Viaggio alle radici della fede. Dopo il Borgia il ritorno del dominio della Chiesa. L’epoca delle riforme.

Viaggio alle radici della fede. Dopo il Borgia il ritorno del dominio della Chiesa. L’epoca delle riforme.
Viaggio alle radici della fede. Dopo il Borgia il ritorno del dominio della Chiesa. L'epoca delle riforme.

INEDITI. Dopo la contrastata dominazione del Valentino ed un breve domino veneziano, Rimini tornò sotto il controllo della Chiesa. Sorretta da un forte desiderio  di pace non contraccambiato, visto che si trovò a vivere uno dei periodi più turbolenti della sua storia. Tra Rinascimento e Sacco di Roma’, tra Lutero e Calvino, tra Concilio di Trento e Controriforma: quanto bastava, insomma, per affievolire quel rigenerato orgoglio cittadino ‘ che  le utopie umanistiche ( e non già l’esperienza)  avevano incoraggiato’.

Rimini perse allora la sua autonomia. Assistendo, non senza turbamenti, ai tentativi di Sigismondo, figlio di Pandolfo IV, di riappropriarsi signoria cittadina. Scatenando discordie, vendette, odii di parte. Sorsero tuttavia nuovi edifici sacri, specialmente mariani, come quello in località Colonnella; mentre i vecchi vennero rinnovati ed arricchiti.
La situazione apparve migliore più nei conventi che nelle chiese parrocchiali. La Cattedrale fu tra i primi edifici sacri a subire modifiche. Incamerando inoltre opere notevoli come i dipinti di Benedetto Coda, artista veneto, molto apprezzato, attivo per anni tra Romagna e Marche. Il suo capolavoro, la ‘Madonna con il Bambino e i santi Domenico e Francesco’, reca la  data del 1513. Particolarmente qualificante però fu in quel frangente l’apporto urbanistico ‘o meglio,  quel vasto tentativo di regolarizzazione delle vecchie piazze e del tracciato delle nuove’.
L’applicazione delle norme tridentine portò il ‘ fervore delle riforme’ ma anche significativi cambiamenti nell’assetto delle chiese, costrette a rinnovare ‘ altari, paramenti, suppellettili liturgiche, immagini; spostando nelle absidi i grandi cori lignei che occultavano gli altari’. Il vescovo Gian Battista Castelli, ad esempio, si prodigò nel dare un volto più razionale alla Cattedrale, rimboccandosi le maniche per dare il buon esempio.
Anche le chiese delle abbazie  benedettine si rinnovarono, smantellando i loro presbiteri rialzati e le loro cripte. Mutò la chiesa di Scolca, degli Olivetani; cambiarono volto anche quella di San Giuliano e quella di San Marino. S’aggiunsero inoltre nuove costruzioni, come l’oratorio del Rosario ( 1590), accanto alla chiesa dei Predicatori, trasformata poi in una vera e propria  ‘palestra’ per pittori riminesi e non solo. L’Oratorio, più volte ampliato e restaurato,  di fatto ‘scomparve’ alla fine del Settecento.

ARTE CINQUECENTESCA RIMINESE. Interessante è la produzione di opere d’arte nel ‘500. Dove, all’inizio, si  continuò con l’importazione di ‘prodotti tedeschi’; mentre per quel che riguardò nello specifico la pittura ( Coda a parte) forte fu  l’influenza di alcuni maestri saltuariamente operanti in zona: in primis Zenone Veronese, poi, Girolamo Marchesi di Cotignola e soprattutto Giorgio Vasari, che a Rimini sostò nel 1547.
I dipinti del Vasari rimasti a Rimini figurano tra i capolavori del manierismo italiano. A fine secolo, infine, non si può di certo ignorare la presenza di Paolo Veronese che mise la sua mano nella  pala della nuova chiesa di San Giuliano (‘Vergine con bambino in gloria fra i Santi Pietro e Paolo e il martirio di San Giuliano’).

Nella competizione all’abbellimento e alla novità tra gli ordini religiosi riminesi, i  Domenicani non vollero ‘stare da meno’ dei monaci veneziani di San Giuliano tanto che, nel 1598, commissionarono un ‘telero’ alla bottega del Tintoretto, guidata allora un figlio di Jacopo, morto nel 1594. La tela raffigurava ‘San Domenico che presenta la Regola al Pontefice’, finanziata da un certo Pietro Cima, divenuta poi di proprietà comunale e  purtroppo distrutta dalle bombe, nel 1943.

 

Roberto Vannoni

 

Nella immagine, pala d’altare di  di Paolo Veronese ( 1528/1588).

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