Non solo sport. Il pio Dovi tra i grandi. Domina Marquez e ‘riapre’ il Mondiale della MotoGp.

Non solo sport. Il pio Dovi tra i grandi. Domina Marquez e ‘riapre’ il Mondiale della MotoGp.
Dovi (rep) download

 LA CRONACA DAL DIVANO. A chi dedicare  l’inno di gloria se non al Dovi di Frampulla, che Zeltwelg ha mandato ‘ a quel paese‘ nientemeno che fenomeno Marquez. Dovi è uno di quegli eroi che tanto sono cari agli dei. Per il loro carattere, mite sì, ma anche determinato. Un po’ come è successo ad Enea, piuttosto che al ( bel) fratello Paride, al ( cornuto) re Menelao o all’ ( invincibile ) guerriero Achille.

Gli dei, quando vogliono, sanno ripagare. Magari con qualche ritardo sui tempi, ma alla fine tornano sui loro conti e sborsano. Ed è stato (forse) così che sulla ostica pista tracciata in un angolo verde d’Austria, hanno concesso al Dovi   l’impresa capace di meravigliare il mondo ( sportivo). E prima degli altri, il suo avversario. Che ha riconosciuto, occhi sbarrati, e per nulla risentito dell’invito speditogli  istintivamente a due passi dal traguardo, dal suo avversario.
Che ora diventa, in mancanza d’altri avversari, visto l’affondare dei due Yamaha, il suo avversario principal. Mica pasta frolla. Però, Come quella ( ghiotta) di cui  insegna Pellegrino Artusi, anche lui del bel paese di Frampulla.
Tutti ora si chiedono: ce la farà  l’ astuto Marc mettere ai bordi del mondiale anche il pio Dovi di Frampulla? Ce la farà? Chissà? All’uopo bisognerebbe sondare il volere degli dei, i quali,  fino ad oggi, ( compatti)  hanno tenuto  Marc sotto la loro ala protettrice. Tra l’altro agli dei piace anche parteggiare. Cambiar di campo. Giocherellare con gli umani. Basta dargliene l’occasione. Si veda infatti come hanno trattato  quei poveracci di Ilion (Troia).
E qui sarebbe (davvero) bello poter capire cosa essi intendano fare. Intanto però, da umani, accontentiamoci di ammirare due centauri da tempi mitici. Entusiasmanti, Memorabili. Peccato che tra i due non sia della partita quel magister Tavulliae che come centauro ha scritto (finora)  le pagine più entusiasmanti ( ed incredibili) di questo ( asperrimo)  sport!

Una nota speciale va fatta per Franco Morbidelli, re della Moto2, in Austria alla sua settima vittoria stagionale davanti al ( più giovane)  Marquez  e a (volpone)  Luthi.  Non sarà mai l’erede di Vale visto che  di Vale ne può nascere uno soltanto. Sarà però il Morbido, per modo di dire, però, perchè in gara ( e fuori)  il ragazzo ha tutta la consistenza del (grande) campione.

MOTO. QUESTIONI IN SOSPESO.

CLASSIFICHE
MOTO GP: Marquez ( Honda) punti 174, Dovizioso ( Ducati) 158, Vinales ( Yamaha) 150,  Rossi ( Yamaha) 141.
MOTO2: Morbidelli( Kalex) punti 2o7; Luthi ( Kalex) 181.
MOTO3: Mir( Honda) punti 215, Fenati ( Honda) 151; Canet ( Honda) 137.
PROSSIMO GP:  Silverstone (Gb) 27/8

SIGNORA, BRUTTA LA PRIMA. Max, recentemente, ha confidato che dopo Cardiff voleva volar via da Torino. E forse non avrebbe fatto male, visto che allungare cicli (già) storici come quello in corso con la Juventus, non è mai facile. Qualcuno, certo, ce l’ha fatta. Come il Real dei tempi preistorici, il quale in un decennio, dal 1955 al 1966,  si aggiudicò ben sei Coppe dei Campioni.
Ma  sono casi rari. Per imitare il Real, ad esempio, la Signora dovrebbe aggiudicarsi altri quattro o cinque scudetti, forse, un po’ troppi. Anche perchè il rumore dei nemici avanza. E anche quelli sulla carta perdenti ( come la Lazio, appunto) finiscono, poi, ribaltare ogni pronostico. Eupalla, in queste operazioni, ci gode da matti. Onde per cui, un addio del Max alla Signora non sarebbe stato poi tutto questo scandalo.

E comunque sia, all’Olimpico per la Supercoppa italiana, la  Signora è partita col piede sbagliato, Per una sessantina di minuti ha fatto finta di non essere in campo, poi, grazie alla Hoya, s’è ridesta, ma troppo tardi.
Quel monello dell‘Inzaghi s’era già portato avanti coi lavori e non è stato più possibile costringerlo ai supplementari. Le lezioni, però, servono. Anche ai grandi tipo Juventus. Visto che domenica dovranno tornare a difendere il loro sesto ( incredibile) scudetto scendendo in campo contro quelli del ( miracoloso) Chievo.
Quando si celebrano gli altri campionati bisognerebbe non obliare di quanto è capace il nostro. In cui lo spettacolo non è un puro scontro fisico-agonistico ma una miscela di storie, valori, campanili di cui pochi o nessuno al Mondo possono vantarsi. Dicono che  ( nella celebrata)  Premier, una volta disputata la partita, tifosi e giocatori se ne vadano ciascuno per la propria strada. Torneranno ad incontrasi, certo, ma solo alla futura occasione.
Da noi, invece, giocatori e tifosi mai si perdono di vista. Il perchè non è facile a spiegarsi. Ma volete voi mettere un evento che si scorda con una pinta di birra  al pub , con un altro  scritto con vernici che manco le intemperie scolorano?

Ma non sarebbe meglio  che i ‘capiscioni’ pensassero  a far fare stadi, lasciando il resto agli appassionati?

LE SMANIE DEL DIAVOLO. Nel test di Catania contro il dolce Betis, il Diavolo le ha beccate. Grazie alla Var, ma le ha beccate. Nel finale, infatti,  la Var sorprende un braccio in area di Calhanoglu e Sanabria fa il 2-1. La cronaca, piuttosto scarna, è tutta qui. Ma anche il commento sulla partita non è molto di più. Infatti il nuovo Milan di Montella non si vede ancora; anche se, qualcuno, generosamente, segnala una ‘ crescita sotto il profilo del gioco’ e un ‘buon feeling‘ tra Bonucci-Calhanoglu. Del resto parlare di nuovo sembra essere fuor di luogo, visto che ( se non andiamo errati) in campo a Catania, dei nuovi, sono scesi soltanto: Calhanoglu, Borini, Bonucci, Silva, Kessie.
Qualcuno comincia (perfino) a chiedersi cos’abbia servito una campagna acquisti tanto sontuosa per poi  ’esperimentare’ con i già noti Antonelli, Gomez, Abate, Motolivo . Ma al di là di questo, e questi,  al di là di nomi e cognomi, qui, a far nascere quesiti è il gioco espresso in campo. Un gioco come quello dell’anno precedente, anonimo, scarsamente efficace, geniale, da formazione medio-bassa, e  che poco ha messo in cascina se non la doppia ( umiliante) qualificazione in  Uefa.

Il ritorno in Europa per una grande come il Milan erede degli degli Immortali e degli Invincibili ( 7 Campioni, 18 Scudetti) non può avvenire dalla porticina di servizio. Come sguattero qualsiasi. E neppure attraverso un impianto di gioco adatto a squadre di umile genia e collocazione.
Quali progressi, infatti,  sta facendo l’amato Milan ? Quali , si elenchino? Che futuro c’è mai   in quel ( ripetuto) controllo palla, senza genio, più indietro che avanti, e mai in grado mettere soggezione e sorprendere a chi s’azzarda giocare  col Diavolo ? Quale futuro? C’è qualcuno che qui può parlar fuor dai denti? Non è che i cinesi abbiano fatto  una rivoluzione dimenticando il manico?
Il buon Montella è persona seria, meritevole, così come Pioli o Gasperini che tornati però al posto loro stan facendo sfracelli. Il buon Montella perchè non ne segue l’esempio? In fondo a scrivere di storia non tutti sono tagliati. Il privilegio è raro. Inoltre lo scriver normale non sminuisce, anzi, potrebbe essere l’unica strada per andare a (ri)trovare la giusta collocazione con  tante meritate soddisfazioni.

 

CALCIOMERCATO E NON SOLO. E mentre Neymar ( inascoltato dai più ) continua a giurare ( dopo il lauto incasso)  eterno amore alla torre Eiffel , qua e là si cerca di fare acquisti appropriati per non farsi trovare impreparati agli ( imminenti) appuntamenti di  Coppe ( Napoli, Milan ) e Campionato. Ora, il Milan, che s’è è sbarazzato col minimo sforzo di Mangia e del suo Craiova, dovrà disputare i preliminari con una squadra macedone di cui chissà se si farà tempo a memorizzare il nome. Il Napoli, invece, dovrà sbattere  la cocuzza contro il Nizza del nostro Balotelli. Dovrà stare in guardia, però, perchè le nostre ai preliminari Champions son solite a fare dolorosi flop. 

La Beneamata ( libera da coppe) dopo tante felici  amichevoli pensa a rinforzarsi. Forse tratterrà Perisic; e anche Kongo, che furente vorrebbe trasferirsi da quei taccagni di Siviglia. In pista d’arrivo ci sono (anche) il turco Emre Cam  ( alternativa Strootman?) e il brasiliano  Dalbert, 23 anni;  e ( pure) Schick. la Roma di Monchi s’ostina a voler strappare agli indonesiano del Leicester la meteora Mahrez. Ha offerto 35 mln euro, ma non bastano. I taccagni di Leicester ne vogliono almeno 40, in sterline. Fossimo noi li molleremmo, con tanto di bigliettino d’auguri.Così come facciam fatica a prestare (ancora) orecchio a quel rompi del Dani Alvez, col petto zeppo di medaglie tanto quanto i generali dell’Armata Rossa , ma assai difficile da digerire.
Dani ( pochi giorni fa) ci ha   (ri)fatto sapere che non si trovava con  con Allegri. Beh, non lo avevamo notato, tuttavia ci manca pure che ce lo venga a ricordare lui ad ogni più sospinto. Al Qatar/Psg farà pure il nababbo, ma se spera di (ri)tornare nella nobiltà d’Europa con la squadra-stato dello sceicco, s’illude assai. Col sangue blu  si nasce e non si compra. In ogni caso l’anticamera resta assai più lunga di quel che spera lo sceicco.

IL DRAMMA DEL BARCA. Intanto imperversa il dramma esistenziale del Barca ( battuto nel superscudetto d’Ispagna dal Real, 1-3)  che, come tutti quelli che si assimilano agli dei non sanno che gli dei  certi privilegi se li concedono solo tra loro. Ad esempio, quello dell’intoccabilità. Infatti, gli amici del Barca,  ( fin all’altro ieri) credevano che nessuno e poi nessuno si sarebbe azzardato ad infilarsi in casa loro e ‘ rubargli‘  quei suoi gioielli per cui tanto  si vanta in giro pel Pianeta. E, invece, tutto s’è compiuto.
Per mano dei soliti spendaccioni  saliti dai deserti,  a (  suo tempo) salutati come salvatori in ogni contrada della leggiadra Europa ( Cataluna compresa) e che, oggi, fregandosene di tutto e tutti, sono sempre disposti a stampigliar al fresco dei loro candidi palazzi milioni su milioni utili per  portare a compimento  ( i più o men chiari) progetti loro.

Che di calcio parlano, senza far parte del calcio. Infatti, che razza di operazione calcistica è quella che prevede un esborso di circa 600 mln di euro per un sol giocatore? Quando mai un  uomo, che foss’anche Pelè o Maradona , è mai riuscito a sollevar da solo trofei e titoli? Non lo sanno coloro che il calcio  è sport di squadra? E tuttavia il famigerato fair play finanziario, dove sta?  Alla cannetta del gas?
” Non possiamo giudicare in anticipo i conti del Psg. Dobbiamo aspettare i bilanci” balbettano sorpresi ed increduli i censori dell’ Uefa. Intanto però gli sceicchi spendaccioni hanno fatto, come loro costume, esattamente quanto ritenevano dover fare. Senza chiedere nulla a nessuno. Per rilanciare Doha e i paesi del Golfo? Per smistare somme ingenti di danari? Per assicurarsi un futuro, visto che l’estrarre gas e petrolio non è un esercizio eterno?
Per mettere un po’ di pace donde sotto la cenere resta pur sempre acceso del fuoco? Non si sa. Fatto è che anche il Barca, il gran Barca di Cataluna, ha dovuto cominciare a prostrarsi ai nuovi padroni del vapore. Evento da prevedere, dicevamo, anche senza essere vaticinatori di mestiere, ma tant’è. Il sistema calcio europeo terrà ora il colpo davanti a tanta tracotanza? Ai posteri l’ardua sentenza.

Intanto con tanti danari in cassa va posto in conto che ( di qui a fine agosto) il Barca comincerà a rompere c… a destra e a manca. Per ‘riequilibrare’ la squadra. Ma anche per spruzzarsi in viso  qualche spolveratina di cipria rigenerante. Lifting morale. Dicono, infatti, che sia interessato a Cutinho, Di Maria ( sponsorizzato da Messi) e Dybala. Dei primi due poco ci importa; del terzo, invece, vista che sta arricchendo il nostro rinascente campionato, sì.
Perchè per rifarsi la faccia, magari con effetto domino,   qual soluzione migliore d’un bel colpo da inferire a qualcuno che, comunque sia, si continua a ritenere   un sottoposto? Un lupo quando non ce la può fare con un orso passa alla pecora. Che in questo caso, guarda un po’, potrebbe portare colori bianconeri.
Potrebbe, perchè tutto può ridiscutersi soprattutto se la Nostra Signora ha fatto tesoro dei suoi ultimi anni di incredibile crescita che la collocano ormai nella manita societaria d’Europa , chiama a rapporto il suo (presunto ) fenomeno e così gli predica: ‘ Caro, qui ( se le hai) puoi fare il Messi della tua squadra; colà, invece, avrai qualche dollaro in più ma solo per reggere il moccolo, a Messi. Che non sarà poi tanto male. Tutto chiaro? Allora, scegli, caro’.

IN BREVE. Per chi non lo sapesse ancora, Neymar , 25 anni, fantasista brasileiro, è passato dal Barcellona al Psg ( che ha pagato la clausola rescissoria di 222 ml euro)Il Psg è una quadra francese, ( fino a qualche ora fa) praticamente ‘sconosciuta’ in Europa. Una squadra di Stato che intende portare avanti trame ( si fa per dire) sportive . Da qualche anno i padroni qatarioti stanno cercando di far entrare  ( a suon di milioni) la loro imberbe formazione  nel gotha della nobiltà europea del calcio . Per questo hanno tanto sborsato per il giovane attaccante brasiliano. Ma ce la farà il nostro eroe a ripetere le imprese d’un tal Maradona il quale, dipartendo proprio dal Barca, andò a trasformare un lontano ed oscuro calimero in un bianco e  fascinoso cigno, per alcuni anni, almeno, tra i più belli della terra?

LA FERRARI CHE VOGLIO. ” Questa è  la Ferrari che voglio!” sbotta, con insolito trasporto emotivo, il gran capo di Maranello vestito solo da maglioncini blu. E, in effetti,  davanti ai due amiconi Mercedes, l’uno fuor di senno e l’altro che lo scruta allibito, che altro poteva si poteva chiedere di meglio  alla prodigiosa ‘rossa’, trionfante in coppia nell’ affollatissimo Gp d’Ungheria ( finalmente ) da tempi andati?

Il commento è chiaro. Il risultato pure. Eppure, dopo il Gp d’Inghilterra, a Silverstone, tutto sembrava essersi incanalato a favore delle ‘frecce d’argento’, e del suo principal driver. Tutto, infatti, era pronto a celebrarlo per un altro dei suoi infiniti record  ( esempio le  68 pole di Schumi), eppure, questa volta il re nero, ha dovuto chinare il capo davanti ai due ‘ragazzi’ meravigliosi della ‘rossa‘. Non che Kimi sia contento di far da guardaspalle a Seb , perchè il suo istinto spinge a ben altro, ma questo ha fatto per un interminabile numero di giri consentendo infine, al suo compagno di scuderia, di arrivare primo in porto con un volante scassato  o impazzito.

Una situazione molto curiosa e che  ci ha fatto ricordare  il nostro Nivola. Raccontano infatti, ovviamente con il beneficio d’inventario che alimenta le leggende, che in un duello con le ‘frecce d’argento’ trovandosi senza volante lo sostituisse con una chiave inglese. Con gli stessi, risultati di Seb, evidentemente,  che al volante di una ‘rossa’ sta riempiendo ( di nuovo) e di folle ( quasi monocolori) i tanti circuiti mondiali. Ora, Seb, alla vigilia della sosta estiva, s’è (ri)riportato a 14 punti sul rivale, che tutto di tutto ha fatto, compreso il ‘sorpasso’ imposto dal muretto a voucher Bottas, per volare a (ri) prendere il rivale. Che stava domando un volante, e qui sono ancora in molti a non capirla ancora, non d’un auto ma d’un sogno. Che all’Ungaro ha volato alto, dall’inizio alla fine, tra una folla enorme tinta di rosso, pur tra difficoltà ( normalmente) insuperabili, e arrivando al traguardo in coppia, con i suoi  due ‘ magnifici’ ragazzi ( pressochè) affiancati.

CLASSIFICA MONDIALE F1 PILOTI: Vettel (Ferrari) punti 202, Hamilton ( Mercedes) 188, Bottas ( Mercedes) 169.
CLASSIFICA MONDIALE F1 COSTRUTTORI:  Mercedes punti 357, Ferrari 318.
PROSSIME GARE. Belgio (27 agosto, Spa), Italia ( 3 settembre, Monza), Singapore( 17 settembre). 

I DUE (TRE) REGISTRI.  Nel gran circus dell’auto agonistica ( e in ispecie) della F1 ( se ben si guarda) spadroneggiano due registri. L’uno, tenuto dalla Fia ( e enti e istituzioni collegati), che tien conto della ’quantità’ delle cose che accadono ( titoli, pole, doppiette etc etc); l’altro, invece, che si sofferma soltanto sulla ’qualità‘, o meglio, sul ‘come’ avvengono gli  eventi e sul ‘come’ si comportano i suoi interpreti. Nel primo registro, si tratta di una lunga dettagliata sequenza di dati; nel secondo invece di un tourbillon di volti, gesti ed emozioni. Col primo registro ci si informa; col secondo ci si appassiona. All’interno del secondo registro ce n’è poi un altro, un terzo,  tenuto quanto un caro album di famiglia da un auto speciale a tutti nota come la ’rossa‘, figlia prediletta di un  mitico costruttore padano soprannominato Drake.
Essere ( anche solo ) citati in questo speciale  ( terzo) volumetto consente  l’ingresso in  un pantheon d’eroi senza tempo. I registri, belli o brutti, ovviamente, hanno tutti ragion d’essere, ma se si va a chiedere agli uomini della pista dove si vuol  veder ‘scolpito’ il proprio nome,  pochi scelgono quello ( ufficiale)  della Fia  e tanti quello ( privato)  della ‘rossa‘. Solo che, come accade per ogni ambizione o desiderio umano, l’inghippo non manca: la fascinosa ‘rossa’ infatti non allarga  ( facilmente) il suo cuore a tutti. Anche perchè ama uomini driver dalla tempra speciale.

Tant’è che qualcuno, anche di recente, sedotto e abbandonato,  è rimasto deluso. Finendo con lo spargere  veleni  con poco costrutto, visto che anche il solo accenno tra i fogli della ‘rossa’  garantisce  ( comunque)  ricordo ( ed affetto)  indelebile. Ogni tanto la ‘rossa’ consente di sbirciare tra i suoi appunti. Sorprendente è scoprire allora la lista dei  piloti a lei più stretti.

Nivola, ad esempio, tanto caro al Drake così come Giles, indimenticabili occhi di bimbo con coraggio da leone; e inoltre Ascari, Alesi, Barri, Massa, Alonso; e (perfino) l’ingrato ( austroungarico) del Niki e ( ovviamente)  il campione dei campioni, Schumi,  che gli dei invidiosi hanno costretto ad un epilogo amaro.
Seb ( Vettelquadricampione del Mondo, all’Ungaro, ha (forse) scoperto cosa preferire tra i quattro titoli finora vinti e l’ essere trascritti sull’album della ‘rossa’, dopo aver domato per una corsa intera un volante impazzito; e così anche l’uomo di ghiaccio, il finnico Kimi, che ( per ragioni di scuderia)  ha preferito rinunciare ad una vittoria ( pressochè) certa pur di   generosamente proteggere il compagno in corsa per il titolo dal livore rimontante  d’una ‘freccia d’argento‘.Ora, Kimi, sul registro Fia sarà soltanto un nome; su quello della ‘rossa’ invece, figurerà  tra i suoi preferiti. In bella vista. Adesso e finchè una ‘rossa‘ continuerà a far sognare esseri umani d’ogni colore ed età  in ogni angolo del Pianeta. Che dici ’uomo di ghiaccio‘ : meglio apparire o essere ?

LA DIVINA FEDE. ’Legend‘: termine che gli inglesi sprecano. Nello sport il termine ’legend’  lo usano   a mani basse. Basta vincere un paio di medaglie o portarsi a casa un titolo particolarmente conteso per essere ( normalmente) ammessi nella leggenda. Che qualcuno ha finito per scambiare con   ’immortalità’. Accostamento quest’ultimo non gradito agli dei, i quali ( fin dai primordi) hanno  tracciato   tra loro e gli altri esseri viventi una ineffabile linea di demarcazione .
Con gli ambiziosi umani, soprattutto.  Che potevano  anche frequentare, abitualmente, o per diletto o per cimento, ma senza però mescolarsi ( più di tanto) a loro. Concedendo ( bontà loro) qualche rarissima eccezione. Spesso pagata dal malcapitato a caro prezzo.

Achille, ad esempio, per il suo valore, non poteva non assimilarsi agli dei; e questo gli dei concessero, finchè una ( loro) freccia galeotta non lo colpì ad un tallone strappandogli ( contemporaneamente)  di dosso vita e  immortalità. Ad Achille, passando ai tempi  nostri, potremmo assimilare Nivola, Villeneuve, Senna, Clay e , senza dubbio, il nostro Coppi. Esseri umani memorabili.  Di sport e oltre. E di cui possono trattare (solo) abili mani in  materia  tragica,  sempre alta e complessa.
Che è ( comunque) tutt’altra cosa rispetto al ‘quotidiano cantar’ dei nostri media. Che hanno necessità di ‘catturare‘, ‘ orientare’, ’vendere‘.  E poc’altro di più.  Non sarebbe meglio allora ridimensionar il tutto e lasciare  usare ‘leggenda‘ e ‘ leggendari’ a chi di dovere  e solo per l’eccezione eccellente,  lasciando ( tra l’altro) in pace l’eternità?
Alla nostra ( straordinaria ) Fede non dispiacerebbe se ( dopo quel che ha combinato in tutti questi anni in vasca) che la chiamassero ‘Divina‘. E il termine ( secondo i parametri odierni) ben le si attanaglia, soprattutto dopo quei duecento sl mondiali davvero fantastici. Va da se che il suo personaggio ha già conquistato un ruolo centrale nello sport ( non solo) italiano. Con Ondina Valla, Novella Callegaris, Sara Simeoni, Valentina Vezzali (già) è nel pantheon delle nostre divine donne di sport. Divine sì, tutte,  lei in particolare,  ma pur sempre (solo) donne, mortali, e comunque che stian sempre ben attente a non valicare quei limiti oltre i quali  pericoloso è far ingelosire gli dei.

 

IL SOVRANISMO. Il sovranismo, secondo la Treccani, è una dottrina politica che propugna la difesa o la riconquista della sovranità nazionale da parte di un popolo o di uno Stato, in antitesi alle dinamiche della globalizzazione e in contrapposizione alle politiche sovranazionali di concertazione. Ma chi è affetto da sovranismo ai giorni nostri? Guarda un po’ quelli che (  molto tempo fa ) davan ( sostanzialmente) corpo e sangue al vecchio Impero asburgico. Con adesione aggiornata di  Austria, Ungheria,  Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Costoro, cristiani e riformati che siano, non vogliono sentire parlare di immigrati.

Quelli, per gli ex asburgici, caso mai ce ne fossero, stazionassero pure nei paesi donde approdano. Null’altro.  A costoro  poco importa infatti veder naufragare giornalmente decine, centinaia, di poveri diavoli, tra cui tanti sguardi increduli di bambini.  Per loro una ‘ nazione incapace di difendere i suoi interessi è meglio che scompaia’. Un concetto, questo, chiaramente sovranista e usato in totale contrapposizione con quello comunitario  dell’Europa.

Insomma, questi signori, peggio ancora di quelli ( infidi) d’Albione, non riescono pensare ad  altro che auto  conservarsi, proteggersi, guardarsi ( spensieratamente) all’indietro. Pensare poi che questo sia il modo migliore di ‘ difendere i propri interessi per non scomparire ‘ è tutto da dimostrare. Anche perchè chi assicura agli ex asburgici   che  a dover levare le tende dalla storia non debbano essere  proprio loro e non altri che la storia, pur con tutte le sue ferite e contraddizioni, le sue porcate e le sue speranze, sanno guardare negli occhi ( intanto) con infinità generosità?

 

MASNADE MERCENARIE STRANIERE.  L’origine dei capitani di ventura è tra i rami cadetti della nobiltà, spazzati via fin dalla nascita nelle rivendicazioni del casato. Alcuni di questi capitani ( o condottieri) arrivarono perfino, fra Tre/Quattrocento, a fondare stati. A certe condizioni resta difficile affermare che i capitani di ventura siano stati la rovina e la maledizione dell’Italia, perchè potrebbe essere vero anche il contrario.
Essi si ergono protagonisti di un particolare momento storico, con forza vitale incredibile, grandiosa, al limite del brutale, immagine nuda e cruda  del potere militare riflesso sul potere politico.
Il capitano di ventura è figura centrale per tre secoli. E in quattro tempi. Da quello dei ‘precursori’ ai primi significativi rappresentanti ( per lo più al seguito delle compagni straniere calate sulla Penisola); dai capitani dell’età aurea ( per lo più italiani, talvolta fondatori di stati) agli epigoni, quando l’Italia  ( insipienza sua) concesse ad altri di trasformarla  un campo da battaglia e di conquista, fin al ( definitivo) predominio spagnolo.

Il ‘fenomeno‘ trovò  una sua prima comparsa ( a partire)  da fine Duecento /inizi Trecento allorquando numerose ‘ masnade mercenarie straniere‘ presero l’abitudine a calare in Italia, da sole o a seguito di qualche re o imperatore, voglioso di mettere mano sui tanti tesori del paese ( più bello) e ( più ricco)  del Mondo.
Si trattava allora di bellatores, ovvero di soldati di mestiere, in gran parte di bassa estrazione, disposti ad aggregarsi per una impresa che portasse loro danaro e bottino. Provenivano dalla Germania o  dal Brabante,  quest’ultimi  chiamati ’ Brabanzoni‘; ma anche dall’ Aragona e dalla Cataluna  come gli Almogavari o Almovari, che permisero a Pietro d’Aragona di conquistare  nel 1282 il Sud d’Italia.

Michele Amari li descrive così: ” Breve saio a costoro, un berretto di cuoio, una cintura, non camicia, non targa, calzati d’uose e scarponi, lo zaino sulle spalle col cibo, al fianco una spada corta e acuta, alle mani un’asta con largo ferro, e due giavellotti appuntati, che usavan vibrare con la sola destra, e poi nell’asta tutti affidavansi per dare e schermirsi. I loro capitani chiamavansi con voce arabica ‘adelilli’.
Non disciplina soffrivano questi feroci, non avevano stipendi, ma quanto bottino sapessero strappare al nemico, toltone un quinto per re. Indurati a fame, a crudezza di stagione, ad asprezza di luoghi; diversi, al dir degli storici,  dalla comune degli uomini, toglieano indosso tanti pani quanti dì proponeansi di scorrerie; del resto mangiavan erbe silvestri, ove altro non trovassero: e senza bagagli, senza impedimenti, avventuravansi due o tre giornate entro terre de’nemici; piombavano di repente, e lesti ritraenvansi; destri e temerari più la notte che il dì; tra balze e boschi più che pianura”.

( I PARTE)

 

I bellatoreso se si vuole  i masnadieri, una volta terminata la spedizione, perlopiù, non se la sentivano di tornare donde erano venuti, anche perchè il Bel Paese era terra troppo ghiotta per mettersi da parte  un gruzzolo senza troppo inferire. Restarono, infatti, tutti, seminando lutti e devastazioni, praticamente impuniti.
Del resto le rivalità nostre lasciarono campo aperto ad ogni avventuriero. I nostri capitanei, oggi come ieri, preferivano ( e preferiscono)  farsi depredare più che combattere. Ma il ’casino’ diventò tale che qualcuno cominciò a chiedere L’introduzione di una certa disciplina.
Pisa, ad esempio, ci provò subito, stendendo un codice apposito per regolare i rapporti con certa gente. Inutilmente, è ovvio. Ma tentò. Si passò allora all’emarginazione, ma anche di questa, quelli, se ne fotterono.
” Che nessuno di detta masnada possa mangiare e bere con alcun cittadino pisano in casa sua o in qualunque altra casa…” recitavano i testi, peraltro impossibili  a leggersi da masnade analfabete.
I mercenari venuti in Italia nel 1333 al seguito di Giovanni di Boemia restarono quasi tutti nella Penisola; un gruppo  si raccolse nel Piacentino, alla badia della Colomba, sotto il nome di ‘ Cavalieri della colomba’, vivendo di rapine, finchè vennero assunti al soldo da Perugia che voleva liberarsi del giogo di Arezzo. Ne compirono, i nostri amici, di tutti colori, eppure grazie a ciò trovano  ingaggio presso il comune di Firenze.

Diciamo che in  questi frangenti non si tratta ancora di vere proprie compagnie. I loro vessilli non sono bandiere ma banderuole. I loro ‘capitani‘, usciti dai ranghi feudali e dai milites, costituiscono uno ‘ strato sociale che gira, con scadenze annuali o semestrali, per l’intera Penisola e l’Italia centrale.  Al suo interno si differenzia un circuito guelfo o ghibellino. Il mestiere della guerra viene tramandato di padre in figlio’.
Guerrieri, dunque, di professione, ma non ancora dei professionisti. Questi, infatti, al momento, sono soltanto i precursori del fenomeno ben più ampio e disastroso che verrà. E che metterà ai margini,  senza lacrima alcuna,  quello che era stato il più bello, ricco ed evoluto paese della Terra.

( II PARTE)

 Le cose si complicarono ulteriormente  quando scesero lungo la Penisola ‘ trascinatori nati’ di truppe mercenarie, come il duca Werner von Urslingen o il conte Konrad von Landau.
Essi arrivano nel 1339 per unirsi alla massa di venturieri tedeschi che da più di vent’anni, in gruppi isolati, avevano eletto l’Italia come terra di saccheggio e che, guarda un po’, un italiano, Lodrisio Visconti, radunava nella ‘Compagnia di san Giorgio’.

Le masnade poterono così raggrupparsi, trasformarsi in una prima nefasta grande compagnia, travolta però, non molto dopo, dall’accozzaglia più o meno organizzata  di un altro capitano italiano, Ettore da PanigoWerner, in quella, scelse di proseguire da solo, combattendo al soldi di diverse bandiere in Lombardia e Toscana, finchè non andò a riesumare l’idea di Lodrisio, (ri)proponendo la costituzione di una libera compagnia ‘ per guerreggiare i più deboli e i più doviziosi’.Impose anche una disciplina di ferro.
Gli ingaggi ai venturieri davano diritto al soldo, che sarebbe dipeso dall’entità dei bottini che la compagnia riusciva a fare.
Si costituì dunque la ‘ Grande compagnia’ al comando, ovviamente,  di von Urslingen ribattezzato all’uopo  duca Guarnieri, parimenti ad altri macellai stranieri.
La ‘Grande compagnia’  forte di tremila ‘barbute‘, costituita ognuna di un cavaliere e di un sergente, anche lui a cavallo, trovò ‘ richieste di lavoro‘ a volontà. Toscana e Umbria, in ispecie,  vennero intinte nel sangue. Devastate senza scrupolo proprio da uno che aveva scolpito sulla sua armatura il suo ideale ” Duca Guarnieri, signore della Gran Compagnia, nimico di Dio, di pietà et di misericordia”.

Guarnieri si offriva a chi meglio pagava. Dopo avere fatto guerra ai Malatesti di Rimini passò, molto amabilmente, al servizio degli stessi. Conteso  e disprezzato dai ‘ datori di lavoro‘, saccheggio per almeno due anni la Penisola, finchè i ‘datori di lavoro’ decisero di toglierselo di mezzo versandogli, nel 1343, una grossa somma di danaro a titolo di liquidazione. Lui si ritirò in Friuli.
Per quattro anni soltanto, però, perchè già nel 1347 s’era accodato a Luigi I d’Ungheria  diretto a  Napoli per eliminare Giovanna d’Angiò colpevole d’avere ucciso il marito Andrea, suo fratello.  La guerra durò tre anni. Con enorme prodigarsi della ‘Grande Compagnia’.
La quale, una volta dipartito il re d’Ungheria, restò sul posto fiancheggiando il voivoda d’Ungheria rimasto in italia.
La masnada si prese un ‘periodo di riflessione’  quando  il capo si ritirò nella nativa Svevia, nel 1351, colà morendo tre anni dopo. Perchè,  a dirla tutta, l’operato della ‘Grande Compagnia’ non cessò con la morte del duca Guarnieri, proseguendo agli ordini di Fra Moriale, che la guidò ora contro ora a favore del pontefice di turno.
A decretare la fine della ’Grande Compagnia‘ furono  quelli della ‘Compagnia bianca‘ come  Albert Sterz e John Hawkwood, inglese italianizzato col nome di Giovanni Acuto.
A quel punto le compagnie create e dirette dai capitani stranieri non si contavano più. Tuttavia, per completare il quadro, occorre non sorvolare sulle compagnie italiane sorte alla stregua delle straniere con truppe e comandanti ( in gran parte)  italiani.
Famose divennero la ‘Compagnia della stella‘ di Astorre Manfredi o la ‘Compagnia del cappelletto’ di Niccolò da Montefeltro. E comunque, tutte guidate da personaggi d’estrazione nobiliare ma ( sostanzialmente) tutti di ‘mezza tacca‘.
Semmai, la compagnia ‘tutta italiana‘  che segnò una svolta epocale fu senz’altro quella formatasi all’indomani dell’eccidio di Cesena. Si faceva chiamare  la  ’Compagnia di San Giorgio’ di Alberico da Barbiano. Questa, infatti, ottenne  la ( clamorosa)  santa benedizione di papa Urbano VI. Con benefici enormi.
Con Alberico da Barbiano si aprì ( tra l’altro) l’epoca d’oro dei capitani di ventura italiani che subentrarono, nei modi e nei tempi più favorevoli, a quelli stranieri.
Le masnade nostrane non nascono però a caso come gran parte delle precedenti, visto che è il capitano a scegliere i suoi uomini. Dal primo all’ultimo. Trasformandosi così  da ‘ capitano’ a  ’condottiero‘.

 

Continueremo a parlare di questi soggetti. Quanto lontani, quanto vicini?  Sotto altre ( mentite) spoglie. E’ ovvio.

I PIU’ CELEBRI CAPITANI DI VENTURA. I nomi (  italiani o italianizzati) di alcuni capitani di ventura sono rimasti scolpiti. Da quelli anticipatori come Ruggiero da Flor ( 1268 ca/1305), Uguccione della Faggiola( 1240/1319), Castruccio Castracani ( 1281/1328) Cangrande della Scala( 1291/1329); a quelli dei primi, veri, grandi capitani di ventura, come Lodrisio Visconti( 1280/1364), Malatesta Guastafamiglia ( 1299/1372), Galeotto Malatesta ( 1305/1385).  Tra i ‘ big’   di Tre/Quattrocento questi hanno acquisito fama duratura: Pandolfo Malatesta( 1369/1427), Muzio Attendiolo Sforza( 1369/1424), Gattamelata ( 1370/1443), Francesco Sforza( 1401/1466), Federico II da Montefeltro ( 1422/1482).

 

 

Ti potrebbe interessare anche...