Non solo sport. I cent’anni del Giro più bello. Il Diavolo va in appello. La Signora per tornare in cielo.

LA CRONACA DAL DIVANO. La terra trema ancora. Senza soluzione di continuità. E’ il nostro, un paese benedetto e maledetto allo stesso tempo, quasi che gioia e dolore siano le irrinunciabili facce d’una unica medaglia. Non bastavano le ( ancor) recenti distruzioni ad Amatrice e territori limitrofi che, di nuovo, la terra è tornata a spargere terrore.
Fortunatamente, questa volta, senza lutti ( stando almeno ai primi resoconti). Epicentro resta l’Italia centrale, questa volta (soprattutto) in provincia di Macerata.
Per Pescara - Atalanta ( o-1) match sospeso. La sportivi sugli spalti, in una notte da tregenda, con tuoni, lampi, fulmini e pioggia, non appena avvertite le due prime forti scosse del violento movimento sismico ( avvertito finanche a Roma) sono scappati fuori dallo stadio. Per riparare in luoghi più sicuri. Le cosse continuano.
IL NOSTRO BEL GIRO. Lo sport, da noi, ha sempre avuto ampia fortuna. Non a caso ‘resistono’ ( almeno) tre gloriose testate sportive. Che se non ci fossero bisognerebbe inventarle. Anche perchè, da noi, nella nostra cultura, giusto o sbagliato che sia, lo sport ( parlato, ma sempre più spesso anche quello praticato ) sono una metafora credibile della nostra vita. Come e più che in altri paesi. Cattolici o riformati, laici o confessionali che siano.
Nello sport noi ci riconosciamo. Con lo sport ci confrontiamo. Dallo sport traiamo forza e slancio. Sciagurata fu infatti la scelta grillina di non volere appoggiare la candidatura olimpica di Roma 2024.
Avrebbe ( di certo) ridato il volo ( e non solo debiti) a tanta gente, soprattutto ai giovani atleti, come capitò per i loro coetanei del 1960, i quali grazie proprio a quella (felice ) Olimpiade hanno potuto usufruire poi di impianti, enti, associazioni, risorse, esperienze ed occasioni ( non solo) agonistiche.
Si poteva rilanciare l’intero movimento sportivo, s’è invece preferito nascondersi dietro la nebbia compatta della paura, del preconcetto e dell’incapacità. Speriamo solo che, d’ora in avanti, si sappia fare ammenda. Senza sudditanze ideologiche. Protagonismi. Pacatamente. Rimediando al danno, quanto prima.
Intanto però proviamo a parlare d’uno sport che, più d’altri ( amatissimo calcio compreso), è la metafora più diretta della nostra esistenza. Quello sport ha una lunga storia. Quello sport si chiama ciclismo. Le sue pagine, folte quanto le foglie d’un viale alberato senza fine, raccontano di gare ed imprese fascinose ed uniche.
Come quelle che hanno riguardato il Giro d’Italia, meglio noto come la ’ corsa rosa’, avviato nel 1909, e diventato nei decenni successivi ( non ce ne voglia il caro, ambito e glorioso Tour) la corsa ‘ più dura, imprevedibile e bella’ del Mondo. Per la sua morologia, innanzitutto, mai scontata, nervosa, lungo il Paese della bellezza; per i suoi protagonisti, spesso uomini ed atleti eccezionali, grandi pedalatori, tanti, e mai più obliati dalla memoria collettiva; per i suoi valori umani e sociali, capaci ( perfino) di surrogare la storia.
L’eccezionale edizione centenaria in cantiere per la prossima primavera è probabile che attiri i meglio del Pianeta: Froome, Quintana, Demulin, Contador, Valverde etc e i nostri Nibali e Aru.
Stanno ‘trattando’, i big, anche tra loro, di certo per non fare l’uno uno sforzo in più dell’altro. Oggi van così le cose. Sappiano però tutti costoro che per passare nella leggenda il Giro è una delle due ( o tre) porticine obbligate.
ECCO IL NUMERO 100. La partenza del Giro avvenne al buio, alle 2.53 di giovedì 13 maggio, dopo che 127 corridori si erano dati appuntamento a piazzale Loreto in Milano per dar corso alla prima delle otto tappe ( allora) previste.
La più lunga contava 397 km, e andava da Milano all’ippodromo Zappoli di Bologna. La vinse il romano Dario Beni, della Bianchi, su Mario Pesce. I due eroici ‘pionieri’ ( alla media dei 20.900 km orari ) impiegarono per completare l’interminabile maratona ciclista 14 ore e 16 minuti.
Alla fine di quello storico primo Giro arrivarono in 49, con successo finale del varesino Luigi Ganna, classe 1883, in forza all’Atala.Dopo questa prima raccolte il Giro ne scrisse tante altre. Nelle sue cento edizioni. Rileggerle è meraviglioso. E comunque occorre accontentarsi di qualche emblematico ‘ richiamo’, come quello del 30 giugno 1946, quando la corsa rosa visse una delle sue tappe più drammatiche. La 14a, infatti, doveva arrivare a Trieste, governata dagli Alleati ma ambita dagli slavi di Tito, per cui giovani simpatizzanti comunisti titini presero a sassate i corridori. A questa intimidazione ne seguirono altre e finanche un colpo di pistola. La giuria decise allora di fermare la tappa a Pieris, ad una cinquantina di chilometri dall’agognata Trieste.
Che dire poi d’altre innumerevoli pagine scritte, ogni volta, con il solito inchiostro indelebile? Anche perchè a scriverle sono stati autori ( personaggi) prima ancora che ( atleti) di caratura ineguagliata.
Come quella, datata 1949, scritta dal Fausto di Castellania, il più grande ( e completo, precisa Geminiani) pedalatore d’ogni epoca, che nella durissima 17a tappa Cuneo-Pinerolo ( 254 km) restò in fuga per ben 192 chilometri, scavando fra sè e gli altri un abisso.
Oppure quella del 1953, scritta sempre dal Fausto di Castellania, e custodita per l’eternità tra le alte nevose vette dello Stelvio, per strappare con una delle sue solite incredibili cavalcate la ‘rosa’ ad un0 svizzero di nome Ugo Koblet convinto d’averla ormai saldamente in pugno.
Oppure quella, epica, del Bondone, dell’8 giugno 1956, sottratta alla natura e ai rivali da un minuto e straordinario scalatore lussemburghese; o l’altra, del 1968, che vide un feroce ‘Cannibale’ venuto dal Nord per realizzare il ‘capolavoro’ d’una carriera formidabile sulle Tre Cime di Lavaredo.
E altre, altre ancora, con protagonisti rimasti sulla bocca di tutti. Protagonisti via via sempre più giovani e che, come sempre accade ai giovani, hanno finito ( loro malgrado) con l’appannare ( si fa per dire) il ricordo campioni delle generazioni precedenti. Vedi il grande piccolo scalatore di Cesenatico.
Oggi, quando si assiste a qualche trasmissione sportiva, si sentono giudizi e graduatorie sui vari campioni del passato che peccano non solo di ‘ corte vedute storiche‘ ma soprattutto di ‘lucida ricerca delle verità del passato‘.
E comunque, salvando la pace di tutti, chiaro è che ( soprattutto) da italiani, francesi, belgi e ( ultimamente) spagnoli con qualche anglo-americano ( in attesa di verifiche) sono arrivati non solo i ‘capolavori’ dei grandi campioni ma anche i ‘lasciti‘ e gli ‘encomiabili esempi’ quotidiani dei tantissimi ( più o meno validi ) comprimari.
Compresi i Malabrocca, tra gli ultimi del gruppo, ovvero di quegli uomini della ‘ maglia nera‘.
Tra i big ce ne sono ( almeno) tre ( continueranno) a svettare ( nell’ordine) come cime dell’Himalaia sul grande popolo ( in esponenziale crescita mondiale) degli ‘ uomini in bicicletta‘: Fausto da Castellania ( che ebbe come avversario principale il terribile Toscanaccio di Ponte Ema, più vecchio di lui di un lustro); Eddy il ‘Cannibale‘ , venuto dalle brumose terre del pavè; e Binda, l’uomo per il quale la ‘rosea’ dovette sborsare danari per convincere gli altri a partecipare al Giro, ma solo per il secondo posto.
( Ndr, Grazie, cara ‘rosea‘, grazie caro Giro, per tanto ‘ patrimonio’ sportivo e umano!)
I GIOVANI DIAVOLETTI. Avevano spiccato il volo, contro la grande Juve, portandosi ad appena due punti dall’agognata vetta. Ma a Marassi, contro un Genoa ben disposto da Juric al combattimento, i giovani del Diavolo sono tornati a terra. Un poco spiumati, un poco abbacchiati.
Ma ancora vivi e vegeti. Del resto l’abitudine al volo, soprattutto quello d’alta quota, non è esercizio facile. Gli uccelli ci hanno messo milioni di anni. E anche Icaro, non appena ha creduto d’essere maturo a sfidare gli dei, è finito tra le onde del mare.
Bisogna andarci piano, con cautela, poi, una volta prese tutte misure del caso, superate tutte le esperienze, si può tornare a riprovarci. A volare, alti. In fondo, quest’anno, ai ragazzi del Diavolo basterebbe assestarsi nelle prime cinque posizioni d’un Campionato ( questa volta) mai ( realmente) risolto, diversamente da altri tornei tanto celebrati, anche per tornare ad assaporare venti d’Europa. Europa: la casa ‘abituale’ del Diavolo.
CAMPIONATO DI CALCIO SERIE A. X GIORNATA. ( martedì 25 ottobre) ( 20,45) Genoa-Milan 3-0; ( mercoledì 26, ore 20,45) Chievo-Bologna, Fiorentina-Crotone, Inter-Torino, Juve-Samp, Lazio-Cagliari, Napoli-Empoli, Pescara-Atalanta, Sassuolo-Roma ( giovedì 27, ore 20,45) Palermo-Udinese.
CAMPIONATO DI CALCIO SERIE A. XI GIORNATA. ( sabato 29 ottobre) Bologna-Fiorentina0-1( ore 18), Juventus-Napoli 2-1 (20,45); ( domenica 30 ottobre) Atalanta-Genoa ( ore 12,30), Crotone-Chievo( ore 15), Empoli-Roma, Lazio-Sassuolo, Milan-Pescara, Sampdoria -Inter ( ore 20,45); ( lunedì 31) Udinese-Torino ( ore 18), Cagliari-Palermo ( ore 20,45).
CLASSIFICA x GIORNATA. Juve punti 27*; Roma 22, Napoli 20, Milan, 19.
AVANTI CON LA CHAMPIONS. Non se ne può più. Il Napoli aveva di tutto per archiviare la pratica ‘ passaggio del turno’ Champions e che ha fatto? Ha perso in casa, da pollastro, contro un Besikstas che finora aveva raggranellato appena un punto. Anche la Roma, come il Napoli, avrebbe potuto dire addio alle ambasce, ma che ha fatto? Vinceva 3-1, si è fatta raggiungere in extremis da uno Spartak Praga che ‘ imprese’ come questa le sogna dati tempi di Puskas.
La stessa Signora ha passato il turno contro Lione ( 1-0) ma più per le ( tre) miracolose parate del suo sempiterno portiere, che per la personalità che di una squadra della sua caratura dovrebbe tenere in serbo a prescindere. Non abbiamo più parole.
A questo punto diano pure ampio sfogo alle loro cattiverie, esterofili, anglofili e quanti del Belpaese nutrono pregiudizi e acrimonia nei confronti del nostro calcio. Come fare a contrastarli? Quando ci si monta sui piedi da soli. Tanto che nel momento in cui tutto sembra ( finalmente) risolto, ecco che il solito carattere all’italiana compiere la ( prodigiosa) frittata. Signora e non Signora che sia. Poco conta. Tutti uguali siamo. Come si farà così a tornare sul tetto d’Europa con questo spirito, non si sa.
IL NOSTRO CAMPIONATO E L’EUROPA. Teniamo d’occhio il ranking. E’ vero che dopo questo e il successivo Campionato torneremo ad avere le quattro di Champion e le tre di Uefa, ma ad una condizione: conservare una buona posizione nel ranking Uefa, altrimenti a passarci avanti potrebbero essere ( nell’ordine) Francia e Portogallo. Con massimo gaudio, è ovvio, di quelli che ( soprattutto nostrani) non fanno altro che sbandierare ai quattro venti che la Serie A ( con tutte le sue gloriose società storiche, come le chiama CR7) è diventata ( da un lustro almeno) un campionato interparrocchiale.
Intanto si sappia che ( di recente) la ( nostra) Lega ha recitato un assolo a Zurigo alla riunione dell’Epfl, l’associazione che riunisce le leghe europee di calcio. Tutte contrarie alla Super Champions varata da Uefa e Eca per il 2018/2021, con i quattro famosi posti garantiti per le quattro maggiori leghe europee ( Italia compresa). L‘Epfl , manco a sottolinearlo, ha sospeso il memorandum con l’Uefa, minacciando di far disputare partite di campionato in sovrapposizione con le coppe europee. Come dire, una volta di più, che quando c’è qualcosa che può essere ‘ gradita’ all’Italia, gli altri, tutti gli altri, o quasi, si girano dall’altra parte.
IL MONDIALE PERDUTO. Adesso sì che il Mondiale di moto Gp è finito tra le braccia di quel giovin figlio della Filibusta che corrisponde al nome di Marc Marquez, quest’anno in versione aggiornata. Ovvero, suddivisa, tra animus pugnandi ( come ad Aragon) e animus ragionandi ( come nella gran parte delle gare precedenti) per approdare però al titolo.
Il ragazzo infatti, che ( nonostante tutto) continua a tenere in camera il poster del maestro di Tavullia, s’è adattato alle nuove esigenze. Alle nuove realtà.
Ai suoi nuovi avversari. Come certi virus e batteri che sembrano resistere perfino agli antibiotici. E tuttavia, questo Mondiale, Marc, se l’è meritato. Anche se in Australia, nella magica Phillip Island, se n’è volato fuori al 10° giro.
Giustamente il maestro di Tavullia, che proprio nell’isola dei canguri ha compiuto una delle sue più incredibili rimonte ( dal 15° al 2° posto, dietro all’inglese Crutchlow), pur in più parti sbruciacchiato, lo ha accolto tra i ‘ fuoriclasse’ delle moto. Al suo attivo infatti sono già cinque Mondiali ( di cui tre in MotoGp). Mica male, per un pilota che non ha ancora compiuto i 24 anni!
LA CLASSIFICA PILOTI MOTOGP. Marquez ( Honda) punti 273; Rossi ( Yamaha) punti 2016. Tre le gare ancora da disputare.
L’ODISSEA DELLA ROSSA. Ci sono spifferi ( Baldisserri, ex) che parlano di un ambiente ferrarista alla paranoia. Nessuno infatti ci capisce più nulla e la ‘rossa‘ invece di andare avanti torna indietro.
Tutte le speranze sono ormai riversate sul 2017, dove però ( applicati i nuovi regolamenti) vengono segnalati tempi Mercedes da far paura.
I casi sono pochi: o chi sta al volante oggi ( tecnici e piloti) non è adeguato; o stiamo recitando a soggetto secondo i canoni della commedia dell’arte. Noi, per quel che possiamo capire, opteremmo per un cambio guida ( clamoroso) a fine stagione. Ingaggiando ( Marchionne, permettendo) sia Rosberg ( probabile mondiale) sia Toto Wolff.
In Texas il combattivo Lewis non ha mollato. La speranza, anche per lui , è dura a morire. Giusto. Intanto però Rosberg, probabilmente allievo ( con ancora 26 punti di vantaggio, a tre gare dalla fine) di quell’imberbe filone di Marquez, sta laureandosi in contabilità e ragioneria. Giusto così. Del resto il secondo titolo in casa Rosberg sarebbe più che meritato. E non è il caso di farlo aspettare ancora.
LE FRASI STORICHE. Il Tavecchio, dall’alto del monte Sinai, tuona : ” Bisogna (ri)fare gli stadi. Chi non ha stadi adeguati d’ora in avanti non può stare in Serie A. Senza nuovi stadi non si va da nessuna parte. Noi, al momento, di impianti all’altezza, ne contiamo appena tre: troppo pochi per competere in Europa e nel Mondo“.
I ( pochi) Comandamenti del Tavecchio ci trovano adepti devoti. Magari si facesse come dice lui. Già, lui, il presidente federale, in odore di riconferma, ma che fa lui per realizzare un tanto lungo ed accarezzato sogno? Che fa? Forse ‘ stimola‘ qualche giusto provvedimento di legge che consenta di mettere ( concretamente) mano ai cantieri? Forse, ‘spinge’ per qualche generoso intervento di chi può sborsare danari? Forse, sotto sotto, ha già qualche ’promessa’ degna di nota nascosta nella sua valigetta da lavoro? Che fa? Che fa? Che fa?
ALTRI PAESI. ALTRI SPORT. Conte umilia lo ‘spendaccione ‘ United del Mou Mou con un ( polemico) 4-0. Il tecnico portoghese sembra avere smarrito il carisma dei tempi d’oro. E s’arrabbia. Nella elezione per la presidenza Federcanoa Luciano Bonfiglio, presidente uscente, ha battuto Antonio Rossi. Il 17 dicembre toccherà a Juri Chechi tentare la scalata alla Federginnastica contro Gherardo Tecchi.
Anche per lui difficile pronosticare il successo.L’ultimo Nibali aspetta il prossimo Giro, quello del Centenario. Presentato martedì 26.
Stop Armani Milano in Eurolega. Nulla da fare con l’Olympiacos. L’Europa è ancora un miraggio. E’ sbocciato invece sulle nevi lo ‘scricciolo‘ Bassino, terza in Gigante. Bertarelli, uno dei tanti svizzeri italiani, è entrato con la sua Alinghi nella Hall of Fame della Coppa America di vela.
Troppo Kazan, Trento volley si ferma al terzo posto. Il Casalmaggiore volley ragazze, dopo aver battuto in semifinale lo Zurigo, s’è fermata invece ad un passo dal trionfo mondiale, battuta dalla Eczacibasi ( che con quel nome come farà a sentirsi campione mondiale per club lo sa solo lei).