Le interviste di Franco Cortese. Antonio Coppola: ‘ Tra Santa Chiara e San Petronio’.

NAPOLI. Il presidente dell’Automobile Club di Napoli Antonio Coppola è un uomo abituato alle decisioni assolute, dotato di grande vocazione per sani ideali, in pace con se stesso, predisposto comprendere le ragioni degli altri. Un uomo aperto al sociale, studioso di storia come maestra di vita : quella vita che presenta all’uomo enormi e svariate complessità, possibilità aperte davanti al suo destino, tanto che basta un nonnulla a dare un corso diverso alla sua esistenza. Non sempre ci accorgiamo di quanto avviene, immersi come siamo in un sonno profondo e senza sogni. La vita ci appare allora magicamente deformata, quasi irreale e la banalità della sua conclusione non rende banale il mistero della fine. Di questo e di altri argomenti abbiamo conversato nella sua villa di campagna dove mi ha offerto un bicchiere di spumeggiante vino rosso novello.
Abbiamo parlato un po’ di tutto: della sua apertura al mondo esterno dopo una personale conquista del suo mondo interiore, soprattutto della sua necessità di conservare libertà di pensiero all’interno di un ordinamento politico-sociale che spinge l’uomo ad una forma di appiattimento intellettuale. Mi ha parlato anche del suo desiderio di festeggiare il prossimo Capodanno a Bologna in compagnia di amici. Per me, un vero e proprio invito all’intervista che qui di seguito riporto.
Presidente, perché tanto amore per quella Città e per quella Regione?
” Per il suo patrimonio naturale, per la sua storia, per il patrimonio artistico di Bologna e di città come Ravenna, per affinità che legano la sua gente al popolo napoletano. E poi per la sua vocazione a una politica progressista, al progresso in generale. Voglio anche ricordare lo sviluppo automobilistico degli scorsi decenni e la presenza della Ferrari che noi italiani e il mondo intero amiamo come si ama una bella donna.
Ricordo inoltre il suo antico prestigioso Ateneo e, senza andare troppo indietro nel tempo, penso al Carducci e a quel mostro di cultura che è stato Umberto Eco. Non voglio dimenticare Giovanni Pascoli. Estendendo il discorso ad altri campi, a Bologna c’è l’Istituto Rizzoli, dove hanno sempre operato le eccellenze dell’Ortopedia italiana”.
Lei fa spesso riferimento alla politica dei quadri dirigenti romagnoli.
“Credo sia un dovere farlo quando penso al miracolo politico-economico delle sue cooperative. Chi le ha promosse aveva idee molto chiare sull’organizzazione e sul governo del territorio, su come incentivare le iniziative private con beneficio dei consumatori e conseguente grande impiego di manodopera. Tutto ciò è espressione del genio romagnolo”.
Non ritiene che la sinistra politica stia attraversando momenti di grande difficoltà, soprattutto per quanto attiene alla sua credibilità?
“So che senza di loro il nostro Paese, e non soltanto il nostro, la condizione di vita generale sarebbe ancora ferma al Medioevo. Tutti fanno errori, ma la sinistra meno degli altri. Va anche detto che la sinistra rappresenta una vera grande ideologia ancora necessaria, seppure in un’ottica un tantino diversa da quella di ieri”.
A Napoli lei è indicato come persona molto legata alla Curia e alla Magistratura.
“Scelte per me ovvie. Senza religione non si va da nessuna parte. Non si tratta di credere per avere una speranza, ma una certezza. Per quanto mi riguarda ho sempre sentito Cristo dentro di me ed è giusto frequentare la Sua casa che è la Chiesa. Si tratta di una frequentazione vitale. Per quanto attiene i miei rapporti di stima verso la Magistratura, mi sembrano altrettanto ovvi.
Per nostra fortuna esiste quella categoria di persone che hanno scelto di fare i magistrati. Si diventa tali dopo aver superato quello che tutti considerano uno dei più difficili e seri concorsi. Non è un lavoro come altri, ma una vera e propria missione. Grazie a loro dormiamo sonni più tranquilli. La categoria dei Magistrati ha pagato e continua a pagare con il sangue la propria autonomia, la propria indipendenza. Parliamo di gente che merita profondo rispetto”.
Torniamo al suo amore per la terra di Romagna. Trova che tra Napoli e Bologna ci siano affinità?
“Molte. Bologna è una città nobile e seria, così come lo è Napoli, a dispetto di tutti i luoghi comuni fioriti sulla mia città. Bologna e Napoli sono ricche di storia, di iniziative e forze produttive necessarie al Paese. Oltre a questo, presentano caratteristiche umane molto affini : amore per il lavoro, per il tempo libero, per la cultura. Bolognesi e napoletani amano l’Arte, la musica, la lirica e la canzone.
Voglio ricordare Pavarotti, Vasco Rossi, Guccini, Morandi, Casadei, Zucchero, Focaccia e tanti altri. Non sono tutti di Bologna, ma tutti di quella nobile terra di Romagna che oltretutto produce il vino Lambrusco, il Sangiovese e la piadina sempre presente sulla mia tavola. Voglio anche ricordare le colonie marine di Rimini, Cesenatico e Cervia, dove nel dopoguerra e fino agli anni settanta del secolo scorso, tanti bambini hanno trascorso le loro estati al mare. Senza quelle colonie il mare l’avrebbero visto solo in cartolina oppure con il cannocchiale”.
Lei parla spesso di un possibile auspicabile gemellaggio tra Bologna e Napoli.
“Se fossi il sindaco della mia città mi adopererei in tal senso. Ho sempre considerato i romagnoli come napoletani del Nord”.
Cosa accomuna le due città?
” L’amore per la cultura, per il lavoro,per la buona cucina. L’amore per l’amore. Amore per la vita. Soprattutto per la libertà”.
Se andrà a trascorrere il capodanno a Bologna, cosa vorrebbe trovare sulla tavola?
“Compatibilmente con l’età un po’ di tutto : lasagne, quelle che hanno resuscitato Lazzaro, passatelli, misto di bolliti, cotechino e zampone, dolci della cucina romagnola. Il tutto accompagnato con del buon Sangiovese e de Lambrusco. Dimenticavo la piadina ancora calda. Subito dopo, tutti a Piazza Grande per un brindisi, a ricordare il grande Lucio Dalla”.
Nella foto, il cardinale Sepe e Coppola seduti. In piedi è il sindaco De Magistris.
FRANCO CORTESE