Non solo calcio. Bilancio d’Olimpia 2016: grazie Italia. Ma si ‘doveva’ e si ‘poteva’ fare di più? E come?

Non solo calcio. Bilancio d’Olimpia 2016: grazie Italia. Ma si ‘doveva’ e si ‘poteva’ fare di più? E come?
Volley Nicolai Lupo (rep) images

LA CRONACA DAL DIVANO OLIMPIA. E così il sacro fuoco d‘Olimpia ha lasciato il fantasmagorico braciere brasiliano per tornare ai suoi monti di Grecia. Fra quattro anni tornerà a diffondere il suo calore in Oriente. Per la seconda volta a Tokio. Gli uomini, si sa, amano fare bilanci. Soprattutto se questi mettono in bella evidenza questi o quelli.
Sotto questo punto di vista è chiaro che, con la Russia ( parzialmente) decimata dall’inchiesta ‘ doping di Stato’, siano stati gli Usa a prevalere. Il loro medagliere ha toccato la vetta delle 120 medaglie circa ( con oltre 40 d’oro).
A fare da ancelle a cotanto colosso  sono stati ( nell’ordine) la Gran Bretagna ( che, contro ogni precedente,  ha sorprendentemente confermato Londra 2012), la Cina, la Russia ( in formato ridotto ) e la Germania ( sempre e comunque nelle top five).
Noi ci siamo piazzati ( salvo riconteggi ) al nono posto, dunque nelle top ten, e con le stesse medaglie  rispetto a Londra ( 28 contro 28).  Al momento ( domenica 21 agosto ) questo è  il nostro medagliere: 8 ori, 12 argenti, 8 bronzi ( totale 28 medaglie).

La ‘rosea’ titola ‘ Grazie Italia‘. E gli altri media sono più o meno dello stesso avviso. In effetti, parlar male o anche solo criticare  una spedizione che ci dovrebbe tornare utile ( tra l’altro) per la candidatura di Roma 2024, non è proprio la cosa migliore da fare. Eppure, tanto per confermare la nostra endemica difficoltà a sintonizzarci con il coro, qualcosa di meglio si poteva e si doveva fare.
E non tanto per alimentare ( noiosi) rimpianti, quanto per predisporci a qualcosa di più significativo. Lo ha fatto la Gran Bretagna ( 63,1 milioni di abitanti, più o meno quanto noi, che siamo 61,7), cerca ( ostinatamente) di farlo la Francia ( 64,2 milioni di abitanti), non desiste (  ancora se ancor  sotto di noi, ma in crescita ) la Spagna ( 46,9 milioni di abitanti), perchè dunque non (ri)cominciare anche noi a (ri)pensare in grande?
E non per dar ali alla megalomania, ma soltanto per ottimizzare quanto potremmo e non riusciamo a fare. Sì, perchè, se avete notato, tanti di quei piazzamenti ottenuti, dall’argento al quarto, quinto e sesto posto, avrebbero potuto riscuotere ben altro premio rispetto a quanto ottenuto.
A privarci della giusta gloria, un po’ sono stati gli arbitri ( ripassatevi la semifinale del povero Chamizo oppure certi challenge ignorati  durante la partitona di volley contro il Brazil), ma un po’ siamo stati anche gli artefici delle nostre sfortune. La nazionale di pallanuoto maschile, ad esempio, più che ad essere ( agonisticamente) inferiore alla (poderosa) Serbia s’è ( caratterialmente ) sfatta davanti a cotanta avversaria. Difficile, certo, ma non tale da incutere tra i nostri giganti  in vasca un insuperabile e paralizzante  timore.
Abbiamo infatti il ( fondato ) sospetto che altri nostri ‘presunti’ eroi –  e qui l’elenco s’allunga  - potevano fare quel qualcosa in più che però, alla prova o dei nervi o del carattere o dell’organizzazione complessiva dell’evento, non hanno fatto,  abbandonando il campo di battaglia come eserciti senza comandanti alla ricerca soltanto di riparo e di salvezza. Ma può essere questo lo spirito giusto di affrontare le ‘sfide’ del mondo? Sportive o no che siano, in fondo, cosa cambia? L’importante è saperci essere, nel mondo, o no? Che dite: lo ‘sfarsi‘ davanti alle difficoltà è il modo giusto di star nel mondo?

E tuttavia qualche bell’esempio- eccezione non ci è mancato: il Capriani, ad esempio, del doppio oro nel tiro, che ha saputo (mirabilmente)  controllare ( all’ultimo colpo) l’inevitabile impennata dei battiti del cuore e portar via agli avversari il massimo possibile; o anche la Tania, nostra (irripetibile  ) signora dei tuffi, che non si è spaventata neppure davanti alle ( solite, orribili) dragonesse cinesi; o anche il Greg dei 1500 msl in vasca, che gli avversari rispetta ma senza  piegare per il tremore la sua bracciata; o infine i Nicolai-Lupo, i quali pur sapendo di dover perdere non hanno certo lasciata vita facile ( in casa loro)  ai due (  scontati )  trionfatori della disciplina da loro fondata proprio sulle spiagge di Rio. Nei prossimi giorni un bilancio più dettagliato.

IL NOSTRO CAMPIONATO. Nell’attesa ( come garantisce) Zamparini  di un nuovo stadio ( di proprietà)  anche a Palermo siamo tornati sui campi. Sgambettare per un torneo che, nonostante la propaganda esterofila, resta ostico, il più ostico tra gli altri, come da sempre, tanto che i 36 centri stagionali del Pipita valgono ( assai) più di quelli fatti dai colleghi in altri campionati.
E che il Pipita non sia un fuoco fatuo lo ha dimostrato anche nella prima di campionato, contro una Viola che aveva osato pareggiare all’interno del ricolmo e sacrale Juventus Stadium. Alla fine, infatti, la Nostra Signora ha segnato la sua prima vittoria (2-1)  in un torneo che tutti gli assegnano, a prescindere. E che invece a prescindere non è. E se il Ciuccio s’è reso il passo difficile già a Pescara ( 2-2) la Roma non ha badato a spese per sverniciare ( 4-0) la povera Udinese. Luce ed ombra, invece, per le milanesi: delude senza se e ma l’ Inter olandese ( 2-0 a Chievo), si risolleva rocambolescamente (3-2)  il nuevo Milan di Montella.

Per il resto: Atalanta- Lazio 3-4; Bologna-Crotone 1-0; Empoli-Samp 0-1; Genoa-Cagliari 3-1; Palermo-Sassuolo 0-1.
Prossimo turno: ( sabato 27 agosto) Lazio-Juve ( ore 18) e Napoli-Milan ( ore 20,45); ( domenica 28) Inter-Palermo ( ore 18), Cagliari-Roma( ore 20,45) , Crotone-Genoa, Fiorentina-Chievo, Samp-Atalanta- Sassuolo-Pescara, Torino-Bologna, Udinese-Empoli.

IL CAMPIONATO PIU’ IMPREVEDIBILE?  Di Canio e Vialli si sgolano su Sky per celebrare la ( loro cara ) Premier, ovvero ( a sentir loro) ” il campionato più imprevedibile e sorprendente del mondo“. Che imprevedibile è davvero , visto che  lo scorso anno ad aggiudicarselo è stata una squadra valutata ( alla vigilia) più o meno  ( e non solo economicamente)  come il Frosinone o il Crotone.
I vari cantori hanno parlato in questa circostanza di favola, la favola ( sportiva) più straordinaria dell’ultimo secolo. Il problema per tutti costoro, però, è che non hanno ben ponderato gli effetti prossimi futuri di tanta straordinaria impresa.
Nella prima di Premier, infatti, la favola  Leicester è stata infilzata  nientemeno che  da una squadra ( l’ Hull City) che porta in campo 13 giocatori contati e senza allenatore per mancanza di risorse economiche. I vari cantori parlano, ovviamente, d‘accidente. E tuttavia staremo a vedere se accidente è stato.
Perchè se al primo accidente ne faranno seguito altri ( di accidenti), magari (ri)mettendo in pericolo retrocessione  ( come avrebbe dovuto essere  l’anno scorso) lo squadrone del nostro ( pur sempre bravo) Ranieri, beh, chiederemmo allora un chiarimento  su questo curioso e spregiudicato modo di contribuire alla ( strambalata) epica sportiva dei nostri tempi.

SPETTACOLO VALENTINO. Nella pole non se l’era cavata benissimo. Soltanto sesto, dietro ai soliti ‘ bravacci’ d’Ispagna. Poi, invece, sotto l’acqua di Brno ( Repubblica Ceca), è rifiorito come le margherite sui campi in primavera.  E si è postato, là, tra primo e terzo posto, giungendo infine all’argento, come lui e solo (pochi) altri pensavano. Questo, altro non è che la cronaca costretta a registrare le prestazioni di un soggetto che tutto scrive fuorchè cronaca.
Quel soggetto, noto al mondo come il maestro di Tavullia, dopo l’acqua di Brno, non è che si sia particolarmente riavvicinato all’astuto Marquez, giunto terzo, alle sue spalle, quando manco lui più lo credeva; il campione spagnolo, conserva infatti i suoi (circa)  sessanta  punti di vantaggio sul nostro , che però ha sorpassato Lorenzo, vittima desolata d’una domenica di pioggia che lo ancor più allontanato dalla conferma del suo titolo mondiale. Prossima gara il 4/9, per il Gp Gran Bretagna ( Silverstone).

COPPI O  MERCKS ? SENTIAMO GEMINIANI. In quest’epoca strana in cui il ciclismo sembra essere migrato in Albione, con tanti nuovi eroi che non si sa mai se prendere sul serio o no, viste anche  le loro performance sempre molto selezionate e fugaci. E con carriere ( relativamente) brevi. Proprio all’opposto di quanto accadeva una volta, prima e dopo la seconda guerra, con quegli artefici figli degli dei  che sulle strade duravano più degli acciai speciali.
E’ ( comunque) dagli anni Sessanta che ci si dibatte se il più grande dei pedalatori sia stato il nostro Coppi o il belga Mercks. Molti storiografi ( oltre a  tanti, troppi saputelli), anche di parte nostra, oggi  propendono ( allegramente) per il secondo, visti anche i titoli che è riuscito a mettere in carniere. Senza valutare, chissà perchè,  i contesti diversi in cui i due straordinari campioni hanno vissuto.
Ad esempio, quando si elencano le vittorie di Coppi ci si ricorda che ha ‘ saltato’ i suoi  anni centrali  ( 1940/1947 o giù di lì ) per ragioni belliche e post belliche? Quando si dice che ha vinto ‘ solo‘ due Tour si sa che, lui, al Tour, per le ragioni di cui sopra, c’è potuto andare solo tre volte e intorno ai trent’anni?
E comunque, sul tema, tra i tanti, avveduti o meno, c’è n’è uno oggi che ( per c0mpetenza, conoscenza diretta e imparzialità)  può ( come si dice) tagliare la testa al toro?
C’è sì. Eccolo. E’ il ‘grande’ Raphael Geminiani, 91 anni, emigrato d’origini romagnole  in Francia e avversario ( con Robic e Bobet) del nostro.
Spiega  Raphael Geminiani: ” Sono stato ( anche) direttore sportivo di Mercks. Non si capacitava. Un giorno Eddy mi fa ‘ Tu sei sempre per Coppi, ma io sono almeno al suo livello?’. E io: ‘ No, lui ha vinto qualcosa che a te manca‘. Eddy rispose:’ E’ impossibile, cosa?’. Gli dissi: ‘ Due titoli mondiali su pista ad inseguimento‘. Rimase senza parole. Se Fausto stava bene poteva staccarti ovunque: in salita, in discesa, in pianura, a cronometro, col sole, la pioggia, la neve. Immenso”.

L’INSIPIENTE EUROPA. Nel recente passato abbiamo avuto modo , su questo foglio mediatico, di dare un’occhiata ( rapida) alle grandi pagine di storia della leggiadra Europa. Storia degli ultimi secoli, soprattutto, tralasciando quella più antica rimasta  in mani romane per più epoche ma  con il beneficio ( mai più recuperato)  d’un continente ( allora) unito.
Continuiamo a dare  un’occhiata cioè a quelle pagine del passato che, come  insegnerebbe il grande Nicolò, potrebbero (  messe a buon frutto)  tornarci assai utili ancor oggi . Del resto il passato ( checchè se ne  dica ) non muore mai,  resta.
Può inoltre  servire da termine di paragone, soprattutto nei momenti più  incerti e grami, magari per consentire di  optare per  l’una o per  l’altra esperienza la quale,   pur fatte  le debite differenze,  ( spesso e volentieri ) è già stata  vissuta ( magari senza accorgercene) in altre circostanze .

UN’ALTRA PAGINA DI STORIA. Abbiamo finora sbirciato ( in particolare)  sulle nefandezze della guerra dei Cent’anni: 1337-1453 ( avviata a causa dei possedimenti feudali inglesi in Francia e risolta con la battaglia  di Castillon); sulle devastanti  guerre  d’Italia1494 – 1557 ( con l’iniziale discesa nella Penisola di Carlo VIII e  i suoi 30 mila armati  e con  esito finale nella battaglia di San Quintino, dove i francesi lasciarono sul campo 14 mila tra morti e prigionieri);
sulla sanguinosissima guerra dei Trent’anni: 1619- 1648 (  dovuta a  Ferdinando II  imperatore e sigillata alla fine dalla vittoria franco-svedese di Zusmarshausen che costrinse alla conseguente pace di Vestfalia).
E infine sulla non meno violenta Guerra civile inglese: 1620-1660 ( nata per via del  dissidio tra Monarchia e Parlamento e con  il re Giacomo I che sciolse provocatoriamente  quest’ultimo. Il conflitto, dopo  innumerevoli  massacri ed esecuzioni, si concluse –  guarda un po’ –  con  il ritorno in Gran Bretagna della ‘ odiata’ Monarchia ).
A dirla con senno del poi, verrebbe da chiedersi il perchè di tanto spreco di mezzi, di sangue e di dolore. Probabilmente, per i tempi in cui i conflitti avvennero, qualche ragione doveva esserci. Sennò chi giustificherebbe mai una guerra. Il problema però è se, almeno per noi, europei dell’oggi,  che tanta passata nefandezza possiamo valutare tranquillamente a giochi fatti, da quei dolorosi  esempi possiamo trarre qualche beneficio oppure no.

In poche parole:  conviene ancora all’Europa scannarsi come accaduto  in passato o può optare per altre soluzioni?
Magari meglio ragionate, più concilianti e condivise? C’è chi sostiene che proprio attraverso i tanti conflitti siano ‘ emerse’ ( di fatto)  quattro Europe: quella mediterranea ( dalla Grecia all’Italia;  dall‘Italia, alla Francia, alla Spagna e al Portogallo) ; quella centro europea ( o tedesca); quella isolana ( o britannica) e quella slava ( più  balcanica che russa). Se l’osservazione ha un suo fondamento, la strada per dar corpo ad una unica nazione europea quali altre  opzioni ha  se non quella di ( finalmente)  trovare un modo ( credibile ) per   conciliare l’ inconciliabile?
Ovvero  riuscire a  ’ confederare’ quattro ( o cinque) grandi aree chiaramente caratterizzate, segnate da culture e  vicende originali diverse, compreso l’uso  delle lingue . Ma da amalgamare su quale unico fondamento universalmente diffuso? Forse, gettiamo là una proposta,  le ( tanto discusse)  ’ comuni radici cristiane’?
Qui sono in tanti, più per  ‘residuati’ ideologici e storici che altro, a far orecchie da mercante. Soprattutto nel Nord Europa.  Eppure basterebbe scivolare qua e là per ilVecchio continente e veder svettare ovunque, dalle gelide terre del Nord alle calde acque dello Ionio o dell’Egeo, un campanile, con una croce e una chiesa.
Che stanno in quei luoghi ( pur con tutte le ‘sofferenze’ e i ’contrasti’ patiti )  non certo da ieri o dall’altro ieri.
Già, il cristianesimo, o anche  ( per molti) l’aborrito Evangelo, ma visto che  ( per viaggiare insieme) qualcosa di comune dobbiamo pur sempre trovarla, perchè ( continuare ad ignorare) tanta diffusa, evidente  e sedimentata presenza  ( non propriamente solo ) religiosa ?

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