Non solo calcio. La Nostra Signora ‘tradita’. E la ‘vendetta’ dei nostri centauri al Mugello: tre su tre.

Non solo calcio. La Nostra Signora ‘tradita’. E la ‘vendetta’ dei nostri centauri al Mugello: tre su tre.
Mugello (rep) download (1)

LA CRONACA DAL DIVANO. Ci avevamo creduto. In tanti. Dopo una annata costellata di indicazioni e risultati precisi da parte della Signora, prima in Europa ( in particolar)  per la sua difesa impenetrabile ( tre gol soltanto in Champions).
Ci avevamo creduto anche alla fine del primo tempo, nonostante qualche lieve scricchiolio: difesa non attenta e ben registrata ( a cominciare da Buffon), centrocampo generoso ma in affanno, attacco praticamente inesistente ( ‘Manzu’, autore di un gol Champions, a parte).
Nessuno e poi nessuno, neppure i tracotanti madridisti, s’aspettavano di  veder dissolvere da un attimo all’altro, come  un fuoco fatuo, l’amena visione d’una Signora fino a quel momento ancora convincente. Nessuno. Eppure Eupalla, beffarda, chissà per quale sua recondita ragione o vendetta, ha tirato fuor dall’otre il solito terribile sortilegio.
E la Signora s’è svanita, nell’aere, senza senza lasciar di sè  traccia alcuna, se non l’ombra sua per accompagnare sul palco d’onore i blancos a riscuotere la loro dodicesima Coppa dalla grandi orecchie.

Si discuterà ora per anni dell’ineffabile sortilegio che continua a colpire la Signora, ormai al record  assoluto di finali Champions fatte ( 9) e perse ( 7). Qualcuno potrà anche dire ( con qualche fondatezza) che a vincere non son stati blancos ma bensì Eupalla  a donare la Coppa. In ogni caso il danno per la Signora ( che viene da un lustro esaltante in crescendo di risultati e progressi diversificati) resta enorme.
Danno che si rifletterà a tempo debito, anche sulla situazione calcio/sport in Italia dove la Signora funge da locomotiva e sul negletto ranking Uefa.
Al momento, siamo a pochi centesimi dal superare gli Angli al terzo posto, ma ci sa tanto che anche questa volta ci tocca di rimandare. Da notare però che ( solo) grazie al ranking Uefa potremmo conservare dal 2018/2019 quattro squadre Champions ( senza preliminari)  e tre Uefa. Assist non da poco per il nostro pallone in affanno e sempre e comunque bistrattato. In patria più che nell’Altrove.

LA VENDETTA DEI CENTAURI. Ci hanno pensato i nostri centauri al Mugello tinto di giallo a riportare gli ispanici al tergo. Nella Moto 3: Migno ; nella Moto 2: Pasini; nella Moto Gp : Dovi. Tre su tre non capitava da anni, e le dolci colline toscane  zeppe di giovani hanno così potuto dar sfogo ad una festa lungamente attesa. E meritata. Ora, Vinales, 22 anni, ispanico della Yamaha, ha una una buona dose di punti di vantaggio su Dovi e Vale, ma la strada e ancora lunga, e con questa Ducati risorta chissà cosa ci capiterà di vedere in futuro?

IL SALUTO DI ROMA. E non scordiamoci, per favore, l’ addio al calcio ( o meglio, l’addio al calcio con la maglia della Roma) di Totti. Sono decenni che ascoltiamo gente pronta a catechizzarci sui nostri ritardi e difetti rispetto ai tanti paradisi dell’Altrove.
Al punto che è ormai impossibile trovare generazioni che, nel Belpaese, non abbiano dovuto sorbirsi le omelie di chi avrebbe voluto non tanto ‘ miglioraci’ ( com’ è   auspicabile, sotto molti sapetti, per ogni popolo) ma ‘ tramutarci‘.

‘ tramutarci’ in cosa? In chiese vuote e fredde, come in altre parti dell’Altrove? In individui dediti a coltivare il proprio ego al posto d’un obliato creatore? In sportivi che al sentimento sostituiscono le brame del danaro e dell’opportunismo? Insomma, per tutti costoro, cosa dovrebbe diventare mai questo nostro Paese, confuso e smarrito ?
Chi e cosa? In questi decenni, abbiamo assistito a diversi  ’congedi’ dall’attività sportiva. Alcuni son stati drammatici, come la scomparsa del grande Toro sulle pendici del colle di Superga. Altri dolorosissimi, come l’addio a poco più di quarant’anni d’un ciclista sopranominato il Campionissimo. Altri non chiariti, come quello che ci ha separato ( abbastanza di recente) dal Pirata del piccolo borgo di mare che da solo affondava  Invincibili Armade.

Tanto per citarne qualcuno, di quei congedi, e soltanto  di nostrani. In tutti, se ben si ricorda,   la partecipazione popolare  è stata enorme. Differente l’una dall’altra, certo, ma enorme.  Tanto che nessuno mai più scorderà quegli uomini.
Eppure il commiato con il dieci giallorosso ha indotto a leggere nell’evento una connotazione diversa, insolita, per certi versi inspiegabile, comunque credibile fino in fondo.
Da un parte il protagonista, smarrito, commosso, per nulla alterato dalle suggestioni devianti della gloria; dall’altra, un Olimpico zeppo come mai lo era stato negli ultimi anni di polemica e di abbandono, ma che ha mostrato solo cuore ed occhi quel quel suo ragazzo in cui, pur tra alterne fortune, si è identificato.
A Roma, dal tempo dei Cesari, magari anche senza oggi più saperlo, si distingue tra  ovazione e trionfo.
La prima andava ( e va)  ai buoni interpreti di buone cose realizzate; la seconda, invece, era ( ed è)  limitata ai quei pochi memorabili personaggi capaci diventare  icone. Tra mito e realtà. Come Romolo o Cesare o Traiano.  Senza tempo. E soltanto da accennare, agli occhi allibiti  e disabituati degli stranieri.

L’OLANDESE VOLANTE. Tom Doumoulin, classe 1990, ha vinto il Giro Centenario. Il più prestigioso d’una  leggendaria storia. Che sarebbe stato un giusto omaggio a pedalatori formidabili, tra i più forti mai nati per praticare questo sport da giganti, ( ci perdonino quelli omessi) come un Binda, un Gira, un Gino da Ponte Ema, un Fausto da Castellania, un Felice da Sedrina o un Pirata da Cesenatico.
Il dio del pedale ha scelto lui, premiando (forse)  i tanti che nel suo paese di bici vivono giorno e notte, ma che di vincitori di gare a tappe ne hanno contati davvero pochi pochi. Tipo:  Janssen ( Vuelta 1967, Tour 1968) e Zoetemelk ( Vuelta 1979, Tour 1980).

Tom è ora un beniamino delle folle italiane. Del resto chi si veste di rosa qui non può essere altrimenti. Tom, tra le sue tante dichiarazioni post trionfo, ne ha fatta una che avremmo avuto piacere fosse sgorgata dalle bocche sterminate di quegli esterofili che  ( non  avendo o molto da pensare) non fan altro che dir male del Belpaese. Sminuendolo. Ovvio.
Ad esempio sul Giro vanno predicando che sta anni luce sotto il Tour.
E ti pareva, che non fosse così! E questo ribattono anche quando un orbo può vedere che, anche solo per questioni geo-morfologiche, il nostro resta un appuntamento difficile, il più difficile che si possa costruire, imprevedibile, affascinante, adatto solo a chi combina cuore, coraggio e forza. Un cuore grande grande. Come quello delle folle eterogenee e colorite che l’attendono trepidanti, ieri come oggi. Ha confessato Dumoulin: ” Il Giro mi ha stregato. Il Tour è business, qui c’è ( soprattutto) passione”.

BISOGNA SAPER PERDERE. Toto, che stimiamo e ben vogliamo, non ha mancato di farci sapere che dalle sue parti a perdere ( con gli italiani) proprio non ci stanno. Ha detto il buon Toto: ” Le gomme? Un mistero italiano, con quella strana capacità della ‘rossa’ di trovare sempre la finestra giusta per far rendere al massimo le gomme”. Al che, ovviamente, la Pirelli ha risposto ” Nulla di strano. Per noi sono tutti uguali.I successi della ‘rossa’ sono frutto dell’umiltà di Seb e del geniale lavoro degli uomini  in rosso”.
Capito, caro Toto, null’altro. Che di quel regolamento ad hoc pro frecce d’argento sulle power unit stilato col Bernie devi esserti dimenticato. Il problema, semmai, per te e per quell’altro che è tornato a mangiar spaghetti dove gli spaghetti li sanno fare davvero, è accettare che sotto l’Alpe l’ingegno abbonda.Eccome. Tanto quanto quelli che fessi li puoi fare, ma non all’infinito. Ingegneri sconosciuti e giovani, giovanissimi,  gomme giuste e tanta rabbia in arretrato accumulata in corpo, questo è il  mix terribile contro il quale non c’è  carro Tigre  o corazzata Bismarck che può sperare di vincere. Nessun mistero, dunque. Lascia perdere la solita dietrologia.

E fattene una ragione, amabile  Toto. Anzi, visto che hai cominciato con la splendida Mille Miglia, continua frequentare il Belpaese.
Anche per toglierti di dosso ( prima o poi)  quel camice bianco color pallore e indossarne un altro rosso color passione. In fondo l’Europa che ‘ dovrà (ri)prendere in mano il suo destino‘, ha bisogno di questo. Di vita nova, e non stantia.

NON SCORDIAMOCI IL RANKING. Adesso che Mou Mou ha (ri)vinto la sua coppetta ( battendo per 2-0 un Ajaxmanco lontano parente di quello degli anni Settanta) il pericolo è che gli angli ci soffino per un altro anno ancora la terza piazza del ranking Uefa, dove noi stiamo a soli due punticini di distacco.
Il ranking Uefa, vogliamo ricordarlo ancora una volta soprattutto agli smemorati, è decisivo per l’assegnazione dei posti nelle Coppe europee, che dal prossimo anno ci vedono ( giustamente) premiati con il riconoscimento di ( ben) quattro squadre in Champions ( senza preliminari) e tre in Uefa Ligue.

La nuova situazione, se sfruttata a dovere, potrà non solo riportarci sul podio dei migliori campionati al mondo, ma ( addirittura) (ri)attirare attenzioni e risorse. Un tempo, col calcio ( attraverso gli introiti della schedina), si poteva‘sovvenzionare’ l’intero movimento sportivo nazionale; oggi, questo, com’è noto, non è più possibile e purtuttavia resta  innegabile il ruolo di traino tuttora conservato dal pallone nei confronti dello sport nazionale. Le fortune del calcio, insomma, non portano di certo  detrimento agli altri sport.
Gli impianti per il calcio infatti  possono  stimolarne altri,  per altri sport, come i palazzetti , le piscine e le piste di atletica. Possono, insomma, innescare quel (finora fantomatico) circuito virtuoso che calerebbe benefici e salute  sportiva un po’ a tutti, dal nord al sud, dalle città alle periferie, dai grandi ai piccoli,  instillando linfa positiva nel Belpaese e (soprattutto)  tra i giovani, per i quali lo sport resta un momento fondamentale per la crescita e la socializzazione.

 

ALTRO

GIOVANNI FALCONE. Il presidente Mattarella ha rievocato al Csm la figura di Giovanni Falcone, l’indimenticato magistrato ucciso dalla mafia 25 anni fa ( 23 maggio 1992) con la moglie e i tre uomini della scorta.  Non a caso il presidente Mattarella ha svolto questa commemorazione  proprio al Csm, un ambito in cui Falcone non trovò quanto gli sarebbe stato necessario per portare avanti con efficacia e determinazione la lotta al tumore che affligge ( e mortifica) da (tempo immemorabile ) il corpo ( comunque) sano della vetusta e fascinosa Sicilia.
Nel Csm ci furono colleghi, come ebbe a gridare la Bocassini, che tradirono Giovanni Falcone. Lo tradirono, lasciandolo ( solo) al cospetto delle fauci sanguinarie della mafia. Eppure, oggi, a distanza d’un quarto di secolo,  il ’sacrificio’ del grande magistrato è servito o no ‘ ad acquisire’ anche ‘solo di poco‘ una nobile regione italiana alla legalità, allo sviluppo pacifico e trasparente, alla speranza d’un futuro migliore? Qualcuno dice di sì.
Certo. Visto che la morte di Falcone qualcosa avrebbe cambiato, e non solo in Sicilia. Mutamenti significativi vengono segnalati all’interno del  Csm, della magistratura palermitana, nella gente, a cominciare dai tanti giovani siciliani  che sembrano avere imboccato  la strada del rifiuto di modelli obsoleti, violenti e penalizzanti. Ma c’è  qualcosa che in Italia che resta uguale, oggi come allora?
Purtroppo sì, ed è grave. Molto grave.  Si è scritto: Giovanni Falcone “ era un grande uomo e un grande magistrato, e quindi lo affossarono in fretta, perchè tutto può accadere da noi  ma non che le altissime responsabilità vengano affidate ad uomini di valore”. Non citiamo l’autore della considerazione.  Che resta ( comunque) una sorta di fiele amarissimo da deglutire  per altro tempo ancora, nell’attesa ( si spera non vana) dell’alba d’un rinnovato Paese, d’una rinnovata Sicilia.

Una nuova alba capace di partorire, oltre i luoghi comuni, e le false verità sul nostro bistrattato Paese , uomini davvero in grado di combattere il male. Con competenza e coraggio. Che si chiami mafia o altro, poco importa.

IL PRESIDENTE TRUMP. “ Credo nello sforzo per giungere alla pace tra Israeliani e Palestinesi” ha detto Donald Trump nella seconda tappa del suo primo viaggio oltre confini statunitensi che si concluderà in Italia, con  il G7 . Intanto, passando da Riad, ha firmato un contratto di oltre 100 mld di dollari per forniture militari a quel Paese che mantiene, nonostante gli affari, una posizione ambigua verso il terrorismo.
Quello che colpisce, soprattutto, l’Europa. Sempre Donald Trump è nell’occhio dell’investigazione ( non solo giornalistica americana) per certi trascorsi con i russi. Dovesse emergere qualcosa di ‘anomalo‘ per lui si aprirebbe una procedura di impeachement  inusuale anche per gli Usa. Una prospettiva non certo accattivante perchè potrebbe aprire scenari davvero preoccupanti per il Mondo. Che dell’America, l’America della libertà,  ha inalterato bisogno.

MANCHESTER -  Sarebbe stato stato un kamikaze a compiere l’attentato. Il capo della Polizia di Manchester Ian Hopkins, in questo senso,  ha sciolto ogni riserva sulla dinamica dell’attentato che ha seminato orrore e morte tra i giovani che avevano appena assistito al concerto della popstar statunitense Ariana Grande. Mentre il pubblico di teenager lasciava la Manchester Arena, impianto da 21 mila posti, l’uomo ha azionato il suo ordigno tra la folla: 22 le vittime, 59 i feriti. Non è chiaro, ma con molta probabilità il bilancio comprende lo stesso attentatore, che Hopkins ha dato per ‘morto sulla scena‘.
“Dovrebbe avere  agito da solo – ha spiegato il capo della Polizia -. Riteniamo che fosse in possesso di un ordigno improvvisato, che ha detonato, causando questa atrocità. Resta da capire se avesse complici o fosse parte di una rete”. I resti dell’uomo sono stati individuati tra quelli delle sue giovani vittime. Anche giovanissime: si contano anche tre bambini. Hopkins, inoltre, non ha diffuso l’identità del terrorista e non ha voluto nemmeno confermato se fosse o meno un cittadino britannico.
In attesa di avere ulteriori informazioni, ci sentiamo di non nascondere un primo, istintivo, commento: ” A parte il problema integrazione che in Gran Bretagna sembra avere ottenuto risulti per nulla rassicuranti, abbiano fatto bene a puntare sulla uscita dall’Unione Europea piuttosto che cercare di rafforzarla, in tutti i sensi, anche sotto l’aspetto investigativo e militare, per affrontare le ’sfide’ planetarie in blocco e non da separati in casa?
La Gran Bretagna, checchè la pensino alcuni isolani, è, era, resta Europa. E se è vero, come promette la May, che la Gran Bretagna vuol continuare  a dare il suo importante contributo alla crescita del Mondo piuttosto che ambire a diventare  uno dei tanti  paradisi fiscali, non sarebbe meglio curasse questa forma di novella miopia facendo un passo indietro nel senso di andare a cercare altre e solide intese col resto del Continente a cui appartiene?

Intanto, in queste ultime ore, sono stati segnalati altri due sanguinosi attentati. A Londra. Con vittime e feriti. Sono rimasti sull’asfalto tre terroristi.

ADDIO NICKY. Si è spento Hayden, tradito dall’amore per la bicicletta. L’americano, 35 anni, campione mondiale MotoGp  nel 2006, era stato uno dei  ‘più cari’ compagni di viaggio del nostro Vale. La fidanzata Jackie, con cui si sarebbe dovuto sposare in estate, le è sempre rimasta accanto nella Sala rianimazione del ‘Bufalini’ di Cesena ove Nicky era stato immediatamente ricoverato. Lo piangono tutti.” Nicky- ha detto papà Earl Hayden - era un gran lavoratore che non ha mai scodato le sue origini. Era un ragazzo caparbio, orgoglioso, tanto che oltre ad essere un campione era soprattutto un gran bravo ragazzo”.
Ora la speranza è  che la sua, e le altre tante morti in bici sulle strade, possa servire da esempio per ridurre un fenomeno sempre più consistente. In Italia, si sa, mancano piste adeguate, norme specifiche, ma anche i comportamenti di ciclisti e automobilisti spesso e volentieri lasciano a desiderare. E tuttavia, proprio casi come questi dovrebbe servire non  a polemizzare perfino ma a tirasi su le maniche per risolvere la situazione. Al meglio, evitando anche di versare le solite stucchevoli  lacrime di coccodrillo di circostanza. Intanto, caro Nicky che tanto hai amato la nostra Romagna, non ci resta che collocarti nel nostro pantheon d’eroi. Insieme ai Pasolini e ai Sic, per non scordarti mai più.

QUERELLES E CURIOSITA’ 

COPPI O  MERCKS ?Viviamo un’epoca epoca strana in cui il ciclismo sembra essere migrato in Albione, con i tanti suoi nuovi improvvisi eroi che non si sa mai se prendere sul serio o no. Viste anche  le loro performance selezionate e fugaci. E  con carriere ( relativamente) brevi. Proprio all’opposto di quanto accadeva una volta, prima e dopo la seconda guerra, con quei pedalatori figli degli dei  i quali sulle impervie strade di allora resistevano più degli acciai speciali.E’ ( comunque) dagli anni Sessanta che ci si dibatte se il più grande dei pedalatori sia stato il nostro Coppi o il belga Mercks.
Molti storiografi ( ma anche  tanti, troppi saputelli), pure nostrani, oggi  propendono ( allegramente) per il secondo, visti anche i titoli che è riuscito a mettere in carniere. Senza valutare, chissà perchè,  i contesti diversi in cui i due straordinari campioni hanno vissuto. Tanto diversi che a voler far combaciare i numeri è praticamente impossibile. Ad esempio, quando si elencano le vittorie di Coppi ci si ricorda del  ’ salto agonistico ‘  di ( almeno) un lustro negli  anni centrali  ( 1940/1947 ) per ragioni belliche e post belliche? Quando si dice che il Campionissimo ha vinto ‘ solo‘ due Tour si sa che, lui, al Tour, per le ragioni di cui sopra, c’è potuto andare solo tre volte in tutto  e intorno ai trent’anni?

E comunque, sul tema, tra i tanti pareri, avveduti o meno, c’è n’è uno oggi che ( per competenza, conoscenza diretta e imparzialità)  può ( come si dice) tagliare la testa al toro?
C’è, sì. Eccolo. E’ quello del ‘grande’ Raphael Geminiani, 91 anni, emigrato d’origini romagnole  in Francia e amico-avversario ( con Robic e Bobet) del nostro campione.
Spiega  Raphael Geminiani: ” Nella mia carriera m’è capitato di essere  ( anche) direttore sportivo di Mercks. Non si capacitava, lui, di tanto amore e considerazione verso il campione di Castellania.  Un giorno Eddy mi fa: ‘ Tu sei sempre per Coppi, ma io sono almeno al suo livello?’.
E io: ‘ No, lui ha vinto qualcosa che a te manca‘. Eddy rispose:’ E’ impossibile, cosa?’. Gli dissi: ‘ Due titoli mondiali su pista ad inseguimento‘. Rimase senza parole. Aggiunsi: se Fausto stava bene poteva staccarti ovunque.  In salita, in discesa, in pianura, a cronometro, col sole, con la pioggia e con la neve. Ovunque. Ascoltami: era immenso”.

Ti potrebbe interessare anche...