Olimpiade Rio 2016. Nove medaglie in tre giorni. L’azzurro brilla sotto il ‘generoso’ cielo brasiliano.

Olimpiade Rio 2016. Nove medaglie in tre giorni. L’azzurro brilla sotto il ‘generoso’ cielo brasiliano.
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LA CRONACA DAL DIVANO OLIMPICA. Pioggia di metalli preziosi a Rio. Sono passati tre giorni è già abbiamo messo nel medagliere tre ori, quattro argenti e due bronzi. Nell’attesa di altri nostri eroi, che non sono solo gli inossidabili Federica, Tania, Greg etc etc.
Come s’è visto, la nostra è una squadra per molti versi imprevedibile. Com’è stato imprevedibile l’oro nello judo o come avrebbe potuto essere la ( già praticamente raggiunta)  finale del tiro con l’arco femminile se la nostra sempre  cara Guendalina non avesse gettato via per scarsa concentrazione il tiro che l’avrebbe inoltrata su per i boschi di Olimpia.
Speriamo solo che continui così. L’impegno non manca. Neppure tra quelle ‘sciagurate’ del volley, praticamente inconsistenti tanto con la Serbia quanto con la Cina. Chi ha messo mano ad una formazione simile dovrà ( quanto prima) renderne conto, perchè ( anche senza essere i soliti concilianti addetti ai lavori) non ci vuol molto a cogliere che quelle ragazze vengono disposte ( e gettate)  in campo come i nostri fanti e bersaglieri contro i carri armati inglesi nella piana di El Alamein.
Un roboante successo sul campo a 360 gradi, inoltre, potrebbe ( forse) indurre altri ‘sciagurati’ a rinunciare ai loro insani propositi anti olimpiade Roma 2024. E’ vero che in questo mondo difficile esistono delle sacrosante priorità. Lo sanno in Brasile, lo sappiamo noi in Italia. Ma se per curare un male si impedisce al resto del corpo di muoversi per altri versi e obiettivi, che otteniamo ? Guariamo quel male o ci mummifichiamo per sempre?

IL MEDAGLIERE OLIMPICO. Andiamo con ordine: Fiamingo, spada femminile,  argento (  ma in finale è stata  sul 7-11, potendo quindi aggiudicarsi anche l’oro); Detti, nuoto 400 slm, bronzo ( bronzo dorato,  mentre per l’oro vero aspettagli 800 e 1500 msl); Basile,  judo, 22 anni, oro (   con annesso  pianto del  finalista coreano campione del mondo), il 200° oro della lunga e gloriosa cavalcata olimpica azzurra e Giuffrida, (sempre) judo,  argento (  che luccica assai) ; tuffi  3m, argento, con il solito incrollabile  binomio vincente Cagnotto – Dallape‘ (  argento dorato); Longo Borghini, ciclismo su strada donne, bronzo (  di gran valore ); e (dulcis in fundoGarozzo, 24 anni, fioretto maschile individuale, oro  ( con trionfo sull’ americano gran favorito);  Campriani, tiro, oro ( con grande dimostrazione di classe) e Pellielo, fossa olimpica, argento ( dopo un serrato spareggio con un croato infallibile).

Tutto bello. E pensare che il  bottino avrebbe potuto essere più pingue ( se) il nostro Vincenzo Nibali non fosse incappato in una rovinosa caduta a 11 km dal traguardo, quando era in testa con due ( astuti)  comprimari ad una gara condotta con grande abilità  e generosità  dalla squadra azzurra; ( se) Guendalina Sartori non avesse ( incredibilmente) ciccato il tiro decisivo ( solo un misero tre, quando bastava anche un sei ) che avrebbe permesso alle nostre tiratrici con l’arco di misurarsi con la leggenda incontrando  in finale le tanto decantate super woman coreane e (se) Galiazzo e soci, arco uomini,  non avessero deciso di andare in vacanza con la testa proprio in concomitanza dello scontro ai quarti contro gli ( abbordabili) cinesi .
E inoltre; ( se) Rossella Fiamingo, nella spada femminile (  giunta anche sull’11-7), non si fosse ( incredibilmente) distratta nel momento conclusivo consentendo la rimonta della giovane rivale ungherese; e ( infine) ( se) Avola, fioretto maschile, anche lui giunto a poco più d’un minuto dalla fine del suo incontro con un vantaggio cospicuo ( 9-14), invece di portare inutili affondo  avesse dato una facile occhiata al cronometro, prossimo a scadere.

Opportunità facili a vedersi ( dal divano), difficili da realizzarsi ( sul campo). E comunque il bottino di nove medaglie ( dopo tre giornate di gara) comincia ad essere notevole ( più o meno un terzo di quelle pronosticate da Sport Illustred ), anche nei confronti dei giganti dello sport mondiale. Sarà felice Renzi. Esulterà Malagò.
Anche perchè, se va avanti con questo ritmo, che potranno obiettare ( pur nel rispetto delle loro sacrosante priorità)  la signora Raggi ( e suoi 5 Stelle) alla richiesta dell’Italia di rimettere  Roma al centro dell’interesse sportivo nazionale e  mondiale?

E CHE S’ARRANGINO. Giustamente, l’attento Tuttosport, commenta con qualche fastidio il dilagare inarrestabile di certi ( così detti) procuratori che, in realtà, fanno e disfanno ormai, a loro unico piacimento, squadre e programmi, anche di quelle società  gloriose che dovrebbero essere avvicinate con grande rispetto per via di quello che hanno fatto, di quel che rappresentano ( non solo nel mondo sportivo) e di quello che continuano a fare.
Podgba se ne va allo United, per una cifra iperbolica? Affari suoi. Di certo lascia un ambiente che aveva creduto in lui ( quanto allo United lo davano per sola), che lo coccolava, che ci teneva a farlo crescere per vederlo diventare ( come si fa per un figlio)  bello, forte e grande. Sì, magari il più grande di tutti. Lui, invece, dando ascolto alle malìe dei suoi mentori, imberbe com’è ancora, se n’è involato dove i danari ( tanti, troppi) brillano (anche) sotto il pallido sole delle isole d’Albione.
Ce la farà, lassù, con quello spremitore di talenti accanto, a diventare il più grande? O finirà come altri, come il nostro Balo, sugli scogli delle sirene? Chi vivrà vedrà. Certo è che d’ora in avanti sarà meglio lasciar perdere con gli affetti. Con i buoni sentimenti. Con i bravi ragazzi.
Roba d’altri tempi. Soprattutto per i cinici frequentatori mediatici. Che sanno prendere cura di sè ma non degli altri. Sì, perchè qui il  problema è chi ( e come) andrà a dire tutto questo ai bambini, i tifosi d’oggi e quindi del domani, che ( come abbiamo fatto tutti ) attingono fin dalla loro età le passioni sportive da certi rapporti e da certi esempi. Di sicuro, non  dal danaro. Dal tanto, troppo danaro. Che comunque sia garanzia di successo non la da. Altrimenti come avrebbe fatto l’umile  Leicester ad asfaltare il tanti ricconi d’Albione? Il tema è intrigante. Misterioso. Approfondiremo.

INCREDIBILE MILAN. ” Adesso basta!” hanno lungamente implorato i fans aggrappati ai cancelli di villa San Martino ad Arcore. La misura, infatti, era e resta colma, e non meraviglierebbe affatto che nel prossimo campionato lo stadio di San Siro andasse deserto, o quasi. Lo sconcerto è ormai sentimento diffuso tra i ‘poveri’tifosi del Diavolo i quali, dopo un quarto di secolo di trionfi, si trovano nella condizione ( abbastanza verosimile) di ‘ veder chiudere bottega’.
Il tutto non può che ricondursi alla solita ( contraddittoria) gestione dell’uomo solo al comando che, quando sta bene ed è in palla, date anche le sue notevoli qualità , può ( davvero) fornire prestazioni e risultati eccezionali. Smorzatasi, però, l’energia primigenia, l’avvenire è diventato  triste. Quasi come se la vita imponesse ( a l’uomo solo al comando  ) una sorta di contrappasso, per bilanciare fortuna e sfortuna,  forse proprio per non regalare agevolazioni ( soltanto) a qualcuno.
Comunque stiano le cose, ad un certo punto d’estate 2016, per il Milan sembrava proprio non prospettarsi un bell’ avvenire. Quando, all’improvviso, è arrivato il colpo di scena: non più con i noti cinesi, ma con altri cinesi, quelli d’un fondo da 11 miliardi, ricchi e vogliosi, si giura,  di acquistare spazi nella leggiadra Europa.

Prima o poi verremo a conoscere i piloti (almeno) della nuova cordata. Guidata da un certo Yonghong Li, e che ha firmato un preliminare che dovrà portare al ( benedetto) closing entro fine anno. Intanto hanno gettato  sul piatto alcuni centesimi.
Che dovranno diventare ( più o meno) cento milioni alla firma finale. Dal 1 gennaio.  Per consentire di chiudere concretamente le tante trattative di mercato avviate dal solito Galliani. Imperturbabile. Indecifrabile.
Il quale, però, sembra arrivato ai saluti dopo trent’anni di trionfi in rossonero, visto che è già cominciato a circolare il nome del suo successore, quel tal  Fassone che più che rimirare il colore delle ( gloriose) maglie guarda a quanto gli depositano sui suoi conti correnti. Fassone sta cercando anche un ds
Intanto, da segnalare sono due addii: l’uno ( ampiamente annunciato) di Podgba ( finalmente, per 110 milioni, allo United del Mou Mou ), l’altro ( a sorpresa) del Mancio da Jesi che lascia ( in fretta e furia )  l’Inter ( cinese) nelle mani di Frank De Boer, 46 anni, olandese , esteta moderato del calcio.

L’EUROPA DEGLI ORRORI. Ma il passato funge  o no da magister vitae? Se non per i singoli almeno per i popoli?Come quelli, tanti, diversi, interessanti, che affollano da millenni il Vecchio continente? Vediamo un altro esempio, allora, prima di andare a cercare risposte a queste domande.

Dal 1555, anno della pace di Augusta che mise fine agli scontri armati tra principi cattolici e luterani, al 1618, la Germania conobbe uno dei suoi più lunghi periodi di pace.  Sopravvivevano, ovviamente, lotte di potere e  piccoli focolai, ma nell’insieme il quadro restò stabile. L’abdicazione di Carlo V, la divisione dell’Impero e la caratura meno elevata di re e imperatori di certo avevano indebolito  l’autorità imperiale, favorendo la diffusione protestante tra i principi tedeschi, con formazione di leghe armate dall’una e dall’altra parte. Stesse situazioni si riscontarono in Boemia e Ungheria.
Dove le rivalità di religione s’erano tutt’altro che sopite. La situazione precipitò con Ferdinando II, prima re di Boemia ( 1617) poi d’Ungheria( 1618) e infine imperatore ( 1619). Educato da gesuiti, assolutista e intransigente, formulò il progetto di restaurare il cattolicesimo nell’Impero a danno del protestantesimo, germanizzando gli stati e assoldando amministratori spagnoli. La prima a ribellarsi a Ferdinando II fu la Boemia, con la celebre defenestrazione a Praga di due governatori imperiali .
I rivoltosi elessero re Federico V, capo dell’Unione evangelica. Gli Asburgo d’Austria e la Spagna reagirono alla provocazione con la forza. Iniziando così  la guerra dei Trent’anni, che si estese rapidamente al resto dell’Impero. E dell’Europa.

In avvio le sorti arrisero all’Imperatore, poi, con il coinvolgimento della Svezia ( che ambiva allora a fare del baltico il ‘gran lago‘ svedese), le fortune si sovvertirono. Anche la Francia non restò a guardare. Richelieu, primo ministro di Luigi XIII, puntò inoltre alla distruzione del potere politico degli Ugunotti,e facendo prevalere  la ragioni di Stato sostenne la Svezia protestante. Alla fine fu quest’ultima coalizione ad avere la meglio. L’Imperatore fu costretto a patteggiare.
La pace di Vestfalia ( 1648) segnò per sempre la fine delle guerre di religione ma cambiò anche lo scenario politico: la Francia emerse come nuova grande potenza, la Spagna s’avviò sul viale del tramonto, la Germania si frammentò in 350 stati e staterelli.
Questo a livello politico generale. Ma quali altri danni profondi  inflisse quel lungo conflitto alla leggiadra Europa? Intanto, quel conflitto, lo si può collocare tra i periodi più violenti e devastanti mai conosciuti (  i tedeschi si dimezzarono e i boemi si ridussero ad un quarto), poi, di seguito, basta esaminare qualche altro dato significativo per chiedersi una volta di più a cosa abbia servito tanta atroce e lunga esperienza di guerra.
L’ 80% dei villaggi tedeschi e il 33% delle città furono distrutti, con saccheggi, stupri, violenze d’ogni genere e l’arrivo  ( inevitabile) di terribili pestilenze che dilagarono anche in zone ( come l’Italia) rimaste ai margini degli scontri bellici. Riprese anche, in quegli anni ( davvero bui) la caccia alle streghe.
Ci furono in quel tempo sfortunato  uomini e donne che vissero l’intera loro esistenza in un contesto di guerra. L’Europa entrò ( dicono gli storici) in una nuova fase della sua storia, ma del ( gran) prezzo pagato chi più si ricorda? Chi più ne fa tesoro? Chi più vuol oggi eviralo?

 

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