Non solo sport. Carletto torna a casa. Al caldo sole di Partenope. Scazzano col Milan i duri e puri della Uefa?

LA CRONACA DAL DIVANO. Chiusi i tornei nazionali, e in attesa del Mondiale, s’apre la lunga stagione delle chiacchiere. Che, giorno dopo giorno, hanno costruito un loro bussines, capace di tenere accese 24 ore su 24 le emittenti ( anche più prestigiose) di mezzo Mondo. Si ciacola, insomma, a volontà. Senza remora alcuna. Mentre in questo rumoroso frullatore vanno ad accomodarsi ( perfino) soggetti altrimenti noti manco ai loro famigliari.
In particolare, ci riferiamo al ( sempre più onnipresente) calciomercato. Che attrae soggetti diversi, coloriti e impensati. Come quella Wanda Nara, compagna e manager del Maurito Icardi, bomber interista, che non perde l’occasione non solo di batter cassa ma anche di farsi notare. Bionda e splendente com’è. Il Maurito, tra l’altro, all’ultima di ritorno, è salito con un colpo di reni al vertice della classifica cannonieri del torneo di calcio più ostico al Mondo.
Logico, quindi, che attiri curiosità e appetiti anche nell’alto loco del pianeta calcistico globale. E in particolare tra i soliti ‘spendaccioni‘ che di rifilar danari a palate non hanno problema alcuno. Tanto, non son soldi loro. Eppoi se ricavano qualcosa o no dai loro ( si fa per dire) investimenti, che gli aggrada? Tanto quel che conta è far fracassi, in modo tale che il Pianeta ne parli. Nel bene o nel male.
Giusto o errato che sia. Perchè affetti ed eroi sono sconosciuti ( o quasi) a questa genia di ‘spendaccioni‘ del calcio. Arrivati da chissà dove. E alimentati da chissà chi. Tornando alla senora Wanda, in ispecie, ci ha colpito la frase a lei attribuita ” Qui o si fa l’accordo o ce ne andiamo. Tre big del calcio europeo sono pronte a far follie per il mio Maurito“.
Caso mai avesse pronunciato il diktat, che altro non si può nomare, non può esserci ( per noi che nello sport investiamo affetti senza rimborso alcuno) che una risposta sola: ” La si vadano pure, i lor signori, laddove più danari sborsano. La si vadano pure i lor signori, con biglietto di sola andata, dove più aggrada: perchè ( a dir il vero) a noi interessa ( più d’altro) la sorte della mitica Beneamata e non altro. Con tanto di baci e abbracci”.
Sospeso è il nostro interesse per la F1, con quell’odore acre che emana, da quando è finita nel Gran Barnum dello spettacolo automobilistico alla americana. E’ tornato invece a godere del nostro sole il Carletto che s’è accordato, giurano, con quell’imprevedibile diavolaccio dello spettacolo del De Laurentis, stanco ( evidentemente) del tira e molla con il suo (ex) Sarri. Il quale, stando sempre alle voci, resta( al momento ) solo e soletto e col cerino in mano, visto che tarda la chiamata del russo del Chelsea, a sua volta stufo del nostro bell’Antonio. Purtroppo la moda in vigore è questa, vada dunque accondiscesa. Ci mancherebbe.
E del resto, perchè mai negare ai nostri di esperimentare i verdi giardini dell’Altrove? Ai quali si approda, con tanto entusiasmo, ma anche dai quali si torna, di frequente, con qualche rammarico. E in men che non si dica. E senza tante spiegazioni. Montella oppure Ranieri, gli ultimi di ritorno, possono confermare o che altro?
Piuttosto qui comincia ( davvero) a preoccupare la situazione al Milan. Che dalla leggiadra Europa ( più volte conquistata sui campi da gioco) sta ricevendo solo calci in faccia. A star sentire gli eredi di monsieur Platini, che prima fa e poi rivela, tutto procede nel pieno rispetto del fair play finanziario. Che però, a dar un’occhiata qua e là per l’Europa, caso per caso, alimenta l’idea che lo strumento sia gestito all’uso antico dei figli e dei figliastri.
Ad esempio, perchè mai agli sceicchi ‘spendaccioni’ è stato concesso di trasformare un (folle) acquisto in (regolare) ‘ prestito’ ? Perchè qui si chiudono occhi, là invece si va a far il pelo su ogni piccol dettaglio? Che il vecchio Milan versi in difficoltà è claro; ma quelli che gestiscono i destini del gran calcio europeo vogliono tirarlo in salvo o affossarlo definitivamente? Non è che davanti agli sceicchi ( questi) si genuflettono e davanti ai nostri si incarogniscono? Avanti di questo passo chi mai potrà contestare, anche Oltralpe, anche a Nayon, frasi come queste: “ Meglio barbari che schiavi“.
Al Milan, in breve, i soloni ( o cialtroni, si vedrà) della Uefa hanno negato il patteggiamento. A giugno arriverà un ulteriore giudizio, che implicherà o una multa o addirittura il bando dalle coppe. Una umiliazione , per una società che ( cineserie a parte) ha alzato 7 Champions, imponendosi inoltre innumerevoli volte ( nelle 62 Coppe dalle grandi orecchie finora disputate) protagonista assoluto, tra quarti, semifinali e finali.
UN SINCERO ABBRACCIO. Jesi è un paese storico. C’è nato un imperatore chiamato ‘ stupor mundi’ ; hanno armeggiato diversi (noti) capitani di ventura. Che tra un ‘ colpaccio’ e l’altro hanno contribuito ( per loro picciol parte) a segnare (alcune) tappe del ( nostro) Rinascimento. A Jesi è nato anche il nostro Mancio, che da qualche giorno ha preso in mano le sorti della nazionale quadristellata estromessa dal Mondiale di Russia per ricollocarla laddove Eupalla grida.
Altri, interpellati, non hanno mostrato altrettanto coraggio e generosità. Uno addirittura, continua a sfarfugliare che ‘ mancando il nostro calcio di talenti, l’impresa non è da par suo’. D’un altro soggetto alla Catalano non ne avevamo proprio il bisogno. Soprattutto in un momento tanto delicato. Allestire formazioni con fenomeni acclarati son buoni tutti, cani e porci, e a prezzi ben più modici del Tizio citato.
Quello che invece sta tentando il nostro Mancio da Jesi è davvero lodevole. In tutti i sensi, quello economico soprattutto. L’Italia nostra, dei nostri miseri tempi, ha bisogno di italiani. Veri. Validi. Non sciocchi ed opportunisti. Italiani, appunto, come il nostro Mancio da Jesi. A cui vogliamo già un mare di bene.
Non sono riusciti a diventare campioni d’Europa i nostri talenti Under 17. Che meritavano. Con quei due gol meravigliosi opposti ad altrettanti fortuiti e insignificanti. I rigori, come d’uso tra italici, li hanno ‘fregati’, ma è poca cosa, perchè a quell’età il risultato conta fino ad un certo punto. Conta fare bagaglio. Da spolverare in seguito. Anche per smentire quegli inutili ‘espertoni’ che vanno in giro a dire che il calcio italiano manca di futuro.
Nota storica. L’imperatore Federico II di Hohenstaufen, nipote del famoso Barbarossa, nasce a Jesi il 26 dicembre 1194. La storia ascrive la sua nascita sotto un padiglione nella piazza oggi a lui dedicata. La madre, Costanza di Altavilla, era del casato degli Altavilla che, partiti dalla Normandia nell’XI secolo, conquistarono la Sicilia e tutta l’Italia meridionale.
DELIRIO. E’ un vero delirio. Quello che traspare leggendo dell’intento del Real di Florentino per strappare Neymar agli sceicchi del Psg. Roba da Mille e una notte. Con, in bilancio sul libro mastro dei Blancos, nientemeno che 600 mln, 300 per l’acquisto del brasiliano, 300 per il suo ingaggio. Roba da record. Roba mai udita. Roba che si fatica perfino a credere vera, tanto esce dalle righe dei pur ( strampalati) spartiti del calcio odierno.
Naturalmente, la mossa andrà a ricadere non ‘simpaticamente’ sui tanti assi in camiseta blanca. E su Cr7 in particolare. Che, a questo punto, dovrebbe cominciare a pensare ad un passaggio di testimone, tra lui, il vecio campeon, e O’Rey, il nuovo puntero. Al progetto il Florentino, 71 anni, imprenditore , sta lavorando da qualche tempo. Con qualche profitto, visto che pare avere incontrato ( figuriamoci non fosse stato così) l’appoggio entusiasta del giocatore brasiliano e del suo enturage. Il problema semmai è superare lo scoglio degli sceicchi, ricchi, ricchissimi, abituati a comperare gente piuttosto che a venderla. Ma anche qui, il Florentino, ha le sue preziose carte in serbo.
E in ispecie quella costituita da una maglia che è nota al Mondo per far collezione di Coppe dalle grandi orecchie. Dove e come poco importa. Ne sanno qualcosa quelli di Baviera e gli altri di Piemonte. Importante è arricchire al Bernabeu ogni anno di più la lunga bacheca di trionfi. Per monetizzarli. Ma che potrebbero subire una drastica sospensione nel caso in cui, obtorto collo, anche ai Blancos del Florentino venisse ( finalmente) imposto l’imparziale Var.
AGGIORNAMENTI. Secondo uno studio Kpmg questi sono i ricconi d’Europa: United ( valore 3.2 mld, proprietà americana), Real (2,900 mld, proprietà ispanica), Barca ( 2,800 mld, proprietà ispanica), Bayern ( 2,5 mld, proprietà tedesca), Manchester City ( 2,1 mld, proprietà araba), Arsenal ( 2,1 mld, proprietà?), Chelsea ( 1,7 mld, proprietà russa), Liverpool ( 1,580 mld, proprietà americana), Juve ( 1,300 mld, proprietà italiana), Tottenham( 1,3 mld, proprietà, in trattativa con americani) , Psg ( 1,12 mln, proprietà araba). Le altre italiane: Napoli ( 518 mln), Milan ( 514 mln) e Inter ( 491 mln). Delle italiane solo la Juve ha uno stadio di sua proprietà. Gli altri restano ‘ in affitto‘.
Delle prime 11, a parte i due Panda ispanici, e l’ eccezione Bayern , siamo davanti ad una invasione albionica. Con sei inglesi. I cui capitali giungono, in ispecie, da Usa ( United, Liverpool, Tottenham), Russia ( Chelsea) e Qatar ( City). E mentre gli americani dell’United sono personaggi del bussines, quello del Chelsea ( Abramovich) appartiene ad una ondata di circa 700 ricconi russi che che dopo il disfacimento dell’Urss hanno messo radici in Gran Bretagna. Non mancano in Albione gli ‘spendaccioni’ arabi, questa volta proprietari del City.
Sempre arabi sono i padroni del Psg, undicesima in classifica, squadra di punta del campionato francese. ( Forse) agli inglesi, di inglese, se non andiamo errati, resta l‘Arsenal. Forse. E comunque vien da chiedersi se tutto questo ‘cedere al migliore offerente‘ sia da considerarsi un progresso o che altro. A volte i mercati, e le cifre relative, infatti, illudono. E quel che sembra un affare in realtà, nel breve volgere di qualche anno, si tramuta in un disastro. Certo è, dicevano i vecchi, che colui che vende preoccupa sempre di più di colui che compra.
NON SOLO GIRO. Yates, 25 anni, maglia rosa al 101° Giro d’Italia, ha tenuto nella crono vinta da Dennis con 14” su Martin e 22” su Demoulin. Ora, dopo due tappe (quasi)piatte, lo attendono gli agguati a Prato Nevoso, Bardonecchia e Cervinia. Come dire: tutto resta in sospeso, in quella gara magica e unica, la più bella e dura che ci sia, che ( nel passato) ha coronato i migliori pedalatori al Mondo. Nibali intanto si prepara per il Tour.
COMMENTI LIBERI. Ora che l’Invincibile armata madridista ha affondato la Bismark alemanna, si è ( forse) meglio capito quanto stava per fare la Signora di Torino dentro la piazzaforte calcistica più inespugnabile d’Europa, ovvero estromettere i soliti intoccabili Blancos ex Galactcos dal quartetto finale di Champions 2018.
Ma ( com’è noto) a non dar corso alle appassionanti leggi dell’agonismo sportivo ci ha pensato un giovin fischietto inglese inviato da un vanesio selezionatore italiano che, ad una manciata di secondi dalla fine del tempo supplementare, ha pensato bene di donare ancora una volta la ( immeritata) palma della vittoria ai collezionisti di Coppe dalle grandi orecchie, tra l’altro privando la massima competizione del calcio mondiale dei supplementari (forse) più palpitanti di tutta la sua storia. Supplementari epici, magari tipo Italia-Germania del 1970, capaci di nutrire l’epica sportiva più di qualsiasi marchingegno economico-finanziario.
Già lo abbiamo detto: fossimo stati noi in Ronaldo avremmo sparato alto il rigore, paradossalmente, e proprio per dimostrare al Mondo che era lui ( a ragion veduta) il miglior puntero del Pianeta e che la sua squadra non è di quelle che, pur di raccattare gloria, pretende ‘ omaggi e doni‘ ( più o meno) discutibili . Lui, i suoi, invece, hanno preferito cedere alla paura.
Questo, sia chiaro, non da italoi ma da amanti della grande avventura sportiva del calcio europeo. Ma tant’è. Illusioni. La Vecchia Europa ha smesso da tempo d’essere un tempio di giustizia, umanità e sogni. E dunque anche di sport. Del suo sport più rappresentativo. E ora che stiamo ( dolorosamente) accertando la nostra decadenza, si invita a risparmiare lamenti per ( prevedibili) sviluppi successivi.
Una curiosità. In Champions, fosse passata in semifinale la Juventus, dopo anni, non avremmo avuto spagnole nel poker finale di Champions.
Inoltre, per quel che concerne il ranking Uefa, con quel punteggio saremmo (ri)passati davanti ad angli e todeschi , rimontando ( in parte, dopo immemorabil tempo ) sugli ispanici. Che riguardo a finali Champions restano ( comunque) dietro alle nostre: ( salvo errori di contabilità) 25 a 28, ultimo anno escluso.
PANCHINA AZZURRA. Dopo il tragico passaggio Tavecchio-Ventura, la nazionale azzurra cerca di risollevare il capo. E rigonfiare il petto, decorato ( non lo si dimentichi mai) di quattro stelle mondiali. Ha firmato il Mancio da Jesi che, spediti saluti e baci alle renne di Russia, è corso a prendere in mano le redini di una delle più prestigiose maglie calcistiche mondiali. Diciamo inoltre che, a dispetto di altri colleghi dimentichi del loro passato, e che poco o nulla d’ora in poi meriteranno del nostro rispetto, lo fa nel modo migliore. ” Per me – scandisce con qualche emozione – sedere su quella panchina è un grande onore”.
Con lui dovrebbero entrare in gioco: Pirlo ( vice), Ambrosini ( Under 21) e Maldini (?). Extra: speriamo inoltre che per la Fgci non rientri in gioco tale Abete, di cui conserviamo triste e sconsolata memoria.
CHE CI FA IN PISTA LA SAFETY CAR ? Che la ’Rossa’ voli come il vento lo si era visto durante la pole di Baku. Che la ’Rossa’ fosse ‘ in balia’ della casualità ( tanto apprezzata dai commentatori di Race Anatomy Sky) si è constatato durante una gara che è sembrata ( con tutto il rispetto per il parere altrui) un ritorno al mitico circus ’ alla Buffalo Bill‘ dove, grazie alle ineffabili ‘frullatine’ da safety car, si è reso possibile l’impossibile.
Non si sono però fermati qui i nobili ed irridenti avversari della ‘rossa‘. Non contenti di quanto finora architettato si sono fatti ‘ limare’ di qualche millimetro i battistrada delle gomme ( supersoft ?) trasformando ( ancora una volta) un auto che per quattro Gp ( al confronto della ‘rossa‘) era apparsa un paracarro in Araba fenice.
No,spiace lamentarsi, ma s’avverte qualcosa di maleodorante su queste piste. Competizioni come queste non ci convincono. E allora tanto vale spegnere il televisore e farle guardare a chi crede. Sempre tenendo presente però che oltre allaFederazione automobilistica ad emanare titoli c’è anche la ‘rossa‘. Anzi, i milioni di tifosi della ‘rossa’ sparsi sul Pianeta. Per i quali, non ci si illuda, titoli ‘estorti‘ valgono null’altro che carta straccia.
ORDINE ARRIVO GP SPAGNA. Non ci interessa.
CLASSIFICA MONDIALE PILOTI F1. Come sopra.
CLASSIFICA MONDIALE COSTRUTTORI F1. Come sopra.
BLOCK NOTES.
CALCIOMERCATO A MODO NOSTRO.Il trequartista Ante Coric, 21 anni, croato, avrebbe accettato l’offerta della Roma. Sempre la Roma starebbe per chiudere col portiere del Malmoe Marko Johansonn, 19 anni, ‘enfant prodige’. Marotta e Preziosi, presidente del Genoa, dovrebbero essersi contattati per il portiere Perin. Che potrebbe andare a fare il secondo di Szczesny, prossimo papà, però tutt’altro che disposto a lasciare la Juve. Si parla di Buffon al Psg, nonostante le dichiarazioni dello sceicco. Si parla di un anno, con opzione per il secondo. Cosa potrà aggiungere mai una gita sotto la Eiffel ad un portiere con il Gigi, forse, manco lui spiegarcelo.
Vuole alzare la Champions? Con il Psg? Non ce l’ha fatta con una corazzata come la Juve, ce la può fare con una fregata come il Psg? Non scherziamo. Per i parvenues del calcio l’aggancio delle alte vette richiede un lungo e doloroso calvario che, stando agli almanacchi, e salvo eccezioni rarissime, non è cosa di qualche anno. E neppure di danari. Ultima questio: perchè non lasciare al Raiola il piacere di ‘ ruinare‘ il suo Gigio?
LA MADRE DI TUTTE LE BATTAGLIE. Dieci anni fa la Serie A era appaiata a Liga e Bundes: 1,4 mld di fatturato o testa, poco più poco meno, mentre la Premier faceva già storia a sè ( 2,4 mld). Dopodichè, mentre gli altri sarebbero cresciuti a dismisura, noi ci siamo solo arrabattati, sanza infamia e sanza lodo, sanza adeguati governi e sanza nuovi impianti, sanza gente capace e sanza innovazioni, retrocedendo ad ogni giorno di più verso zone di margine. Continuiamo a precedere Ligue 1, ma è poca cosa se confrontiamo le nostre storiche potenzialità con questa e con le altre leghe.
E comunque cominciamo a capire qualcosa su quei dati che la ’rosea’ nel suo inserto Gazzamondo cerca di riepilogare. Per la ’rosea’ la Premier ( che conta su un audience potenziale di 4,7 mld) va all’incasso di 1950 mln di introiti domestici ( 2016/2019) oltre a 1,3 mln di introiti esteri ( 2016/2019). La Liga ( in crescita continua) incassa 911 mln di diritti domestici ( 2016/2019) e e 665 mln esteri; la Bundes, conta 1160 mln di diritti domestici e 240 mln di diritti esteri. Se non abbiamo mal interpretato, la Premier vale ( nel suo complesso) 5,237 mld, la Liga 2,872 mld e la Bundes 2,793. Noi? Che contiamo noi? Presto detto: solo 2,267 mld.
Con distanza non siderale dal’Altrove, come cercano di far credere gli esterofili, ma notevole e ( comunque) con possibilità di colmare.
Le strategie delle leghe differiscono in maniera esemplare. Viaggiano da isolani quelli d’Albione, favoriti dalla diffusione della lingua inglese; delegano Liga e Bundes, intanto (ri)strutturatasi con apparati adeguati e di certo molti più folti ed agguerriti del nostro. Che è tuttora senza governance. In mezzo a polemiche senza fine, agguati e veleni. Da ‘ sventurati’ italici. Una volta maestri ed ora assuefatti al ‘servaggio ostello’. In fondo a questo ns foglio mediatico abbiamo lasciato una ridotta e umile ricerca su quel che ha condotto il paese più ricco e creativo al Mondo a quello che è. Con grandi potenzialità inespresse. Qua e là, dovunque. Potendo, le si dia un’occhiata.
La malattia della ’non aurea mediocritas’ dopo secoli di genialità ci attanaglia. Qui, ormai, fan tutti a gara a fingersi geni. Un pallido imberbe di trent’anni che da commesso vuol diventare premier; un tracagnotto della Brembana che si dice pronto a governare un Paese che manco i Cesari riuscivano a tenere sotto controllo; un vecchietto in continuo restyling che di tutti ‘ dice mal fuorchè di stesso’.
E ci fermiano qui. Anche perchè così è, se vi pare, nella politica, ma anche nello sport. Nel calcio. Dove ( preziose) pepite d’oro si trasformano ( nostro malgrado) in ( inutile) ferraglia, inesorabilmente, ad ogni ora di più. La ‘rosea’ ci invita a reagire. Cominci lei a farlo. Come? Intanto pretendendo ( con la forza del suo antico e diffuso prestigio) pulizia, laddove il degrado regna ( da anni) sovrano. Fatti e non pagine di giornale.
VANNO E RITORNANO. Come ai tempi dei romani conquistatori del Mondo che non appena potevano si concedevano una vacanza-premio nell’ Hellade conquistata, anche i nostri del calcio appena possono valicano l’Alpe e ( più oltre ancora) la Manica, per andarsi ad assestare in uno di quei campionati di cui si va favoleggiando da qualche lustro nel Belpaese. Che sembra aver perso la speranza ( e la stima) di sè. Un po’ dovunque, e non solo nella disciplina regina. Ai nostri giovani, infatti, pedatori o no che siano, li si invita ad andarsene, qua e là, dove sono spuntati Eldoradi luccicanti e ricolmi di speranze.
E così i nostri lasciano i loro stazzi – parafrasando il poeta d’Abruzzo – per andare verso Altrove. Nel pianeta calcio, una decina d’anni fa autore d’un indimenticabile triplete, la smania è forte. L’avvertono tutti, anche i Montella, e partono, con il loro scarso possesso delle lingue straniere, gli zainetti sulle spalle ricolmi d’ogni raccomandazione paterna/materna, per cercare gloria e danari. In fondo, ad impedirglielo, che risultato s’otterrebbe? Si rinsavirebbero? Forse sì o forse no, proprio no. Meglio ( allora) lasciarli fare, meglio ( logico) fargli fare da soli le ossa, meglio seguirli senza abbandonarli al loro destino come padre/madre ( dolorosamente) amorevoli fanno.
Tanto più che le cose poi, gira e rigira, si assestano da sole. Spontaneamente. Date un’occhiata ai migranti del calcio e cominciate a stilare ( aggiornati) resoconti. Con tanto di ( relative) riflessioni.
Con costoro: Carletto, 58 anni, al momento fermo, perchè esonerato dal Bayern; Prandelli, 60 anni, vittima dell’ ennesima sfortunata avventura all’estero, ( pure lui) esonerato all’Al Nasr; Carrera, 53 anni, che dopo aver vinto un campionato russo quest’anno ( a -8 dalla capolista) difficilmente resterà allo Spartak ;
Montella, finalista di Copa, ma che in Liga ha saputo viaggiare con l’incedere delle luci dell’albero di Natale, tipo Milan, s’è fatto licenziare in tronco dopo una manciata di tempo dall’ambizioso Siviglia ; Stramaccioni, 42 anni, allo Spartak Praga dal 2017 , ma che quest’anno poco brilla al punto che il suo esonero sembra ( già ) scritto; Tramezzani, 47 anni, appena quattro mesi sulla panchina del Sion prima d’essere licenziato. Ultima, in ordine di tempo, c’è da registrare l’avventura del buon Ranieri, conclusa, perchè esonerato dal Nantes.
Questi sono solo alcuni dei nostri migranti partiti, tornati o sul punto di tornare. A loro andrebbe aggiunto il più celebre del momento, quel Conte Dracula finito prigioniero in Premier dentro una gabbia dorata, e che altro non sogna che di tornare a respirare l’aria generosa del suo Paese. Che quando si parla di calcio, pur con tutte le sventure e i ritardi che tiene sulla groppa, evidentemente, poco o nulla ha da invidiare all’Altrove.
Tanto più che i soldi stanno tornando. E allora cari Allegri ( che va scrivendo un’epopea immortale con la Signora) e Sarri ( che ha riacceso il fuoco nel cuore d’un popolo straordinario), di che vi fate lusingare? Di qualche ingaggio che vi sistemi per le prossime cinque generazioni? Suvvia, anche qui, da noi, non è che vi trattano così male.
Magari, qualche pronipote, dovrà rimboccarsi le maniche per tirare a campare; ma a volte, come insegnano i ( lungimiranti) tycoon americani, sul modello dei pater familia d’antica fama, insegnare ai giovani di togliere le castagne dal fuoco in proprio vuol dire (anche) consentirgli ( poi ) di gustarsele meglio.
CAMPIONATO DI CALCIO SERIE A.
RISULTATI. 38^ e ultima giornata di Serie A, così i verdetti sull’Europa e la salvezza: l’Inter vince 3-2 all’Olimpico, scavalca la Lazio e conquista il 4° posto e la qualificazione alla Champions. Roma 3^ grazie alla vittoria col Sassuolo. Il Milan batte 5-1 la Fiorentina e si conquista il 6° posto, qualificandosi direttamente per l’Europa League. Atalanta (ko 1-0 a Cagliari) ai preliminari.
Record di punti (91) per il Napoli, retrocedono in Serie B con il Crotone, Verona e Benevento.
CLASSIFICA 38a GIORNATA. Juve, punti 95; Napoli 91; Roma 77; Inter 72; Lazio 71; Milan 64; Atalanta 60 … Crotone 35, Verona 25, Benevento 21.
MARCATORI 38a GIORNATA. 29 reti, Icardi (6, Inter) 29 reti Immobile ( 7, Lazio), 22 Dybala ( 3, Juventus).
ALTRO SUL CALCIO. Dicevano che era diventato il più malandato, non allenante, insignificante, campionato d’Europa. Dicevano, perchè a ben vedere anche agli orbi è stato concessa l’occasione di mutar d’opinione, perchè se c’è stato un campionato ( tra i top five) palpitante fino all’ultima goccia di sudore quello è stato solo e soltanto il nostro.
Negli altri tornei gli sbadigli sono cominciati già alla vigilia di Natale; inoltre, gli anglofili, lasciano perdere una volta tanto l’appeal che( a prescindere) esercita su di loro quel torneo di canterini e corridori. Assai meno competitivo di quel che si dice. Di quel che si vende. Infatti se quest’anno ha volato solo e soltanto il City, l’anno scorso d’allargare le ali era toccato ( sempre in solitaria) al Chelsea di Antonio e l’anno prima ancora ( se non erriamo) al fuoco fatuo del Leicester.
La nostra Serie A. dunque questo ha sentenziato: Juventus, campione d’Italia ( per il settimo anno consecutivo); Napoli, Roma e Inter, direttamente ai gironi Champions; Lazio e Milan, direttamente ai gironi Uefa, e Atalanta, ai gironi Uefa ma con tre turni di preliminari. Una faticaccia. Che il bravissimo Gasp non merita(va) affatto.
COPPE EUROPEE. Finale Champions ( Kiev) , Liverpool - Real; Campione Uefa: Atletico Madrid ( 3-0 al Marsiglia).
Statistiche. Nelle 62 Coppe dalle grandi orecchie ( Champions dal 1992) finora disputate la presenza italica è la più significativa. Sarà bene (ri)sottolinearlo, anche perchè da noi abita la popolazione ( probabilmente) più smemorata al mondo. Ebbene, gli almanacchi dicon questo: l’Italia ( prima) è andata in finale 27 volte ( 43,54 %) e la Spagna ( seconda) 25 volte ( 40,32%).
Seguono a distanza le altre nazioni. Per noi in finale sono andati: Milan 11 volte ( 7 vincente), Juve 9 volte ( 2 vincente), Inter 5 volte ( 3 vincente), Fiorentina 1 volta ( mai vincente), Roma 1 volta ( mai vincente), Samp 1 volta ( mai vincente). Infine (sempre) per gli almanacchi, in finale di Coppa Italia 2018 vanno Juve e Milan.
CALCIO RANKING UEFA ( aggiornamento fine novembre): Spagna, punti 98,569; Inghilterra, 72,319; Italia, 68,794; Germania, 67,712; Francia, 53,081; Russia, 49,382; Portogallo, 44,082. Alle prime quattro leghe del ranking vengono assegnate quattro squadre in Champions senza preliminari, e tre in Uefa. Un bel dono di Natale, non c’è che dire, per il nostro calcio. Che dovrà però metterci del suo, positivamente, cominciando intanto ( come hanno fatto Torino, Udine, Reggio e Frosinone e stanno facendo Roma e Bergamo) ad allestire nuovi e moderni impianti, seguendo poi con un aggiornamento tecnico-tattico-agonistico ormai ( assolutamente) indispensabile.
PREMIER A MANO ARMATA. Nel mercato invernale 2017 è stata la Cina a farla da padrona. Con una spesa di circa 500 mln di euro. Non a caso, visto che secondo uno studio del Soccerer footbal finance 100 sui top club dal punto di vista del valore della rosa, delle immobilizzazioni, del cash, del potenziale di investimento e del debito, i cinesi valgono già il 15% del fatturato totale.
Lo studio conferma anche un dato ormai evidente: ovvero, che sono i club inglesi che ( al momento) più possono spendere. Cinque delle prime dieci posizioni di Soccerex sono inglesi, 8 nelle prime 30.
E qui ( quella ribattezzata ) Qatar City dello sceicco Mansur potrebbe spendere ( da subito ) fino a 788 mln ( se non ci fosse il fair play Uefa).
Negli ultimi anni gli spendaccioni del deserto hanno distribuito 880 mln in acquisti. Stesso discorso vale per l’altra squadra qataregna in Europa ( anch’essa ribatezzata) Qatar Psg, che ha una base d’investimento di 1 miliardo e che negli ultimi anni di Ligue ha speso più d’altri( 135 mln contro i 50 del Monaco).
Tra le squadre d’Albione, la società che potrebbe spendere di più è l’Arsenal ( seconda dietro al Qatar City) con 766 mln di sterline disponibili, 500 mln di liquidi e 8 mln di debiti. Il Chelsea invece è nella situazione opposta. Ma solo per un fatto contabile, in quanto i blues vantano un debito di 400 mln di sterline verso il proprietario Abramovich. Sommerso di debiti è anche il Manchester United del Mou Mou, a quota 563 mln di sterline di rosso.
Chi si trattiene ( Barca e Real a parte) sono le squadre di Liga che sul mercato invernale hanno investito 152,6 mln euro in totale. Ancor più parsimoniose sono le squadre di Bundes, Bayern compreso, che abitualmente non ricorre a gennaio per i suoi colpi migliori. Nella classifica degli spendaccioni ( se non abbiamo mal inteso) non ci siamo noi. Neppure con la danarosa Signora, e i suoi (appena) 29 mln. Finalmente!
LE FRASI CHE COLPISCONO.
FRASE. Zizou dice: ” Vi spiega il mondo Real. Tanto lavoro, unità e grandi giocatori, questa la ricetta vincente”.
COMMENTO. Sicuro, Zizou, di non esserti dimenticato qualcosa? Gli arbitri, ad esempio, ma anche la dieta alimentare dei tuoi ( ex) galacticos, che nei grandi appuntamenti mettono le ali?
FRASE. Rivela monsieur Platini ” Sì, visto che la finale più attesa era Francia e Brasile, abbiamo pensato bene di concederla. Ovviamente tramite qualche (innocente) trucchetto”.
COMMENTO. Che qualcuno in alto abbia (finalmente) ammesso quello che tutti non pensiamo allorquando i santoni del sorteggio frullano quelle palline, è cosa buona e santa. Ora aspettiamo che qualcun altro, con lo stesso coraggio, e senza ironia, ci venga a spiegare come mai in certi campionati, e nelle manifestazioni internazionali ( Champions in testa), c’è gente che vola. Senza tirare il fiato. Che mangia: bresaola o stoccafisso?
FRASE. Blancos infuriati: verso chi parla di ‘furto’ parte la querela.
COMMENTO. Non devono essere messi bene da quelle parti. Perchè, se per ‘reprimere’ diversità di vedute ( inevitabili nel calcio) si rivolgono ai legali, devono essere (davvero) sull’orlo d’una crisi di nervi. Peraltro mai vista, al monumentale Bernabeu. E comunque ammesso e non concesso che riescano a rintracciare i milioni e milioni di quanti sono inorriditi davanti alla (incauta o fraudolenta? ) decisione del giovane arbitro inglese, che faranno in futuro? Mica vorranno aggiungere allo staff di giacchette nere anche un pool di legali? Eppoi, vogliono o no ‘sto VAR?
FRASE. Dice Andrea Agnelli, 42 anni, presidente Juventus ” Oggi l’arbitro non ha capito nulla. Ma il discorso va più esteso. Serve la Var anche in Europa. Collina e la sua vanità vanno a colpire le squadre italiane per una designazione imparziale. Un designatore va cambiato ogni tre o cinque anni. Per avere una evidente imparzialità si va a colpire le italiane in maniera quasi scientifica”.
COMMENTO. Che l’arbitro ‘pattumiera‘ inglese sia servito ad eliminare la Juve è stato fin troppo chiaro. E inquietante. Tanto più che, come dice il presidente bianconero, dovrebbe essere stato un italiano, tale Collina, a cacciarlo tra i piedi dell’orgogliosa Signora. Ma Collina, a quanto pare, non è nuovo a queste prestazioni. Le squadre italiane infatti e non solo la Juve, in proposito, hanno una lunga serie di ‘ furti‘ da reclamare. E non a causa del solito, manipolato, sfruttato, vittimismo. Milan, Lazio, Roma hanno smoccolato ad josa davanti a direttori di gara che hanno ‘ pilotato’ gli incontri a loro ( insindacabile e univoco ) ‘modo di vedere’.
E questo rattrista. Perchè quella fiducia finora riposta nelle istituzioni europee del calcio va visibilmente scemando. E non solo da noi. Infatti andate a chiedere a Rumenigge cosa pensa dell’ultimo confronto tra la sua corazzata e quella del ‘onnipresente’ Florentino. Collezionista ( ad oltranza) di Coppe, Trofei e Palloni d’oro ( ormai sempre meno attendibili).
FRASE. Zinedine Zidane, ct del Real, dice: ” Dicono tutti(?) che il rigore fosse netto”. Rincara il suo baldo campione noto come CR7 ” Non capisco le loro proteste: senza fallo Vasquez avrebbe segnato”.
COMMENTO. Due frasi per una.Intanto pensavamo che in quel calderone a strapiombo sul campo da gioco si fossero, col tempo, resi esperti nel valutare le prestazioni loro ed altrui. E anche i rigori, quando si danno e quando no. Sembra invece che le cose non stiano così. Sembra piuttosto che quelli di pallone capiscano solo quanto che gli va sul loro conto. Non l’avessero capita, la nobil Signora gli ha fornito una lectio magistralis di cui conservare eterna memoria.
Insomma quel rigore l’hanno visto solo loro. E comunque a parte l’arbitro ‘pattumiera‘; a parte Vasquez; a parte il solito isterico puntero detto CR7, su quello stadio vanno fiorendo storie strane. Da verificare. Storie simili a leggende nere. Come ne sono nate, nel passato, su certi ambienti storici in cui a ‘gestire‘ potere, danaro e successo erano veleni e pugnali. In quel ‘ maledetto‘ impianto in fase di ristrutturazione, va a diffondersi infatti la convinzione d’averlo trasformato in una sorta di ‘ porto franco’ dove a legiferare sono loro e non altri. Non il calcio europeo. Non chi merita di vincere. Non chi gli fornisce ‘lezioni‘, ma solo chi gli scarica ( a comando) la sua ’pattumiera’.
* FRASE. Assicura Gianfranco Zola, 51 anni, ex calciatore: ” Inglesi più avanti. A noi manca il talento più che il denaro”.
COMMENTO. Non bastavano gli anglofili e don Capello, che s’è aggiunto anche il nostro Gianfranco al coro di quelli che vedono il nostro calcio morto e sepolto sotto una spessa coltre di diffusa mediocrità. Eppure, i lor signori, dovrebbero prima del flatus voci verificare quanto sta accadendo attorno ai loro preziosi occhietti. Perchè, se è vero che la Premier è la lega che incassa incassa di più, non altrettanto vero è che si la migliore visto che nell’ultimo turno di Coppe è riuscita a malapena a salvare in Champions due squadre ( City e Liverpool) in Uefa una ( Arsenal) . Come noi, che nel ranking Uefa gli stiamo appresso per una manciata di punticini.
Inoltre, che il City ( degli sceicchi spendaccioni e del Pep) sia una ‘ macchina da guerra imbattibile, è tutto da vedere; semmai, per la sua storia, tra le compagini d’Albione, ci parrebbe più insidioso il Liverpool, che comunque non è l’apice del calcio inglese e ( tantomeno) europeo. Se poi ci volessimo trasferire alle nazionali di sua Maestà, a parte il recente timido risveglio delle giovanili tutto da confermare, sono lustri che non le si vedono ai vertici del calcio mondiale. La loro nazionale maggiore, addirittura, madre di tutte le nazionali al Mondo, dopo avere ‘ rubacchiato’ un Mondiale in epoca preistorica, non s’è manco più affacciata sulle ribalte mondiali.
Dunque continuare a proporre a 360° gradi il modello Premier con tanta insistenza, ostentazione e (monotonia) fa restare perplessi. Per cui, ci piace parteggiare per il buon Di Biagio. Che con un pizzico di (sano) orgoglio ( italico) ancora non venduto al migliore offerente, dice ” Fuori ci maltrattano. A volontà. Dai ragazzi voglio maggiore personalità.
Certo. Ma qui abbiamo giocatori da Spagna e Brasile”. Noi, quadristellati, siam fuori dal Mondiale di Russia. E’ vero. Ma per ( mandata) di sciagurati al vertice o di mediocri pedatori alla base? Eppoi, suvvia, sinceramente, donde stanno alloggiati tutti questi fenomeni dell’ aureo Altrove? L’incontro Inghilterra-Italia, a Wembley, pur dando il giusto peso alle amichevoli, è finito in parità: 1-1. Come volevasi dimostrare?
* FRASE. Scherza l’amabile Leo Turrini ” Lewis, nel post gara, dentro quell’abitacolo da cui non voleva più uscire, sembrava Polifemo dopo essere stato accecato da Ulisse”.
COMMENTO. In effetti la ‘sorpresa’ propinata dalle ’rosse’ non dev’essere stata di quelle facilmente digeribili. Soprattutto dopo la pole fantascientifica del giorno prima. Stando a quei tempi, infatti, le umili ‘rosse‘ avrebbero dovuto finire distanti anni luce dalla superba ‘ freccia d’argento‘ del re nero. E invece, ecco che l’imprevedibile ‘macchinina rossa’ che sembra avere assunto sembiante umano va a compiere uno dei suoi innumerevoli colpi di scena. Che sono anima e sangue della sua storia straordinaria. Sua e soltanto sua. Ecco perchè quand’anche passa al fianco ti fa scorrere addosso brividi ineffabili. E un po’ dovunque. Qua e là pel Pianeta.
* FRASE. Sbotta Pochettino, mister Tottenham: ” Prima della gara c’era Agnelli e dopo, con lui, anche Marotta. Ho visto come nell’intervallo abbiamo messo pressione sull’arbitro. Alla fine c’erano due rigori per falli di mano, non ce ne ha dato alcuno”.
COMMENTO. Mauricio Pochettino come milioni di italiani sparsi nel mondo spesso e volentieri non sa se dar precedenza allo jus soli piuttosto che allo jus sanguinis. Lasci perdere, per favore, visto che più italiano di così non potrebbe.
Anche perchè se c’era un rigore sacrosanto quello doveva essere dato alla Signora e non al (poco) sereno Maurizietto. E se ne faccia ragione: il suo Tottenham non è la Juve.
* FRASE. Dice Paolo Condò, in Confidential ” Se per vedere la partita più bella del mondo scegliete Liverpool- Manchester United non andate troppo lontani dal vero”.
COMMENTO. Rispettiamo tutte le opinioni. Anche quelle dei fans anglolifi più coriacei come il Paolone, a mezzo tra ‘rosea’ e Sky. Solo che, guarda un po’, non condividiamo. No. Intanto perchè il nostro insiste su una ‘ modernità della Premier che (ultimamente) ha affollato di ( ulteriori) attori la sua scena’ che a noi appare, ma solo in parte. Spiacenti.
Anche perchè ( a parte certi aspetti economici-organizzativi della Premier che non convincono ) occorre che qualcuno (ci) chiarisca una volta per tutte come si faccia a correre (e resistere ) così tanto. Noi, se Wigghin o Froome sono alimentati a stoccafisso o a bresaola vogliamo saperlo, chiaramente, ora, e basta.
Eppoi, anche solo selezionando i titoli che vanno in campo, per il Liverpool sono 5 Champions e per lo United tre. Otto, se non erriamo, comunque meno delle dieci che ( tanto per fare uno degli esempi a noi consentiti) calcherebbero il vestusto San Siro, con Milan ( 7 Champions, 18 Scudetti) e Inter (3 Champions, 18 Scudetti).
Le quali, storie e titoli alla mano, avrebbero ( tanti) più crediti per essere incluse tra ile pretendenti alla partita ‘più bella del mondo’. O no? O forse che, per noi, italioti d’antico pelo, l’erba più verde resta sempre ( e comunque) quella del vicino? Cilicio alla mano?
FRASE. ” Il dato importante per il calcio italiano è che c’è una generazione di talenti veramente interessante. Tra l’altro sono tutti titolari in A. Una ottima base della squadra per ripartire”. Così dice Marcello Lippi, ora migrante in Cina, alla guida della Nazionale del dragone, ma già campione del Mondo.
COMMENTO. Di seguito riportiamo quanto avrebbe detto un altro dei nostri (presunti ) tecnici.
Quel Capello che dopo avere trovato pepite d’oro nel ricco eldorado del Milan berlusconiano, se n’è andato a scorrazzare per il Mondo con risultati ( sovente) poco lusinghieri. Al momento è riparato in Cina, con magno gaudio del pueblo calcistico nostrano. Sì, perchè mentre lui non vede altri vedono. Non diciamo un futuro roseo, ma almeno da giocarcelo, magari alla pari con altri strombazzati rivali.
Ce ne vuole a snobbare l’azzurro, aspirante pentastellato, ma l’ingrato ed orbo friulano c’è riuscito. Fortuna nostra è che dalle parti della Tuscia, c’è ancora qualcuno che di calcio, e di giovani talenti, s’intende.
*
FRASE. Capello ” Non sono interessato alla Nazionale. Anche perchè oggi manca il talento”.
COMMENTO. Di frasi orribili caro Capello, nella sua peregrina carriera, ne ha dette molte. Per quel che ci riguarda se non lo chiamano a vestirsi d’azzurro è perchè non lo merita. Allenare infatti una squadra ricolma Baresi, Maldini, Baggio son buoni anche quelli del Dopolavoro ferroviario. Reperibili, tra l’altro, a prezzi migliori del suo.
E inoltre non è affatto vero che non ci sono talenti. Il problema è intravvederli per tempo e non quando sono belli e svezzati. Cosa a lei, evidentemente, impossibile. Resti quindi pure in Altrove. In Cina o dove meglio crede. Nessuno la piange. Nessuno la vuole. Tanto più se la andiamo a ricordare per le memorabili imprese che ha compiuto con con le nazionali di Inghilterra e Russia.
*
FRASE. Dice Montella: ” Il Siviglia negli ultimi dieci anni ha vinto più del Milan“.
COMMENTO. Il Montella, dunque, che al Milan non è riuscito a tirar fuori il classico ragno dal buco è stato chiamato grazie alla ineffabile volontà della Provvidenza in quel di Siviglia, squadra tosta e ( ultimamente ) per tre volte vincente in Uefa ( ma 3 Uefa valgono una Champions?). Ambiziosetta, comunque.
Sarà allora ben per lui più che sparare ciacole a vanvera non ripeter le prestazioni sue. E comunque sia resti sempre grato ad una maglia che anche se vestita con scarso costrutto gli ha concesso di mettersi in vetrina in ambito internazionale. E si rimbocchi l’ingegno oltre che le maniche.
Perchè se al povero Diavolo per attendere il ‘ ragno‘ hanno pazientato ( circa ) due stagioni, al Siviglia san tornare sui loro passi molto, molto prima. Ambiziosetti come sono. Come volevasi dimostrare.
NOTA.
° Il Milan ( nonostante la temporanea povertà) è la terza squadra al mondo per numero di titoli internazionali conquistati (18, a pari merito con il Boca Juniors e alle spalle di Real Madrid e Al-Ahly, rispettivamente a quota 24 e 20).Nella sua bacheca figurano, a livello internazionale, 7 Coppe dei Campioni/Champions League, 2 Coppe delle Coppe, 5 Supercoppe europee, 3 Coppe Intercontinentali e una Coppa del mondo per club FIFA.Se in ambito internazionale il Milan è la squadra italiana con più successi, la prima italiana ad aver vinto la Coppa dei Campioni (nel 1962-1963) e la seconda squadra europea e prima italiana per numero di finali di Coppa dei Campioni/Champions League disputate (11), in ambito italiano è il secondo club più titolato, a pari merito con l’Inter e alle spalle della Juventus (52 trofei), avendo vinto 30 trofei nazionali: 18 scudetti, 5 Coppe Italia e 7 Supercoppe italiane.
Complessivamente, con 48 trofei ufficiali vinti (30 nazionali e 18 internazionali), è il secondo club italiano più titolato dietro alla Juventus (63). È stata inoltre la prima squadra a vincere, nel 1991-1992, il campionato italiano a girone unico senza subire sconfitte,eguagliata dalla Juventus nel 2011-2012. Il club figura (al momento ) al quarantunesimo posto della graduatoria continentale dell’UEFA.
° Questo invece il palmarès del Siviglia: 1 campionato spagnolo (1945-1946), 5 Coppe del Re (1935, 1939, 1947-1948, 2006-2007, 2009-2010) 1 Supercoppa spagnola (2007). In ambito internazionale, invece, da che è al mondo, ha vinto 5 Coppe UEFA/Europa League (2005-2006, 2006-2007, 2013-2014, 2014-2015, 2015-2016), record nella competizione, e una Supercoppa UEFA (2006). Attualmente occupa l’8º posto del Ranking UEFA.
( Fonte Wikipedia)
* CARNEFICI E VITTIME. Due libri hanno riproposto in questi giorni un’ antica domanda: “ Perchè il carnefice ci conquista più della vittima“? Così è, infatti, se vi pare (e non vi pare)? Accettiamo allora la risposta che sul tema diede Nietzche? Ovvero: ” ( ) non già per lo stupore di fronte alle cose; ma per lo stupore di fronte all’orrore delle cose”? Oppure, andiamo a rovistare lumi presso altri lidi?
ALTRE DALLA CRONACA.
TRUMP E I DAZI. Il presidente Trump, che una ne fa e due ne sbaglia, non sapendo come girarsi il pollice ha preso ad evocare la possibilità di dazi al 20% sulle autovetture da importazione, contro il 2,5% attuale. In più le autovetture di provenienza estera potrebbero restare soggette alle restrizioni in tema di emissioni varate da Obama. E tuttavia i possibili dazi, avrebbe un effetto limitato. Visto che quasi tutti i costruttori hanno proprie fabbriche negli Usa che rappresentano una quota di immatricolazione tra il 65 e l’80%. L’industria Usa dell’auto vale 3,5% del Pil statunitense e occupa 2,5 mln di persone.
UNA STORIA DA NON DIMENTICARE. Lo hanno trovato senza vita, nella cameretta d’albergo prenotato dalla squadra per l’incontro di mezzogiorno contro l’ Udinese. Avrebbe dovuto scendere nella sala pranzo intorno alle 9,30. Anticipando come al solito gli altri, lui, generoso e puntuale capitano . Non lo hanno visto, stranamente, e hanno mandato un massaggiatore a verificare la situazione. Purtroppo drammatica, incredibile. Visto che il valente difensore viola, 31 anni appena compiuti, giaceva nel suo sonno eterno, che lo aveva colpito nel corso della notte.
Sono stati i suoi compagni a chiedere di non giocare.
Immediatamente seguiti dai friulani e, una dietro all’altra, da tutte le squadre di A e B. Il commissario Malagò non ha fatto altro che prendere atto d’una volontà diffusa. Fortemente provante. Anche perchè Davide era benvoluto un po’ da tutti. Allevato nelle giovanili del Milan era passato ad altre squadre, come sempre capita (anche) ai migliori talenti giovani del nostro movimento.
Ultimamente era stato alla Roma ( un anno) per trasferirsi ,poi, successivamente, alla Fiorentina. Dov’era pronto un contratto per vestirlo di viola fino al termine della sua carriera.
Davide Astori vestiva anche la maglia azzurra. Il suo sogno da sempre. Nel Mundialito contro l’Uruguay aveva segnato il gol che aggiudicava alla Nazionale di Prandelli il terzo posto del torneo. A Firenze aveva trovato la sua ‘dimensione’ ideale.
Lo aveva confessato apertamente. In pratica, grazie alle sue qualità non solo calcistiche, era stato prescelto per far dachioccia ad una Viola ( di molto) ringiovanita dopo un anno di ( relative) delusioni. Ci stava riuscendo. E forse proprio questo è il rammarico più grande. Non vederlo sgranare i suoi occhi chiari e sorridenti sul lavoro che stava portando avanti e che , prima o poi, darà i suoi frutti.
Lascia una bimba di due anni, Vittoria, che non potrà mai più godere del suo vigoroso abbraccio. La vita, spesso, è crudele. Potrà però alimentare l’orgoglio di avere avuto un padre così. Bravo sul campo. Amato fuori campo. Esempio acclarato di quei talenti nostrani che solo miopi maneggioni non riesco a vedere e valorizzare come meritano. A tempo debito, si sa, e non quando questi hanno già speso il meglio della loro vita ( non solo) sportiva.
LI FATE O NO QUESTI NUOVI STADI? Sottoscriviamo il testo diffuso a pagine intere da Sky per salutare il nuovo inizio del calcio italiano. ” E’ il momento.
Sono grato della fiducia che tutti ripongono in me, fiducia che però io non merito, perchè da solo non sono niente. Pronti a dare tutto, ce ne sono tanti come me: dieci, trenta, centomila.
E cresceremo ancora. Qualcuno proverà a dividerci, ma si ingannano se pensano di riuscirci. Perchè noi siamo destinati a fare grandi cose“.
( Giuseppe Garibaldi, giorno di Pasqua 1861)
ARGOMENTI ( NON SOLO) DI SPORT
HABEMUS GOVERNO? Dopo la ‘resa’ del Berlusca ,dunque, via libera al governo carioca ( giallo/verde). Che di tempo ne ha impiegato, con tutte quelle riunioni sul contratto ( e non accordo politico) da presentare ( in bella copia) al presidente Mattarella. Le anticipazioni sono agghiaccianti. Mettiamo però che, tra un malevolo e l’altro, ci sia qualcuno che voglia affossare gli ‘innovatori’ prima ancora che questi possano dimostrare ( materialmente) di esserlo. Tuttavia, senza ombra di dubbio, tempi e metodi sono insoliti. Non c’è che dire. Come insolito è il fatto che il premier al quale ( costituzionalmente) dovrebbero spettare certe attribuzioni, non c’è ancora.
Chi è, chi non è? E donde andranno a pescarlo? Mesa così, non ce ne vogliano gli ‘innovatori’, sembra una caccia al tesoro. E si sa che giocherellare con la politica è assai pericoloso. Cesari, papi, generali ci hanno rimesso le penne. E non è che fossero più sprovveduti di quelli che, sui trent’anni, vorrebbero lasciare profondo solco di sè nella storia del millenario, e (terribilmente) complesso, Belpaese. Restiamo in attesa.
DISASTRO BREXIT? Chi glielo ha fatto fare a quei furboni d’Albione di votare la brexit, ( forse) non lo sanno manco loro. Certo è che la signora May, 61 anni, premier del governo inglese, è costretta a smoccolare a destra e a manca.
” Ragazzi – ripete ai suoi, molti dei quali ( abitualmente) rintanati in quei fumosi pub che deliziano tante ore dei sudditi di Sua Maestà - , qui, non ce la caviamo proprio per nulla. Qui non ci danno quel che vogliamo. Qui ci portano via anche quei pochi mutandini rimasti dopo avere vendute tutte ( o quasi) le nostre squadre sportive a foresti”.
La signora May, tuttavia, da buona azdora britannica, non si tira indietro. ” Voglio essere diretta – dice – perchè dobbiamo tutti confrontarci con alcune dure realtà. Stiamo lasciando il mercato unico. La vita sarà diversa, dobbiamo rendercene conto. E al più presto possibile”.
I contraccolpi, soprattutto, sul piano economico ( e doganale) saranno notevoli. Anche al pub, tra una birra e l’altra, si comincia a rendere conto. Tanto che certe ‘ linee rosse’ proclamate in passato appaiono ogni giorno di più sbiadite.
Gli ultrà della brexit chiedono una rottura netta e schiumano – nota il Corrierone- ad ogni accenno di limitazione della libertà della sovranità britannica. Dimentichi loro, stranamente, che di libertà si può ( anche) morire.
Soprattutto se quella libertà è messa al servizio del passato ( che non torna) piuttosto che del futuro ( che sicuramente ci sarà). E più veloce di quel che lo si attende, insieme e non in ordine sparso, perchè se (tanti) sudditi di Sua Maestà si sono andati ad annebbiar i riflessi ( presso qualche fumoso pub) gli altri ( pel Globo) li tengon assai desti e mirati.
REALISMO EUROPEO. La ‘rosea’ ha resa pubblica una ricerca condotta dalla Swg ( società certificata dal 1999) sui ‘sogni’ dei tifosi, sognatori per definizione ma che all’occorrenza hanno imparato anche di stare coi piedi per terra, valutando le diverse situazioni possibili col necessario realismo.
Ebbene, che indica la ricerca frutto di interviste realizzate ( ball’interno di un campione di 1000 soggetti maggiorenni residenti in Italia) tra il 24 e 25 ottobre scorsi?
Swg ha preso come punto di riferimento il Real, ultimo campione d’Europa. E ha chiesto ai tifosi ‘ di misurare proporzionalmente il livello di tutte le altre squadre’. Il punteggio maggiore ( 81%) è andato al Barca, considerato ( in genere) alla pari se non superiore ( 26%) al Real. Dopodichè viene collocato il Psg, la spendacciona squadra di stato del Qatar parcheggiata in Europa, a Parigi.
La Juventus , prima delle italiche, rientra nelle top 10, con un 44% che la colloca ( almeno) allo stesso livello del Real. A seguire vengono il Napoli ( bastonato dal City, con sette gol in rete nei due incontri del girone) e la Roma ( che dapprima ha pareggiato e poi bastonato il Chelsea, campione d’Inghilterra).
Tra l’altro la Coppa dalle grandi orecchie è considerata ormai dagli afecionados la competizione di punta del calcio mondiale. E dunque ancor più appetita del Campionato italiano. Diversa valutazione corre per l’Europa League, considerata ( maldestramente) dai più un vero e proprio ‘fastidio‘. Se non un ’danno‘.
E questo, molto probabilmente, perchè ai tifosi nostrani non hanno ancora ben spiegato quale importanza rivesta il secondo torneo continentale.
Intanto perchè favorisce numerose necessità delle squadre ( continuo confronto internazionale, utilizzo di rose spesso esagerate, etc) eppoi perchè attribuisce punti preziosi per la collocazione nel ranking, che è poi quello che assegna o meno i posti validi in particolare per la partecipazione alla Champions.
In questo momento l’amabilmente sottovalutato calcio italiano in realtà sta sul podio del ranking Uefa ( terzo), dietro ( d’una inezia alla Premier, seconda) e davanti ( di oltre un punto e mezzo) alla Bundes ( quarta). Autoflagellarsi e autolimitarci, considerandoci più competitivi soltanto dei francesi ( quindi) è come ( al solito) quello strano esercizio di prolungato complesso d’inferiorità sul quale prosperano, da anni, a go go, i tanti esterofili pronti ad elargire ad ogni piè sospinto ( più o meno) dotte omelie al popolo ( bue ) dei tifosi nostrani.
L’ESEMPIO ( EMBLEMATICO?) DEL SOMMERGIBILE VIGILANT. Avrete nelle orecchie i continue omelie propinate da decenni dai nostri saggi. Per costoro, l’ ameno mondo italico è (ri)colmo di culture da svecchiare, di comportamenti condizionati da una infinità di anacronistici e deleteri tabù ( sessuali in primis), da famiglie che allevano mammoni e non giganti capaci di affrontare da soli le immani sfide del nostro tempo. Avrete, di certo, nelle orecchie.
E se qualcosa dovremmo cambiare a quali altri esempi ( o culture) dovremmo ispirarci? I nostri saggi, in proposito, non hanno dubbi: alla cultura anglosassone con tutti i suoi derivati, figli o figliolini, in Patria ed Oltreoceano.
Lasciando in pace l’Oltreoceano ( soprattutto quello a stelle e strisce) che proprio in questi giorni sta facendo di tutto per farsi odiare dal resto del Mondo, accontentiamoci ( si fa per dire) d’un frammento ( esemplare) di cultura evoluta e senza tabù che ci arriva grazie ad una normalissima news di cronaca.
Fornita ( in ispecie) dal fondino di una rivista mensile di carattere tecnico-specialistico ( Panorama &Difesa, dicembre 2017) che nulla ha a che fare con i periodici dediti agli scandali.
Questa è la news: nove marinai del sottomarino di Sua Maestà britannica Vigilant, sottoposti ad un controllo di routine, sono risultati positivi ad un test sull’assunzione di cocaina mentre erano in servizio; un ‘vizietto’, l’uso di stupefacenti, già noto e ritenuto abbastanza diffuso.
Le statistiche parlano infatti di 63 marinai espulsi dalla Royal Navy tra il 2007 e il 2011 per episodi di droga, mentre nel 2016 il numero dei casi è salito a 80 coinvolgendo gli equipaggi di alcuni sottomarini nucleari d’attacco e personale della base di Farslane, in Scozia, alla quale questi fanno capo.
Tornando al Vigilant, un decimo marinaio è stato accusato di avere avuto rapporti sessuali con una prostituta e di averla poi derubata, mentre un undicesimo è stato sottoposto alla corte marziale per essersi allontanato imbarcato su un volo di linea per rientrare in Gran Bretagna a (ri)abbracciare la sua amichetta.
Ma l’elenco degli episodi di cattiva condotta non finisce qui: il comandante del Vigilant, il 41enne Stuart Armstrong, sotto indagine dall’inizio di ottobre, è stato rimosso per avere intrattenuto a bordo del sottomarino una relazione con uno degli ufficiali sottoposti, la 25enne sottotenente di vascello Rebecca Edwards, mentre il comandante in seconda, Michael Seal ( 36 anni), è stato sbarcato assieme alla 27enne tenente di vascello Hannah Litchfield, ufficiale tecnico d bordo, dopo la scoperta del loro coinvolgimento in una relazione extraconiugale.
La vicenda del Vigilant ha suscitato commenti vari. Che non possono esimersi dal rimarcare la ‘ sregolatezza diffusa regnante a bordo del sottomarino’, indice ( evidente) di un grave allentamento della vigilanza e di una tolleranza ( in qual misura affiorata? ) altrettanto inaccettabile.
Le fonti vere di preoccupazione, costumi e tabù ( sessuali o meno ) a parte, sono almeno un paio. La prima: è davvero possibile che un compito di vitale importanza quale l’esercizio della deterrenza nucleare possa finire in mani tanto esplicitamente inidonee?
Il numero dei soggetti coinvolti nel ‘caso Vigilant‘ ammonta ( ufficialmente) a circa un decimo dell’intero equipaggio del sottomarino: una percentuale non di certo trascurabile, e che qualcuno addirittura la ritiene inaudita se si considera che basta uno di questi battelli per scatenare una irreversibile catastrofe mondiale.
La seconda: non è che ( mandando in altro loco i saggi) invece di inseguire paradisi inesistenti possiamo tenerci ben stretti ( magari con qualche aggiornamento) i nostri? Quelli domestici, certo, tanto vituperati, donde dalla notte dei tempi si punta ad affetti radicati e certi piuttosto che a rapporti mutevoli come il vento, frutto amaro d’ una sregolatezza allo sbando?
Paradisi disegnati da millenni, e che sono stati l’anima, la carne e il sangue d’ una solidissima visione della vita e della società trasferita, poi, attraverso strumenti e fasi diverse, e sia pur con qualche contraddizione, all’intero Pianeta?
IL DIO DANARO. Il dio danaro s’è impossessato dello sport e ( in primo luogo) del calcio. E se tutto al mondo va misurato con quello, diciamo pure che la nostra Serie A è in chiara rimonta sulle maggiori restanti consorelle europee. La Serie A, infatti, durante questa torrida e lunga estate di calciomercato , ha sfondato il tetto del miliardo; qualche centinaio di milioni sotto alla paperona Premier, la quale però s’avvantaggia sulla Serie A grazie agli enormi introiti dei diritti televisivi esteri ( oltre un miliardo contro i 180 mln nostrani, più o meno); ma molto più in alto di Liga, Bundes e Ligue 1 ( quest’ultima sui 600 mln, grazie alle sparate della squadra di stato del Qatar battezzata, all’uopo, Paris Saint Germain). Dal 2012 la nostra Lega ha triplicato gli investimenti, passando dai 373 del 2012 ai 1.o37 del 2017.
Tra le squadre in evidenza il Milan ( 228 mln); ma anche Roma, Inter, Samp, Toro e perfino il Cagliari non sono stati di certo con le mani in mano. La Serie A sta rimontando alla brutta, su tutto e tutti, e se come si auspica anche gli introiti esteri daranno i frutti sperati non è detto che tra qualche anno ( o mese) diventi proprio la bistrattata la Serie A il campionato più ricco del pianeta. Con qual fondamento e costrutto non è dato a sapere. Cresciamo, alla grande, e questo ( al momento) basta. Speriamo solo che tra tanta grazia non dimentichiamo la sostanza vera, quella di far nuovi stadi.
Saranno afflitti i menagrami, ma andranno in delirio i facitori del libero mercato, i quali, gatton gattone, da gran liberali, stanno giocherellando sui prezzi con inusitata goduria e avidità. Intanto, se Dio vuol, hanno chiuso le porte del Calciomercato. In tutta Europa. Con N’peperempè, Nebbelelè e Coutintino finiti ( o quasi) grazie a centinaia di milioni nelle braccia dei ’poveri fessi’ che gettano dalla finestra soldi altrui. Per costoro il fair play finanziario manco esiste; comprano con tutti gli espedienti del caso, gonfiando qua e deprimendo là, svolazzando come nugoli di cavallette arrivati dalla steppa o dai deserti. Guarda caso i loro habitat naturali. Dire che il Psg sia una squadra di calcio fa ridere.
Quella è una squadra di Stato, acquistata e foraggiata da una vena inesauribile di danaro pubblico solo perchè comodo veicolo per condurre a termine operazioni varie.
E non sempre chiare. Certo, molti di quei soldi non solo non restano e non resteranno nel calcio ( vedi le assurde commissioni a procuratori ultra miliardari) ma voleranno via, qua e là, con destinazioni tutte da (ri)costruire. Il pericolo c’è. D’inflazionare ( o di infettare) il tutto. Non limitatamente al sistema calcio, sia chiaro, che però nello sport agonistico fa da traino. Alto. Molto alto. La senora Uefa, per caso, dorme?
FATECI CAPIRE. Sul ‘Corriere’ ( firma Alessandro Bocci) poco tempo fa si è letto ” La Juve di Andrea Agnelli non ha solo vinto sei campionati di fila e raggiunto due finali Champions. E’ prima per fatturato, numero di tifosi, monte ingaggi. Bella e ricca, dunque, quasi perfetta verrebbe da dire…
Il fatturato della Juve è in linea con quello dei grandi club europei, Real, Barca, e United: 562,7 mln anche se in parte gonfiato dalla cessione di Podgba. All’Inter i numeri sono più bassi. L’ultimo fatturato ha superato i 300 mln ( 318,2) ed è cresciuto del 32,7% rispetto a quello di due anni fa. Con l’Europa potrebbe avvicinarsi ai 400 mln…”.
Il 24 gennaio sulla ‘rosea’ si è letto: ” La Juve è la prima delle italiane, decima per il quarto anno consecutivo. I suoi ricavi al netto dei proventi da calciomercato sono saliti a 405,7 mln nel 2016/17 ( erano 338 mln) grazie al boom Champions. Deloitte però avvisa che sarà difficile consolidarsi nella top ten dei prossimi anni. In testa alla classifica europea resta lo United, a quota 676,3 mln, seguito dal Real con 674 mln e il Barca con 648,3 mln. Valori fuori portata delle italiane, anche se la Juve è in crescita e così l’Inter, che passa al 15°posto.
Allora, per riassumere: per il ‘Corriere’ la Juve è in linea con i club europei, per la ‘rosea’ è fuori portata : si può sapere come stanno le cose? Annamo avanti o a puttana? Per far chiarezza, non è che ci costringerete a rivolgerci a quel beato esterofilo di Gianfranco Teotino?
IL SOVRANISMO. Il sovranismo, secondo la Treccani, è una dottrina politica che propugna la difesa o la riconquista della sovranità nazionale da parte di un popolo o di uno Stato, in antitesi alle dinamiche della globalizzazione e in contrapposizione alle politiche sovranazionali di concertazione. Ma chi è affetto da sovranismo ai giorni nostri? Guarda un po’ quelli che ( molto tempo fa ) davano ( sostanzialmente) corpo e sangue al vecchio Impero asburgico.
Con adesione aggiornata di Austria, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Costoro, cristiani e riformati che siano, non vogliono sentire parlare di immigrati. Quelli, per gli ex asburgici, caso mai ce ne fossero, stazionassero pure nei paesi donde approdano. Null’altro. A costoro poco importa infatti veder naufragare giornalmente decine, centinaia, di poveri diavoli, tra cui tanti sguardi increduli di bambini.
Per loro una ‘ nazione incapace di difendere i suoi interessi è meglio che scompaia’. Un concetto, questo, chiaramente sovranista e usato in totale contrapposizione con quello comunitario dell’Europa. Insomma, questi signori, peggio ancora di quelli ( infidi) d’Albione, non riescono pensare ad altro che auto conservarsi, proteggersi, guardarsi ( spensieratamente) all’indietro. Pensare poi che questo sia il modo migliore di ‘ difendere i propri interessi per non scomparire ‘ è tutto da dimostrare. Anche perchè chi assicura agli ex asburgici che a dover levare le tende dalla storia non debbano essere proprio loro e non altri i quali la storia, pur con tutte le sue ferite e contraddizioni, le sue porcate e le sue speranze, la storia vera, sanno guardare negli occhi ( intanto) con infinito coraggio e generosità?
EXCURSUS STORICI
MASNADE MERCENARIE. L’origine dei capitani di ventura va ricercata tra i rami cadetti della nobiltà, spazzati via fin dalla nascita nelle rivendicazioni del casato. Alcuni di questi capitani ( o condottieri) arrivarono perfino, fra Tre/Quattrocento, a fondare stati. A certe condizioni resta difficile affermare che i capitani di ventura siano stati la rovina e la maledizione dell’Italia, perchè potrebbe essere vero anche il contrario. Essi si ergono protagonisti di un particolare momento storico, con forza vitale incredibile, grandiosa, al limite del brutale, immagine nuda e cruda del potere militare riflesso sul potere politico. Il capitano di ventura è figura centrale per tre secoli. E in quattro tempi.
Da quello dei ‘precursori’ ai primi significativi rappresentanti ( per lo più al seguito delle compagni straniere calate sulla Penisola); dai capitani dell’età aurea ( per lo più italiani, talvolta fondatori di stati) agli epigoni, quando l’Italia ( insipienza sua) concesse ad altri di trasformarla un campo da battaglia e di conquista, fin al ( definitivo) predominio spagnolo. Il ‘fenomeno‘ trovò una sua prima comparsa ( a partire) da fine Duecento /inizi Trecento allorquando numerose ‘ masnade mercenarie straniere‘ presero l’abitudine a calare in Italia, da sole o a seguito di qualche re o imperatore, voglioso di mettere mano sui tanti tesori del paese ( più bello) e ( più ricco) del Mondo.
Si trattava allora di bellatores, ovvero di soldati di mestiere, in gran parte di bassa estrazione, disposti ad aggregarsi per una impresa che portasse loro danaro e bottino.
Provenivano dalla Germania o dal Brabante, quest’ultimi chiamati ’ Brabanzoni‘; ma anche dall’ Aragona e dalla Cataluna come gli Almogavari o Almovari, che permisero a Pietro d’Aragona di conquistare nel 1282 il Sud d’Italia.
Michele Amari li descrive così: ” Breve saio a costoro, un berretto di cuoio, una cintura, non camicia, non targa, calzati d’uose e scarponi, lo zaino sulle spalle col cibo, al fianco una spada corta e acuta, alle mani un’asta con largo ferro, e due giavellotti appuntati, che usavan vibrare con la sola destra, e poi nell’asta tutti affidavansi per dare e schermirsi.
I loro capitani chiamavansi con voce arabica ‘adelilli’. Non disciplina soffrivano questi feroci, non avevano stipendi, ma quanto bottino sapessero strappare al nemico, toltone un quinto per re.
Indurati a fame, a crudezza di stagione, ad asprezza di luoghi; diversi, al dir degli storici, dalla comune degli uomini, toglieano indosso tanti pani quanti dì proponeansi di scorrerie; del resto mangiavan erbe silvestri, ove altro non trovassero: e senza bagagli, senza impedimenti, avventuravansi due o tre giornate entro terre de’nemici; piombavano di repente, e lesti ritraenvansi; destri e temerari più la notte che il dì; tra balze e boschi più che pianura”.
( PARTE I )
I bellatores, o se si vuole i masnadieri, una volta terminata la spedizione, perlopiù, non se la sentivano di tornare donde erano venuti, anche perchè il Bel Paese era terra troppo ghiotta per mettersi da parte un gruzzolo senza troppo inferire. Restarono, infatti, tutti, seminando lutti e devastazioni, praticamente impuniti. Del resto le rivalità nostre lasciarono campo aperto ad ogni avventuriero.
I nostri capitanei, oggi come ieri, preferivano ( e preferiscono) farsi depredare più che combattere. Ma il ’casino’ diventò tale che qualcuno cominciò a chiedere L’introduzione di una certa disciplina. Pisa, ad esempio, ci provò subito, stendendo un codice apposito per regolare i rapporti con certa gente. Inutilmente, è ovvio. Ma tentò. Si passò allora all’emarginazione, ma anche di questa, quelli, se ne fotterono.
” Che nessuno di detta masnada possa mangiare e bere con alcun cittadino pisano in casa sua o in qualunque altra casa…” recitavano i testi, peraltro impossibili a leggersi da masnade analfabete. I mercenari venuti in Italia nel 1333 al seguito di Giovanni di Boemia restarono quasi tutti nella Penisola; un gruppo si raccolse nel Piacentino, alla badia della Colomba, sotto il nome di ‘ Cavalieri della colomba’, vivendo di rapine, finchè vennero assunti al soldo da Perugia che voleva liberarsi del giogo di Arezzo. Ne compirono, i nostri amici, di tutti colori, eppure grazie a ciò trovano ingaggio presso il comune di Firenze. Diciamo che in questi frangenti non si tratta ancora di vere proprie compagnie. I loro vessilli non sono bandiere ma banderuole. I loro ‘capitani‘, usciti dai ranghi feudali e dai milites, costituiscono uno ‘ strato sociale che gira, con scadenze annuali o semestrali, per l’intera Penisola e l’Italia centrale. Al suo interno si differenzia un circuito guelfo o ghibellino. Il mestiere della guerra viene tramandato di padre in figlio’. Guerrieri, dunque, di professione, ma non ancora dei professionisti. Questi, infatti, al momento, sono soltanto i precursori del fenomeno ben più ampio e disastroso che verrà. E che metterà ai margini, senza lacrima alcuna, quello che era il più bello, ricco ed evoluto paese della Terra.
( PARTE II)
Le cose si complicarono ulteriormente quando assaltarono la Penisola ‘ trascinatori nati’ di truppe mercenarie, come il duca Werner von Urslingen o il conte Konrad von Landau. Essi arrivano nel 1339 per unirsi alla massa di venturieri tedeschi che da più di vent’anni, in gruppi isolati, avevano eletto l’Italia come terra di saccheggio e che, guarda un po’, un italiano, Lodrisio Visconti, radunava nella ‘Compagnia di san Giorgio’.
Le masnade poterono così raggrupparsi, trasformarsi in una prima nefasta grande compagnia, travolta però, non molto dopo, dall’accozzaglia più o meno organizzata di un altro capitano italiano, Ettore da Panigo. Werner, in quella, scelse di proseguire da solo, combattendo al soldi di diverse bandiere in Lombardia e Toscana, finchè non andò a riesumare l’idea di Lodrisio, (ri)proponendo la costituzione di una libera compagnia ‘ per guerreggiare i più deboli e i più doviziosi’.Impose anche una disciplina di ferro. Gli ingaggi ai venturieri davano diritto al soldo, che sarebbe dipeso dall’entità dei bottini che la compagnia riusciva a fare. Si costituì dunque la ‘ Grande compagnia’ al comando, ovviamente, di von Urslingen ribattezzato all’uopo duca Guarnieri, parimenti ad altri macellai stranieri.
La ‘Grande compagnia’ forte di tremila ‘barbute‘, costituita ognuna di un cavaliere e di un sergente, anche lui a cavallo, trovò ‘ richieste di lavoro‘ a volontà. Toscana e Umbria, in ispecie, vennero intinte nel sangue. Devastate senza scrupolo proprio da uno che aveva scolpito sulla sua armatura il suo ideale ” Duca Guarnieri, signore della Gran Compagnia, nimico di Dio, di pietà et di misericordia”. Guarnieri si offriva a chi meglio pagava. Dopo avere fatto guerra ai Malatesti di Rimini passò, molto amabilmente, al servizio degli stessi. Conteso e disprezzato dai ‘ datori di lavoro‘, saccheggiò per almeno due anni la Penisola, finchè i ‘datori di lavoro’ decisero di toglierselo di mezzo versandogli, nel 1343, una grossa somma di danaro a titolo di liquidazione. Lui si ritirò in Friuli.Per quattro anni soltanto, però, perchè già nel 1347 s’era accodato a Luigi I d’Ungheria diretto a Napoli per eliminare Giovanna d’Angiò, colpevole d’avere ucciso il marito Andrea, suo fratello. Quella guerra durò tre anni.
Con enorme prodigarsi della ‘Grande Compagnia’. La quale, una volta dipartito il re d’Ungheria, restò sul posto fiancheggiando il voivoda d’Ungheria rimasto in Italia. La masnada si (ri)prese un ‘periodo di riflessione’ quando il capo nel 1351 si ritirò nella nativa Svevia, colà morendo tre anni dopo. Perchè, a dirla tutta, l’operato della ‘Grande Compagnia’ non cessò con la morte del duca Guarnieri, proseguendo la sua nefasta attività agli ordini di Fra Moriale, che la guidò ora contro ora a favore del pontefice di turno. A decretare la fine della ’Grande Compagnia‘ furono quelli della ‘Compagnia bianca‘ come Albert Sterz e John Hawkwood, inglese italianizzato col nome di Giovanni Acuto.
A quel punto le compagnie create e dirette dai capitani stranieri non si contavano più. Tuttavia, per completare il quadro, occorre non sorvolare sulle compagnie italiane sorte alla stregua delle straniere con truppe e comandanti ( in gran parte) italiani. Famose divennero la ‘Compagnia della stella‘ di Astorre Manfredi e la ‘Compagnia del cappelletto’ di Niccolò da Montefeltro.
E comunque, queste, tutte guidate da personaggi d’estrazione nobiliare ma ( sostanzialmente) di ‘mezza tacca‘. Semmai, la compagnia ‘tutta italiana‘ che segnò una svolta epocale fu senz’altro quella formatasi all’indomani dell’eccidio di Cesena. Si faceva chiamare la ’Compagnia di San Giorgio’ di Alberico da Barbiano. Questa, infatti, ottenne la ( clamorosa) santa benedizione di papa Urbano VI. Con benefici enormi. Alberico da Barbiano ( tra l’altro) apre l’epoca d’oro dei capitani di ventura italiani che subentrarono, nei modi e nei tempi più favorevoli, a quelli stranieri. Le masnade nostrane non nascono però a caso come gran parte delle precedenti, visto che è il capitano a scegliere i suoi uomini. Dal primo all’ultimo. Trasformandosi così da ‘ capitano’ a ’condottiero‘.
( PARTE III)
Tante sono le novità. Come il reclutamento ‘ in massa‘, tra vecchi camerati; oppure ‘ a bandiera’ con uomini da selezionare ed istruire. Tutti, comunque, alle sue dipendenze. Il capitano ( come sopra si diceva) si fa condottiero. Cresce di peso. Le prime condotte regolari risalgono alla seconda metà del Trecento. Firenze fu tra le prime città ad organizzarsi.
Con la creazione di speciali magistrature come quella degli ‘officiali di condotta’ e degli ‘officiali sopra‘, che controllavano ( in particolare) disciplina e armamenti. Si diffusero forme diverse ed articolate di condotta. ( Inizialmente) gran campo presero quelle a ‘ soldo disteso’ ( alla diretta dipendenza d’un signore o di un capitano generale della città); e quelle a ‘ mezzo soldo‘ ( con capitano aggregato ma in posizione sussidiaria, oltre a paga e rischi ridotti). Col tempo i controlli ( e i contratti) saltarono, ovviamente, data la crescente forza d’imposizione dei gruppi armati. Il condottiero era tenuto al rispetto di un periodo di ‘ferma’ e anche ‘ d’aspetto’. Terminato il quale, poteva o rinnovare l’impegno o recederlo. Comunque terminato ’l'aspetto‘ il condottiero poteva andare dove meglio credeva. Anche passando al campo ( fin a poco prima) nemico. Un particolare tipo di condotta veniva stipulato per i mercenari del mare, si chiamava ‘ contratto d’assento’, cioè d’ingaggio di forze navali nemiche.
Genova cominciò a stipulare contratti con mercenari agli inizi del Quattrocento. Così lo Stato pontificio. Venezia invece considererà il contratto ’ d’assenso‘ come un umiliante ( pericoloso) ripiego. Cercò così di evitare mercenari. Ma quanto poteva mettere in tasca un ( buon) condottiero? La risposta ( ovviamente) non è semplice. Poichè come in tutti i rapporti di forza ( e necessità) a fare il prezzo è chi tiene il coltello del manico. Inoltre, pare incredibile, da considerare era anche il pericolo inflazione a cui andavano soggette le monete del tempo, fiorino o ducato compresi. Micheletto Attendolo, cugino di Muzio, nel 1432, incassava da Firenze mille fiorini al mese. Francesco Gonzaga, nel 1505, sotto contratto con il Giglio, metteva in cassa 33 mila scudi annui per una compagnia di 250 soldati; mentre Francesco Maria della Rovere strappò ( al Giglio) oltre 100 mila scudi annui, ma con soli 200 uomini.
In ogni caso, pur fatte anche le debite distinzioni, e adattamenti, si trattava di cachet notevoli. Che impoverivano ogni ora di più le casse di Signorie e Città.
Inoltre, visto che il pollo si poteva spennare con poca fatica, di ‘condottieri‘ ne nacquero tanti quanto i soliti funghi dopo una intensa pioggia d’autunno. Molti di loro diedero vita a dinastie. Anche durature. Visto che, prima o poi, riuscivano ad imporre la forza delle loro armi contro gli improvvidi che li chiamavano ( si fa per dire) al loro servizio. Costoro, poi, quasi tutti venuti dalla gavetta, autentici parvenu, una volta diventati gli unici padroni della situazione, iniziarono bene ad alimentare aloni leggendari. Da ( autentica) grandeur medievale, sulle gesta degli antichi cavalieri o dei più valenti uomini d’arme.
Qualcuno si ripulì la fedina, grazie anche a ( lodevoli) intenti mecenatistici. Ci fu anche chi azzardò atteggiarsi ad umanista, pur restando ( per lo più) ignorante o semianalfabeta. I meglio posizionati non resistettero (perfino) al sogno dell’immortalità. Cosa non difficile a farsi declamare. Visto che nelle loro ( sempre più ricche) case gli adulatori si sprecavano. Nella celebre ‘ Vita Scipionis Jacopo Piccininis’ il nostro condottiero viene paragonato ( addirittura) al vincitore di Zama. Roba da non credere. Roba da ridire. Ma tanto accadde. In epoche lontane. E così via.
( PARTE IV)
La pace di Lodi del 1454, consolidando un temporaneo equilibrio strategico-politico, mette in crisi i capitani di ventura. Chi era arrivato al vertice, resta, ma chi aspirava deve rinunciarci. Sono le invasioni estere a far saltare il banco. Dall’Alpi alla Sicilia. E’ l’inizio della decadenza del paese più importante al Mondo. I sovrani stranieri non s’appoggiano più alle milizie locali, ma reclutano armate in proprio. Capaci di sferrare, al contrario delle altre sul mercato, attacchi micidiali, con armi micidiali. Le artiglierie formano il cuore delle armate di Carlo VIII, Luigi XII , Francesco I, Massimiliano I e Carlo V. Giungono sui campi le colubrine ( sessanta colpi al giorno) con tiro fin oltre due chilometri. E anche il falcone. E poi l’archibugio. Contro queste armi anche la corazza più robusta poco oppone.
I venturieri italiani devono (ri) cedere così il passo ai mercenari stranieri. Come i brutali Lanzichenecchi. Altro non resta, ai nostri, che arruolarsi con gli eserciti stranieri. Diventando, spesso, e nonostante gli ostacoli che dovevano superare, famosi. I loro nomi si ripetono ancora. Ma è vana gloria. Gli ultimi capitani di ventura arrivati (in precedenza ) ai vertici del potere si consumeranno mortalmente in rivalità comunali e familiari. Orsini, Colonna, Baglioni, Borgia e Della Rovere finiranno così per trovarsi su fronti contrapposti in fratricidi combattimenti. Il sangue del Belpaese colerà (ancora) a fiumi. Senza colpevoli, ma solo con tante vittime.
San Quintino di Lepanto, in questo frangente, è una fiammella di speranza, breve, e comunque già parte d’un altra storia.
TIRIAMO LE SOMME. Abbiamo (man)tenuto sul ‘foglio‘ questa nostra mini inchiesta sul mercenariato perchè , quantunque possa sembrare riempitiva, in realtà vorrebbe che non s’obliasse mai un ‘ male‘ ( purtroppo) cronico della nostra società. Cattolica, Riformata, Laica o altro sia. O che pretende di essere. La verità di gente sempre disposta a mettersi al soldo altrui non s’è esaurita di certo in alcune fasi storiche. Chi è disposto a vendersi ( sotto forme e modi diversi) c’è e ci sarà sempre. Sotto mutate spoglie, magari, anche per darla meglio da bere ai soliti sprovveduti pronti a cascare nella rete.
Mercenariato evidente, oggi, nello sport. Calcio e non soltanto. Vedere, ad esempio, squadre di atletica o nuoto ricolme di soggetti che hanno poco a che fare con quelle bandiere è uso ormai abituale. Vorrebbero farla passare per questo o quel nobile ideale, magari rivolto alla risoluzione degli atavici problemi delle diversità nel Mondo, quando in realtà si tratta solo ( o semplicemente) di ( uno o più) interessi che vanno a coincidere: quello di colui che per prima imporsi è pronto a vestire i colori d’un’altra nazione, quello di colui che allarga le braccia al nuovo arrivato per appiccicare qualche medaglia pregiata in più sul proprio medagliere.
Per queste ( ed altre più o meno evidenti) ragioni abbiamo cercato rinfrescare la memoria con qualche pagina di storia. Anche perchè le cose non sono mai del tutto semplici e definite. Qualcuno dei mercenari storici ( ad esempio) trovò perfino la forza d’impadronirsi del territorio o della città dove era stato chiamato per proteggerla. Dando vita a Signorie ( o altri Governi) che, tutto sommato, non son poi state la disgrazia del Belpaese.
Certo sarebbe davvero curioso se un soggetto come certo Raiola da Nocera Inferiore, ex pizzaiolo e al momento dominus incontrastato di tanti veri o presunti campioni, si presentasse al botteghino della storia sportiva odierna per acquistare una società di calcio. Anche blasonata. E farsela tutta sua. Libri mastri e soggetti in carico, campo e spogliatoi, maglie e calzettoni, insomma tutto, dal capo ai piedi, ogni vivente e cosa compresa. Come a suo tempo fecero, con le dovute differenze, è ovvio, uno Sforza o un Malatesta o un Montefeltro. Dapprima al servizio altrui e poi padroni assoluti.
Che ridere, e se fosse questo l’avvio del tanto vaticinato Rinascimento del nostro sport più amato?
I PIU’ CELEBRI CAPITANI DI VENTURA. I nomi ( italiani o italianizzati) di alcuni capitani di ventura sono rimasti scolpiti. Da quelli degli anticipatori del movimento, come Ruggiero da Flor ( 1268 ca/1305), Uguccione della Faggiola( 1240/1319), Castruccio Castracani ( 1281/1328) Cangrande della Scala( 1291/1329); a quelli dei primi, veri, grandi capitani di ventura, come Lodrisio Visconti( 1280/1364), Malatesta Guastafamiglia ( 1299/1372), Galeotto Malatesta ( 1305/1385). Tra i numerosi ’ big’ di Tre/Quattrocento questi, in particolare, hanno acquisito fama duratura: Pandolfo Malatesta( 1369/1427), Muzio Attendolo Sforza( 1369/1424), Gattamelata ( 1370/1443), Francesco Sforza( 1401/1466), Federico II da Montefeltro ( 1422/1482).