Non solo calcio. E’ (ri)nata la Signora d’Europa. Che ‘tremare’ il Mondo fa. E anche una ‘scossa’ per la ‘rossa’.

LA CRONACA DAL DIVANO ESTATE. Che il Pipita sia un infedele in amore lo ha dimostrato con i napoletani. Va però notato che le sue corna le ha fatte ( impudentemente) a porte e finestre aperte. Se ne voleva andare lontano da quel rompiglione del De Laurentis e così ha fatto. Tanto più che, per lui, il Pipita, la fascinosa Signora non ha lesinato danari, pagandolo quanto e più degli spendaccioni d’Oltralpe. Tuttora allibiti.
Spendaccioni gli altri, però, non la Nostra Signora. Che anche solo con le parcelle intascate per Morata e Podgba ( prossimo al ritorno allo United) vanta un avanzo cassa di una trentina di milioni. Esattamente il necessario per concedersi anche un Maric ( dichiarato incedibile da uno spaventato Conte) o un Witsel.
Una volta era il Bologna ‘ a far tremare il Mondo‘, oggi, fatti i dovuti aggiornamenti, è la Nostra Signora. Per la quale, da tempi non sospetti, andiam dicendo che è il vero ‘esempio virtuoso da seguire’ non tanto per italiane ( troppo arretrate) quanto per le europee ( Bayern a parte).
Stanno per pioverci addosso le Olimpiadi di Rio. Con i nostri pronti a far la loro bella figura. Malagò, il presidente Coni, dice: ” Siamo nelle top ten“. Finora così è stato nei tanti appuntamenti olimpici precedenti, vedremo di confermarci anche questa volta. Anche se il Mondo ( sportivo) è sempre più infido. Vittima di interessi e politica. La questione doping che ( al momento) ha colpito ( soprattutto) i russi ci convince poco o nulla.
Perchè il ricorso al doping, purtroppo, è molto più diffuso di quel che le autorità sportive ( e i media fiancheggiatori) vogliono far credere. Anche tra gli sport danarosi e intoccabili. Inoltre, quell’atleta russa che per avere denunciato il malaffare tra i suoi è rimasta fuori di squadra, ci inquieta. Vuoi vedere che anche tra gli abitanti della steppa chi fa il proprio dovere finisce, prima o poi, in odio agli altri? O meglio: a una parte degli altri o a tutti gli altri?
FATTURATI EUROPEI . Il gap dell’Italia calcistica con l’estero va allargandosi. Si scoprono i bilanci 2015, e a leggere certe cifre in arrivo dalla Spagna ( con il Barca che ha superato il Real) vien da rodersi il fegato. Anche perchè nonostante il passaggio alla trattazione collettiva dei proventi tivù i due Panda ispanici non solo non ci perdono ma guadagnano. Per loro il trapasso dall’evo antico a quello moderno è rimasto indolore.
Al Barca viene attribuito in fatturato netto di 630 milioni e al Real qualche cent in meno. Ovviamente il tutto quale prodotto di un ( lungimirante) lavoro di aggiornamento della impresa sportiva alle condizioni del calcio moderno. Cosa che da noi , ma anche in altre parti dell’ Altrove, non è stata fatta.
L’unico Altrove che può gareggiare con i risultati degli spagnoli è la Germania; mentre per quel che riguarda il tanto osannato campionato d’Albione, dove tutto è stato ceduto al primo spendaccione in arrivo, e nonostante le nuove enormi entrate ( non solo ) televisive e i tanti cori canterini a bordo campo, non è che abbia realizzato il nuovo Eldorado calcistico in terra.
Non scordiamo che nel 2015 la ( tanto ostica ) Premier è stata vinta da una ( meritevole) sconosciuta; mentre le sue big latitano ( con qualche eccezione) dai vertici europei da almeno un lustro.
Non parliamo poi delle sue nazionali ( una, l‘Under 19, di recente, gliela abbiamo buttata fuori noi al campionato europeo di categoria), l’altra ( la maggiore) è stata surclassata in Francia dai neofiti di Iceland . Se questo è un ‘prodotto‘ di cui stimarsi, che dovrebbero dire in Spagna e in Germania?
Dal nuovo, comunque, restiamo indietro solo noi. Che manchiamo di stadi e dove, a Roma, c’è anche chi è contrario ad un Olimpiade la quale, invece, una volta assegnata, potrebbe davvero indurre ad una complessiva modernizzazione degli impianti sportivi. L’unica società a tenere testa al boom dell’Altrove è la Juventus.
Passata in un lustro circa da inquilina di lusso della Serie B a pretendente della Coppa dalle grandi orecchie. Il suo bilancio nel 2o15 è salito intorno ai 350 milioni, ma non è fuor di luogo pensare che già fin dal prossimo scavalcherà i 400 milioni. A quella quota cominciano ad essere in pochi.
La Signora non è ancora il Barca, è vero, ma diciamo che ci sta ( seriamente) provando a ridurre un gap che da noi ha padri e madri insipienti e imbelli a partire da un ventennio circa a questa parte.
La mancanza di una guida politica salda e lungimirante, le beghe tra Federazione e Lega, gli scandali, la mancanza di riforme, la rinuncia a costruire impianti adeguati, il superaffollamento di insulsi esterofili a tutti i livelli e il crollo verticale di Milano sono stati alcuni dei motivi che hanno frenato l’ingresso dell’Italia nella modernità nel calcio. Chissà se, tra qualche anno, con la Juventus ulteriormente capitalizzata ( vedi operazione Continassa), con l’auspicata rinascita del calcio lombardo ( cinesi o no poco importa, basta che siano credibili) e con stadi nuovi di zecca a Roma, Firenze e Palermo, potremmo (ri)prenderci delle ( belle) rivincite?
CALCIOMERCATO. Dov’è finito il Balo? A far da balia alle baby riserve del Liverpool. Donnaruma, altro assistito del Raiola, giura che starà nel Milan a vita. Forse qui bisognerebbe che qualcuno gli spiegasse, visto che lui è ancor imberbe, come lo fu Balo e com’è Podgba, con quale mediatore ha celebrato le nozze. Prima che sia troppo tardi. Ovvio. Intanto nuove ( e potenti) squadre crescono.
Come il glorioso Toro del Miha, che del bel tacere mai è sazio : ” Tra due anni noi in Europa“. Con (inevitabile) stoccata al povero Diavolo. Non era abbastanza il tradimento del Pipita ( alla Juve, per 94 ml) che anche Koulibaly ha cercato di infierire sull’inossidabile De Laurentis. Tutto preso con la bionda Wanda per strappare alla Beneamata il Maurito Icardi ( sei milioni annui e metà diritti immagine per lui, una parte nel cinepanettone di dicembre per lei).
La Roma scopre l’ansia da play off. Mentre Manolas ( uno dei due soli centrali disponibili) resta una spina nel fianco per mister Pallotta. Intanto partono i preliminari di Champions ( ritorno 2-3 agosto), che ( più avanti) vedranno impegnata anche la società capitolina. Squinzi, patron del meraviglioso Sassuolo, al momento, invita il suo Berardi a star sul posto con il cabezon, poi, magari il prossimo anno, si riparlerà per lui della Nostra Signora. Intanto insieme si sono portati a casa un pareggino utile da Lucerna ( 1-1, Europa League).
Quella geniaccia della Wanda non ha ottenuto ancora di trasferire il suo Maurito in lidi più danarosi anche perchè Suning ha puntato i piedi, concedendole semmai solo un aumento di stipendio ma solo a fine calciomercato. E sottotraccia, ovviamente, anche per evitare che si presentino alla cassa anche altre eventuali manager dei giocatori dell’Inter. Che volete, tollera tollera, siamo finiti … in queste mani!
Peggiorano al contempo le relazioni tra il Mancio e il Suning. Con il Dragone che non vuol riconoscere al primo la bifunzione di manager e di mister. Il Mancio ha cominciato così a farsi venire il mal di pancia, e il Dragone s’è messo a sondare alternative in mezzo Mondo.
Intanto ha avallato l’acquisto di Candreva ( spesa 25 milioni, come richiesto da Lotito). Galliani invece continua peregrinare come un forsennato per il Pianeta bloccando questo e quello. Con gran dispendio di danari. Ma con un gran problema però: il cinesi rinviano e lui non ha soldi per pagare. Ma è probabile ( rivelano i bene informati) che i giocatori contattati accettino di vestire la maglia rossonera anche gratuitamente.
UNA SCOSSA PER LA ROSSA. Non è un caso se il marchio Fiat ha ritrovato nuova vita con l’avvento di Sergio Marchionne, l’uomo dal maglioncino blu, capace di riportare il marchio torinese tra le top five delle marche automobilistiche continentali.
Il suo modo d’intervenire sulla realtà delle cose attinge più allo spirito guerriero del grande Drake che all’ (in)decisionismo ( imbelle) di chi ( purtroppo) ha caratterizzato tanta parte recente della politica, dell’industria, dell’economia, della cultura e dello sport nazionale.
Che alla ‘rossa‘ fosse necessari una ‘scossa‘ lo avevano capito tutti. Un altro avrebbe esitato, tintinnegando, aspettando magari i risultati di fine stagione, ma non lui, Marchionne. Lui, invece, non ha dato tempo al tempo, e da vero leader si è sobbarcato oneri e onori generando la svolta. A Mondiale in corso.
Salutato il bravo ( e sfortunato) James Allison ( 46 anni, inglese, ingegnere aerospaziale, prima alla Benetton e poi a Larrousse, Lotus e Ferrari, da un triennio come responsabile del settore motori ) ha affidato il tutto a Mattia Binotto ( 47 anni, nato in Svizzera da genitori reggiani, ingegnere responsabile fino a pochi giorni fa della Power Unit). Ogni gran ’ salto‘ , soprattutto se improvviso e scioccante, genera perplessità. Domande.
Come quella se il nuovo responsabile cresciuto dal 1995 nella bella casa della ‘rossa‘ sia in grado o no di restituire gloria alla mitica auto dei sogni. Amata e desiderata dal Mondo intero. Al punto che il solo ‘ guidarla’ costituisce un ‘ titolo’ speciale a parte che ( anteposto ai titoli ufficiali) decreta chi debba entrare o no nel pantheon degli immortali dello sport motoristico e della tecnica moderni.
Insomma, ce la farà davvero il nostro Mattia Binotto a ridare gloria alla ‘rossa‘? Se lo augurano tutti. Anche gli avversari. Anche Hamilton, Il quale, forse non a caso, ultimamente, al termine di uno o due Gp fa, è uscito con una battuta ( abbastanza) sibillina: ” Magari, in futuro, verrò anch’io a guidar la rossa“.
Intanto, nella pole del Gp di Germania, Rosberg davanti ad Hamilton; e le Red Bull davanti alle Ferrari.
BLASFEMIA? ” Non me ne voglia nessuno – ha azzardato con abituale sorriso l’amabile Leo Turrini - ma di questi tempi uno che guida la Mercedes non può avere altro desiderio che continuare a guidarla. Ferrari o non Ferrari”. Leo ha così commentato la battuta di Hamilton al termine della gara in Ungheria, che ‘apriva’ ad un ( possibile?) suo futuro con la mitica ‘rossa‘. La blasfemia di Leo non starebbe tanto nella prima parte della frase, accettabile, ma nella seconda, dimentica ( totalmente) di quello che nel Mondo suscita ( da sempre) la prodigiosa ‘visione‘ della ‘rossa’.
Leo, la storia della ‘rossa‘ la conosce anche meglio di noi per cui gliela risparmiamo. Non gli risparmiano invece il ‘cedimento‘ ( vagamente) blasfemo che si è concesso grazie anche al suo solito, irridente, impagabile, savoir faire. Ce ne fossero altri di commentatori come lui! Qui, però, Leo, noi non combaciamo.
E’ vero che con le altre auto l’ importante è vincere, e guai se non fosse così, perchè quanti ricorderebbero chi le conduce alla vittoria? Mentre per quella fascinosa auto con il simbolo dell’eroico Baracca stampigliato addosso la vittoria è tutto ma fino ad un certo punto . Perchè la ‘rossa’ ha un modo tutto suo di elargire la gloria.
Nel passato della ‘rossa’ , se ben ricorda, ci sono stati campioni che con lei hanno vinto poco o nulla, ma che nel profondo dei tifosi ( che colorano prevalentemente di rosso le piste d’ogni parte del Mondo) contano ( ancor oggi) quanto ( e più) dei plurivittoriosi.
Ricordi, Leo, il coraggioso Giles ( Villeneuve) o il generoso Jean ( Alesi) o lo sfortunato Cris ( Amon) ?
EUROPA: COME PERDERE LA LIBERTA’. Come un popolo, un paese, un continente, può perdere la libertà? La storia d’Italia docet. Insegna, sì, un po’ a tutti, europei in testa. Vediamo di chiarirci.
L’invasione francese del Belpaese del 1494 non fu un fulmine a ciel sereno. Per decenni gli italiani si erano aspettati una invasione in forze della ( loro) Penisola e le avvisaglie non erano ( di certo) mancate. Nel 1447-49 vi furono tre tentativi franco-savoiardi di entrare nel ducato di Milano; dal 1422 al 1487 gli svizzeri cercarono più volte di prendere il Ticino; sempre nel1487, i veneziani furono messi in rotta a Calliano dagli austriaci che ( per la prima volta) schieravano i tristi Lanzichenecchi ( Landsknechte).
Il tutto, mentre nell’Italia meridionale e fin al 1442 Alfonso V d’Aragona strappò Napoli agli Angiò che la tenevano dal 1266. Durante la guerra che seguì alla Congiura de’ Pazzi , Siena, Papato e Regno di Napoli si batterono contro Firenze; onde per cui, nel 1494, Carlo VIII, re di Francia, decise che era giunto il momenti di riprendersi il Regno di Napoli, su cui vantava pretese per via della nonna paterna.
Sul Ducato di Milano ( ufficialmente governato dal giovane e malaticcio Giangaleazzo Sforza ma in realtà in mano dell’astuto e spregiudicato Ludovico il Moro), da sempre via privilegiata per accedere all’Italia avendo inoltre Genova sotto controllo, incombevano le pretese ( dinastiche) del re di Napoli; ma Ludovico il Moro puntava all’appoggio dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo affinchè, oltre a riconoscerlo duca, si ponesse con lui contro il re di Francia.
Il quale, in maniera piuttosto subdola, ambiva oltre che al Napoletano anche al controllo di Firenze passata dopo Lorenzo nelle mani del figlio Piero, appena ventenne. Piero fu consigliato invano di abbandonare l’alleanza con Napoli, anzi, inviò in Francia una ambasciata per saggiare il terreno. I legati fiorentini scrissero allarmati dei preparativi militari francesi. Ebbero anche un abboccamento segreto con Carlo, suggerendogli di espellere dal regno i mercanti loro concittadini per mettere Piero sotto pressione; altrimenti i fiorentini avevano comunque una alternativa politica quando e se ci fosse stata una calata francese in Italia.
Vista la situazione, Alfonso II succeduto al padre nel gennaio 1494, decise di giocare in anticipo mandando , in luglio, un contingente nelle Romagne, con il disegno di passare nel Parmense e istigare le popolazioni a ribellarsi agli Sforza. Nello stesso mese la flotta napoletana tentò un colpo di mano contro Genova, finendo però con occupare la sola Rapallo. La reazione franco-sforzesca non si fece attendere. Rapallo fu ripresa in pochi giorni.
Per i napoletano-pontifici stavano arrivando giorni neri. Anche se Alfonso II contava ancora di avere forze sufficienti per costringere i francesi ad impegnarsi in una estenuante guerra di logoramento nel Centro Italia.
Carlo VIII, visto il progressivo intricarsi della situazione, mise in atto l’invasione della Penisola. Sorprese tutti, dando il via alle operazioni in settembre. Portava con sè trentamila uomini e un potente treno di artiglieria. I duchi di Savoia e i marchesi di Saluzzo e Moferrato, vennero immediatamente a patti col re francese, anche per proteggersi dalle mire del Moro.
I francesi passarono nel Piacentino e, grazie all’aiuto del duca di Ferrara, si diressero verso Imola per costringere Caterina Sforza, la vera signora del luogo, a passare dalla loro parte. Respinti a Bubano, assaltarono la vicina Mordano. Al prezzo d’indicibili violenze. Carlo impiegava così la ‘ furia francese’ anche come deterrente psicologico per scombinare la ( presunta) resistenza avversaria. Poi, i francesi, invece di indirizzarsi verso l’Adriatico, dirottarono sulla Lunigiana, in gran parte sotto dominio sforzesco. Avrebbero voluto giungere sulla via Aurelia per piombare poi su Roma, dove la famiglia Colonna ( filofrancese) aveva occupato Ostia offrendo così a Carlo una importante base logistica per la sua flotta e anche provocando il richiamo del contingente papale in Romagna.
Compiendo una impresa ( allora ritenuta impossibile) il re francese riuscì a far passare le sue artiglieri oltre il Passo della Cisa, portandosi al cospetto della modernissima ( e quasi inespugnabile) fortezza di Sarzanello. Nel frattempo i contingenti franco-sforzeschi avevano iniziato brutali scorrerie in Garfagnana. Senonchè, all’improvviso, si materializzò al campo francese nientemeno che Piero de’Medici il quale, di testa sua, e senza alcun mandato ufficiale, chiedeva di trattare. Carlo chiese allora all’improvvido fiorentino la consegna di Sarzanello e di altre fortezze, oltre al pagamento di una forte indennità.
Con la strada così aperta il re francese giunse a Pisa, che prontamente si ribellò al dominio fiorentino. Rientrato a Firenze, Piero la trovò in stato di ribellione e, vista la mala parata, decise di abbandonare la città portandosi dietro tutta la famiglia. Carlo VIII potè così entrare a Firenze il 17 novembre 1494.
Lasciata Firenze a fine mese, marciò su Roma. Abbandonato dagli Aragonesi e con buona parte della Penisola passata ai Francesi, papa Alessandro VI accettò ( senza colpo ferire ) l’ingresso di Carlo nella città eterna.
Il 28 gennaio il re francese lasciò Roma per il Sud ( dove dal 23 dello stesso mese) regnava il caos. E il 6 marzo 1495 ( nonostante un estremo ma inutile tentativo aragonese) entrò a Napoli. Carlo VIII poteva dire di avere vinto la guerra d’Italia; non così però la pace.
Ludovico il Moro infatti che aveva nel frattempo ottenuto dall’imperatore il ( tanto agognato) titolo di duca, si era pentito d’avere favorito l’impresa francese, e si era ( velocemente) unito in lega con Venezia, il Papa, Massimiliano d’Asburgo e il re Ferdinando d’Aragona. Carlo VIII lasciò allora Napoli il 22 maggio per rientrare in Francia. Presa la strada della Cisa sbucò in Val di taro, dove l’esercito della Lega lo attendeva. Lo scontro, piuttosto incerto, finì con un pareggio. Rientrato in Francia, nei tre anni successivi, Carlo VIII progettò un’altra invasione dell’Italia, lasciando però il progetto al successore Luigi XII.
Il tentativo ( parzialmente abortito del re francese) aveva comunque direttamente verificato la condizione di ( estrema ) debolezza ( politica ) della bella e ricca Italia. Per la quale cominciò da allora uno dei periodi più infausti della sua intera storia. Per un Paese senza più ‘ nocchieri, in gran tempesta‘, e praticamente esposta alle avide mire degli stati più potenti d’Europa. Già allora, sì, la leggiadra Europa. Che dal suo passato poco apprende.
EUROPA, TERRA DI MARTIRIO. Europa, terra di martirio. Perpetrato da quelli che, secondo gli ottimisti, non avrebbero dovuto avere altro pensiero che di integrarsi con la gran madre Europa; e che, invece, le portano colpi sempre più ravvicinati e violenti, colpendo a raffica gente inerme e bambini. Come ci sia ancora in questo Vecchio Continente gente che s’ostina a bendarsi gli occhi davanti a tanta dura realtà non è dato da sapere
Forse basterebbe più rigore. Forse occorrerebbero regole da far accettar e rispettare soprattutto da chi in Europa vuol venire a vivere. Separando ( con margini di certezza) la gramigna dalle persone di buona volontà, magari con il ricorso ( anche qui) ad una effettiva, quotidiana e coordinata collaborazione tra i Pesi Ue e le loro forze di Polizia e di Informazione. Chiedere il tutto sembra ovvio. Ma ovvio non è, alla prova dei fatti.Onde per cui tra organizzati, cani sciolti e mitomani di varia provenienza a pagare il prezzo più alto sono sempre i più esposti, i meno tutelati, i più inoffensivi.
Tra le ultime inermi vittime di questa già lunga strage, è stato un parroco ( ed una fedele) di un piccola chiesa vicino a Rouen. Due terroristi ( poi uccisi dalla polizia) al grido di ” Daesh, daesh!” ( acronimo arabo di Isis) sono entrati come forsennati nel piccolo tempio cristiano in cui si stava celebrando la messa del mattino procedendo ad inviare, senza pietà alcuna, il loro macabro rituale di morte alla solita Europa attonita, indifesa e impotente.
Negli Usa, cresce Donald Trump ( al 48% secondo il sondaggio Cnn, decisamente qualcosa in più del 45% della Clinton). La convention repubblicana di Cleveland che ha incoronato il discusso miliardario americano pare abbia cambiato lo scenario precedente, tanto da regalare a Trump il primo ( clamoroso) sorpasso nei sondaggi. Ad Ankara, teatro del poco convincente golpe anti Erdogan, la polizia turca ha arrestato 42 giornalisti e 7 militari.
Sospesi anche 5mila dipendenti del Ministero della Salute. Rapporti tesi inoltre tra Turchia e Usa per la mancata concessione della ( immotivata ) richiesta di estradizione di Gulen, l’oppositore del presidente turco. Accusato (?) di essere il fomentatore del presunto golpe anti Erdogan.
MAMMA CHE RAI! Poveri nostri soldi. Sparsi a pioggia, senza ritegno alcuno, dove maschi e femmine pari sono all’interno di carrozzoni dai costi proibitivi. E’ bufera infatti sula solita mamma Rai dopo la pubblicazione online degli stipendi superiori ai 200mila euro: le buste paga di 94 fra dirigenti e consulenti rientrano in questa categoria.
“Il direttore generale della Rai non può guadagnare 6 volte più del presidente del Consiglio”, ha tuonato il ministro dell’Interno e leader di Ap Angelino Alfano, commentando certe situazioni di privilegio ai microfoni di Radio 24. In Italia “il presidente del Consiglio ha un imponibile di 107mila euro, il direttore generale della Rai ne guadagna oltre 600 mila. Ma che Rai è?”, si è chiesto il capo del Viminale. Entriamo allora nelle segrete cure di Mamma Rai.
Rai, i fantastici 94 con stipendi sopra i 200mila euro . Il capo azienda, il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, guadagna per l’esattezza 650 mila euro. Subito dopo di lui tra i dirigenti viene Antonio Marano (presidente Rai Pubblicità) con 392 mila euro, mentre il compenso più elevato tra i giornalisti è quello di Giancarlo Leone, ai palinsesti tv, con 360 mila euro.
Lo seguono Mauro Mazza (vice direttore giornalistico ad personam Rai Vaticano) con 340 mila euro; Mario Orfeo, direttore Tg1, con 320 mila euro; la new entry Carlo Verdelli, direttore editoriale per offerta formativa, 320 mila euro e Andrea Vianello. Tra i collaboratori spicca il caso di Francesco Merlo (240 mila euro). La presidente Monica Maggioni percepisce 270 mila euro, va meglio ai nuovi arrivi alla direzione di Rai tre, Daria Bignardi (300) e di Rai Due Ilaria Dallatana (300). Ma, ovviamente, l’elenco è più lungo.
“Se la dirigenza Rai continua così – ha aggiunto Alfano – a furor di popolo farà privatizzare la Rai. Ci sarà una valanga di gente che lo chiederà. Ma perchè il canone che pagano i cittadini deve andare a finanziare giornalisti esterni, dell’Espresso o di Repubblica, per lavorare in Rai?”.
Il riferimento era al giornalista Merlo, firma di Repubblica. Sul caso dei mega stipendi di Viale Mazzini è intervenuto anche Luca Zaia, presidente del Veneto che ha chiesto di introdurre tetti. “Gli ingaggi alla Rai sono fuori mercato. Ci sono manager di importanti industrie che se li sognano”.
( da: Quotidiano.net)