Non solo sport. Il dramma dei profughi e l’Italia isolata. Oltre allo sport, tanto sport. Impresa Aru.

LA CRONACA DAL DIVANO. Settimana vivace. Con tanti appuntamenti sportivi, tra cui: la convocazione a Parigi di Vettel nell’attesa del Gp d’Austria per il weekend, gli sviluppi al Tour, i nostri ( e non solo) sull’erba di Wimbledon, ma anche le sorprese del calciomercato con i primi raduni, tipo quello del Diavolo applaudito da una folla enorme di afecionados.
Allo sport non possiamo evitare di allegare una riflessione sulla sempre più come più evidente debacle europea dei nostri tempi. Condotta da una Europa, forse sazia, di certo cinica, e per nulla in grado di affrontare con i dovuti strumenti e l’indispensabile unità d’intenti l’epocale assalto migratorio di questi tempi.
Come si sa, sono ormai anni, che ‘poveri diavoli’ cercano di raggiungere l’Europa quale loro ancora di salvezza rispetto a situazioni locali invivibili e violente. Arrivano da mezzo mondo, quello più misero e spesso in conflitto. Tra di loro non tutti sono ‘poveri diavoli‘, d’accordo, e una selezione più oculata potrebbe verificarlo. Fatto è però che nella leggiadra Europa di gente disposta a rimboccarsi le maniche ce n’è poca davvero. Praticamente, qui, è un ‘ si salvi chi può’ che non sta salvando nessuno. Nè quelli che vorrebbero tirare su muri, nè quelli che inviano carri armati alle frontiere, nè quelli che sparano alle frontiere.
E neppure quelli che vorrebbero far finta di nulla e passare la palla al partner più sfigato. Come l’Italia, ad esempio, che tra incertezze ed amenità varie, non riesce più a farsi ascoltare da quelli d’Altrove, sordo e sordido, un tempo cristiano e oggi senza più anima e identità, tranne quella del ‘ darsi alla fuga’ in ordine sparso. L’Italia, certo, isolata con tutti i suoi limiti davanti all’epocale emergenza. L’Europarlamento, che avrebbe dovuto dire la sua sull’argomento, è rimasto vuoto.
Nel frattempo però dai bei mari del Sud continuano ad arrivare, ma anche a naufragare, migliaia di ( veri o presunti) ’poveri diavoli’. E tra loro tanti bambini. Quelli davvero ‘ poveri diavoli’. Con gli occhi chiari e attoniti. Increduli. Come possono pensare infatti che nella parte più civilizzata del mondo c’è qualcuno che ha deciso di ‘ tranciare’ la loro parabola umana prima ancora di farle spiccare il volo?
SPETTACOLO IN MOTO. Al Sachsenring per il Gp di Germania ci si attendeva un dominio Honda e dominio Honda c’è stato. Con, lassù in vetta, Marc Marquez, messo (però) alla frusta per gran parte della gara dal carneade Folger ( Yamaha Tech), centauro di casa, ma alla fine della gara vinto dal nuovo dominus della classifica mondiale.
Ora in classifica, Marc, ha toccato 129 punti, 5 più di Vinales ( quarto al traguardo); 6 più di Dovi ( ottavo al traguardo) e 10 più del Vale da Tavullia ( quinto al traguardo).
Al dominio spagnolo in MotoGp ( 4 nei primi cinque) l’Italia ha risposto con il dominio in Moto2 ( 4 tra i primi cinque); e in particolare, con uno spettacolare Morbidelli che ha mostrato tutto il suo valore nel ‘domare’ ( non il volpone Luthi, finito sulla sabbia) ma un sorprendente Olivera in grande rimonta.
Buon secondo posto di Fenati in Moto3, gara vinta dal solito Mir. Per un bilancio complessivo che ( alla vigilia della sosta estiva) nella MotoGP , la classe regina, lascia un po’ tutti sulla corda: quattro infatti restano i contendenti racchiusi tutti in soli 10 punti: Marquez, come detto, ma anche Vinales, Dovi e Valentino. Nella Moto 2, invece, la caduta allontana Luthi di 37 punti da Morbidelli; mentre, nella Moto3, Mir conta un vantaggio buono ( oltre 30 punti) non ancora rassicurante, su Canet e soprattutto su Fenati, terzo in graduatoria, ma questa volta in gran spolvero.
Colpi di scena. Spettacolo. Incertezza sistemica. Son queste le due ruote. E poi c’è chi si meraviglia come le gare di moto attirino un crescente ed appassionato interesse. I paludati della Fia non le guardano?
NON HANNO PASSATO IL SEGNO. A proposito di paludati della Fia, Jean Todt, 71 anni, un gran passato alla ‘rossa’, presidente Fia e ora gran sacerdote della sicurezza in F1, ha convocato a Parigi il nostro Seb, vittima si sa d’uno ‘sburone‘ che se potesse rivoluzionare la F1 porterebbe in pista solo e soltanto un macchina: la sua. L’anno scorso lo ombreggiava Rosberg, quest’anno Vettel. Ha vinto tre mondiali, vorrebbe vincere il quarto, il quinto, il decimo. Tanto per restare ( sempre in solitaria) beato tra i beati nell’empireo degli immortali.
Il problema è che, bene e spesso, il nostro ‘sburone’, diventa pure un pericolo. La frenatina ( recidiva) propinata al momento giusto adversa al rivale diretto ha scassato il bel musetto della ‘rossa‘ ma ha anche messo a repentaglio la lunga teoria d’auto che stava al seguito del suo pilota. L’aspetto curioso è che ( pura davanti a tanta evidenza) tutti, o quasi, se la son presa con il danneggiato e non con il danneggiatore. E questo perchè il nostro Seb si sarebbe spinto , in modo diversamente concitato, a correre ad appellar per nome l’imperterrito ‘sburone’.
Jean Todt, gran sacerdote della sicurezza in F1, ( secondo le cronache) avrebbe ‘costretto’ il gentile Seb ad ’assumersi’ tutte le responsabilità del caso, chiedendo venia e promettendo di mai più dare del ‘pirla’ allo ‘sburone‘ che potrà così continuare a fare le sue naturali ‘sburonate’ quando, dove, come gli piacerà farle. In fondo, in questo mondo senz’anima, e senza trascendenza, meglio è esser lupo che agnello. L’importante infatti è portare in cascina il fieno della vittoria, e con la vittoria i danari, copiosi, piuttosto che qualche misero piazzamento. Del resto è non è la vittoria la conditio sine qua non per goderci il nostro ( effimero) paradiso in terra?
La soluzione ( si fa per dire) trovata da Jaen Todt non ci trova entusiasti, anzi. La ingolliamo ob torto collo. E pure con qualche brivido lungo la schiena, densa com’è di oscure (future) minacce. Che possono essere poste in atto durante il lungo, periglioso, ineffabile cammino verso il titolo . Che speriamo non sia già stato assegnato, a prescindere, tanto per ribadire che son ‘altri’ ad avere in mano il bastone del comando.
Tuttavia, caso fosse, sappiano i paludati della Fia che s’azzardassero a ‘levar le loro mani’ contro la ‘rossa‘ e i suoi piloti non sarebbero pochi nel Belpaese ( e non solo) ad esitare un istante per ripristinare quanto si faceva ai tempi in cui a guadare la F1 s’erano ridotti (sopratutto) il ( mai dimenticato ) Bernie e i suoi famigliari: ovvero, o pratica dello zapping o spengimento della tivù o trasferimento in altrove. Dove? Ai monti o al mare, semplice.
TOUR/WIMBLEDON. Il 2 luglio è partito da Dusseldorf ( Germania) il Tour, che con la corsa rosa si divide il top mondiale delle grandi corse a tappe.Tra i favoriti: Fromme ( inglese, 32 anni, alla caccia del quarto Tour); Quintana ( colombiano, 27 anni, scalatore dalle alte ambizioni), Contador ( spagnolo, 34 anni, atleta navigato e già in giallo a Parigi) e il nostro Aru ( sardo, 27 anni, alla conferma internazionale) chiamato a rinverdire le imprese di Nibali, Gimondi, Nencini e, ovviamente, degli immortali Coppi, Bartali e Bottecchia.
Nella breve cronometro d’apertura s’è imposto il gallese Thomas, mentre Froome ha volato. Il nostro Aru s’è difeso ( con 40” il distacco dall’ inglese, sesto al traguardo). Valverde, invece, caduto, è stato costretto al ritiro.
A Longwi, terza tappa di questo Tour, Sagan s’è imposto con una gamba sola, mentre la gialla è rimasta sulle spalle di Thomas. Lo stesso Sagan, alla quinta, è stato espulso dalla corsa per avere ( improvvidamente) ostacolato col gomito il veloce Cavendish, pericolosamente rotolato a terra, travolto, e ( in seguito) ritirato. Ma la corsa gialla continua, verso le prime montagne.
Alla quinta, invece, è arrivata la sorpresa più bella, quella di Fabio Aru solitario a La plance des Belles filles. Il nostro portacolori è ora terzo in classifica, dietro Froome e Thomas, con soli 14” di distacco.
S’è avviato anche il torneo di Wimbledon. Federer, il re stanco, cerca l’ottavo sigillo dei maschi, tra i quali babbo Fognini che è arrivato al terzo turno. Ora gli spetta nientemeno che Murray, ma se sta con la testa sul pezzo può riuscire nell’impresa. Kvitova, invece, pur ancora dolorante ad una mano dopo l’aggressione subita, cerca la terza perla tra le femmine. Orfane di Serenona, altrove impegnata in dolce attesa. Gli italiani, maschi e femmine, continuano a barcamenarsi. E’ già saltata Robertina Vinci, che con l’erba di Wimbledon proprio non ci sta.
CALCIOMERCATO
Dani Alves se n’ è andato. Finalmente. Speriamo solo che non si rifaccia vivo. Juve: (cessioni) De Ceglie ( svinc) e Mattiello ( d. Spal)/ ( (obiettivi De Sciglio ( d), Szczesny (p), Darmian (d), Danilo (d), N’Zonzi( c), Matuidi( c), Keita(a), D.Costa(a), Bernardeschi(a); Milan ( cessioni) Lopez( p.), Pasalic (c), Fernandez( c), Deulofeu(a), Ocampos(a) e Poli( c)/ (obiettivi) Neto (p), Perin(p), Conti (d), Calhanoglu(c), Biglia( c), Matuid(c), Kalinic( a), Aubameyang(a), Borini(a); Inter: ( cessioni) Carrizo ( p), Palacio (a)/ (obiettivi) Dalbert ( d), Janko(d), Rudiger (d), Darmian (d), Kalinic e Bernardeschi (a); Berardi (a).
Ultime. La Juve sembra aver messo gli artigli su Bernardeschi ( 40 mln), fissato un incontro. Il Milan ( che non t’aspetti) continua a fare acquisti da ricco sfondato, e d’un certo peso: preso infatti anche Calhanoglu ( turco dal Leverkusen, 22 mln) formidabile nelle punizioni. Resta invece in stand by la risposta del Gigio ( o meglio del Raiola), che a questo punto comincia a stufare. Andassero ( entrambi) altrove non sarebbero poi in tanti a strapparsi i capelli.
Altri acquisti del Diablo: Musacchio, valido partner difensivo per Romagnoli; Kessie, ottimo centrocampista ex Atalanta; Rodriguez, inesauribile corridore di fascia sinistra; Andrè Silva, attaccante giovane ma promettente, ex Porto; Borini, attaccante, di ritorno in Italia dopo un lustro nel Sunderland e Conti dall’Atalanta. Tutti andranno a respirare l’aria degli Immortali che s’allenavano a Milanello.
VAR UTILE O INUTILE? Aldo Biscardi ci ha dedicato una vita. Fosse stato per lui di moviola sui campi di calcio si parlerebbe da anni. Invece l’introduzione è recente. E non sempre con esiti credibili. Anzi. Durante la finale di Confederation Cup tra Cile e Germania, vinta ( per la prima volta nella loro storia) dai tedeschi o-1, il cileno Jara colpisce con il gomito al volto il tedesco Werner, proditoriamente, violentemente, palesemente. I dubbi non ci sono. I cronisti, infatti, tra i quali zio Bergomi, non fanno altro che sottolineare la gravità dell’intervento. Da sanzionare soltanto col rosso. Inutilmente.
Pressato dalla panchina tedesca l’arbitro Mazic va al tavolo ( sul campo) della Var per controllare.
E con grande sorpresa di tutti si limita ad estrarre un giallo al posto di un rosso che ci stava tutto. Probabilmente, per non concedere un rigore . Ma se non si provvede col rosso in casi tanto acclarati quando mai lo si potrà sanzionare? La Var ( come del resto il replay televisivo) ha sottolineato tutto questo. Eppure, perchè ignorarla? O meglio, interpretarla ancora una volta a usum propri?
Agli uomini risulterà sempre difficile praticare l’oggettività. Lo sappiamo. E tuttavia quante ‘ magagne’ vengono coperte in questo modo? Si ha infatti il coraggio di dire in giro che bene e spesso, anche nel tanto celebrato calcio di vertice, quello delle leggende e dei trionfi, ad alzare trofei non sono i migliori ma solo quelli che sono risultati o più protetti o più furbi o i più disonesti?
ALTRE DI SPORT. L’americana Ladecky, 20 anni, ha timbrato nei 400 sl il terzo tempo della storia ( 3’58”). Allarme Marco Tamberi, che non volando sta pensando di evitare i Mondiali. Stephen Curry, 29 anni, stella di Warriors, percepirà in un quinquennio oltre 200 ml di dollari. Dicono, meritatamente.
Ventimila britannici e irlandesi si sono trasferiti (?) a Wellington per il 24/21 dei Lions contro gli All Blacks. Storico. Vasco Rossi, che non è uno sportivo ma un cantautore, con i suoi 220 mila riuniti a Modena ha battuto ogni record in fatto di concerti. Blasco, insomma, resta un fuoco sempre acceso nel cuore dei suoi innumerevoli ammiratori. Il suo show, di certo, resterà nella storia.
FANTOZZI NON VADI VIA. Paolo Villaggio, morto in una clinica romana a 84 anni, era un sampdoriano della prima ora, dal 1946, anno di fondazione del club. Villaggio era in tribuna a Marassi il giorno dello scudetto ( 19 maggio 1991, vittoria 3-0 contro il Lecce), portava una coccarda blucerchiata al petto e approfittò del microfono di Gianni Minà per tirare una frecciatina al suo amico De Andrè, genoano, col quale aveva scritto la canzone su Carlo Martello di ritorno dalla battaglia di Poitier. Villaggio resta impresso nella memoria collettiva soprattutto per due genialità: Fantozzi e Fracchia, personaggi senza tempo .
Nati entrambi all’Italsider. Come raccontò lo stesso Villaggio. Fantozzi, ad esempio, in realtà si chiamava Bianchi e portava i baffi. Il suo ufficio era collocato in un sottoscala. Fracchia, invece, si chiamava Verdina e si connotava per il suo mostruoso aspetto fisico, forse non brutto, ma con tanto di calosce e ombrello. Fracchia era uno che s’incavolava da matti. Che non sopportava l’ingiustizia. Fracchia e Fantozzi restano comunque due impiegati, due invenzioni, al limite. Ma mentre Fracchia è uno che reagisce, Fantozzi è uno che prende la vita come viene. Forse, entrambi, risorse opposte della complessa personalità del loro creatore.
Tra l’altro, innumerevoli sono i riferimenti sportivi ( non solo doriani) nella saga cinematografica di Fantozzi. Come quell’Arsenal/Samp di Coppa delle Coppe del 1995, finito 3-2 per gli inglesi. Divertentissimo. Memorabile. Villaggio aveva vinto tutti i premi possibili, compreso un Leone d’oro. Gli mancava l’Oscar. Una volta a Neri Parenti infatti confessò: ” Sulla mia tomba non ci sarà l’Oscar, ma (solo) il bosco di Fantozzi“.
CURIOSITA’. Il body avveniristico usato ( non solo) da Froome a Dusseldorf ha scatenato polemiche. Eppure, quel body prodigioso, non è l’unico prodotto super tecnologico usato da Sky, anzi. E il bello è che nella performance del team inglese c’è tanto di italiano. Le bici, ad esempio, arrivano da Treviso: Pinarello F10 è l’innovativo telaio che rispetto al precedente migliora l’aerodinamica ( 12,6%), la rigidezza( 7%) e cala il peso(6,3%). Il modello specifico per le tappe di salita è il nuovissimo F10XL. Qui il carbonio è unidirezionale. Inoltre per risparmiare peso è stato ridotto al minimo il colore.
La Castelli, inoltre, fornisce l’abbigliamento da gara, tanto mirato quanto difficile da descrivere. Al Tour spesso si trovano condizioni di caldo estremo. Per questo Kask ha studiato un nuovo modello, il Valegro: pesa 180 gr, ha 36 feritoie per la ventilazione ed è stato messo a punto alla galleria del vento della Jaguar. Froome lo userà a partire dal primo arrivo in salita.
COPPI O MERCKS ? SENTIAMO GEMINIANI. Viviamo un’epoca strana in cui il ciclismo sembra essere migrato in Albione, con i tanti suoi nuovi improvvisi eroi che non si sa mai se prendere sul serio o no. Viste anche le loro performance selezionate e fugaci. E dalle carriere ( relativamente) brevi. Esattamente l’opposto delle carriere dei campioni d’una volta, prima e dopo la seconda guerra, con quei pedalatori della genia di Achille ed Ettore, figli di dei, i quali sulle impervie strade di allora mostravano più resistenza degli acciai speciali.
E’ ( comunque) dagli anni Sessanta che ci si dibatte se il più grande dei pedalatori sia stato il nostro Coppi o il belga Mercks. Molti storiografi ( ma anche tanti, troppi, saputelli di nuovo pelo finanche nostrani) , oggi ( allegramente) propendono per il secondo, visti anche il numero dei titoli che è riuscito a mettere in carniere. Senza valutare, chissà perchè, i contesti diversi in cui i due straordinari campioni hanno vissuto e accumulato le loro imprese. Tanto diversi che, a volerli raffrontare attraverso i numeri, è praticamente impossibile.
Ad esempio, quando si elencano le vittorie di Coppi ci si ricorda del suo ‘ salto’ agonistico per ragioni belliche e post belliche di ( almeno) un lustro (1942/1947)? Quando si dice che il Campionissimo ha vinto ‘ solo‘ due Tour si sa che, lui, al Tour, per le ragioni di cui sopra, c’è potuto andare solo tre volte in tutto e dopo i trent’anni? E comunque, sul tema, tra i tanti pareri, avveduti o meno, c’è n’è uno oggi che ( per competenza, conoscenza diretta e imparzialità) può ( come si dice) tagliare la testa al toro? C’è? Sì? E qual è? E’ quello del ‘grande’ Raphael Geminiani, 91 anni, emigrato d’origini romagnole in Francia e avversario ( con Robic e Bobet) del nostro campione.
Racconta Raphael Geminiani: ” Nella mia carriera m’è capitato di essere ( anche) direttore sportivo di Mercks. Non si capacitava, lui, di tanto amore verso il campione di Castellania. Un giorno Eddy mi fa: ‘ Tu sei sempre per Coppi, ma io sono almeno al suo livello?’. E io: ‘ No, lui ha vinto qualcosa che a te manca‘. Eddy ribattè:’ E’ impossibile, cosa?’. Gli risposi: ‘ Due titoli mondiali su pista ad inseguimento‘. Rimase senza parole. Dopodichè aggiunsi: ” Se Fausto stava bene poteva staccarti ovunque. In salita, in discesa, in pianura, a cronometro, col sole, con la pioggia e con la neve. Ovunque. Mettiti il cuore in pace: era immenso”.
NOTA
I CENTAURI. La figura del centauro ha origine dall’amore sacrilego fra il re dei Lapiti, Issione, e una sosia della dea Era, Nefele, dalla cui unione nacque, appunto, Centauro, un essere deforme che si accoppiò con le giumente del Monte Pelio ed originò una razza di creature ibride, metà uomini e metà cavalli.
Nella mitologia, i centauri sono sempre dipinti con carattere irascibile, violento, selvaggio, rozzo e brutale, incapaci di reggere il vino. Solitamente raffigurati armati di clava o di arco, caricavano i loro nemici emettendo urla spaventose.
La loro particolarità era dunque di possedere tutti i pregi e tutti i difetti del genere umano, portati però a livelli elevatissimi, tanto che nella mitologia sono stati riservati loro ruoli completamente contrastanti: dall’estrema saggezza all’incredibile crudeltà.
FAVOLE
IL LUPO E L’AGNELLO
Esopo ( 620/560 a.C.)
Un lupo vide un agnello vicino a un torrente che beveva,
e gli venne voglia di mangiarselo con qualche bel pretesto.
Standosene là a monte, cominciò quindi ad accusarlo
di sporcare l’acqua, così che egli non poteva bere.
L’agnello gli fece notare che, per bere, sfiorava appena l’acqua
e che, d’altra parte, stando a valle non gli era possibile
intorbidire la corrente a monte.
Venutogli meno quel pretesto, il lupo allora gli disse:
” Ma tu sei quello che l’anno scorso ha insultato mio padre ! ”
E l’agnello a spiegargli che a quella data non era ancora nato.
” Bene ” concluse il lupo ” se tu sei così bravo a trovare
delle scuse, io non posso mica rinunciare a mangiarti”.
La favola mostra che contro chi ha deciso di fare un torto
non c’è giusta difesa che valga.