Ravenna. Riccardo Muti dirige ‘Traviata’ in forma di concerto al Teatro Alighieri.

RAVENNA. Sul palcoscenico dell’Alighieri, insieme alla Cherubini, i cantanti selezionati: i soprano Claudia Pavone e la russa Venera Protazova che si avvicendano nel ruolo di Violetta, i tenori Ivan Defabiani nei panni di Alfredo Germont e Oreste Cosimo in quelli di Gastone, e il mezzosoprano Mariangela Marini che dà voce a Flora e ad Annina. Insieme a loro, a completare il cast, i baritoni Sergio Vitale (Germont padre) e Donato Di Gioia (Barone Douphol), e i bassi Daniele Macciantelli (Marchese D’Obigny) e Graziano Dallavalle (Dottor Grenvil). Il Coro è quello del Teatro Municipale di Piacenza preparato dal maestro Corrado Casati.
In programma, l’esito del lavoro condotto con i cantanti seguiti da una ‘docente’ d’eccezione, Renata Scotto, appunto sulla ‘Traviata‘, in un’ampia selezione presentata in forma di concerto. E improntata a una lettura che rispetti l’essenza del dettato verdiano, secondo quello che è il vero obiettivo dell’Accademia, nata per trasmettere quel metodo rigoroso di affrontare l’opera italiana che Riccardo Muti ha appreso dai propri maestri, primo tra tutti Antonino Votto, che a sua volta aveva studiato e collaborato con Arturo Toscanini, che il verbo di Verdi aveva ascoltato dalla fonte prima. E che si traduce in dominio assoluto della partitura, studio rigorosissimo, lunghe prove al pianoforte, attenzione al più piccolo dettaglio e al senso vero di ogni frase, musicale e poetica.
La strenua difesa della cultura musicale italiana e della migliore tradizione interpretativa nelle mani di Riccardo Muti si trasforma qui in una vera e propria ‘accademia’: una sorta di bottega artigianale in cui il sapere maturato lungo anni di straordinaria carriera si trasmette alle giovani generazioni. Oggetto di studio e approfondimento quest’anno è stata appunto ‘La traviata’, un’opera popolare ma raffinatissima, come tutte le opere di Verdi, “la cui scrittura -spiega Muti – è teatro, sempre: teatro scavato, ricercato, studiato alla perfezione. Tornito sui significati profondi della parola, sui silenzi.
E fatto di grandi gesti melodici, ma anche di piccole dissonanze nascoste, rivelatrici… dove tutto è chiosato: in partiture fitte di indicazioni espressive, con parole, dinamiche e colori dettagliati con precisione meticolosa”. Una ricchezza che stride con consuetudini interpretative a dir poco irrispettose, perché “pochi autori sono bistrattati al pari di Verdi: alle sue opere si fanno tranquillamente tagli, o aggiunte… si storpiano le parole, gli accenti, le intenzioni, tanto che il dramma diventa comico… Verdi non l’avrebbe tollerato. Il suo teatro è tagliato nel cristallo come quello di Mozart, basta volerlo e saperlo leggere!”.