha incoronato il discusso miliardario americano pare abbia cambiato lo scenario precedente, tanto da regalare a Trump il primo ( clamoroso) sorpasso nei sondaggi. Ad Ankara, teatro del poco convincente golpe anti Erdogan, la polizia turca ha arrestato 42 giornalisti e 7 militari.
Sospesi anche 5mila dipendenti del Ministero della Salute. Rapporti tesi inoltre tra Turchia e Usa per la mancata concessione della ( immotivata ) richiesta di estradizione di Gulen, l’oppositore del presidente turco. Accusato (?) di essere il fomentatore del presunto golpe anti Erdogan.
L’INTER A PEZZI. C’è comunque qualche spazio anche per lo sport. Con un velo di tristezza e preoccupazione, ma c’è. Sport ( in generale, caso Russia compreso) e calcio. Dove a far notizia è l’Inter a pezzi della nuova proprietà cinese. Mancio da Jesi chiede chiarezza e fiducia ottenendo poco o nulla. Qualcuno comincia a ventilare un suo abbandono anticipato, con spazio o a Leo o a Prandelli o a De Boer, nell’attesa ( programmata?) di Simeone.
Continua la favola Milan. Con Galliani che gira e ‘compra’ ma senza ‘pagare‘ visto che in tasca non ha il becco d’un quattrino. Il suo illustre mentore, nel frattempo, continua ad emulare Amleto, con in mano la nota margherita da sfogliare, ripetendo all’infinito: ” Vendo o non vendo? Questo è il dilemma!”. Ma qualcuno ha detto al Berlusca che se va avanti così per un altro mese non solo si tiene il suo Milan squattrinato ma addirittura indebolito. Che vuol fare, lui, il vecchio drago, altri anni ancora senza lotta scudetto e senza Coppe?
Vola invece verso la gloria la Nostra Signora, che in amichevole ha battuto il Tottenham (2-1), per molti la squadra favorita della prossima Premier. Acquistasse anche ( l’affidabile) Vitsel o il talentuoso Matic ( al posto dell’imberbe Podgba) risulterebbe ancor più impenetrabile. Per lei servono ormai poco gli scudetti di fronte all’impetuosa crescita economica delle big d’Europa.
E nel 2018, con una Champions riformata o la Superlega, la Nostra Signora vuol presentarsi con il vestito migliore possibile. Donando così altre dolorose ambasce ai nostri ( innumerevoli ) esterofili che sugli attacchi galattici di Barca, Real e Bayern, hanno costruito le loro ( volatili ) visioni e gerarchie del calcio moderno. Con alla sommità del paradiso quelli d’Altrove, e ficcati ( a testa in giù) nei gironi infernali (noi ) del ( misero) calcio del Belpaese.
Chissà se, tra qualche anno, con stadi nuovi di zecca a Roma, Firenze e Palermo, potremmo prenderci ( anche qui ) delle belle rivincite?
CALCIOMERCATO. Dov’è finito il Balo? A far da balia alle baby riserve del Liverpool. Donnaruma, altro assistito del Raiola, giura che starà nel Milan a vita. Forse, qualcuno, visto che lui è ancor imberbe, come fu Balo e com’è Podgba, gli spieghi con chi ha celebrato il suo futuro. Prima che sia troppo tardi. Intanto nuove ( e potenti) squadre crescono. Come il glorioso Toro di Miha, che sbotta : ” Tra due anni noi in Europa”. Con (inevitabile) stoccata al povero Diavolo.
Non era abbastanza il tradimento del Pipita ( passato alla Juve, per 94 ml) che anche Koulibaly ha cercato di infierire sull’inossidabile De Laurentis. Tutto preso con la bionda Wanda per strappare alla Beneamata il Maurito Icardi ( sei milioni annui e metà diritti immagine per lui, una parte nel cinepanettone di dicembre per lei).
La Roma scopre l’ansia play off. Mentre Manolas ( uno dei due centrali disponibili) resta una spina nel fianco per mr Pallotta. Intanto partono i preliminari di Champions ( ritorno 2-3 agosto), che ( più avanti) vedranno impegnata anche la società capitolina. Squinzi, patrono del meraviglioso Sassuolo, invita il suo Berardi a star sul posto con il cabezon, poi, magari il prossimo anno, si riparlerà per lui della Nostra Signora.
A questo pare che quel genio della Wanda non abbia ottenuto di trasferire il Maurito in lidi più danarosi, visto che l’Inter ha puntato i piedi, ma solo un aumento di stipendio. Sottotraccia, ovviamente, anche per non svegliare le ( ev.li) managers degli altri dell’Inter. Che volete, tollera tollera, siamo finiti in queste mani!
BLASFEMIA? ” Non me ne voglia nessuno – ha sorriso l’amabile Leo Turrini – ma di questi tempi uno che guida la Mercedes non può avere altro desiderio che continuare a guidarla. Ferrari o non Ferrari”. Leo ha così commentato la battuta di Hamilton al termine della gara in Ungheria, che ‘apriva’ ad un ( possibile?) suo futuro con la mitica ‘rossa‘. La blasfemia di Leo non sta tanto nella prima parte della frase, accettabile, ma nella seconda, che dimentica ( totalmente) quello che rappresenta ( da sempre) nel mondo la prodigiosa visione della ‘rossa’.
Leo, la storia della ‘rossa‘ la conosce anche meglio di noi per cui gliela risparmiamo. Non gli risparmiano invece il ‘cedimento‘ ( vagamente) blasfemo che si è concesso grazie anche al suo solito, irridente, impagabile, savoir faire. No, Leo, con le altre importante è vincere, è guai se non fosse così. Mentre per quella fascinosa auto con il simbolo dell’eroico Baracca stampigliato sui fianchi o sul cofano vincere non è tutto. La ‘rossa’ ha un modo tutto suo di elargire la gloria.
Nel passato della ‘rossa’ , ci sono stati campioni che con lei hanno vinto poco o nulla, ma che nel profondo dei tifosi ( non solo suoi ma del mondo intero dell’auto da corsa) valgono quanto ( e più) dei plurivittoriosi. Ricordi, Leo, il coraggioso Giles o il generoso Jean?
COME PERDERE LA LIBERTA’. Come si può perdere la libertà? La storia d’ Italia docet. L’invasione francese del Belpaese del 1494 non fu un fulmine a ciel sereno. Per decenni gli italiani si erano aspettati una invasione in forze della ( loro) Penisola e le avvisaglie non erano ( di certo) mancate.
Nel 1447-49 vi furono tre tentativi franco-savoiardi di entrare nel ducato di Milano; dal 1422 al 1487 gli svizzeri cercarono più volte di prendere il Ticino; sempre nel 1487, i veneziani furono messi in rotta a Calliano dagli austriaci che ( per la prima volta) schieravano i tristi Lanzichenecchi ( Landsknechte).
Il tutto, mentre nell’Italia meridionale e fin al 1442 Alfonso V d’Aragona strappò Napoli agli Angiò che la tenevano dal 1266. Durante la guerra che seguì alla Congiura de’ Pazzi , Siena, Papato e Regno di Napoli si batterono contro Firenze; onde per cui, nel 1494, Carlo VIII, re di Francia, decise che era giunto il momenti di riprendersi il Regno di Napoli, su cui vantava pretese per via della nonna paterna.
Sul Ducato di Milano ( ufficialmente governato dal giovane e malaticcio Giangaleazzo Sforza ma in realtà in mano dell’astuto e spregiudicato Ludovico il Moro), da sempre via privilegiata per accedere all’Italia avendo inoltre Genova sotto controllo, incombevano le pretese ( dinastiche) del re di Napoli; ma Ludovico il Moro puntava all’appoggio dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo affinchè, oltre a riconoscerlo duca, si ponesse con lui contro il re di Francia. Il quale, in maniera piuttosto subdola, ambiva oltre che al Napoletano anche al controllo di Firenze passata dopo Lorenzo nelle mani del figlio Piero, appena ventenne.
Piero fu consigliato invano di abbandonare l’alleanza con Napoli, anzi, inviò in Francia una ambasciata per saggiare il terreno. I legati fiorentini scrissero allarmati dei preparativi militari francesi. Ebbero anche un abboccamento segreto con Carlo, suggerendogli di espellere dal regno i mercanti loro concittadini per mettere Piero sotto pressione; altrimenti i fiorentini avevano comunque una alternativa politica quando e se ci fosse stata una calata francese in Italia.
Vista la situazione, Alfonso II succeduto al padre nel gennaio 1494, decise di giocare in anticipo mandando , in luglio, un contingente nelle Romagne, con il disegno di passare nel Parmense e istigare le popolazioni a ribellarsi agli Sforza. Nello stesso mese la flotta napoletana tentò un colpo di mano contro Genova, finendo però con occupare la sola Rapallo. La reazione franco-sforzesca non si fece attendere. Rapallo fu ripresa in pochi giorni.
Per i napoletano-pontifici stavano arrivando giorni neri. Anche se Alfonso II contava ancora di avere forze sufficienti per costringere i francesi ad impegnarsi in una estenuante guerra di logoramento nel Centro Italia.
Carlo VIII, visto il progressivo intricarsi della situazione, mise in atto l’invasione della Penisola. Sorprese tutti, dando il via alle operazioni in settembre. Portava con sè trentamila uomini e un potente treno di artiglieria. I duchi di Savoia e i marchesi di Saluzzo e Moferrato, vennero immediatamente a patti col re francese, anche per proteggersi dalle mire del Moro.
I francesi passarono nel Piacentino e, grazie all’aiuto del duca di Ferrara, si diressero verso Imola per costringere Caterina Sforza, la vera signora del luogo, a passare dalla loro parte. Respinti a Bubano, assaltarono la vicina Mordano. Al prezzo d’indicibili violenze. Carlo impiegava così la ‘ furia francese’ anche come deterrente psicologico per scombinare la ( presunta) resistenza avversaria. Poi, i francesi, invece di indirizzarsi verso l’Adriatico, dirottarono sulla Lunigiana, in gran parte sotto dominio sforzesco. Avrebbero voluto giungere sulla via Aurelia per piombare poi su Roma, dove la famiglia Colonna ( filofrancese) aveva occupato Ostia offrendo così a Carlo una importante base logistica per la sua flotta e anche provocando il richiamo del contingente papale in Romagna.
Compiendo una impresa ( allora ritenuta impossibile) il re francese riuscì a far passare le sue artiglieri oltre il Passo della Cisa, portandosi al cospetto della modernissima ( e quasi inespugnabile) fortezza di Sarzanello. Nel frattempo i contingenti franco-sforzeschi avevano iniziato brutali scorrerie in Garfagnana. Senonchè, all’improvviso, si materializzò al campo francese nientemeno che Piero de’Medici il quale, di testa sua, e senza alcun mandato ufficiale, chiedeva di trattare. Carlo chiese allora all’improvvido fiorentino la consegna di Sarzanello e di altre fortezze, oltre al pagamento di una forte indennità.
Con la strada così aperta il re francese giunse a Pisa, che prontamente si ribellò al dominio fiorentino. Rientrato a Firenze, Piero la trovò in stato di ribellione e, vista la mala parata, decise di abbandonare la città portandosi dietro tutta la famiglia. Carlo VIII potè così entrare a Firenze il 17 novembre 1494.
Lasciata Firenze a fine mese, marciò su Roma. Abbandonato dagli Aragonesi e con buona parte della Penisola passata ai Francesi, papa Alessandro VI accettò ( senza colpo ferire ) l’ingresso di Carlo nella città eterna.
Il 28 gennaio il re francese lasciò Roma per il Sud ( dove dal 23 dello stesso mese) regnava il caos. E il 6 marzo 1495 ( nonostante un estremo ma inutile tentativo aragonese) entrò a Napoli. Carlo VIII poteva dire di avere vinto la guerra d’Italia; non così però la pace.
Ludovico il Moro infatti che aveva nel frattempo ottenuto dall’imperatore il ( tanto agognato) titolo di duca, si era pentito d’avere favorito l’impresa francese, e si era ( velocemente) unito in lega con Venezia, il Papa, Massimiliano d’Asburgo e il re Ferdinando d’Aragona. Carlo VIII lasciò allora Napoli il 22 maggio per rientrare in Francia. Presa la strada della Cisa sbucò in Val di taro, dove l’esercito della Lega lo attendeva. Lo scontro, piuttosto incerto, finì con un pareggio. Rientrato in Francia, nei tre anni successivi, Carlo VIII progettò un’altra invasione dell’Italia, lasciando però il progetto al successore Luigi XII.
Il tentativo ( parzialmente abortito del re francese) aveva comunque direttamente verificato la condizione di ( estrema ) debolezza ( politica ) della bella e ricca Italia. Per la quale cominciò da allora uno dei periodi più infausti della sua intera storia. Per un Paese senza più ‘ nocchieri, in gran tempesta‘, e praticamente esposta alle avide mire degli stati più potenti d’Europa. Già allora, sì, la leggiadra Europa. Che dal suo passato poco apprende.
MAMMA RAI! Poveri nostri soldi. Sparsi a pioggia, senza ritegno alcuno, dove maschi e femmine pari sono all’interno di carrozzoni dai costi proibitivi. E’ bufera infatti sula solita mamma Rai dopo la pubblicazione online degli stipendi superiori ai 200mila euro: le buste paga di 94 fra dirigenti e consulenti rientrano in questa categoria.
“Il direttore generale della Rai non può guadagnare 6 volte più del presidente del Consiglio”, ha tuonato il ministro dell’Interno e leader di Ap Angelino Alfano, commentando certe situazioni di privilegio ai microfoni di Radio 24. In Italia “il presidente del Consiglio ha un imponibile di 107mila euro, il direttore generale della Rai ne guadagna oltre 600 mila. Ma che Rai è?”, si è chiesto il capo del Viminale. Entriamo allora nelle segrete cure di Mamma Rai.
Rai, i fantastici 94 con stipendi sopra i 200mila euro . Il capo azienda, il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, guadagna per l’esattezza 650 mila euro. Subito dopo di lui tra i dirigenti viene Antonio Marano (presidente Rai Pubblicità) con 392 mila euro, mentre il compenso più elevato tra i giornalisti è quello di Giancarlo Leone, ai palinsesti tv, con 360 mila euro.
Lo seguono Mauro Mazza (vice direttore giornalistico ad personam Rai Vaticano) con 340 mila euro; Mario Orfeo, direttore Tg1, con 320 mila euro; la new entry Carlo Verdelli, direttore editoriale per offerta formativa, 320 mila euro e Andrea Vianello. Tra i collaboratori spicca il caso di Francesco Merlo (240 mila euro). La presidente Monica Maggioni percepisce 270 mila euro, va meglio ai nuovi arrivi alla direzione di Rai tre, Daria Bignardi (300) e di Rai Due Ilaria Dallatana (300). Ma, ovviamente, l’elenco è più lungo.
“Se la dirigenza Rai continua così – ha aggiunto Alfano – a furor di popolo farà privatizzare la Rai. Ci sarà una valanga di gente che lo chiederà. Ma perchè il canone che pagano i cittadini deve andare a finanziare giornalisti esterni, dell’Espresso o di Repubblica per lavorare in Rai?”.
Il riferimento era a Merlo, firma di Repubblica. Sul caso dei megastipendi di Viale Mazzini è intervenuto anche Luca Zaia, presidente del Veneto che ha chiesto di introdurre tetti. “Gli ingaggi alla Rai sono fuori mercato. Ci sono manager di importanti industrie che se li sognano”.
( da: Quotidiano.net)