Santarcangelo d/R. Leggere la storia sullo stradario. Via Matteotti, dal Combarbio a piazza delle Erbe.

SANTARCANGELO d/R. Tra i ‘martiri’ non locali e di diversa estrazione antifascista ai quali la Città ha dedicato le sue vie ci sembra inevitabile aggiungere Giacomo Matteotti. Al momento, via Matteotti, è un tratto abbastanza breve del contesto viario centrale, che dipartendo dall’antico Combarbio dirige sulla popolare piazza delle Erbe.
Il nome della strada è mutato nel tempo. Nel corso del Ventennio infatti era dedicata ad un tragico personaggio della famiglia Mussolini, Sandro Italico Mussolini, figlio di Arnaldo, scomparso giovanissimo. Non bastasse, durante la breve avventura della Repubblica di Salò, si trovò il tempo di dedicare il tratto ad Ettore Muti, allora vero e proprio ‘pezzo grosso’ del regime. Tutto documentato? Non proprio, perché le ‘conferme’ restano (al momento) soltanto orali.
E comunque l’attuale via Matteotti, breve, ma strategica e accattivante, si impone come un ‘transito’ inevitabile. Ospita negozi, una pizzeria, un piccolo bar con tavoli (anche) all’esterno, e diverse famiglie. Via Matteotti è una strada che oltre a cambiare titolazione nel tempo adegua il suo aspetto. Assumendo look diversi. Talvolta per civetteria, ma ancor più per necessità.
Sergio Brasini, che del suo paese conserva un amabile e accurata conoscenza storica, è uno dei pochi che riesce a mettere a confronto i cambiamenti degli ultimi settanta anni circa.
“ Più o meno fino agli anni Trenta – ricorda Brasini - questa più che una via era un vicolo maleodorante e con qualche costruzione ammassata alla rinfusa; un vicolo che sbucava, attraverso un minuscolo arco, su piazza delle Erbe. Si accedeva al vicolo tramite un’apertura del portico del Barone, che s’allungava più o meno fino alla mia bottega, e ormai da anni completamente demolito”.
Che nel Dopoguerra l’Amministrazione comunale avesse aggiunto proprio in questa zona il ‘martire’ Matteotti a completamento della serie di dediche antifasciste è cosa abbastanza facile da spiegare. La sua figura infatti appariva un irrinunciabile punto di riferimento non soltanto locale. Che non poteva ‘mancare’.
Di Giacomo Matteotti, esponente e deputato socialista, sì è sentito più volte raccontare. Lo conoscono molto bene anche i giovani. Basteranno quindi pochi cenni per cogliere alcuni passaggi della sua vicenda da ‘tenere in memoria’.
Giacomo Matteotti, il 30 maggio del 1924, pronunciò il suo ultimo discorso alla Camera. Nell’intervento denunciò le violenze squadriste compiute prima e dopo le elezioni di quell’anno. Le sue dichiarazioni, dettagliate e dirompenti, denunciavano uno stato nazionale ormai acclarato e scatenarono tumulti in aula. La sua, da quel momento, diventò una vita in pericolo.
“ Nel pomeriggio del 10 giugno 1924 – riporta la cronaca – Matteotti stava percorrendo a piedi il lungotevere ‘Arnaldo da Brescia’ per dirigersi alla Camera. Passando accanto ad un auto in sosta venne aggredito da alcuni uomini che scesi improvvisamente dalla vettura lo colpirino a calci e pugni.
Matteotti cercò di opporre resistenza; riuscì anche a liberarsi dai suoi assalitori, cercando una vita di scampo lungo una scaletta che portava al fiume”.
Tutto vano, perché alla fine ‘otto braccia’ lo strinsero e lo strascinarono sulla vettura ancora in sosta, che ripartì a grande velocità. La mattina dopo in diversi s’accorsero del suo posto vuoto in Parlamento. Venne chiesto di fare chiarezza. Mentre i giornali pubblicarono con grande evidenza la notizia. Alcuni passanti che erano riusciti a prendere il numero di targa dell’auto lo segnalarono alla polizia.
Ma il tentativo di recuperarlo e salvarlo fu vano. Il giorno 13 l’Italia venne a conoscenza che Matteotti era stato assassinato. In Parlamento scoppiò l’inferno. E così lungo la Penisola.
Il regime, messo alla corda, dovette rapidamente procedere all’identificazione e all’arresto degli assalitori.
Con scarsa credibilità Tanto che il sospetto dilagante fu quello che lo stesso Mussolini fosse stato anticipatamente messo al corrente dell’infame iniziativa. Il ‘regime’ traballò. Ma come sappiamo, il tiranno trovò il modo di superare il momento critico e di restare al governo del Paese per un ventennio circa.
Il ‘sacrificio’ di Matteotti non passò però nel dimenticatoio tanto che nei giorni della ‘Liberazione’ divenne un momento di riflessione e di convergenza nazionale.
Obbligata, si potrebbe dire, davanti ad esempi del genere. Resta perciò sempre un po’ strano transitare lungo una strada, anche più volte all’anno, e non accorgersi quasi mai dei ‘valori’ e dei ‘palpiti di grande umanità’ trasmessi dall’esempio di quell’uomo e politico trasparente e coraggioso attraverso una scarna targhetta stradale. E in gran parte attuali, tanto che resta impossibile non ‘legarci’ a italiani come Giacomo Matteotti.
Roberto Vannoni