Il Braccio Nuovo dei Musei Vaticani torna a splendere della luce palpitante del Canova

Il Braccio Nuovo dei Musei Vaticani torna a splendere della luce palpitante del Canova
Braccio Nuovo dei Musei Vaticani.immaigne di repertorio

ARTE. Capolavoro assoluto dell’arte neoclassica, il Braccio Nuovo dei Musei Vaticani torna a splendere della luce palpitante del Canova, dopo un intervento di restauro avviato nel 2009. Un progetto di recupero interdisciplinare, che ha toccato tutti gli aspetti di questo magnifico luogo espositivo, voluto da Pio VII per ospitare la statuaria antica, requisita durante le campagne napoleoniche e quindi restituita dai francesi nel 1816. Presentati oggi alla stampa, i risultati di sette anni di lavoro complesso e corale sono stati illustrati dal direttore (in uscita) dei Vaticani Antonio Paolucci, molto orgoglioso di lasciare il suo incarico con la riapertura del Braccio Nuovo. Si è trattato di un intervento estremamente puntuale e approfondito, in grado di restituire quel luogo così come era stato concepito due secoli fa da Canova e Stern, un unicum soprattutto per Roma, che comunque nelle mire dei suoi ideatori, voleva incarnare ”l’idea stessa di museo agli albori della Modernità” .

”Il Braccio Nuovo – prosegue Paolucci – è ‘moderno’ per la progettazione architettonica d’avanguardia, per i dodici lucernari che fanno cadere luce zenitale sui mosaici del pavimento e leggermente obliqua sulle sculture così da evitare effetti di ombre portate”. Marmi antichi, mosaici romani, statuaria, gessi si fondono per avvolgere il visitatore in uno ”stupore armonioso”, oggi come nel 1822, quando, dopo 5 anni, Canova (un anno prima della morte) consegnava al papa un altro museo di suprema bellezza. Insieme a Raffaele Stern, architetto dei Sacri Palazzi Apostolici, aveva sovrinteso e coordinato le scelte iconografiche e architettoniche di quel grandioso progetto, nel quale il genio di Possagno ”tornava nella civiltà veneta del colore, in cui era nato”. Il colore per Canova, sottolinea Paolucci, scaturiva dalla sua arte di trattare il marmo, che sotto le sue mani ”diveniva palpitante e assumeva il tepore della vita”.

Quello che Canova aveva saputo trasmettere nelle sue magnifiche sculture, ecco che lo trasferisce nel progetto architettonico, che non tralascia timbri, sfocate cromie, per consentire infine alla luce naturale proveniente dai grandi lucernari la funzione di amalgamare ogni componente, antica e moderna. ”Il visitatore, attraversando lentamente il Braccio Nuovo – ha suggerito Paolucci – capirà, nella luce argentea che spiove dai lucernai, sostando sui mosaici romani che parlano delle avventure di Ulisse, soffermandosi di fronte alla statua colossale del Nilo o all’Augusto di Prima Porta, che il Braccio Nuovo è l’ultimo organico omaggio che la nostra civiltà ha saputo tributare all’Antico”. Dopo prevarranno la retorica o il filologismo. Dietro all’incanto riconquistato del luogo, c’è dunque un arduo lavoro che non ha lasciato nulla al caso, sia nel contenitore sia nel contenuto. Tutte le 140 statue conservate nel Braccio Nuovo sono state studiate e decifrate, ha aggiunto direttore del Reparto Antichità Greche e Romane, Giandomenico Spinola, e ognuna di esse ha rivelato una storia complessa, in grado di dare valore anche alle opere considerate minori.

Come il busto di Cesare, che ha fatto scoprire l’antica consuetudine di trasformare le sembianze di anziani defunti, immortalati nei rilievi funerari, nell’immagine domestica del Dittatore. Grazie alle tecnologie più sofisticate, ha aggiunto il curatore del Laboratorio di Restauro Materiali Lapidei Guy Devreux, è stato anche possibile mantenere sulla superficie delle sculture le patinature apposte dai restauratori ottocenteschi per attenuare il biancore del marmo riemerso dopo le puliture. Grazie al laser diventate patinature a tutti gli effetti, esse sono fra i maggiori artefici della suggestione cromatica della galleria. Che però si fonda completamente sul dialogo tra il progetto architettonico e i capolavori d’arte antica che doveva custodire, in quanto furono ideati l’uno in funzione dell’altro. Tanto che, ha concluso Micol Forti, il restauro ha interessato in ugual misura i due aspetti. Per le architetture sono stati investiti 1,6 milioni di euro, che hanno riguardato anche la messa in sicurezza dell’immensa struttura. ”Il progetto – ha spiegato la Forti – era stato realizzato in economia e con largo uso di stucchi, con materiali spesso ancorati alle pareti e alle volte attraverso l’uso di perni metallici. Quindi ogni elemento è stato staccato e ricollocato con nuovi ganci”. Si deve invece al finanziamento di 700.000 euro dei Patrons of the Arts in the Vatican Museums il recupero delle 140 statue, che nella splendida galleria canoviana trovano ancora oggi la loro perfetta valorizzazione.

Fonte :Ansa

 

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