Non solo sport. Altri Ufo: Dovi e Marc. Inzaghi viola lo Stadium. Il gran derby di Milano ad Icardi.

Non solo sport. Altri Ufo: Dovi e Marc. Inzaghi viola lo Stadium. Il gran derby di Milano ad Icardi.
Dovi Marquez ( rep) download

LA CRONACA DAL DIVANO. Un octobersport  davvero emozionante. Con moto ( Dovi/Marquez), golf ( Gp Italia e Molinari), basket ( Campionato) , tennis ( Federer/Nadal),  ciclismo ( Ulissi, Giro di Turchia), volley ( Superlega al via) e, ovviamente, calcio. Nostrano ( Campionato) ed Europeo ( Coppe). Per il golf, tutto immerso nel verde parco di Monza, il nostro Chicco non ce l’ha fatta, finendo al sesto posto, in torneo vinto da un inglese.
Per il tennis, tutto s’è risolto a Shanghai in favore dell’intramontabile Federer sull’altrettanto intramontabile Nadal. Per il ciclismo, bella vittoria per il nostro Ulissi, ormai pronto anche per appuntamenti d’altro livello. Per il volley ( maschile) partita la Superlega con Civitanova e Modena antagoniste principali.

Spazio eccezionale invece per il calcio. Nostro ed estero, in vista delle Coppe di metà settimana. A quelli che non smetton ora di predicare gli altrui campionati, vorremmo chiede una pausa. Di riflessione. Durante la quale farsi raccontare, o anche andarsi a rivedere, quanto è in grado di proporre il nostro calcio ( a loro dire) decaduto.  Suggeriamo: la ‘sorpresona‘ con la Lazio di Inzaghi allo Juventus Stadium , con quel ‘colpo d’occhio‘, quell’accoglienza e quella scenografia che molto ha da insegnare più che imparare; il ‘ bel calcio’ del Napoli contro la Roma; e lo ‘spettacolareSan Siro, vestito con i colori del derby, uno dei derby se non il derby più prestigioso al Mondo ( si veda qualche nota in altra parte).

Nel derby (  166 incontri totali, con 61 vittorie Inter, 51 Milan e 54 pareggi) si sono riviste le tracce d’una gloria calcistica senza tramonto. E’ vero che, al momento, in piena era cinese, le due milanesi stanno tirando il fiato dopo decenni al vertice del movimento calcistico mondiale, ma la classe ( come s’usa dire ) non s’inventa da un giorno all’altro. E di classe le due milanesi ne hanno tanta. Tutta pronta a (ri)esplodere di nuovo. Anche se dubbi e dilemmi non mancano.
Sembra infatti crescere la Beneamata ( ora seconda in vetta, davanti alla Juve ), sembra invece stazionare il Diavolo il quale, a parte il secondo tempo del derby, poco o nulla ha fatto vedere finora.
Nessun gioco, vaghe idee, scarsa audacia e praticamente latitante fantasia. Tanto che si fatica a credere che per un ‘ prodotto’ del genere siano occorsi centinaia di milioni. Molti cominciano ad individuare nel manico l’origine di tanta pochezza. Potrebbe. Certo è che se i ragazzi rossoneri non si daranno da fare per loro le prospettive sono nere. Nerissime. Infatti se il Diavolo non riuscirà a (ri)tornare  alla sua casa naturale, in Coppa, poco o nulla potrà incidere in questo e nel prossimo futuro. Sempre che i cinesi, come si va dicendo, afflitti da problemi vari, più o meno insormontabili, non abbiano intenzione di mollare gli ormeggi in mare aperto.

 

ALTRE DI CAMPIONATO.

E’ scoccata l’ora delle prime verità con  Juventus-LazioRoma-Napoli ( sabato 14 ottobre) e  Inter-Milan ( domenica 15). Un incrocio astrale nel quale è stato messo  in palio, volenti o nolenti, buona parte delle rispettive stagioni. La Signora, bontà sua, ha dovuto accettare la legge dei numeri, ovvero che prima o poi qualche inciampo va messo in conto. Non avrebbe meritato la sconfitta nel suo Stadium inespugnabile quanto la Rocca di San Leo, ma tanto va il mondo, onde per cui il giovin Dybala dopo una base del  palo ha gettato al vento anche un provvido  rigore al 94′.
S’è invece portato fuori vincente il bel Ciuccio del Sarri, vittorioso con un gol ( donato ad Insegne proprio da capitan De Rossi) all’Olimpico. Il Ciuccio sta ora in vetta alla classifica, a punteggio pieno, con cinque punticini in più rispetto alla Signora la quale, sconfitta a parte, resta  sempre e comunque la squadra da battere. Alle spalle del Ciuccio s’è posizionata la Beneamata, che di riffe e di raffe è riuscita a spuntarla al 90′ sui cugini rossoneri. Lenti a destarsi, dopo un primo tempo orribile, ma alla fin dei conti perfino ingenerosamente battuti dai ribaldi dell’altra sponda di Milano.

Una Milano che attende solo di tornare nell’occhio del mondo sportivo. Intanto recuperando ( quanto prima)  il magnifico Meazza, uno stadio dove si sono levate al cielo 10 Champions e ( buona parte) dei 36 scudetti vinti dalle sue due regine. Poi valorizzando come si deve due squadre che hanno poche eguali al Mondo. Diceva Rumenigge : ” Che Europa è senza Milan e Inter?”.
Infatti, la Uefa di Cefferin,  saggiamente, dal prossimo anno ha pensato bene di aggiudicare all’Italia ( attualmente  terza nel ranking, dietro Liga e Premier ma davanti alla Bundesliga)  quattro squadre Champions senza preliminari. Consentendo così ( soprattutto) alle milanesi il loro ritorno nel gran consesso del calcio mondiale. Qualcuno, di recente,  s’è accorto che il bel derby di Milano è il più prestigioso al Mondo. Scoprendo l’acqua calda, in effetti, perchè bastava andasse a verificare l’assunto su qualche almanacco a portata di mano. Infatti di città parigrado, per tituli s’intende,  e per derby inoltre, non ce ne stanno molte sul globo tearracqueo .
Pensiamo: Manchester e Madrid. Nella città inglese si scontrano ( tradizionalmente) due squadre, lo United e il City. La prima ( finora)  s’è aggiudicata tre Champions e 20 scudetti; la seconda 4 scudetti e nessuna Champions. Nella città spagnola, il Real s’ messo in bacheca 12 Champions ( sei in età ancestrale) e 33 ( o 34) scudetti; l’Atletico, invece,  10 scudetti e nessuna Champions.

E Milano, invece, che ha fatto la Milano del calcio? Milan: 7 Champions e 18 scudetti; Internazionale, 3 Champions e 18 scudetti. In totale: 10 Champions e 36 scudetti.  Se poi andiamo a focalizzare il tutto sullo stadio principal , diciamo pure che quanto si è visto nel pur sempre affascinante catino del Meazza, non s’è ammirato  da nessuna parte. O quasi. Ecco perchè il derby all’ombra della Madonnina resta un richiamo mondiale. E che altro potrebbe? Nell’attesa, si spera, che il risveglio ( appena iniziato) delle due signore meneghine porti agli auspicati sviluppi; e così al ritorno dei grandi appuntamenti in un impianto che più che essere demolito attende solo di essere adeguato. Per favore,  in fretta!

CAMPIONATO CALCIO

CAMPIONATO SERIE A.  I GIORNATA. Juventus-Cagliari 3-1 ( sabato, ore 18), Atalanta-Roma 0-1 ( sabato, ore 18), Verona-Napoli  1-3 ( stadio Bentegodi, sabato 19 agosto, ore 20,45); Bologna-Torino 1-1 ( domenica, ore 20,45), Crotone-Milan 0-3 ( ore 20,45), Inter-Fiorentina 3-1 ( ore 20,45), Lazio-Spal 0-0 ( ore 20,45), Sampdoria-Benevento 2-1 ( ore 20,45), Sassuolo-Genoa 0-0 ( ore 20,45), Udinese-Chievo 1-2 ( domenica, ore 20,45).

INCONTRI 8a GIORNATA. ( sabato 14 ottobre) Juve-Lazio 1-2 ( ore 18), Roma-Napoli 0-1  ( ore 20,45); ( domenica 15) Fiorentina-Udinese  2-1 ( ore 12,30), Bologna-Spal 2-1 (ore 15), Cagliari-Genoa2-3, Crotone-Toro 2-2, Sampdoria -Atalanta 3-1, Sassuolo-Chievo 0-0, Inter-Milan 3-2 ( ore 20,45); ( lunedì 16) Verona-Benevento ( ore 20,45).
CLASSIFICA 8a GIORNATA. Napoli 24 punti; Inter, 22; Juve 19; Lazio 19; Roma, 15; Samp, 14; Torino,13; Milan, 13… Benevento,0.
MARCATORI. 10 reti ( Dybala, Juve), 9 reti Immobile ( Lazio), / reti  Maertens ( Napoli); Dzeko (Roma).

AUTOMONDIALE

LA FANTAGP.  ” C’era una volta nel gioioso  e colorito regno dell’automobile da corsa un magnifica auto rossa, alla quale gli dei del motore avevano assegnato il compito di scrivere storie immortali. Bastava infatti cavalcarla per entrare in uno speciale album che sconfiggendo  il trapassare del tempo rendeva i suoi driver immortali. Un certo Giles, ad esempio, uno dei suoi eroi più cari, scomparso molti anni fa, piccolo e audace quanto il  mitico Nivola da Mantova,  in realtà è rimasto presente e vivo  ancor oggi nel cuore di milioni e milioni di fans .

E’ stato infatti il suo vestire  la livrea della ‘rossa‘ a farlo entrare  nell’album che non scolora, visto che poco s’importa  delle classifiche, delle regole e delle regoline  e dei  tanti legulei sparsi, qua e là, attorno e sulle piste, del Mondo. Ebbene, nell’anno in corso, la ‘ rossa‘ , ha tutto il potenziale  per imporsi nel Mondiale. Sua avversaria principale è una auto dalla livrea fredda e triste, ma molto ricca, ambiziosa e spregiudicata. Per lei, alla quale il dio dei motori  ha assegnato il compito di poter  scrivere  storie ( più o meno) normali ma non ( certo)  immortali, conta solo vincere. Ad ogni costo. Detestando ( per questo) con tutto il cuore  la magnifica ’rossa‘.  E’ successo dunque che in  un lontano paese d’Oriente la ‘rossa‘  è andata a disputarsi le sue ultime prove di Mondiale. Proprio in un testa a testa  con la terribile avversaria. Per   gli addetti ai lavori la ‘rossa’ aveva la possibilità dirimere le questioni di  classifica una volta per tutte. Con due o tre   vittorie, infatti, avrebbe preso la testa della graduatoria, definitivamente, per andarsi ad incoronare ancora una volta ‘ la più bella del reame‘. Ma che  ha combinato l’auto triste? Non altro potendo, ha pensato bene d’ingaggiare ( sotto banco ) un giovinastro dall’aspetto distratto e altezzoso. Uno di quelli che partono col piede pigiato sull’acceleratore e nulla s’interessano delle sorti del prossimo.

Il giovinastro dopo avere fatto molte ( riuscite) prove è stato chiamato proprio in quel d’Oriente a inferire il colpo del torero  alla magnifica ’ rossa‘ .  E tanto costui ha fatto. Incredibilmente, nei primi attimi post partenza, come un provetto giocatore di biliardo, in un sol colpo di stecca, è riuscito a mettere in buca pallino e palla avversarie. Entrambe. Con un colpo mai visto.  Riuscito alla perfezione. La magnifica ‘rossa’ è dovuta uscire di gara. In tandem. Tra le lacrime dei suoi milioni e milioni di fans, e il ghigno solitario della perfida  auto nemica.   Ma nonostante il colpo mortale, gli dei del motore  hanno concesso alla magnifica ’rossa’ un’altra chance, la settimana dopo, e di nuovo  in Oriente.  E che è accaduto mai questa seconda volta?
Alcuni, si vocifera ai box,  avrebbero sorpreso un valletto  dell’auto triste a sparlottare fitto fitto con un addetto del box della magnifica ‘rossa‘. Che abbiano combinato costoro non si sa. Certo è che per il Gp all’una ‘rossa’ ( quella favorita) non è stato concesso manco di disputare la pole ( relegandola così all’ultimo posto in griglia); all’altra, invece, pur seconda in qualifica, è stato ( addirittura) spento il motore prima ancora di farla partire.
E tuttavia, nonostante l’avvio  dall’ultimo posto, è successo che  la magnifica ’rossa’ abituata  a scrivere storie immortali  è riuscita nella ( incredibile) rimonta, fin a ridurre ad una manciata di punti un divario altrimenti irrecuperabile con il contendente alla guida della perfida auto triste. Ma come non bastasse, a gara conclusa, nel giro di rientro ai box, ecco spuntare un altro giovinastro, anche lui distratto e altezzoso, pronto ad allargarsi amabilmente sulla sua destra proprio nel bel mentre ( guarda un po’) sopraggiungeva la ‘rossa‘ della rimonta. Altro crak. Terribile,  foriero di danni notevoli. Forse anche al cambio, che se avesse necessità d’essere sostituito costringerebbe ancora una volta la ’magnifica rossa’ alla rimonta. Un’altra incredibile rimonta.

Le  favole sono belle perchè alla fine non è mai  il brutto a prevalere sul bello. Non è mai l’avido a prevalere sul generoso. Non è mai il perfido a prevalere sull’onesto. E se fosse  così anche in quest’anno?
Certo che,  realtà e fantasia andrebbero a combaciare, lasciandoci tra le mani una delle storie (sportive ) più straordinarie di questi anni impoveriti in umanità ed immaginazione. Da raccontare, questa davvero, ai nostri bimbi, per distogliendoli ( magari anche solo per qualche attimo ) dai loro  e aggeggini  in vetro, plastica  e metalli speciali. Ma sono ancora possibili le favole?

Ultimissime dalla pista: il Gp Malesia è andato al tulipano nero, che si è imposto davanti ad Hamilton, Ricciardo e Vettel. E’ iniziato il weekend del Gp del Giappone.

CLASSIFICA MONDIALE F1 PILOTI: , Hamilton ( Mercedes) 281 punti,Vettel (Ferrari) 247. PROSSIME GARE.   Gp Giappone( Suzuka) 8 ottobre; Gp Stati Uniti ( Austin) 29 ottobre; Gp Messico ( Mexico City) 29 ottobre; GP Brasile( San Paolo) 26 novembre; GP Emirati arabi ( Abu Dhabi) 26 novembre.

ALTRI  UFO TRA NOI. L’ultima volta avevamo segnalato un ufo atterrato intorno a Tavullia, sulle amene colline tra Romagna e Marche; questa volta ne abbiamo avvistati altri due, il Dovi,  planato a  Frampulla, in Romagna; e il Marc, sceso  ad Alenta, in Catalogna.
Quello che i due venuti dallo spazio hanno saputo offrire sotto il temporale di Motegi è una pagina di motorismo indimenticabile. Avrebbe dovuto vincere, secondo pronostico, l’ufo spagnolo comparso sulla terra  24 anni fa;  s’è invece imposto, con intelligenza e cuore,  quello romagnolo,  approdato nel paese di Artusi  trent’anni fa.
L’antesignano degli  ufo, invece, quello già celebre di Tavullia, questa volta, nulla ha potuto. La sua Yamaha più che a farlo volare lo rallenta, e lui, da buon  pilota, sì è dovuto accomodare ( triste triste ) sul fangoso prato giapponese. Ora, chiaramente, dato anche il ritardo ormai incolmabile di Vinales,  la lotta per il titolo s’è improvvisamente ristretta a loro due. Tutta da decidere in tre Gp. Due ( dicono) a favore dell’ufo catalano e uno dell’ufo romagnolo. Certo è che, finchè i due extraterrestri  non decideranno di (ri)spiccare  il volo verso lo spazio donde sono venuti,  lo spettacolo non mancherà. Avvincente e corretto. Da non perdere.

Marc Marquez , prima del podio, s’è avvicinato ( di sua sponte) al Dovi, per abbracciarlo. ” E’ stata una lotta terribile. Davvero, Ma leale. E’ un onore – ha dichiarato –  essere battuto da uno come il Dovi“.

GP GIAPPONE  ORDINE D’ARRIVO MOTO GP: Dovi ( Ducati), Marquez ( Honda), Petrucci  ( Pramac Ducati), Iannone  Suzuki  ). Rossi ( Yamaha), caduto e ritirato.
CLASSIFICA IRIDATA MOTO GP:  Merquez ( Honda) punti 244, Dovi ( Ducati) 233, Vinales ( Yamaha) 203, Pedrosa ( Honda) 170, Rossi ( Yamaha) 168.

MOTO 3 ORDINE D’ARRIVO. Fenati, Antonelli, Bazzecchi. Mir, questa volta attardato, resta in testa alla classifica mondiale, con 55 punticini su Fenati.
MOTO 2 ORDINE ARRIVO. Marquez ( Honda). Mordibelli resta in testa alla classifica mondiale con 19 punti su Luthi.  

 

CALCIO II TURNO CHAMPIONS.

PROSSIMO TURNO ( 18 ottobre) Qarabag-Atletico, Chelsea-Roma
GRUPPO C. RISULTATI. Qarabag-Roma 1-2; Atletico M-Chelsea 0-1
GRUPPO C. CLASSIFICA: Chelsea, punti 6; Roma, 4; Atletico M, 1; Qarabag, o

PROSSIMO TURNO ( 18 ottobre) Qarabag-Atletico M; Chelsea-Roma.
GRUPPO D. RISULTATI. Juve- Olympiacos 2-0; Sporting L -Barca 0-1
GRUPPO D. CLASSIFICA. Barca punti 6, Sporting e Juve 3, Olympiacos 0.

PROSSIMO TURNO ( 17 ottobre) Feyenoord-Shakhtar, City-Napoli
GRUPPO F. RISULTATI. City-Shakhtar 2-0; Napoli-Feyenoord 3-1
GRUPPO F. CLASSIFICA. City punti 6, Napoli e Shakhtar 3, Feyenoord 0

 

CALCIO II TURNO UEFA LEAGUE

GRUPPO E. Lione-Atalanta 1-1; Everton-Apollon 2-2
CLASSIFICA GRUPPO E. Atalanta punti 4, Lione 2, Apollon 2, Everton 1.
PROSSIMO TURNO. ( 19 0ttobre) Atalanta-Apollon: Everton-Lione.

GRUPPO D, Linan-Rijeka 3-2; AEK-Austria Vienna 2-2
CLASSIFICA GRUPPO D. Milan punti 6, AEK 4, Austria 1, Rijeka 0.
PROSSIMO TURNO. ( 19 ottobre) Austria-Rijeka, Milan-Vienna

GRUPPO K. Nizza-Vitesse 3-0, Lazio-Zulte Warengem 2-0
CLASSIFICA GRUPPO K. Nizza e Lazio punti 6, Vitesse e Zulte 0
PROSSIMO TURNO ( 19 ottobre) Zulte-Vitesse, Nizza-Lazio.

RANKING UEFA ( classifica aggiornata fine settembre): Spagna, punti 92,712; Inghilterra, 66,034; Italia, 64, 082;Germania, 63,998; Francia, 48,748; Russia, 45,582; Portogallo, 41,915.  Alle prime quattro leghe del ranking  vengono assegnate quattro squadre in Champions senza preliminari, e tre in Uefa. Un bel dono di Natale, non c’è che dire, per il nostro calcio. Che dovrà però metterci del suo, positivamente, cominciando intanto ( come hanno fatto Torino, Udine, Reggio e Frosinone) ad allestire nuovi e  moderni impianti, seguendo poi con un aggiornamento tecnico-tattico-agonistico ormai ( assolutamente) indispensabile.

Ultimissima ora, dopo il secondo turno di Coppa:  Spagna, coefficiente 92,855; Inghilterra, 66,462;  Italia, 64,916; Germania, 63,998; Francia, 49,282. Meglio di così. Ora, sotto con gli stadi.

 

OPINIONI IN CIRCOLO

L’UOMO DAL MAGLIONCINO BLU.   Meglio se in Asia non fossimo mai venuti!”. Così ha esclamato Sergio  Marchionne, l’uomo dal maglioncino blu, grande mentore di Fiat-Chrysler e Ferrari, a chi gli chiedeva lumi sull’andazzo della ‘rossa’. Infatti, non ci vuol un esperto in economia, per fare due conti e vedere quanto siano state negative le tre tappe asiatiche per la prodigiosa macchina di Maranello. Aveva dato l’avvio un tamponamento ad hoc ( Hamilton), che aveva creato non pochi problemi alla macchina più prestigiosa al Mondo.
Hanno continuato, in rapida e ( apparentemente) involontaria sequenza, gli assalti furibondi d’ un imberbe tulipano nero ( Vestappen), gli sbadigli distratti d’un ragazzotto messo in pista a farsi le ossa ( Stroll), le amnesie fatali  di fornitori (esterni ) e  tecnici ( interni), fin alla candela di Motegi che ha tolto di mezzo (  fin dal via del Gp del Giappone)  l’unico avversario che potesse infastidire il fenomeno nero alla guida di una ‘freccia d’argento’ .

Ora, il Mondiale rischia di finire nel pugno di quelli di Stoccarda. Che, dai box,  continuano a diffondere le loro   sardoniche risatine ad ogni piè sospinto. ” Ci sono ancora quattro gare, la stagione non è persa” ammonisce l’uomo dal maglioncino blu. Che a scanso di equivoci così si dilunga: ” La macchina ha fatto passi in avanti enormi. Senza fare l’arrogante è allo stesso livello della Mercedes, se non qualcosina in più.
Se non avessimo avuto i problemi degli ultimi Gp saremmo qui a raccontarci tutt’altra storia“. Parole sante, parole benedette. Che, ovviamente, non saranno gradite dai soliti ‘ sfigati‘ i quali, a prescindere, per ragioni tutte loro, amano più a demolire ( l’italico valore) che ad affermarlo. In fondo, da che mondo e mondo, per un incapace,  meglio è cianciare al vento che rimboccarsi le maniche per fare cose che mai saprà concretizzare.
In questa, vien anche da chiedersi: conviene alla ‘rossa‘ insistere su questo campionato o rimandare lo scontro finale al prossimo? In fondo i problemi al condotto della Malesia e alla candela di Motegi son quisquilie. Saranno risolti. Certo. La‘rossa‘ c’è ed ha seminato panico. Forse troppo, al punto che qualcuno sia stato spinto ad andare oltre il lecito.
Certo che quel doppio colpo di biliardo assestato dal tulipano nero in un momento cruciale  ha tagliato molte speranze di vittoria.  La solita vittoria, come andiam dicendo da tempo, perchè in fondo alla ‘rossa’ importa  fino ad un certo punto la vittoria. Per lei il lauro è offerto a prescindere. Basta sbirciare infatti tribune e prati, ogni volta, ad ogni tappa del gran circus di F1, qua e là pel Mondo. Come il circuito di  Motegi, ad esempio, tutto intinto di rosso.

DIATRIBE & CONTENZIOSI. Fede e Greg hanno deciso di darsele di santa ragione. Il contendere sta nella nomina di   Morini ad allenatore dell’anno del nuoto. La nostra Fede, sopranminata la Divina, si è arrabbiata e  ha scatenato  un putiferio tra insulti, veleni e minacce di querela fra lei, Paltrinieri e il figlio del tecnico.
Un po’ come facevano gli eterni abitanti dell’Olimpo. Che per averla di vinta tra di loro scatenavano di tutto, guerre comprese, come quella epica detta di Ilio. Durata un decennio.  E che infiniti lutti agli achei ( e non solo) addusse. Divini ed umani, non sembra vero, ma restan  identici nel tempo. Gli illuminati vorrebbero smentire, ovvio, ma i fatti stanno là, belli chiari, evidenti, riproponibili  ad ogni piè sospinto. Che dire? Nulla. Accontentiamoci da umani di rimirare lo spettacolo, sempre che non abbia a recare danno al nuoto italiano. Che abbisogna invece di divinità pacifiche, di esempi da imitare e di successi.

ALTRE ( NON SOLO) DI SPORT

IL DIO DANARO. Il dio danaro s’è impossessato del calcio. E se tutto al mondo va misurato con quello, diciamo pure che la nostra Serie A è in chiara rimonta sulle maggiori restanti consorelle europee.
La Serie A, infatti, durante questa torrida e lunga estate di calciomercato , ha sfondato il tetto del miliardo; qualche centinaio di milioni sotto alla paperonaPremier, la quale però s’avvantaggia sulla Serie A  grazie agli enormi introiti dei diritti televisivi esteri ( oltre un miliardo contro i 180 mln nostrani, più o meno); ma molto più in alto di Liga, Bundes e Ligue 1 ( quest’ultima sui 600 mln,  grazie   alle sparate della squadra di stato del Qatar battezzata, all’uopo, Paris Saint Germain).

Dal 2012 la nostra Lega ha triplicato gli investimenti, passando dai 373 del 2012 ai 1.o37 del 2017. Tra le squadre in evidenza il Milan ( 228 mln); ma anche Roma, Inter, Samp, Toro e perfino il Cagliari non sono stati di certo con le mani in mano. La Serie A sta rimontando alla brutta, su tutto e tutti, e se come si auspica anche gli introiti esteri daranno i frutti sperati non è detto che tra qualche anno ( o mese) diventi proprio la bistrattata  la Serie A il campionato più ricco del pianeta. Con qual fondamento e costrutto non è dato a sapere. Cresciamo, alla grande,  e questo ( al momento)  basta. Speriamo solo che tra tanta grazia non dimentichiamo la sostanza vera, quella di far nuovi stadi.

Saranno  afflitti i menagrami, ma andranno in delirio  i facitori del libero mercato, i quali, gatton gattone, da gran liberali,  stanno giocherellando sui prezzi con inusitata goduria e avidità.
Intanto, se Dio vuol,  hanno chiuso le porte del Calciomercato. In tutta Europa. Con N’peperempè, Nebbelelè e Coutintino finiti ( o quasi)  grazie a centinaia di milioni nelle braccia dei ’poveri fessi’ che gettano dalla finestra soldi altrui. Per costoro il fair play finanziario manco esiste; comprano con tutti gli espedienti del caso, gonfiando qua e deprimendo là, svolazzando come nugoli di cavallette arrivati dalla steppa o dai deserti.
Guarda caso i loro habitat naturali. Dire che il Psg sia una squadra di calcio fa ridere. Quella è una squadra di Stato, come il City, acquistata solo perchè comodo veicolo per portare a compimento operazioni varie. E non sempre chiare. Certo, molti di quei soldi non solo non resteranno nel calcio ( vedi le assurde commissioni a procuratori ultra miliardari) ma voleranno via, qua e là, con destinazioni tutte da (ri)costruire. Il pericolo c’è. D’inflazionare ( o di infettare) il tutto. Non limitatamente al sistema calcio, che nello sport agonistico fa da traino. Alto.  Molto alto. La senora Uefa, per caso, dorme?

 

 BANDO ALLE CIANCE: FATECI NUOVI STADI. Sottoscriviamo il testo diffuso a pagine intere da Sky per salutare  il nuovo inizio del calcio italiano.  ” E’ il momento. Sono grato della fiducia che tutti ripongono in me, fiducia che però io non merito, perchè da solo non sono niente. Pronti a dare tutto, ce ne sono tanti come me: dieci, trenta, centomila. E cresceremo ancora. Qualcuno proverà a dividerci, ma si ingannano se pensano di riuscirci. Perchè noi siamo destinati a fare grandi cose“.

( Giuseppe Garibaldi, giorno di Pasqua 1861)

 

ARGOMENTI & ATTUALITA’

LA CATALUNA SE NE VA? Dovrebbe avere deciso per l’indipendenza, dovrebbe. Il leader catalano  Puigdemontinfatti tanto ha detto, tanto ha negato. Cerca il dialogo, dice, lui; intanto però i suoi sostenitori cominciano ad accusarlo di codardia o di double face. Non pensando che le mosse finora fatte hanno finito col mettere la Cataluna con le spalle al muro. Una dichiarazione unilaterale, infatti, non avrebbe valore legale e verrebbe ( certamente) bloccata dal governo di Madrid. Con le buone o con le cattive. Si sta insinuando così la possibilità d’una latente guerra civile. Che, in Spagna,visti i precedenti, quando esplode è capace di lacrime e sangue.

Da Barcellona la sindaca Ada Colau ha rimarcato che ‘ i risultati del referendum non possono costituire un avallo all’indipendenza‘ invitando ancora i partiti al dialogo. Ma i parlamentari della Cup hanno ribadito che Puigdemont non potrà far altro che ‘ portare avanti la Dui per lealtà verso i votanti‘.  Gli indipendentisti sono andati a raccogliersi  davanti al parlamento catalano. Qualcuno ha temuto per l’ordine pubblico. Ma non è accaduto nulla. In fondo, il leadercatalano, ha detto e non detto. Nell’attesa, forse, di trovare ( davvero) un accordo pacifico. Che, diciamocelo chiaro, solo sulla carta può risultare possibile. Intanto l’Europa guarda, senza intervenire. Preoccupata. Molto preoccupata.

LA CRISI DI BREXIT E LA POSIZIONE D’ALBIONE. * Cominciamo dal primo punto. Brexit è il risultato del fallimento della politica europea dell’uno e dell’altro versante della Manica. Le èlite conservatrici britanniche si sono comportate come le tipiche classi politiche dell’Europa meridionale. Divise al loro interno sulla base di rivalità personali più che ideali, faziose e con forti tendenze al populismo, incapaci di individuare un punto di intermediazione attorno cui costruire una posizione nazionale; quelle èlites ( di colore diverso)  hanno poi trasferito ( tramite referendum) la responsabilità di prendere qualche loro decisione. C’è poco da rallegrarsi. Soprattutto quanto svolto in passato  dalle èlites politiche britanniche nel difendere la democrazia liberale e i mercati aperti. Ed è su questo sfondo, più o meno delineato, che s’innesta l’intervento a Firenze della May, premier britannico. Un intervento forse voluto per cercare una soluzione ad una scelta che dimostra, ogni giorno di più, quanto sia stata  ’frettolosa‘. Restano ambiguità. Del resto la perfida Albione è maestra in questo. Infatti, pur non partecipando alle istituzioni la Gran Bretagna rispetterà durante il periodo di trattative ( due anni?) l’autorità della Corte europea di giustizia nella soluzione delle eventuali dispute che potrebbero insorgere.

Inoltre l’intervento della May è costellato di tanti ‘forse’. La premier riconosce che la secessione potrebbe tirarsi dietro conseguenze disastrose. Per questo motivo propone di costruire una ‘ nuova partnership istituzionalizzata con  tra Gb e Ue , intorno ai due pilastri del mercato e della sicurezza’. Obiettivo difficile. Anche perchè  Albione sa quello che vuole ma non quello che vuole. Vuol restare fuori dall’area economica europea ( AEE) in quanto i paesi che la costituiscono ( Norvegia, Islanda e Liechtenstein) partecipano al mercato europeo adottando regolamenti che essi non hanno potuto decidere ( essendo non membri Ue).
La Gb non vuole manco adottare il modello accordi bilaterali tra Ue e la Svizzera. Insomma se si tiene presente perchè si è giunti alla crisi di Brexit sarà bene tenere i piedi a terra. Occorrerà perciò raggiungere un accordo comprensivo e ragionevole tra Ue e Regno Unito, anche se quest’ultimo non potrà pensare di fare dall’esterno quel che avrebbe fatto dall’interno. Brexit non va accantonata, ma valutata adeguatamente. La secessione britannica, come possiamo chiamarla, altro non è infatti che la conseguenza ‘ dell’integrazione dogmatica  perseguita dalle sue èlites politiche’. Manco a dirlo,Germania  in testa.

* Sergio Fabbrini, Il Sole 24Ore, domenica 24 settembre 2017

L’EUROPA DEGLI EUROPEI. Sulla vicenda Stx, i cantieri francesi acquisiti da Finmeccanica, si ciacola assai. Al di quà e al di là dell’Alpe. Macron sostiene di avere vinto, gli Italiani pure. Fatto è che a ciascuno è andato il 50%, con l’1% che i francesi ( bontà loro) presteranno agli italiani per 12 anni. Durante i quali verificheranno l’andamento dei lavori, e solo se tutto andrà come loro comandano tutto filerà liscio. Questa è l’Europa degli Europei. In realtà si va dicendo che la France  non potendo contare  più in futuro sul forte sostegno della Merkel di Germania, vincente ma indebolita, non può andare in giro a litigare a destra e a manca. L’accordo con gli italiani, dunque, ci voleva. Per ragioni di Stato.
Tuttavia qualche novità vibra nell‘aere . La collaborazione sul tunnel Torino-Lione, l’interscambio culturale dell’Erasmus, un campione militare navale. Con un occhio alla stabilizzazione della Libia, già destabilizzata in precedenza dagli interventi a vanvera proprio dei cugini di Francia. E aggiungiamoci  pure allo scontro Tim-Vivendi-Mediaset. Tutte questioni vitali. O quasi. Questa , dicevamo, è  l’Europa degli Europei.

IL SOVRANISMO. Il sovranismo, secondo la Treccani, è una dottrina politica che propugna la difesa o la riconquista della sovranità nazionale da parte di un popolo o di uno Stato, in antitesi alle dinamiche della globalizzazione e in contrapposizione alle politiche sovranazionali di concertazione. Ma chi è affetto da sovranismo ai giorni nostri? Guarda un po’ quelli che (  molto tempo fa ) davano ( sostanzialmente) corpo e sangue al vecchio Impero asburgico.

Con adesione aggiornata di  Austria, Ungheria,  Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Costoro, cristiani e riformati che siano, non vogliono sentire parlare di immigrati. Quelli, per gli ex asburgici, caso mai ce ne fossero, stazionassero pure nei paesi donde approdano. Null’altro.  A costoro  poco importa infatti veder naufragare giornalmente decine, centinaia, di poveri diavoli, tra cui tanti sguardi increduli di bambini.
Per loro una ‘ nazione incapace di difendere i suoi interessi è meglio che scompaia’. Un concetto, questo, chiaramente sovranista e usato in totale contrapposizione con quello comunitario  dell’Europa. Insomma, questi signori, peggio ancora di quelli ( infidi) d’Albione, non riescono pensare ad  altro che auto  conservarsi, proteggersi, guardarsi ( spensieratamente) all’indietro.
Pensare poi che questo sia il modo migliore di ‘ difendere i propri interessi per non scomparire ‘ è tutto da dimostrare. Anche perchè chi assicura agli ex asburgici   che  a dover levare le tende dalla storia non debbano essere  proprio loro e non altri i quali la storia, pur con tutte le sue ferite e contraddizioni, le sue porcate e le sue speranze, la storia vera, sanno guardare negli occhi ( intanto) con infinito coraggio e  generosità?

EXCURSUS STORICI

MASNADE MERCENARIE.  L’origine dei capitani di ventura va ricercata  tra i rami cadetti della nobiltà, spazzati via fin dalla nascita nelle rivendicazioni del casato. Alcuni di questi capitani ( o condottieri) arrivarono perfino, fra Tre/Quattrocento, a fondare stati. A certe condizioni resta difficile affermare che i capitani di ventura siano stati la rovina e la maledizione dell’Italia, perchè potrebbe essere vero anche il contrario. Essi si ergono protagonisti di un particolare momento storico, con forza vitale incredibile, grandiosa, al limite del brutale, immagine nuda e cruda  del potere militare riflesso sul potere politico. Il capitano di ventura è figura centrale per tre secoli. E in quattro tempi.
Da quello dei ‘precursori’ ai primi significativi rappresentanti ( per lo più al seguito delle compagni straniere calate sulla Penisola); dai capitani dell’età aurea ( per lo più italiani, talvolta fondatori di stati) agli epigoni, quando l’Italia  ( insipienza sua) concesse ad altri di trasformarla  un campo da battaglia e di conquista, fin al ( definitivo) predominio spagnolo. Il ‘fenomeno‘ trovò  una sua prima comparsa ( a partire)  da fine Duecento /inizi Trecento allorquando numerose ‘ masnade mercenarie straniere‘ presero l’abitudine a calare in Italia, da sole o a seguito di qualche re o imperatore, voglioso di mettere mano sui tanti tesori del paese ( più bello) e ( più ricco)  del Mondo.
Si trattava allora di bellatores, ovvero di soldati di mestiere, in gran parte di bassa estrazione, disposti ad aggregarsi per una impresa che portasse loro danaro e bottino.
Provenivano dalla Germania o  dal Brabante,  quest’ultimi  chiamati ’ Brabanzoni‘; ma anche dall’ Aragona e dalla Cataluna  come gli Almogavari o Almovari, che permisero a Pietro d’Aragona di conquistare  nel 1282 il Sud d’Italia.
Michele Amari li descrive così: ” Breve saio a costoro, un berretto di cuoio, una cintura, non camicia, non targa, calzati d’uose e scarponi, lo zaino sulle spalle col cibo, al fianco una spada corta e acuta, alle mani un’asta con largo ferro, e due giavellotti appuntati, che usavan vibrare con la sola destra, e poi nell’asta tutti affidavansi per dare e schermirsi.

I loro capitani chiamavansi con voce arabica ‘adelilli’. Non disciplina soffrivano questi feroci, non avevano stipendi, ma quanto bottino sapessero strappare al nemico, toltone un quinto per re.
Indurati a fame, a crudezza di stagione, ad asprezza di luoghi; diversi, al dir degli storici,  dalla comune degli uomini, toglieano indosso tanti pani quanti dì proponeansi di scorrerie; del resto mangiavan erbe silvestri, ove altro non trovassero: e senza bagagli, senza impedimenti, avventuravansi due o tre giornate entro terre de’nemici; piombavano di repente, e lesti ritraenvansi; destri e temerari più la notte che il dì; tra balze e boschi più che pianura”.

( I PARTE)

I bellatoreso se si vuole  i masnadieri, una volta terminata la spedizione, perlopiù, non se la sentivano di tornare donde erano venuti, anche perchè il Bel Paese era terra troppo ghiotta per mettersi da parte  un gruzzolo senza troppo inferire. Restarono, infatti, tutti, seminando lutti e devastazioni, praticamente impuniti. Del resto le rivalità nostre lasciarono campo aperto ad ogni avventuriero.
I nostri capitanei, oggi come ieri, preferivano ( e preferiscono)  farsi depredare più che combattere. Ma il ’casino’ diventò tale che qualcuno cominciò a chiedere L’introduzione di una certa disciplina. Pisa, ad esempio, ci provò subito, stendendo un codice apposito per regolare i rapporti con certa gente. Inutilmente, è ovvio. Ma tentò. Si passò allora all’emarginazione, ma anche di questa, quelli, se ne fotterono.

” Che nessuno di detta masnada possa mangiare e bere con alcun cittadino pisano in casa sua o in qualunque altra casa…” recitavano i testi, peraltro impossibili  a leggersi da masnade analfabete. I mercenari venuti in Italia nel 1333 al seguito di Giovanni di Boemia restarono quasi tutti nella Penisola; un gruppo  si raccolse nel Piacentino, alla badia della Colomba, sotto il nome di ‘ Cavalieri  della colomba’, vivendo di rapine, finchè vennero assunti al soldo da Perugia che voleva liberarsi del giogo di Arezzo. Ne compirono, i nostri amici, di tutti colori, eppure grazie a ciò trovano  ingaggio presso il comune di Firenze. Diciamo che in  questi frangenti non si tratta ancora di vere proprie compagnie. I loro vessilli non sono bandiere ma banderuole. I loro ‘capitani‘, usciti dai ranghi feudali e dai milites, costituiscono uno ‘ strato sociale che gira, con scadenze annuali o semestrali, per l’intera Penisola e l’Italia centrale.  Al suo interno si differenzia un circuito guelfo o ghibellino. Il mestiere della guerra viene tramandato di padre in figlio’. Guerrieri, dunque, di professione, ma non ancora dei professionisti. Questi, infatti, al momento, sono soltanto i precursori del fenomeno ben più ampio e disastroso che verrà. E che metterà ai margini,  senza lacrima alcuna,  quello che era  il più bello, ricco ed evoluto paese della Terra.

( II PARTE)

 Le cose si complicarono ulteriormente  quando assaltarono la Penisola ‘ trascinatori nati’ di truppe mercenarie, come il duca Werner von Urslingen o il conte Konrad von Landau. Essi arrivano nel 1339 per unirsi alla massa di venturieri tedeschi che da più di vent’anni, in gruppi isolati, avevano eletto l’Italia come terra di saccheggio e che, guarda un po’, un italiano, Lodrisio Visconti, radunava nella ‘Compagnia di san Giorgio’.

Le masnade poterono così raggrupparsi, trasformarsi in una prima nefasta grande compagnia, travolta però, non molto dopo, dall’accozzaglia più o meno organizzata  di un altro capitano italiano, Ettore da PanigoWerner, in quella, scelse di proseguire da solo, combattendo al soldi di diverse bandiere in Lombardia e Toscana, finchè non andò a riesumare l’idea di Lodrisio, (ri)proponendo la costituzione di una libera compagnia ‘ per guerreggiare i più deboli e i più doviziosi’.Impose anche una disciplina di ferro. Gli ingaggi ai venturieri davano diritto al soldo, che sarebbe dipeso dall’entità dei bottini che la compagnia riusciva a fare. Si costituì dunque la ‘ Grande compagnia’ al comando, ovviamente,  di von Urslingen ribattezzato all’uopo  duca Guarnieri, parimenti ad altri macellai stranieri.

La ‘Grande compagnia’  forte di tremila ‘barbute‘, costituita ognuna di un cavaliere e di un sergente, anche lui a cavallo, trovò ‘ richieste di lavoro‘ a volontà. Toscana e Umbria, in ispecie,  vennero intinte nel sangue. Devastate senza scrupolo proprio da uno che aveva scolpito sulla sua armatura il suo ideale ” Duca Guarnieri, signore della Gran Compagnia, nimico di Dio, di pietà et di misericordia”. Guarnieri si offriva a chi meglio pagava. Dopo avere fatto guerra ai Malatesti di Rimini passò, molto amabilmente, al servizio degli stessi. Conteso  e disprezzato dai ‘ datori di lavoro‘, saccheggiò per almeno due anni la Penisola, finchè i ‘datori di lavoro’ decisero di toglierselo di mezzo versandogli, nel 1343, una grossa somma di danaro a titolo di liquidazione. Lui si ritirò in Friuli.Per quattro anni soltanto, però, perchè già nel 1347 s’era accodato a Luigi I d’Ungheria  diretto a  Napoli per eliminare Giovanna d’Angiò, colpevole d’avere ucciso il marito Andrea, suo fratello.  Quella guerra durò tre anni.

Con enorme prodigarsi della ‘Grande Compagnia’. La quale, una volta dipartito il re d’Ungheria, restò sul posto fiancheggiando il voivoda d’Ungheria rimasto in Italia. La masnada si (ri)prese un ‘periodo di riflessione’  quando  il capo nel 1351  si ritirò nella nativa Svevia, colà morendo tre anni dopo. Perchè,  a dirla tutta, l’operato della ‘Grande Compagnia’ non cessò con la morte del duca Guarnieri, proseguendo la sua nefasta attività agli ordini di Fra Moriale, che la guidò ora contro ora a favore del pontefice di turno. A decretare la fine della ’Grande Compagnia‘ furono  quelli della ‘Compagnia bianca‘ come  Albert Sterz e John Hawkwood, inglese italianizzato col nome di Giovanni Acuto.
A quel punto le compagnie create e dirette dai capitani stranieri non si contavano più. Tuttavia, per completare il quadro, occorre non sorvolare sulle compagnie italiane sorte alla stregua delle straniere con truppe e comandanti ( in gran parte)  italiani. Famose divennero la ‘Compagnia della stella‘ di Astorre Manfredi e  la ‘Compagnia del cappelletto’ di Niccolò da Montefeltro.

E comunque, queste, tutte guidate da personaggi d’estrazione nobiliare ma ( sostanzialmente) di ‘mezza tacca‘. Semmai, la compagnia ‘tutta italiana‘  che segnò una svolta epocale fu senz’altro quella formatasi all’indomani dell’eccidio di Cesena. Si faceva chiamare  la  ’Compagnia di San Giorgio’ di Alberico da Barbiano. Questa, infatti, ottenne  la ( clamorosa)  santa benedizione di papa Urbano VI. Con benefici enormi. Alberico da Barbiano   ( tra l’altro) apre l’epoca d’oro dei capitani di ventura italiani che subentrarono, nei modi e nei tempi più favorevoli, a quelli stranieri. Le masnade nostrane non nascono però a caso come gran parte delle precedenti, visto che è il capitano a scegliere i suoi uomini. Dal primo all’ultimo. Trasformandosi così  da ‘ capitano’ a  ’condottiero‘.

( PARTE III)

Tante sono le novità. Come il reclutamento ‘ in massa‘, tra vecchi camerati;  oppure ‘ a bandiera’ con uomini da selezionare ed istruire. Tutti, comunque, alle sue dipendenze. Il capitano ( come sopra si diceva) si fa condottiero. Cresce di peso. Le prime condotte regolari risalgono alla seconda metà del Trecento. Firenze fu tra le prime città ad organizzarsi.

Con la creazione di speciali magistrature come quella degli ‘officiali di condotta’ e degli ‘officiali sopra‘, che controllavano ( in particolare) disciplina e armamenti. Si diffusero forme diverse ed articolate di condotta. ( Inizialmente)  gran campo presero quelle a ‘ soldo disteso’  ( alla diretta dipendenza d’un signore o di un capitano generale della città); e quelle a ‘ mezzo soldo‘ ( con capitano aggregato ma in posizione sussidiaria, oltre a  paga e rischi ridotti). Col tempo i controlli ( e i contratti) saltarono, ovviamente, data la crescente forza d’imposizione dei gruppi armati. Il condottiero era tenuto al rispetto di un periodo di ‘ferma’ e anche ‘ d’aspetto’. Terminato il quale, poteva o rinnovare l’impegno o recederlo. Comunque terminato ’l'aspetto‘ il condottiero poteva andare dove meglio credeva. Anche passando al campo ( fin a poco prima) nemico. Un particolare tipo di condotta veniva stipulato per i mercenari del mare, si chiamava ‘ contratto d’assento’, cioè d’ingaggio di forze navali nemiche.

Genova cominciò a stipulare contratti con mercenari agli inizi del Quattrocento. Così lo Stato pontificio. Venezia invece considererà il contratto ’ d’assenso‘ come un umiliante (  pericoloso)  ripiego.  Cercò così di evitare mercenari. Ma quanto poteva mettere in tasca un ( buon) condottiero? La risposta ( ovviamente) non è semplice. Poichè come in tutti i rapporti di forza ( e necessità) a fare il prezzo è chi tiene il coltello del manico. Inoltre, pare incredibile, da considerare era anche il pericolo inflazione a cui andavano soggette le monete del tempo, fiorino o ducato compresi. Micheletto Attendolo, cugino di Muzio, nel 1432, incassava da Firenze mille fiorini al mese. Francesco Gonzaga, nel 1505,  sotto contratto con il Giglio, metteva in cassa 33 mila scudi annui per una compagnia di 250 soldati; mentre Francesco Maria della Rovere strappò ( al Giglio)  oltre 100 mila scudi annui,   ma con soli 200 uomini.

In ogni caso, pur  fatte anche  le debite distinzioni, e adattamenti,  si trattava di cachet notevoli. Che impoverivano ogni ora di più le casse di Signorie e Città.

Inoltre, visto che il pollo si poteva  spennare con poca fatica, di ‘condottieri‘ ne nacquero tanti quanto i soliti funghi dopo una intensa pioggia d’autunno. Molti di loro diedero vita a dinastie. Anche durature. Visto che, prima o poi, riuscivano ad imporre la forza delle loro armi  contro gli improvvidi che li chiamavano  ( si fa per dire) al loro servizio. Costoro, poi,   quasi tutti venuti dalla gavetta,  autentici parvenu,  una volta diventati  gli unici padroni della situazione,  iniziarono bene ad alimentare aloni leggendari. Da ( autentica) grandeur medievale, sulle gesta degli antichi cavalieri o dei più valenti uomini d’arme. Qualcuno si ripulì la fedina, grazie anche a  (  lodevoli) intenti mecenatistici. Ci fu anche chi azzardò  atteggiarsi  ad umanista, pur  restando ( per lo più) ignorante o  semianalfabeta. I meglio posizionati non resistettero  (perfino)  al sogno dell’immortalità. Cosa non difficile a farsi  declamare. Visto che nelle loro ( sempre più ricche) case gli adulatori si sprecavano. Nella celebre ‘ Vita Scipionis Jacopo Piccininis’ il nostro condottiero viene  paragonato ( addirittura)  al vincitore di Zama. Roba da non credere. Roba da ridire. Ma tanto accadde. In  epoche lontane. E così via.

( PARTE IV)

La pace di Lodi del 1454, consolidando un temporaneo equilibrio strategico-politico, mette in crisi i capitani di ventura. Chi era arrivato al vertice, resta, ma chi aspirava deve rinunciarci. Sono le invasioni estere a far saltare il banco. Dall’Alpi alla Sicilia. E’ l’inizio della decadenza del paese più importante al Mondo. I sovrani stranieri non s’appoggiano più alle milizie locali, ma reclutano armate in proprio. Capaci di sferrare, al contrario delle altre sul mercato, attacchi micidiali, con armi micidiali. Le artiglierie formano il cuore delle armate di Carlo VIII, Luigi XII , Francesco I, Massimiliano I e Carlo V. Giungono sui campi le colubrine ( sessanta colpi al giorno) con tiro fin oltre due chilometri. E anche il falcone. E poi l’archibugio. Contro queste armi anche la corazza più robusta poco oppone. I venturieri italiani devono (ri) cedere così il passo ai mercenari stranieri. Come i brutali Lanzichenecchi. Altro non resta, ai nostri, che arruolarsi con gli eserciti stranieri. Diventando, spesso, e nonostante gli ostacoli che dovevano superare, famosi. I loro nomi si ripetono ancora. Ma è vana gloria. Gli ultimi capitani di ventura arrivati (in precedenza ) ai vertici del potere si consumeranno mortalmente in rivalità comunali e familiari. Orsini, Colonna, Baglioni, Borgia e Della Rovere finiranno così per trovarsi su fronti contrapposti in fratricidi combattimenti. Il sangue del Belpaese colerà (ancora) a fiumi. Senza colpevoli, ma solo con tante vittime.

San Quintino di Lepanto,  in questo frangente, è  una fiammella di speranza, breve, e comunque  già parte d’un altra storia.

 

TIRIAMO LE SOMME. Breve ricognizione storica per evincere quanto segue. Intanto, mercenario è chi presta la propria opera per danaro. Chiaro. Non sempre un mercenario è anche un professionista. Anche questo è chiaro. La specializzazione, semmai, arriva col tempo, quando caduti tutti i valori e i sacri paramenti   altro non resta che aggrapparsi al danaro. Subito, tanto, non importa se maleodorante o meno. Ovviamente sul mercato c’è professionista e professionista. Del resto gli umani da sempre  sono diversi. E tuttavia la stragrande maggioranza dei prestatori d’opera ( cosiddetti) professionali prediligono ( al di là delle loro buone intenzioni) i danari  sopra ogni altra cosa. Questo è certissimo. Ieri, oggi, domani. Di mercenari, professionali o meno, ce n’erano e ce ne saranno sempre. Anche laddove non appare. Visto che sono abilissimi a rigenerarsi sotto  mentite spoglie, ovvio. Oggi di mercenari ne troviamo ancora disseminati qua e là.  In gran copia. Impegnati in imprese belliche, ma anche in realtà economico-finanziarie, culturali, finanche in quelle sportive.
Ad esempio nell’atletica, dove che serve continuare a  fasciare di colori nazionali individui che a quei colori aderiscono soltanto per ragioni di opportunità ( soprattutto) economica. Ma in particolare nell’habitat calcistico  miliardario dove mercenari vecchi e nuovi vengono attratti  a nugoli come  api dal miele.

Eppure, a ben pensarci, quel  calcio  vive e vegeta sulla passione spassionata di milioni di individui che una volta affezionatesi ai colori di una maglia le restano fedeli per tutta la vita. Stranamente, a tutti costoro, ora dopo ora, vien chiesto di dar luogo nel loro cuore a soggetti che di quella maglia si vestono finchè non arriva qualcuno a proporgliene un’altra coi dovuti rincari. E questo fanno da mane a sera.
Un giorno li vedi mettere le mani sul cuore di un colore, il giorno dopo ripetono il nobile gesto  altro colore, magari  antagonista. E mentre i sudditi del regno di Eupalla sono chiamati ad essere sinceri, devoti, incrollabili; i professionisti  possono permettersi il lusso di risultare   cinici, mutevoli,  (ri)motivabili. Costoro passan la notte a scrutare l’alba. Situazioni, caratteri, soggetti,  questi, tutti ben noti a noi negletti d’Italia, e fin dal lontano  passato. Anche se, spesso,  ce lo scordiamo.

Ma può rinfrescarci la memoria   qualche pagina di storia. Anche perchè le cose non sono mai del tutto semplici e definite.  Qualcuno dei  mercenari storici infatti trovò perfino la forza d’impadronirsi del territorio o della città  dove era stato chiamato per proteggerla. Dando vita a Signorie ( o ad altre forme di governo) che, tutto sommato, non son poi state la disgrazia del Belpaese.
Certo sarebbe davvero curioso se un soggetto come certo  Raiola da Nocera Inferiore,  ex pizzaiolo e al momento dominus incontrastato  di tanti veri o presunti campioni, si presentasse al botteghino della storia sportiva odierna per acquistare una società. Magari  anche blasonata. E farsela tutta sua. Libri mastri e soggetti in carico, campo e spogliatoi, maglie e calzettoni, insomma tutto, dal capo ai piedi, tutto   compreso. Come a suo tempo fecero, con le dovute differenze, è ovvio,  uno Sforza o un Malatesta o un Montefeltro. Dapprima al servizio altrui e poi padroni assoluti.

Che ridere, e  se fosse questo l’avvio del tanto vaticinato Rinascimento del nostro calcio?

I PIU’ CELEBRI CAPITANI DI VENTURA. I nomi (  italiani o italianizzati) di alcuni capitani di ventura sono rimasti scolpiti. Da quelli degli anticipatori del movimento, come Ruggiero da Flor ( 1268 ca/1305), Uguccione della Faggiola( 1240/1319), Castruccio Castracani ( 1281/1328) Cangrande della Scala( 1291/1329); a quelli dei primi, veri, grandi capitani di ventura, come Lodrisio Visconti( 1280/1364), Malatesta Guastafamiglia ( 1299/1372), Galeotto Malatesta ( 1305/1385). Tra i numerosi  ’ big’   di Tre/Quattrocento questi, in particolare, hanno acquisito fama duratura: Pandolfo Malatesta( 1369/1427), Muzio Attendolo Sforza( 1369/1424), Gattamelata ( 1370/1443), Francesco Sforza( 1401/1466), Federico II da Montefeltro ( 1422/1482).

 

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