Non solo sport. Ronaldo ‘punta’ la Champions. Lotito ‘sferza’ Simone. Il Diavolo ‘torna’ ai milanisti.

LA CRONACA DAL DIVANO. La prima non è andata male. Un po’ per tutti tranne, forse, per la Beneamata che partita in gran spolvero s’è ritrovata invece nella … polvere. E adesso passiamo alla seconda. La seconda di Campionato. Con qualche pagina da scrivere mica male: Juve-Lazio ( sabato, ore 18) e Napoli-Milan ( ore 20,45). Alla Beneamata è data l’occasione di prontamente rifarsi, ma con quell’ostico soggetto chiamato ‘Toro‘ e voluto da ‘ braccino corto‘ Cairo che ( almeno quest’anno) ha provato l’ebbrezza dello spendere. Ora tiene una buona squadra, non ancora leggendaria come altre con gli stessi colori, ma buona. Da ‘Toro‘.
La Roma, poi, dovrà ospitare l’Atalanta che, passasse il turno col Copenaghen, potrebbe anche sentirsi assuefatta ( e stanca). Sempre che quel maghetto del Gasp non tiri fuori dal cilindro una delle sue, che imprevedibili come sono tolgono il sonno a chi deve affrontarla. Scenderà ( finalmente) in campo anche la giovane talentuosa Viola, che dovrà vedersela col Chievo, battuto alla prima.
Il gran tema però è quello degli stadi. Lo ha (ri)sollevato ( a modo suo) il sor Aurelio ora padre-padrone di due squadre. La polemica con il sindaco partenopeo è arrivata a cime parossistiche: in pratica, il sor DL, non le manda a dire al suo sindaco che non solo ‘non aggiorna‘ lo stadio ma che ha rinunciato ( o accettato) anche al rinnovo della convenzione per la gestione del San Paolo.
Ora Dl dovrà sborsare i soldi d’un affitto. Cosa che si ‘aggirerebbe ‘ con la cessione ‘ d’una percentuale dell’incasso sulla vendita dei biglietti‘. Non senza ciapinò, però. Figuriamoci. Infatti Dl ha deciso di non concedere i biglietti omaggio per la gara col Milan ai 60 (!) consiglieri comunali , fino ad oggi abituati al meglio.
Un alto funzionario del Comune, lungimirante, ha sbottato ” Ora il Napoli pagherà di più per usare lo stadio, perchè oltre alla quota fissa dovrà sborsare ogni volta il 10% dell’incasso, che, ricordo, non è dilazionabile. Controllerò quindi personalmente che venga versato sin dalla prossima settimana”.
Di ‘vertenze‘ partenopee ce ne intendiamo poco. Sinceramente, non ci interessano. E tuttavia come possiamo evitare di chiederci se questo, tutto questo, faccia parte o no del futuro del calcio italiano. A questo punto, pur non prendendo le parti in consegna, ci vien da dire che se Dl ha lamentato il fatto che lo stadio di Bari ( manutentato) è molto meglio di quello di Napoli ( scarsamente manutentato) non ha espresso null’altro che uno stato di fatto.
E un sindaco, per amabile che sia, che non riesce a rendere accogliente la casa ove tutti i suoi concittadini, proprio tutti, dalle tendenze ai colori più vari, s’incontrano per far festa, che sindaco è mai ?
Non sarebbe meglio che andasse a trovarsi altra occupazione? Sor Aurelio, senta, che dice se provasse a farsi uno stadio in proprio, magari fuor delle mura antiche di Partenope, anche perchè ( lo sa o no? ) che ( oggi) sol chi possiede uno stadio può aspirare di avere nel calcio un presente ed un futuro?
Un’altra spina nel cuore del sor Dl dev’essere quell’incarognito ( si fa per dire) del Sarri, che adesso passato ad altro padrone pensa bene d’ingraziarselo abbandonando la tuta e vestendo il frac e ungendolo continuamente di elogi e maraviglie. Dice il Sarri ” Meglio il calcio inglese. Qui la guerra è soltanto in campo. Un incanto. De Laurentis non mi manca affatto”.
Il poveraccio, e non poveretto visto che abbiamo fatto tempo a trasformarlo da impiegato a milionario, non perde occasione per celebrare la sua nuova vita. Lontano dall’inferno della Serie A. Immersa nel paradiso della Premier.
Vita da nababbo, dice lui, vita eterna, crede lui, anche quando basterebbe informarsi presso il collega Conte Dracula per star assai prudente sulle fortune personali in quel club che mutano come nuvolaglia da un giorno all’altro. Precisa il sor Dl: ” A Sarri abbiamo dato tutto e c’è il piacere di avere giocato un gran calcio. Ma resta l’amarezza di non avere vinto nulla”.
Ricordiamo infatti altri bravi, bravissimi maestri, inviperirsi contro il nostro calcio che li ha partoriti, foraggiati e resi grandi e famosi, solo perchè non accettavano il fatto di essere loro stessi la causa del loro mal. Il mal, ovunque imperdonabile, d’arrivare a 30 e mai a 31.
Curiosa, a margine, la telefonata ormai ‘virale’ tra Lotito e Inzaghino. Dove il padre-padrone della società alza i toni, come sua consuetudine. Non senza creare imbarazzi. Anche perchè dire che l’Inzaghino abbia ‘ a disposizione una squadra che vale 10 volte più delle altre’ altro non è che un ( simpatico) ‘parto’ del vulcanico presidente che ha ( pur sempre) riportato l’aquila a volare alta.
WEEKEND. Detto del calcio, degli appuntamenti in Campionato, passiamo uno sguardo anche sugli altri eventi sportivi. Gallo dice no all’Italia. Deve preparare la stagione Nba.
E ben ha risposto il Gallo, che come tutti i nostri ‘americani’ una volta che sono riusciti a far Bingo per varcare l’oceano e diventare milionari, di andare a mettere a repentaglio tanta ( inattesa) fortuna manco ci pensano .
Patetica appare dunque la Federazione basket che continua a ’messaggiarli’ per convincerli del contrario.
Tra l’altro, se non andiamo errati, stando ai ( numerosi) precedenti, alla fin della veglia, ben se ne stiano dove sono approdati perchè il loro ‘ritorno’ in azzurro ci risulta ogni volta più danno che utile. Non ce ne vogliano dunque il Gall0 e i nostri ‘americani‘, ma di italioti simili ne manteniamo a josa , per cui se vestire d’azzurro non garba ne facciamo volentieri a meno . Con tanto di auguri, baci e abbracci.
Riprendono anche i rombi in pista. La F1 a Spa, la MotoGp a Silverstone. Con temi da dibattere molto diversi. A Spa, c’è da vedere se il nostro Seb con quell’auto che maneggia è in grado di strappare punti al suo ‘ miracolato‘ avversario; a Silverstone, invece, a parte le pur sempre interessanti categorie inferiori zeppe di nostri promettenti talenti, resta pur sempre in sospeso il contenzioso tra il Maestro di Tavullia e il Fenomeno catalano.
Che anche quando cade non cade. Su quella Honda che riesce a far volare ovunque, anche su piste in terra battuta, mentre al Nostro non resta altro che stare fisso sul manubrio, stretto stretto, per non volare gambe all’aria, da un momento all’altro, su quel catorcio di Yamaka che ( pur scusandosi) continuano a dargli.
Si preparano ai Mondiali volley anche le azzurre e gli azzurri. Che pur privilegiati dal fatto di giocare nei campionati top di specialità, non sono proprio tra i favoriti delle due prestigiose competizioni. Vediamo se, una volta tanto, ci smentiscono. Riportando entrambi i colori azzurri sul podio, magari sul grandino più alto. Del resto una volta capitava. Non è (forse) ora di rinfrescare la memoria?
MA NON SARANNO TROPPI? A settembre dovrebbe aggiungersi alla catena di comando del Milan anche Kakà. In pratica quella che fu una grande squadra ( e società) sta ricomponendo, tassello dopo tassello, il suo organigramma. Nella speranza che funzioni, ancora, e sotto altro capitale. Che, contrariamente al fasullo cinese liquidato di recente, sembra voler riprendere in mano ( costi quel che costi) il filo tranciato d’una grande storia. Ci auguriamo, ovviamente, per il bene del calcio italiano e mondiale, che sia così. Anche perchè dei personaggi chiamati all’appello abbiamo profonda e sincera stima. Anzi, vero affetto.
A questo punto verrebbe da dire che all’appello manca solo il Tasso. Che di quella grande storia è stato (grande) testimone ( e protagonista) per un quarto di secolo. Ora il Tasso fa il vice del Sheva, in quell’Ucraina che i due stanno cercando di far (ri)salire ai fasti europei. Tasso esulta perchè, dice, finalmente il Milan è tornato ad essere una società normale. Che speriamo imbocchi un progetto in grado di riportarlo lontano. A cominciare dalla realizzazione o meno d’un nuovo stadio. San Siro, va benissimo, rinnovato, ma solo se ‘ casa‘ di una o e non di due società. Sorelle concorrenti, d’una grande piazza calcistica.
Due cifre. Delle 62 Champions fino assegnate, il Real se n’è aggiudicate 13 ( 16 finali), il Milan 7 ( 11 finali) e il Bayern ( 10 finali) e il Barca 5 (8 finali), l’Inter 3 ( 5 finali). Nel totale le spagnole si sono aggiudicate 18 Champions ( 29 finali), le italiane 12 ( 26 finali). Tra gli allenatori ( in attività) vincitori di Champions in testa c’è il sor Carletto ( 3), seguito da Mou Mou e Guardiola (2). Di Pochettino e Klopp, citati tra i grandi del Pianeta da Sarri, non c’è al momento traccia.
LO SPORT TRA DOLORE E GIOIA. Intanto diciamo subito che in altri tempi, la giornata dello sport avrebbe lasciato spazio alla giornata del dolore. E del silenzio, in segno di ( profondo) rispetto per quel dolore. Grande, inatteso, che ha colpito ( attraverso una città) un Paese intero. Ancora una volta alle prese con fragilità, incompetenze, vigliaccherie.
A pagare sono come sempre i soliti. Quelli che passavano sul ponte o per andare al lavoro, o per raggiungere la meta dell’agognata vacanza, o per portare conforto ad altri. I ’soliti’, insomma. Sui quali si stanno versando copiose lacrime da coccodrillo, perchè di questi problemi sono sempre meno quelli che se ne assumono il carico onde evitare che abbiano a ripetersi. E, in ispecie, che abbiano a ‘bloccare‘ la vita nel suo spontaneo e gioioso manifestarsi, con un occhio al passato e un altro al futuro. Che resta pur sempre il metodo migliore per andare incontro alle ‘necessità inderogabili’ del progresso senza ignorare le ‘ i sofferti , geniali e generosi lasciti ‘ del nostro ( incommensurabile) passato.
( NON TUTTE )BUONE LE PRIME. Non gli si poteva dare miglior ‘ benvenuto’ che quello espresso dal Chievo. Gagliardamente, senza doppi fini, sinceramente. Se il nostro s’è guadagnato da tempo immemorabile la fama di ‘ torneo più duro al Mondo’ qualche ragione ci sarà pur stata. Ed in effetti i ragazzi veneti non hanno fatto altro che salutare il ‘ gran campione’ al suo debutto nel Belpaese nel modo più autentico e efficace possibile: ” Qui, non si fanno sconti. Qui nessuno regala niente. Qui tutto va duramente conquistato”.
Ed è proprio per questa verità sacrosanta che, giusta o sbagliata che sia, riusciamo a consegnare il titolo di più ‘ grande di sempre‘ a quel piccoletto argentino che ( qualche anno fa) abbandonata la grande e prestigiosa squadra s’è calato in un’altra ben più negletta e marginale per trasformarla, nei suoi pochi anni di regno, da calimero a cigno del calcio mondiale.
Allora, l’aver portato in casa del Ciuccio due scudetti in un periodo in cui la Serie A era il campionato mondiale per club è stata impresa con pochi eguali. Absoluta. Al confronto, per certi versi, il Mondiale da lui vinto è stata poca cosa.
Auguriamo quindi al ’nostro’ Ron, detto anche Cr7, di ricalcare simil esempio. In un torneo che come Chievo dimostra resta terribile. Anche perchè con tutto quello lui che già si porta in bacheca, dovesse aggiungerne ancora ( altrettanto prestigiosi) in maglia bianconera, beh, vorremmo guardare negli occhi a chi oserà non alzerà il braccio per assegnarli quel titolo che nè Uefa nè Fifa possono assegnargli: quello, cioè, di ‘ giocatore più grande di sempre’.
Nella ’prima’ 2018 la Signora è andata in vantaggio( 0-1), è passata in svantaggio( 1-2), non ha tremato, ha vinto( 2-3). Buon esordio anche per il sor Carletto, anche lui passato in svantaggio ( 0-1) e poi in vantaggio ( 2-1), e dunque con qualche meccanismo da aggiustare e con qualche giocatore da( meglio) valorizzare. Battere la Lazio d’Inzaghino all’Olimpico tuttavia non è ‘ indicazione’ di poco conto.
Ha steccato invece la Beneamata che, come al solito, si diverte a sovvertire pronostici. Non è un bel segno, anche perchè mostra qualcosa che ha a che fare più con il carattere che con altro. E il carattere, come ammonisce da secoli il nostro don Abbondio, ‘ se uno non ce la, di certo, non se lo può inventare‘. Meglio del previsto sono andate ( meritatamente) Spal e Sassuolo.
Ia GIORNATA CAMPIONATO SERIE A. Chievo-Juventus 2-3; Lazio-Napoli 1-2; Torino-Roma 0-1; Bologna-Spal o-1, Empoli-Cagliari 2-0, Parma-Udinese 2-2, Sassuolo-Inter 1-0, Atlanta-Frosinone 4-0.
CLASSIFICA ( parziale): Atalanta, Juventus, Napoli, Roma, Spal, Empoli, Sassuolo punti 3; Parma e Udinese 1. Sospese: Sampdoria-Fiorentina ( recupero, mercoledì 19 settembre), Milan-Genoa ( recupero, mercoledì 31 ottobre)
PROSSIMO TURNO. IIa GIORNATA. ( sabato 25 agosto) Juve-Lazio ( ore 18) e Napoli-Milan ( ore 20,30); ( domenica 26) Spal-Parma(ore 18), Cagliari-Sassuolo, Fiorentina-Chievo, Frosinone-Bologna, Genoa-Empoli, Inter-Torino, Udinese -Sampdoria; ( lunedì 27) Roma-Atalanta ( ore 20,30).
AZZURRO COME IL CIELO. Già detto (nei giorni scorsi) della Serie A, tornata ( assicura Mou Mou) nei tre top campionati planetari, spostiamoci ( brevemente) sulla pioggia d’oro che lustra lo sport italiano. Cominciamo da moto e auto. Nelle moto ( nessuna categoria esclusa) ci sono tanti ‘azzurri‘ che primeggiano.
Anzi, se vogliam essere precisi, tanti ‘rossi’ ( e tante ‘rosse’) che si fanno rispettare.
In Cechia, ad esempio, nel weekend abbiamo piazzato: Moto 3, Dg e altri; Moto 2, dopo ( mosca bianca) Olivera un filottto dei nostri talenti; MotoGP, primo il Dovie e quarto il (prodigioso) maestro di Tavullia.
Eppure c’è chi continua a celebrare gli Altri a dispetto del Nostro; visto che sono così certi delle loro verità, perchè non propongono al bravo Maquez uno scambio di moto con il catorcio che cavalca il Maestro?
Straordinari segni di risveglio arrivano anche dal nuoto. Agli Europei, la Divina e il Greg, per età appannati, si sono trovati degni eredi: Quadarella, 19 anni, sl fondo, e Miressi, 18 anni, sl velocità. A guardare il medagliere ( comprensivo anche del sincronizzato e in attesa del fondo) vengono le lacrime agli occhi. Ma sono andati bene anche gli Europei di canottaggio, in previsione Mondiale.
Nell’ atletica leggera dopo anni di latitanza, sono ( finalmente) spuntati ragazzi ( ancora bastonati) ma di buona prospettiva, pronti a stupire ( non solo) dopo gli Europei .
Siamo ritornati vivi e vegeti anche nel ciclismo su pista. Con Viviani, ovvio, ma anche con Ganna e Confalonieri. Mentre sulla strada ci siamo addirittura tolti la soddisfazione di mettere alle spalle all’Europeo anche Marianne Vos e le sue imbattibili orange : la volata esibita della Bastianelli, 31 anni, le ha annichilite.
Al momento, nell’ attesa di recuperare qualche certezza azzurra anche nel volley maschile e femminile, ci accontentiamo di dar corso ai due migliori campionati di specialità del Mondo.
Stiamo riportando in classifica anche gli scomparsi del tennis, relegati per anni al ruolo di belle statuine. Anzi, ce la facesse Flavia a mettere juicio ( e continuità) a quel geniaccio del su Fabio, non solo avremmo un (possibile) protagonista azzurro da grande Slam ma anche il tennis ( senz’altro) più creativo e avvincente degli ultimi decenni.
Tutto qui? Macchè! Il problema è che che abbiamo promesso d’essere sintetici. Infatti che dire del golf ( Molinari), della scherma, del tiro e finanche del paraciclismo, che se ben va è segno d’un movimento sportivo non più circoscritto alle sole grandi e remunerative discipline storiche ?
Nel paraciclismo, ad esempio, ai Mondiali ( Pordenone), ci siamo aggiudicati tre ori, con il grande Alex Zanardi, 51 anni, infortunato, che si è dovuto accontentare del bronzo nell’inseguimento. Quando all’olandese De Vries hanno detto che aveva vinto l’oro della gara in linea ha esclamato “ Cosa ho mai n fatto? Ho vinto in casa di Alex? Non ci credo!”.
CORAGGIO, NIKI ! All’ultim’ora si è venuti a conoscenza della grave situazione di salute in cui versa il Niki, leggenda della ‘rossa’ e tre volte iridato. Dicono che abbia dovuto subire il trapianto del polmone, e per questo è stato trasferito in una clinica specializzata viennese. Sulle sue condizioni la famiglia ha alzato una barriera, con zero dichiarazioni.
In passato c’è capitato più volte di ’stigmatizzarlo’ ( soprattutto) per certe sue dichiarazioni polemiche nei confronti della mitica ‘rossa‘. La più nota, e forse anche un po’ fraintesa’, è quella ‘ del piatto di spaghetti‘. Che i cuori della ‘rossa’ hanno sempre interpretato come ingenerosa rivalsa nei confronti d’un team che ( più d’altri) lo aveva elevato al rango di leggenda del mondo della GF1. Niki ha esordito in F1 con la March nel 1971. Dal 1074 è andato invece in Ferrari con cui ha vinto i titoli mondiali nel 1975 e 1977. Dopo il grane incidente al Nurburgring del 1979 si è ritirato, temporaneamente, perchè ripreso il volante s’è aggiudicato il terzo mondiale con la Brabham.
E non ci andavano giù neppure quei baci e abbracci che mandava in onda alla fine dei Gp con l’amico Toto. Un mito non si sbeffeggia, anche perchè Eumotor, la dea dei motori, va a cogliere poi dura vendetta. Non ci piaceva, no, anche se e forse non glielo abbiamo mai (esplicitamente) detto, non potevamo nutrire verso di lui rancore alcuno. La prodigiosa ‘rossa‘, infatti, come Gea , la gran madre Terra, in realtà, mai dimentica i figli suoi.
Quelli più umili e volenterosi, figuriamoci quelli più audaci e talentuosi. Che hanno contribuito a scrivere pagine immortali della storia dello sport motoristico moderno. Come Niki, appunto, oggi all’ombra della gran Casa di Stoccarda, ma che ( di fatto) quel berettino ( o cuore) rosso con nero cavallino rampante stampigliato sopra mai s’è tolto dal capo.
CALCIOMERCATO 2018. Niente Modric , dunque, 32 anni, centrocampista, bloccato da quel ‘rompi’ del Florentino, che non solo gli ha impedito di andare all’Inter ma che ha perfino denunciato l’Inter alla Uefa. Sempre più ridicolo. Intanto Perisic, che di storia dev’essere assai poco edotto, avrebbe sbottato ” Se vado via è solo per una big europea”. Scusi, Perisic, ma la Beneamata che è ? La serva di Zoffoli? Stia tranquillo, vice campione, e ( piuttosto) si dia da fare, e assai, perchè alla Beneamata che accetta solo campioni e uomini veri è facile perdere il posto.
A Madrid piaceva Pjanic. Che però ha preferito il meglio del momento, ovvero la Signora. Il Milan ha portato in squadra Bakayoko, 23 anni, centrocampista, garantito da Leo. Il Diavolo sta risalendo dagli Inferi.
Sintesi? Ora a contendere il lauro alla Signora saranno in almeno quattro: Inter, Milan, Roma e Napoli. Con tante intermedie, da prendere con le molle. Alla faccia degli esterofili che da anni tirano ( indefesse) volate per l’Altrove, dove i campionati ( di preferenza) si ‘chiudono’ alla vigilia di Natale.
OLIMPIADI INVERNALI 2026. Il Coni, e dunque il presidente Malagò, hanno formalizzata una ipotesi di candidatura a tre ( Milano, Torino, Cortina) dell’Italia per le Olimpiadi invernali 2026. Di noi non abbiamo neppure provveduto a spedire una e mail, che già litighiamo. Milano, per bocca del sindaco Sala, dice ” Mai visto il dossier. Il comune di Milano non entrerà nella governance. Siamo disponibili per eventi ed impianti”.
Malagò sta provando a ricucire. Ricucire che cosa? Se da quelle teste esce questo e non altro? Ovvero solo miserrima mediocritas. In un tempo in cui ad essere Italici e non Italioti è davvero impresa improba.
BEM-VINDO. PER NULLA STUPITI. Sinceramente, con tutto il rispetto per l’altrui, della clamorosa scelta del ( super) campione di Madeira, siamo meravigliati fino ad un certo punto. Intanto, partendo da quei dati mal diffusi sulla ’consistenza‘ ( non solo) economico-finanziaria della Signora di Torino. Ci sono esperti che s’ostinano a dire che i ricavi bianconeri sono fermi sulla cifra 421 mln circa. Vero, ma se riferiti al bilancio 2015/2016.
Perchè già nel bilancio successivo l’asticella s’è alzata a quota 562 mln, qualcosa in meno del Real che ( dai 600 mln del bilancio 2015/2016 ) è passato ai 675 mln ca del bilancio 2016/2017.
Come dire: oramai (quasi) pari siamo, anche se l’ascesa della Signora di Torino è qualcosa di incredibilmente veloce visto che è passata ( in circa sette anni) da 154 mln di ricavi agli attuali (quasi) seicento. Inoltre la Signora di Torino sta capitalizzandosi, e non poco, perchè oltre allo stadio di proprietà, sta allestendo alla Continassa una attrezzatissima ‘ ciudad deportiva’da far invidia ( anche ) a quella ( finora unica) di Florentino.
Ciudad che non mancherà di certo di dare i suoi frutti. Copiosi. Non bastasse il tutto, poi, la Signora può sempre rivolgere il suo sguardo in famiglia, dove se è vero che hanno deciso di farla camminare con le proprie gambe altrettanto vero è che quando può tornare utile per qualche‘progetto‘ di ‘gran portata per la famiglia‘ la si può sempre coinvolgere: infatti chi meglio del bel volto della Signora ( e dei suoi campioni) può ‘squarciare‘ scenari impensati e ‘invogliare‘ milioni di fallowers in ogni parte del Globo?
Fin nel lontano Oriente, dove si sussurra sia in atto un’altra operazione di incorporamento con la coreana Hyundai. Qualcosa che porterebbe il complesso industriale torinese a valicare i 200 mld complessivi. Non poco, per una impresa che val comunque la pena di tentare, calcio a parte, anche se dal calcio potrebbe derivare un eccezionale testimonial. Magari, attraverso una Coppa dalle grandi orecchie e il Campione dei campioni. A quant’ altri sarebbe concesso altrettanto?
Del resto la Signora, come ebbe a spiegare qualche tempo fa il presidente Andrea Agnelli in un ( poco noto) ‘faccia a faccia’ con la stampa, non è più una ‘squadra di calcio’ ma una ‘ società di calcio e sport’. Come dire che è entrata in una dimensione ( rincoglioniti nostrani a parte) da far rabbrividire pure i (pochi ) padroni dell’Europa del pallone.
E quindi i due Panda spagnoli, che si reggono d’azionariato popolare, banche, politica; e anche i nuovi arrivati dalla steppa e dal deserto, che ( di recente) hanno fatto incetta di società autorevoli ( soprattutto in Premier) per ‘ piegarle‘ ai voleri loro. Non sempre chiari, non sempre generosi e rispettosi , non sempre lungimiranti.
Morale. Ronaldo ha fatto dunque la scelta ( economicamente) migliore possibile, e ( agonisticamente) quella che gli porrà su un piatto d’argento il titolo di cui nè Fifa nè Uefa dispongono. Quello più ambito. Ovvero: del migliore calciatore di sempre.
Tanto più che non è rimasto ad attendere l’investitura dentro un protetto grembo, ma è andato a ‘ rimettersi in gioco’ con quanto ancora gli mancava. Come ( a suo tempo) fece Maradona. Riuscendoci. E il campionato italiano, pur con tutte le sue disgrazie e i suoi disgraziati, è certamente abilitato all’uopo. Visto che, per storia e prestigio, ma Ronny questo lo sa, resta pur sempre primus inter pares. Mou Mou ha detto ” Ora i campionati top al Mondo sono tre”.
SUL BUON SARRI . Intanto il buon Sarri s’è tolto la tuta e s’è messo l’abito scuro. Da gentlemen anglofilo anni trenta. Alla sua prima comparsa in Albione, sponda Chelsea, infatti, s’è ‘tirato‘ al punto che anche Zola ha stentato a riconoscerlo. Si potrebbe pensare che da un giorno alltro sia diventata un’altra persona. Un altro uomo di sport.
Con tanto di ossequio vassallatico verso lo Zar e la Zarina, e, più in generale, verso il nuovo habitat calcistico, da lui definito senza patire rossore ” Il più difficile al Mondo, e con gli allenatori più validi al Mondo”. Nulla di nuovo sotto le stelle. Ci sono italiani che trasformandosi all’uopo in italioti cangiano dna da una circostanza all’altra. A seconda del caso.
Ammessa e non concessa la veridicità delle sue affermazioni, forse, avrebbe dovuto attendere qualche ora in più, prima di spedire un calcio al calcio che gli ha trasformato uno stipendio da bancario in un contratto da milionario.
Consentendogli perfino d’arrivare in batter di ciglia alla corte di un Oligarca e di una Zarina. Terribili, tra l’altro, entrambi, ne parli infatti col collega ConteDracula , anche perchè ‘ fanno quel che credono’ e ‘ sbattono alla porta quando vogliono‘.
A seconda dei risultati, ovviamente, il buon Sarri potrà restare tra Coloro, sei mesi o, forse, anche un anno, o più. Chissà. L’impatto ( al momento) non è stato malvagio. Certo che oltre che a mutarsi d’abito, dovrà cambiare anche abitudini agonistiche. A quelle vette, infatti, far trenta e non trentuno come lui è stato abituato, è sempre pericoloso. Assai. Tanto che può scivolare dall’altare alla polvere in men che non si dica.
Noi ( ovviamente) auspichiamo che il buon Sarri resti in Altrove il più a lungo possibile, anche perchè riprendercelo indietro così vestito, così conciato, così gentleman, non sapremmo (proprio) dove (ri)collocarlo. Abituati com’eravamo a vederlo ad ogni ora del dì fasciato da comoda, umile e industriosa tuta
APPELLI. Ennesimo appello: lasciate in pace Filippo Tortu, 19 anni, già a 9”99 nei cento. Gran tempo per noi, ma non ancora l’eccellenza mondiale, per cui lasciatelo crescere come si deve. Che, questo, le ali per volare alto ( anche 100 e 200 m) ce le ha, eccome. Del resto ( da che tempo e tempo) nel Belpaese quando nascono prodigi o sono assoluti oppure non s’en tornano (mestamente) nell’anonimato. E inoltre, che lo alleni il padre o il filosofo Aristotele poco importa. Se la classe non è acqua difficile, molto difficile, è perderla per strada per questioni ( per molti aspetti) marginali.
Stesso appello va fatto per la giovanissima saltatrice in lungo Larissa Japicino, figlia d’arte, figlia di Fiona May ( 3 mondiali, 2 argenti olimpici). Di recente a Rieti ha saltato 6,38 m , nuovo primato italiano di categoria. E così dicasi pure per Simo Quadarella, 19 anni, tre ori agli Europei di nuoto, che per mantenere la giusta rotta non ha ( di certo) bisogno di ’rompiscattole’ attorno.
L’EUROPA DI MACRON. I cuginetti francesi continuano nel ( perverso) tentativo di rovinarci l’ estate, per bocca d’un imberbe presidente che va a trovar certezze tra le braccia della nonna. Ma si sbagliano, perchè noi prima d’ascoltare le prediche ci siamo acconciati ( nei secoli) a considerare ( soltanto) il pulpito dal quale vengono elargite.
E, francamente, con tutto il rispetto per gli eredi ora un poco stinti dei Franchi, il pulpito dal quale ‘ammonisce’ il loro leader non ci pare proprio quello più deputato e credibile. In Europa, e non solo. Il ragazzo-presidente, si fa per dire, probabilmente, ha ancora parecchie cose da apprendere, da masticare, per districarsi ( con credibilità) nei intricati meandri della leggiadra Europa, che di leggiadro ( anche grazie a personaggi come lui) ha perso tutto o quasi.
A cominciare dai ‘lumi’ di Francia. Tanto per menzionargliene una, al presidente, così facendo fa capire di non volere costruire una ( lungimirante) ‘ casa comune’, dal Manzanarre al Reno, dall’ Alpi allo Ionio, come dice il poeta, ma solo un ‘abitacolo’ dove lui ( per entrare) deve ( ogni volta) bussare all’uscio del suo potente vicino, quello che quando s’arrabbia ci mette un ‘lampo‘ per insegnare agli inquilini chi è il padrone e chi l’ospite.
DIRITTI TIVU’ SERIE A PER SKY E PERFORM. Deposito delle offerte. Niente in arrivo da Medioapro e Tim. Nel pomeriggio invece sono apparsi i rilanci, con l’uscita di Mediaset. Sky ha sborsato 780 mln annui, mentre Perform ne ha tirati fuori 193 mln, che in totale fanno 973 mln. Non male.
E infatti anche se sotto 1,1 mld preventivati a loro due sono andati i diritti tivù per il triennio 2018/2021. Sky e Perform si sono aggiudicati i diritti tivù in esclusiva per tutte le piattaforme.
L’emittente di Murdoch potrà accordarsi ora con Mediaset per estendere ad alcune partite della Serie A quella intesa commerciale in base alla quale ci si è scambiati diversi contenuti tra satellite e digitale terrestre.
Da aggiungere che alla cifra complessiva di 973 mln vanno aggiunti ( per dirla tutta) 150 mln di bonus che ballando rendendo un poco complicato il confronto con i concorrenti esteri. La Premier, ad esempio, ciclo 2019/2022, porta a casa 1,7 mld annui ( oltre 200 mln in meno rispetto al precedente accordo); la Bundes, in crescita, 1,16 mln ; la Liga, al momento è ferma a 911 mln, ma attende il rinnovo; la Ligue, pur avendo un minor appeal commerciale delle altre leghe, grazie alla ‘ripudiata’ Mediapro, schizza a quota 1,153 mld. Tutti da riscuotere, però, quei danari, visto il comportamento tenuto dagli spagnoli con la nostra Lega.
Facendo una sintesi, se anche i bonus previsti andranno al posto giusto, il calcio italiano dovrebbe mettere in bisaccia qualcosa come 1,123 mld di diritti domestici.
Ai quali vanno aggiunti i diritti esteri, che (finalmente) curati a dovere potranno aggiungere altro prezioso sangue nelle esauste vene del calcio nazionale. Forse altri 300 mln. Forse 400 mln. Come assicura Tavecchio. Che ci porterebbero ( più o meno) al livello altrui. Non male. E comunque non tale da farci (ri)addormentare sugli allori. Soprattutto per la vendita d’immagine al Mondo. Dove i margini di crescita sono notevoli. Anche se per noi il problema cronico ed essenziale degli stadi.
UN SINCERO ABBRACCIO. Jesi è un paese carico di storia. Importante. C’è nato un imperatore soprannominato ‘ stupor mundi’ ; ha visto armeggiare diversi (noti) capitani di ventura. Che tra un ‘ colpaccio’ e l’altro hanno contribuito ( per loro picciol parte) a segnare (alcune) tappe del ( nostro) Rinascimento. A Jesi è nato anche il nostro Mancio, che da qualche giorno ha preso in mano le sorti della nazionale quadristellata estromessa dal Mondiale di Russia per ricollocarla laddove Eupalla grida.
Altri, interpellati, non hanno mostrato altrettanto coraggio e generosità. Uno addirittura, continua a sfarfugliare che ‘ mancando il nostro calcio di talenti, l’impresa non è da par suo’. D’un altro soggetto alla Catalano non ne avevamo proprio il bisogno. Soprattutto in un momento tanto delicato. Allestire formazioni con fenomeni acclarati son buoni tutti, cani e porci, e a prezzi ben più modici del Tizio citato.
Quello che invece sta tentando il nostro Mancio da Jesi è davvero lodevole. In tutti i sensi, quello economico soprattutto. L’Italia nostra, dei nostri miseri tempi, ha bisogno di italiani. Veri. Validi. Non sciocchi ed opportunisti. Italiani, appunto, come il nostro Mancio da Jesi. A cui vogliamo già un mare di bene.
Non sono riusciti a diventare campioni d’Europa i nostri talenti Under 17. Che meritavano. E così quelli della Under 19. Che meritavano . E comunque ( a quell’età) conta fare bagaglio. Da (ri)spolverare in seguito. Magari dentro qualche formazione adulta. Anche per ( adeguatamente) ‘ sputtanare’ quegli insulsi ‘tromboni’ che vanno in giro a dire che il calcio italiano manca di futuro.
Nota storica. L’imperatore Federico II di Hohenstaufen, nipote del famoso Barbarossa, nasce a Jesi il 26 dicembre 1194. La storia ascrive la sua nascita sotto un padiglione nella piazza oggi a lui dedicata. La madre, Costanza di Altavilla, era del casato degli Altavilla che, partiti dalla Normandia nell’XI secolo, conquistarono la Sicilia e tutta l’Italia meridionale.
AGGIORNAMENTI. Secondo uno studio Kpmg questi sono i ricconi d’Europa: United ( valore 3.2 mld, proprietà americana), Real (2,900 mld, proprietà ispanica), Barca ( 2,800 mld, proprietà ispanica), Bayern ( 2,5 mld, proprietà tedesca), Manchester City ( 2,1 mld, proprietà araba), Arsenal ( 2,1 mld, proprietà?), Chelsea ( 1,7 mld, proprietà russa), Liverpool ( 1,580 mld, proprietà americana), Juve ( 1,300 mld, proprietà italiana), Tottenham( 1,3 mld, proprietà, in trattativa con americani) , Psg ( 1,12 mln, proprietà araba). Le altre italiane: Napoli ( 518 mln), Milan ( 514 mln) e Inter ( 491 mln). Delle italiane solo la Juve ha uno stadio di sua proprietà. Gli altri restano ‘ in affitto‘. Poareti.
Delle prime 11, a parte i due Panda ispanici, e l’ eccezione Bayern , siamo davanti ad una invasione albionica. Con sei inglesi. I cui capitali giungono, in ispecie, da Usa ( United, Liverpool, Tottenham), Russia ( Chelsea) e Qatar ( City).
E mentre gli americani dell’United sono personaggi del bussines, quello del Chelsea ( Abramovich) appartiene ad una ondata di circa 700 ricconi russi che che dopo il disfacimento dell’Urss hanno messo radici in Gran Bretagna. Non mancano in Albione gli ’spendaccioni’ arabi, questa volta proprietari del City.
Sempre arabi sono i padroni del Psg, undicesima in classifica, squadra di punta del campionato francese. ( Forse) agli inglesi, di inglese, se non andiamo errati, resta l‘Arsenal. Forse. E comunque vien da chiedersi se tutto questo ‘cedere al migliore offerente‘ sia da considerarsi un progresso o qualcos’ altro.
Talvolta i mercati, e le cifre relative, illudono. E quel che ( a prima vista) sembra un affare in realtà ( nel breve volgere di qualche anno) si rivela un disastro. Certo è, dicevano i vecchi, che colui che vende il suo patrimonio preoccupa sempre di più di colui che acquista per ingrossarlo, il suo patrimonio.
LIBERI COMMENTI. Dopo che ( ultima Champions) l’Invincibile armata madridista ha affondato la Bismark alemanna, si è ( forse) meglio capito quanto stava per fare la Signora di Torino dentro la piazzaforte calcistica più inespugnabile d’Europa, ovvero estromettere i soliti intoccabili superprotetti ex Galacticos dal quartetto finale di Champions 2018.
Ma ( com’è noto) a non dar corso alle appassionanti leggi dell’agonismo sportivo ci ha pensato un giovin fischietto inglese inviato da un vanesio selezionatore italiano che, ad una manciata di secondi dalla fine del tempo supplementare, ha pensato bene di donare ancora una volta la ( immeritata) palma della vittoria ai collezionisti di Coppe dalle grandi orecchie, tra l’altro privando la massima competizione del calcio mondiale dei supplementari (forse) più palpitanti di tutta la sua storia. Supplementari epici, magari tipo Italia-Germania del 1970, capaci di nutrire l’epica sportiva più di qualsiasi marchingegno economico-finanziario.
Una curiosità. In Champions, fosse passata in semifinale la Juventus, dopo anni, non avremmo avuto spagnole nel poker finale di Champions.
Inoltre, per quel che concerne il ranking Uefa, con quel punteggio saremmo (ri)passati davanti ad angli e todeschi , rimontando ( in parte, dopo immemorabil tempo ) sugli ispanici. Che riguardo a finali Champions restano ( comunque) dietro alle nostre: ( salvo errori di contabilità) 25 a 28, ultimo anno escluso.
BLOCK NOTES.
CALCIOMERCATO A MODO NOSTRO- Buffon è volato ( finalmente) verso il Psg . Si parla di un anno, con opzione per il secondo. Cosa potrà aggiungere una gita annuale sotto la Eiffel ad un portiere con il Gigi, forse, manco lui sa spiegarselo. Ossessione Champions? Con il Psg dei signori del deserto ? Non scherziamo. Gigi, non scherziamo.
Non ce l’hai fatta con una corazzata di grande nobiltà come la Juve, speri farcela con una fregata come il Psg? Per i parvenues del calcio ( e dovresti saperlo) il risalire verso le alte vette richiede un lungo e doloroso calvario che, stando agli almanacchi, e salvo eccezioni rarissime, non è attesa di qualche anno. E neppure questione di danari.
LA MADRE DI TUTTE LE BATTAGLIE. Dieci anni fa la Serie A era appaiata a Liga e Bundes: 1,4 mld di fatturato o testa, poco più poco meno, mentre la Premier faceva già storia a sè ( 2,4 mld). Dopodichè, mentre gli altri sarebbero cresciuti a dismisura, noi ci siamo solo arrabattati, sanza infamia e sanza lodo, sanza adeguati governi e sanza nuovi impianti, sanza gente capace e sanza innovazioni, retrocedendo ad ogni giorno di più verso zone di margine. Continuiamo a precedere Ligue 1, ma è poca cosa se confrontiamo le nostre storiche potenzialità con questa e con le altre leghe.
E comunque cominciamo a capire qualcosa su quei dati che la ’rosea’ nel suo inserto Gazzamondo cerca di riepilogare. Per la ’rosea’ la Premier ( che conta su un audience potenziale di 4,7 mld) va all’incasso di 1950 mln di introiti domestici ( 2016/2019) oltre a 1,3 mln di introiti esteri ( 2016/2019). La Liga ( in crescita continua) incassa 911 mln di diritti domestici ( 2016/2019) e e 665 mln esteri; la Bundes, conta 1160 mln di diritti domestici e 240 mln di diritti esteri. Se non abbiamo mal interpretato, la Premier vale ( nel suo complesso) 5,237 mld, la Liga 2,872 mld e la Bundes 2,793. Noi? Che contiamo noi? Presto detto: solo 2,267 mld.
Con distanza non siderale dal’Altrove, come cercano di far credere gli esterofili, ma notevole e ( comunque) con possibilità di colmare.
Le strategie delle leghe differiscono in maniera esemplare. Viaggiano da isolani quelli d’Albione, favoriti dalla diffusione della lingua inglese; delegano Liga e Bundes, intanto (ri)strutturatasi con apparati adeguati e di certo molti più folti ed agguerriti del nostro. Che è tuttora senza governance. In mezzo a polemiche senza fine, agguati e veleni. Da ‘ sventurati’ italici. Una volta maestri ed ora assuefatti al ‘servaggio ostello’. In fondo a questo ns foglio mediatico abbiamo lasciato una ridotta e umile ricerca su quel che ha condotto il paese più ricco e creativo al Mondo a quello che è. Con grandi potenzialità inespresse. Qua e là, dovunque. Potendo, le si dia un’occhiata.
La malattia della ’non aurea mediocritas’ dopo secoli di genialità ci attanaglia. Qui, ormai, fan tutti a gara a fingersi geni. Un pallido imberbe di trent’anni che da commesso vuol diventare premier; un tracagnotto della Brembana che si dice pronto a governare un Paese che manco i Cesari riuscivano a tenere sotto controllo; un vecchietto in continuo restyling che di tutti ‘ dice mal fuorchè di stesso’.
E ci fermiano qui. Anche perchè così è, se vi pare, nella politica, ma anche nello sport. Nel calcio. Dove ( preziose) pepite d’oro si trasformano ( nostro malgrado) in ( inutile) ferraglia, inesorabilmente, ad ogni ora di più. La ‘rosea’ ci invita a reagire. Cominci lei a farlo. Come? Intanto pretendendo ( con la forza del suo antico e diffuso prestigio) pulizia, laddove il degrado regna ( da anni) sovrano. Fatti e non pagine di giornale.
VANNO E RITORNANO. Come ai tempi dei romani conquistatori del Mondo che non appena potevano si concedevano una vacanza-premio nell’ Hellade conquistata, anche i nostri del calcio appena possono valicano l’Alpe e ( più oltre ancora) la Manica, per andarsi ad assestare in uno di quei campionati di cui si va favoleggiando da qualche lustro nel Belpaese. Che sembra aver perso la speranza ( e la stima) di sè. Un po’ dovunque, e non solo nella disciplina regina. Ai nostri giovani, infatti, pedatori o no che siano, li si invita ad andarsene, qua e là, dove sono spuntati Eldorado luccicanti e ricolmi di speranze.
E così i nostri lasciano i loro stazzi – parafrasando il poeta d’Abruzzo - per andare verso Altrove. Nel pianeta calcio, una decina d’anni fa autore d’un indimenticabile triplete, la smania è forte. L’avvertono tutti, anche i Montella, e partono, con il loro scarso possesso delle lingue straniere, gli zainetti sulle spalle ricolmi d’ogni raccomandazione paterna/materna, per cercare gloria e danari. In fondo, ad impedirglielo, che risultato s’otterrebbe? Si rinsavirebbero? Forse sì o forse no, proprio no. Meglio ( allora) lasciarli fare, meglio ( logico) fargli fare da soli le ossa, meglio seguirli senza abbandonarli al loro destino come padre/madre ( dolorosamente) amorevoli fanno.
Tanto più che le cose poi, gira e rigira, si assestano da sole. Spontaneamente. Date un’occhiata ai migranti del calcio e cominciate a stilare ( aggiornati) resoconti. Con tanto di ( relative) riflessioni.
Con costoro: Carletto, 58 anni, esonerato dal Bayern; Prandelli, 60 anni, vittima dell’ ennesima sfortunata avventura all’Estero, ( pure lui) esonerato all’Al Nasr; Carrera, 53 anni, che dopo aver vinto un campionato russo quest’anno ( a -8 dalla capolista) difficilmente resterà allo Spartak ; Montella, finalista di Copa, ma che in Liga ha saputo viaggiare con l’incedere delle luci dell’albero di Natale, tipo Milan, s’è fatto licenziare in tronco dopo una manciata di tempo dall’ambizioso Siviglia ; Stramaccioni, 42 anni, allo Spartak Praga dal 2017 , ma che quest’anno poco brilla al punto che il suo esonero sembra ( già ) scritto; Tramezzani, 47 anni, appena quattro mesi sulla panchina del Sion prima d’essere licenziato. Ultima, in ordine di tempo, c’è da registrare l’avventura del buon Ranieri, conclusa, perchè esonerato dal Nantes.
Questi sono solo alcuni dei nostri migranti partiti, tornati o sul punto di tornare. A loro andrebbe aggiunto il più celebre del momento, quel Conte Dracula finito prigioniero in Premier dentro una gabbia dorata, e che altro non sogna che di tornare a respirare l’aria generosa del suo Paese. Che quando si parla di calcio, pur con tutte le sventure e i ritardi che tiene sulla groppa, evidentemente, poco o nulla ha da invidiare all’Altrove.
Tanto più che i soldi stanno tornando. E allora cari Allegri ( che va scrivendo un’epopea immortale con la Signora) e Sarri ( che ha riacceso il fuoco nel cuore d’un popolo straordinario), di che vi fate lusingare? Di qualche ingaggio che vi sistemi per le prossime cinque generazioni? Ma dove mai? Suvvia, anche qui, da noi, non è che vi trattino così male. Sarri, però, non ci ha ascoltato ed è volato, trepidante, in quella d’Albione. Saluti e baci.
RETROSPETTIVA. CAMPIONATO DI CALCIO SERIE A 2017/2018.
RISULTATI. 38^ e ultima giornata di Serie A, così i verdetti sull’Europa e la salvezza: l’Inter vince 3-2 all’Olimpico, scavalca la Lazio e conquista il 4° posto e la qualificazione alla Champions. Roma 3^ grazie alla vittoria col Sassuolo. Il Milan batte 5-1 la Fiorentina e si conquista il 6° posto, qualificandosi direttamente per l’Europa League. Atalanta (ko 1-0 a Cagliari) ai preliminari. Record di punti (91) per il Napoli, retrocedono in Serie B con il Crotone, Verona e Benevento.
CLASSIFICA 38a GIORNATA. Juve, punti 95; Napoli 91; Roma 77; Inter 72; Lazio 71; Milan 64; Atalanta 60 … Crotone 35, Verona 25, Benevento 21.
MARCATORI 38a GIORNATA. 29 reti, Icardi (6, Inter) 29 reti Immobile ( 7, Lazio), 22 Dybala ( 3, Juventus).
COPPE EUROPEE. Finale Champions ( Kiev): Real ( 3-1 al Liverpool) ; finale Uefa: Atletico Madrid ( 3-0 al Marsiglia).
Statistiche. Nelle 62 Coppe dalle grandi orecchie ( Champions dal 1992) finora disputate la presenza italica è la più significativa. Sarà bene (ri)sottolinearlo, anche perchè da noi abita la popolazione ( probabilmente) più smemorata al mondo. Ebbene, gli almanacchi dicon questo: l’Italia ( prima) è andata in finale 27 volte ( 43,54 %) e la Spagna ( seconda) 25 volte ( 40,32%).
Seguono a distanza le altre nazioni. Per noi in finale sono andati: Milan 11 volte ( 7 vincente), Juve 9 volte ( 2 vincente), Inter 5 volte ( 3 vincente), Fiorentina 1 volta ( mai vincente), Roma 1 volta ( mai vincente), Samp 1 volta ( mai vincente). Infine (sempre) per gli almanacchi, in finale di Coppa Italia 2018 vanno Juve e Milan.
CALCIO RANKING UEFA ( aggiornamento fine novembre): Spagna, punti 98,569; Inghilterra, 72,319; Italia, 68,794; Germania, 67,712; Francia, 53,081; Russia, 49,382; Portogallo, 44,082. Alle prime quattro leghe del ranking vengono assegnate quattro squadre in Champions senza preliminari, e tre in Uefa. Un bel dono di Natale, non c’è che dire, per il nostro calcio. Che dovrà però metterci del suo, positivamente, cominciando intanto ( come hanno fatto Torino, Udine, Reggio e Frosinone e stanno facendo Roma e Bergamo) ad allestire nuovi e moderni impianti, seguendo poi con un aggiornamento tecnico-tattico-agonistico ormai ( assolutamente) indispensabile.
ULTIME DAGLI STADI. Vanno avanti con un bel progetto ( 32 mila posti) a Bergamo, ma questa è una storia a sè, si sono nuovamente arenati a Roma, mentre continuano a cianciare quelli di Milano. Di Bergamo, dicevamo, siamo davvero orgogliosi, di Roma invece ( come al solito) no. Ci avevamo sperato, ma con tutto l’intruglio che è balzato fuori dalla profondità dell’inferno, dubitiamo che la Capitale possa arrivare ad avere in tempi ragionevoli un suo moderno impianto per il calcio. Che sarebbe servito, eccome, alla Lupa, per andare a farsi grande e forte in Europa, ma che altri lupi hanno pensato bene di divorarsi ancor prima della prima pietra.
PREMIER A MANO ARMATA. Nel mercato invernale 2017 è stata la Cina a farla da padrona. Con una spesa di circa 500 mln di euro. Non a caso, visto che secondo uno studio del Soccerer footbal finance 100 sui top club dal punto di vista del valore della rosa, delle immobilizzazioni, del cash, del potenziale di investimento e del debito, i cinesi valgono già il 15% del fatturato totale.
Lo studio conferma anche un dato ormai evidente: ovvero, che sono i club inglesi che ( al momento) più possono spendere. Cinque delle prime dieci posizioni di Soccerex sono inglesi, 8 nelle prime 30.
E qui ( quella ribattezzata ) Qatar City dello sceicco Mansur potrebbe spendere ( da subito ) fino a 788 mln ( se non ci fosse il fair play Uefa).
Negli ultimi anni gli spendaccioni del deserto hanno distribuito 880 mln in acquisti. Stesso discorso vale per l’altra squadra quataregna in Europa ( anch’essa ribatezzata) Qatar Psg, che ha una base d’investimento di 1 miliardo e che negli ultimi anni di Ligue ha speso più d’altri( 135 mln contro i 50 del Monaco).
Tra le squadre d’Albione, la società che potrebbe spendere di più è l’Arsenal ( seconda dietro al Qatar City) con 766 mln di sterline disponibili, 500 mln di liquidi e 8 mln di debiti. Il Chelsea invece è nella situazione opposta. Ma solo per un fatto contabile, in quanto i blues vantano un debito di 400 mln di sterline verso il proprietario Abramovich. Sommerso di debiti è anche il Manchester United del Mou Mou, a quota 563 mln di sterline di rosso.
Chi si trattiene ( Barca e Real a parte) sono le squadre di Liga che sul mercato invernale hanno investito 152,6 mln euro in totale. Ancor più parsimoniose sono le squadre di Bundes, Bayern compreso, che abitualmente non ricorre a gennaio per i suoi colpi migliori. Nella classifica degli spendaccioni ( se non abbiamo mal inteso) non ci siamo noi. Neppure con la danarosa Signora, e i suoi (appena) 29 mln. Finalmente!
LE FRASI CHE COLPISCONO.
FRASE. Ha detto Alessandro Florenzi, 27 anni, dopo il rinnovo fino al 2023 con la ‘sua’ Roma ” Meglio l’amore dei soldi“.
COMMENTO. C’è chi prende queste frasi con le molle. Perchè da tempo ha smesso di credere che il ‘mistero’ uomo è alimentato da qualcos’altro che non sono i danari. Quelli semmai servono a tradire il giusto, per mandarlo alla crocefissione. E comunque Ale, se avesse ragionato mettendo la mano in tasca, avrebbe optato per altri lidi, ben lontani dall’ombra del Cupolone. Eppure, lui, come altri suoi maestri, grandi maestri, alla fin della conta, non ha esitato a restare qua e a non andare là. Dove? Nel vasto Altrove, da dove come quelli di Ulisse sono in pochi a tornare per riabbracciare la vecchia, cara, madre Itaca.
FRASE. Dice Sarri, fresco mister del Chelsea: ” Sono venuto nel Campionato con i migliori allenatori d‘Europa e del Mondo : Pochettino, Klopp, Mourino e Guardiola … “.
COMMENTO. Che la Premier sia un campionato ( nel suo insieme) al top, ci può (anche) stare. Ma che ospiti (tutti ) i migliori allenatori della Terra, non ci sentiamo di condividere. Affatto. Intanto perchè quel tal Carletto da Parma che è andato a sostituirlo al Napoli, presenta un tale curriculum che i citati dal buon Sarri ( Guardiola, a parte) possono ( al momento) soltanto sognare.
Inoltre il Campionato che, lui, come tanti altri ha generosamente cresciuto e valorizzato, crediamo disponga tuttora di tecnici che poco o nulla hanno da invidiare ai citati ( e non citati) del buon Sarri. Conte ( disoccupato) a parte, che le ultime ciance danno in arrivo al Milan, e il Mancio relegato alla Nazionale, non si può certo cacciare nel limbo gente di valore come Allegri, Di Francesco, Gasperini, Giampaolo, etc. etc. I quali, purtroppo per noi, potrebbero ( sicuramente) far la loro gran bella figura in Premier e non solo. Maurizietto , facciamo così: lei pensa alla Zarina e noi al resto?
Ultime: nel rankink Uefa,
Ranking Uefa aggiornato al 15 marzo 2018
Ecco il ranking Uefa generale (prime dieci posizioni) col quale verranno distribuiti i posti nella prossima Champions ed Europa League: 1) Spagna 103,998; 2) Inghilterra 77,748; 3) Italia 74,749; 4) Germania 70,427; 5) Francia 55,415; 6) Russia 53,182; 7) Portogallo 46,915.
Nota: secondo altra recentissima fonte, citata sulla ‘rosea‘, la distanza tra Inghilterra e Italia, ovvero Premier e Serie A, al momento, non arriva al punto intero. Con posizioni dunque ampiamente colmabili. E invertibili.
FRASE. Frase finale a Toto Wolff ( team principal Mercedes) ” E’ la seconda volta che un loro pilota butta fuori un nostro pilota: ci stiamo stancando”.
COMMENTO. Parlare con degli smemorati è sempre arduo. Questi, anche se commettono atrocità infami, dopo un poco, le obliano. Come non fossero mai avvenute. Lo fanno per le cose serie, figuriamoci per quelle non serie. Sono fatti così, che volete farci? Caricarli in blocco, come facevano gli antichi, metterli in mare e spingerli ad andarsi a cercare lidi vergini su qualche pianeta della galassia?
Toto, lei si è stancato per due volte, pensi quanto dovremmo esserlo noi che di ‘volte ne abbiamo dovute subire a josa. Da un lustro, almeno. Ha mai pensato ( e chiesto) al suo reuccio qual titolo avrebbe potuto mettere in sacoccia ( diciamo) lo scorso anno se tra voi in primis e tra gli altri di sponda aveste ‘ lasciato in pace ’ l’invidiabile ’ rossa‘?
Di recente, un suo conterraneo, d’animo magnanimo e grato, schernì Maranello consigliandogli di mettersi a cucinare un piatto di spaghetti piuttosto che fare un auto. Giusto, sbagliato? La risposta, Toto, se la dia da solo. Intanto noi, abbracciamo un tedesco che ci piace. Molto. Un fratello d‘Italia ( e d‘Europa). ” Velocità, tecnologia, alettoni e cambio gomme: tutto bello – dice Stefano Boldrini-, ma alla fine il cuore dei tifosi batte per la ‘rossa’ e per chi la guida”.
FRASE. Il solito capiscione tra i (tanti) chiacchieroni di 7 Gold: ” Per me non andremo manco al prossimo Mondiale. L’Italia non ha talenti e il Mancio poco o nulla potrà incidere”.
COMMENTO. Se il mondo, lo sport, il calcio, dovessero costruire il loro futuro tramite le ciacole al vento che s’alzano ( reiterate) in certi consessi, staremmo freschi. Qui, quel che conta, infatti, è ciacolare. A ruota libera. Senza preoccupazione alcuna, se non quella dell’audience. Sui loro vaticini, poi, c’è da credergli quanto quelli della Sibilla cumana.
Infatti, pur con tutto il rispetto per il diritto di liberamente ciacolare, non crediamo affatto di non esserci ( nel frattempo) forniti di buoni giovani. Da far crescere, certo, a puntino, come sta ripromettendosi di fare il nostro (audace ) Mancio,al quale vorremmo solo suggerirgli di tapparsi le orecchie davanti a cotali sirene e sirenette. Un po’ come fece Ulisse. Per portarci, poi, forti e pimpanti, a gioire della dolce Itaca.
FRASE. Sergio Ramos, amato killer ( calcisticamente parlando) dei Blancos dice : ” Ammiro Maradona, un grande. Ma tra lui e Messi ci sono anni luce; con Messi, sì, il migliore di sempre”.
COMMENTO. Ognuno ovviamente si tiene le opinioni che crede. Noi ad esempio pensiamo che quel feroce ‘ scassinatore’ di avversari da rendere inoffensivi, bocciato in storia, non veda oltre le sue bravate. Parlasse di quelle, forse, l’ascolteremmo pure; ma se si mette a spaziare oltre il suo (limitato) orizzonte, meglio lasciarlo perdere. Anzi, meglio tenerlo d’occhio, per impedirgli ( alla prossima occasione) di trattare qualcun altro come quel poveraccio di Salah, che oltre al danno col Liverpool s’è dovuto sorbire anche la beffa di non aver potuto difendere come avrebbe voluto il suo dolce Egitto ai Mondiali di Russia.
FRASE. Ventura, ex ct, dice: ” Sono stato il capro espiatorio di colpe non (solo) mie”.
COMMENTO. Che il ct Ventura sia o no (diventato) capro espiatorio non ci interessa affatto. Siam dell’avviso che di maldestri è zeppo il calcio nostrano. Sappia però che, a torto o a ragione, pur con tutta la clemenza possibile che gli potrà essere riservata, il suo prorompente corpaccione non potrà che restare per sempre legato ad una delle pagine più nere del calcio italiano. E’ inevitabile. E’ nell’ordine dei fatti. Allora, piuttosto che dare l’impressione di volersi salvare alla Schettino, se ne faccia una ragione. Con un filo d’autocritica. Dignitosamente. Silenziosamente. E la chiuda là. Forse qualcuno potrà anche dimenticarlo.
FRASE. Thiago Silva: ” Il Milan è nel mio cuore e lo sarà sempre. Sarebbe bello chiudere la carriera in rossonero”.
COMMENTO. Una volta tanto, dal caro e colorito Brazil, giunge una voce non condizionata dalla pioggia di danari che stanno affogando lo bello sport del pallone. Un abbraccio Thiago, colà, ti aspettano ( sempre) a braccia aperte.
FRASE. Sul ventilato trasferimento di CR7 “ Queste cifre nessuno, in Italia, può permettersele”.
COMMENTO. Ci mancherebbe. E chi vuole andare ad aggiungersi a quei tre o quattro panda superprotetti che sborsano soldi a palate senza che nessuno gliene chieda la provenienza?
Per CR7 non abbiamo sentito cifre. Per Neymar invece sì. Il Florentino padre padrone dei Blancos avrebbe messo in bilancio 600 mln per l’acquisto del giocatore, 300 solo per l’ingaggio. Un investimento folle, anche per una squadra abituata al perpetuo nel rosso come quella madridista e che ( sia pur) con 7,5 mln di fatturato ca, quei sonori esborsi di danari ( in un modo o nell’altro ) dovrà fare rientrare.
Che poi il giovin fenomeno carioca vada a finire come l’altro più stagionato fenomeno gallese, strapagato pure lui, e che in un anno è riuscito a trovare ( più o meno) soltanto un ferro da cavallo con una rovesciata acrobatica in finale Champions contro quegli sfigati dei Reeds, questo è tutto da vedere. Piuttosto, quando, da noi, si pronunciano certe frasi, sembra d’avvertire il transfert d’un piacere per altri che si vorrebbe nostro. Non siamo tutti uguali al Mondo. Vero. Ma a noi ( sinceramente) non sovviene piacere alcuno, soprattutto, per immedesimazione.
Anzi, che fortunati siamo non aggirarci più tra ’ ricchi scemi’ pronti a svenarsi pur di accasare ( presunti) fenomeni che tali sono solo per chi ha preso l’abitudine ( fair play consenziente o impotente) di saccheggiare sistematicamente questo sport ( ancora) alimentato dalla passione popolare!
FRASE. Balo dice ” E’ ora che l’Italia accetti l’integrazione. Come già altri paesi europei”.
COMMENTO. E’ ora, invece, che sia lui a crescere. Sul serio e non solo sul campo. Intanto gli altri, tutti quelli che gli fanno corona, se veramente ce l’hanno a cuore, lo stimolino a vedere le cose nella sua ( possibile) veridicità. Anticamera a pensieri e comportamenti corretti. Si è infatti chiesto il nostro Balo che fine avrebbero fatto le decine e decine di migliaia di poveracci che sono approdate ( soprattutto) sulle nostre isole in questi ultimi anni? Da qual paese d’Europa da lui citati sono stati soccorsi, curati ed ospitati se non dalla ’razzista’ Italia?
Che qualche ‘frangia‘ di insulsi oscurantisti ce l’ha pure, ma sono sempre quelli e lontani dalla stragrande maggioranza di un popolo di 62 mln di persone. Il suo caso personale , in questo senso, dovrebbe avergli insegnato qualcosa. Semmai, si sforzi il Balo di dare il meglio di sè in campo e fuori. Chè sono agli esempi concreti e non i predicatori che la gente antica del Belpaese più rispetta. Ammira. Ama.
FRASE. Zizou dice: ” Vi spiega il mondo Real. Tanto lavoro, unità e grandi giocatori, questa la ricetta vincente”.
COMMENTO. Sicuro, Zizou, di non esserti dimenticato qualcosa? Gli arbitri, ad esempio, ma anche la dieta alimentare dei tuoi ( ex) galacticos, che nei grandi appuntamenti mettono le ali? E di Florentino che dici? Guarda che a lui fanno ombra anche i fili di seta d’improvvido baco. Attento.
FRASE. Rivela monsieur Platini ” Sì, visto che la finale più attesa era Francia e Brasile, abbiamo pensato bene di concederla. Ovviamente tramite qualche (innocente) trucchetto”.
COMMENTO. Che qualcuno in alto abbia (finalmente) ammesso quello che tutti non pensiamo allorquando i santoni del sorteggio frullano quelle palline, è cosa buona e santa. Ora aspettiamo che qualcun altro, con lo stesso coraggio, e senza ironia, ci venga a spiegare come mai in certi campionati, e nelle manifestazioni internazionali ( Champions in testa), c’è gente che vola. Senza tirare il fiato. Che mangia: bresaola o stoccafisso?
FRASE. Blancos infuriati: verso chi parla di ‘furto’ parte la querela.
COMMENTO. Non devono essere messi bene da quelle parti. Perchè, se per ‘reprimere’ diversità di vedute ( inevitabili nel calcio) si rivolgono ai legali, devono essere (davvero) sull’orlo d’una crisi di nervi. Peraltro mai vista, al monumentale Bernabeu. E comunque ammesso e non concesso che riescano a rintracciare i milioni e milioni di quanti sono inorriditi davanti alla (incauta o fraudolenta? ) decisione del giovane arbitro inglese, che faranno in futuro? Mica vorranno aggiungere allo staff di giacchette nere anche un pool di legali? Eppoi, vogliono o no ‘sto VAR?
FRASE. Dice Andrea Agnelli, 42 anni, presidente Juventus ” Oggi l’arbitro non ha capito nulla. Ma il discorso va più esteso. Serve la Var anche in Europa. Collina e la sua vanità vanno a colpire le squadre italiane per una designazione imparziale. Un designatore va cambiato ogni tre o cinque anni. Per avere una evidente imparzialità si va a colpire le italiane in maniera quasi scientifica”.
COMMENTO. Che l’arbitro ‘pattumiera‘ inglese sia servito ad eliminare la Juve è stato fin troppo chiaro. E inquietante. Tanto più che, come dice il presidente bianconero, dovrebbe essere stato un italiano, tale Collina, a cacciarlo tra i piedi dell’orgogliosa Signora. Ma Collina, a quanto pare, non è nuovo a queste prestazioni. Le squadre italiane infatti e non solo la Juve, in proposito, hanno una lunga serie di ‘ furti‘ da reclamare. E non a causa del solito, manipolato, sfruttato, vittimismo. Milan, Lazio, Roma hanno smoccolato ad josa davanti a direttori di gara che hanno ‘ pilotato’ gli incontri a loro ( insindacabile e univoco ) ‘modo di vedere’.
E questo rattrista. Perchè quella fiducia finora riposta nelle istituzioni europee del calcio va visibilmente scemando. E non solo da noi. Infatti andate a chiedere a Rumenigge cosa pensa dell’ultimo confronto tra la sua corazzata e quella del ‘onnipresente’ Florentino. Collezionista ( ad oltranza) di Coppe, Trofei e Palloni d’oro ( ormai sempre meno credibili).
FRASE. Zinedine Zidane, ct del Real, dice: ” Dicono tutti(?) che il rigore fosse netto”. Rincara il suo baldo campione noto come CR7 ” Non capisco le loro proteste: senza fallo Vasquez avrebbe segnato”.
COMMENTO. Due frasi per una.Intanto pensavamo che in quel calderone a strapiombo sul campo da gioco si fossero, col tempo, resi esperti nel valutare le prestazioni loro ed altrui. E anche i rigori, quando si danno e quando no. Sembra invece che le cose non stiano così. Sembra piuttosto che quelli di pallone capiscano solo quanto che gli va sul loro conto. Non l’avessero capita, la nobil Signora gli ha fornito una lectio magistralis di cui conservare eterna memoria.
Insomma quel rigore l’hanno visto solo loro. E comunque a parte l’arbitro ‘pattumiera‘; a parte Vasquez; a parte il solito isterico puntero detto CR7, su quello stadio vanno fiorendo storie strane. Da verificare. Storie simili a leggende nere. Come ne sono nate, nel passato, su certi ambienti storici in cui a ‘gestire‘ potere, danaro e successo erano veleni e pugnali. In quel ‘ maledetto‘ impianto in fase di ristrutturazione, va a diffondersi infatti la convinzione d’averlo trasformato in una sorta di ‘ porto franco’ dove a legiferare sono loro e non altri. Non il calcio europeo. Non chi merita di vincere. Non chi gli fornisce ‘lezioni‘, ma solo chi gli scarica ( a comando) la sua ’pattumiera’.
* FRASE. Assicura Gianfranco Zola, 51 anni, ex calciatore: ” Inglesi più avanti. A noi manca il talento più che il denaro”.
COMMENTO. Non bastavano gli anglofili e don Capello, che s’è aggiunto anche il nostro Gianfranco al coro di quelli che vedono il nostro calcio morto e sepolto sotto una spessa coltre di diffusa mediocrità. Eppure, i lor signori, dovrebbero prima del flatus voci verificare quanto sta accadendo attorno ai loro preziosi occhietti. Perchè, se è vero che la Premier è la lega che incassa incassa di più, non altrettanto vero è che si la migliore visto che nell’ultimo turno di Coppe è riuscita a malapena a salvare in Champions due squadre ( City e Liverpool) in Uefa una ( Arsenal) . Come noi, che nel ranking Uefa gli stiamo appresso per una manciata di punticini.
Inoltre, che il City ( degli sceicchi spendaccioni e del Pep) sia una ‘ macchina da guerra imbattibile, è tutto da vedere; semmai, per la sua storia, tra le compagini d’Albione, ci parrebbe più insidioso il Liverpool, che comunque non è l’apice del calcio inglese e ( tantomeno) europeo. Se poi ci volessimo trasferire alle nazionali di sua Maestà, a parte il recente timido risveglio delle giovanili tutto da confermare, sono lustri che non le si vedono ai vertici del calcio mondiale. La loro nazionale maggiore, addirittura, madre di tutte le nazionali al Mondo, dopo avere ‘ rubacchiato’ un Mondiale in epoca preistorica, non s’è manco più affacciata sulle ribalte mondiali.
Dunque continuare a proporre a 360° gradi il modello Premier con tanta insistenza, ostentazione e (monotonia) fa restare perplessi. Per cui, ci piace parteggiare per il buon Di Biagio. Che con un pizzico di (sano) orgoglio ( italico) ancora non venduto al migliore offerente, dice ” Fuori ci maltrattano. A volontà. Dai ragazzi voglio maggiore personalità.
Certo. Ma qui abbiamo giocatori da Spagna e Brasile”. Noi, quadristellati, siam fuori dal Mondiale di Russia. E’ vero. Ma per ( mandata) di sciagurati al vertice o di mediocri pedatori alla base? Eppoi, suvvia, sinceramente, donde stanno alloggiati tutti questi fenomeni dell’ aureo Altrove? L’incontro Inghilterra-Italia, a Wembley, pur dando il giusto peso alle amichevoli, è finito in parità: 1-1. Come volevasi dimostrare?
* FRASE. Scherza l’amabile Leo Turrini ” Lewis, nel post gara, dentro quell’abitacolo da cui non voleva più uscire, sembrava Polifemo dopo essere stato accecato da Ulisse”.
COMMENTO. In effetti la ‘sorpresa’ propinata dalle ’rosse’ non dev’essere stata di quelle facilmente digeribili. Soprattutto dopo la pole fantascientifica del giorno prima. Stando a quei tempi, infatti, le umili ‘rosse‘ avrebbero dovuto finire distanti anni luce dalla superba ‘ freccia d’argento‘ del re nero. E invece, ecco che l’imprevedibile ‘macchinina rossa’ che sembra avere assunto sembiante umano va a compiere uno dei suoi innumerevoli colpi di scena. Che sono anima e sangue della sua storia straordinaria. Sua e soltanto sua. Ecco perchè quand’anche passa al fianco ti fa scorrere addosso brividi ineffabili. E un po’ dovunque. Qua e là pel Pianeta.
* FRASE. Sbotta Pochettino, mister Tottenham: ” Prima della gara c’era Agnelli e dopo, con lui, anche Marotta. Ho visto come nell’intervallo abbiamo messo pressione sull’arbitro. Alla fine c’erano due rigori per falli di mano, non ce ne ha dato alcuno”.
COMMENTO. Mauricio Pochettino come milioni di italiani sparsi nel mondo spesso e volentieri non sa se dar precedenza allo jus soli piuttosto che allo jus sanguinis. Lasci perdere, per favore, visto che più italiano di così non potrebbe.
Anche perchè se c’era un rigore sacrosanto quello doveva essere dato alla Signora e non al (poco) sereno Maurizietto. E se ne faccia ragione: il suo Tottenham non è la Juve.
* FRASE. Dice Paolo Condò, in Confidential ” Se per vedere la partita più bella del mondo scegliete Liverpool- Manchester United non andate troppo lontani dal vero”.
COMMENTO. Rispettiamo tutte le opinioni. Anche quelle dei fans anglolifi più coriacei come il Paolone, a mezzo tra ‘rosea’ e Sky. Solo che, guarda un po’, non condividiamo. No. Intanto perchè il nostro insiste su una ‘ modernità della Premier che (ultimamente) ha affollato di ( ulteriori) attori la sua scena’ che a noi appare, ma solo in parte. Spiacenti.
Anche perchè ( a parte certi aspetti economici-organizzativi della Premier che non convincono ) occorre che qualcuno (ci) chiarisca una volta per tutte come si faccia a correre (e resistere ) così tanto. Noi, se Wigghin o Froome sono alimentati a stoccafisso o a bresaola vogliamo saperlo, chiaramente, ora, e basta.
Eppoi, anche solo selezionando i titoli che vanno in campo, per il Liverpool sono 5 Champions e per lo United tre. Otto, se non erriamo, comunque meno delle dieci che ( tanto per fare uno degli esempi a noi consentiti) calcherebbero il vestusto San Siro, con Milan ( 7 Champions, 18 Scudetti) e Inter (3 Champions, 18 Scudetti).
Le quali, storie e titoli alla mano, avrebbero ( tanti) più crediti per essere incluse tra ile pretendenti alla partita ‘più bella del mondo’. O no? O forse che, per noi, italioti d’antico pelo, l’erba più verde resta sempre ( e comunque) quella del vicino? Cilicio alla mano?
FRASE. ” Il dato importante per il calcio italiano è che c’è una generazione di talenti veramente interessante. Tra l’altro sono tutti titolari in A. Una ottima base della squadra per ripartire”. Così dice Marcello Lippi, ora migrante in Cina, alla guida della Nazionale del dragone, ma già campione del Mondo.
COMMENTO. Di seguito riportiamo quanto avrebbe detto un altro dei nostri (presunti ) tecnici.
Quel Capello che dopo avere trovato pepite d’oro nel ricco eldorado del Milan berlusconiano, se n’è andato a scorrazzare per il Mondo con risultati ( sovente) poco lusinghieri. Al momento è riparato in Cina, con magno gaudio del pueblo calcistico nostrano. Sì, perchè mentre lui non vede altri vedono. Non diciamo un futuro roseo, ma almeno da giocarcelo, magari alla pari con altri strombazzati rivali.
Ce ne vuole a snobbare l’azzurro, aspirante pentastellato, ma l’ingrato ed orbo friulano c’è riuscito. Fortuna nostra è che dalle parti della Tuscia, c’è ancora qualcuno che di calcio, e di giovani talenti, s’intende.
*
FRASE. Capello ” Non sono interessato alla Nazionale. Anche perchè oggi manca il talento”.
COMMENTO. Di frasi orribili caro Capello, nella sua peregrina carriera, ne ha dette molte. Per quel che ci riguarda se non lo chiamano a vestirsi d’azzurro è perchè non lo merita. Allenare infatti una squadra ricolma Baresi, Maldini, Baggio son buoni anche quelli del Dopolavoro ferroviario. Reperibili, tra l’altro, a prezzi migliori del suo.
E inoltre non è affatto vero che non ci sono talenti. Il problema è intravvederli per tempo e non quando sono belli e svezzati. Cosa a lei, evidentemente, impossibile. Resti quindi pure in Altrove. In Cina o dove meglio crede. Nessuno la piange. Nessuno la vuole. Tanto più se la andiamo a ricordare per le memorabili imprese che ha compiuto con con le nazionali di Inghilterra e Russia.
*
FRASE. Dice Montella: ” Il Siviglia negli ultimi dieci anni ha vinto più del Milan“.
COMMENTO. Il Montella, dunque, che al Milan non è riuscito a tirar fuori il classico ragno dal buco è stato chiamato grazie alla ineffabile volontà della Provvidenza in quel di Siviglia, squadra tosta e ( ultimamente ) per tre volte vincente in Uefa ( ma 3 Uefa valgono una Champions?). Ambiziosetta, comunque.
Sarà allora ben per lui più che sparare ciacole a vanvera non ripeter le prestazioni sue. E comunque sia resti sempre grato ad una maglia che anche se vestita con scarso costrutto gli ha concesso di mettersi in vetrina in ambito internazionale. E si rimbocchi l’ingegno oltre che le maniche.
Perchè se al povero Diavolo per attendere il ‘ ragno‘ hanno pazientato ( circa ) due stagioni, al Siviglia san tornare sui loro passi molto, molto prima. Ambiziosetti come sono. Come volevasi dimostrare.
NOTA.
° Il Milan ( nonostante la temporanea povertà) è la terza squadra al mondo per numero di titoli internazionali conquistati (18, a pari merito con il Boca Juniors e alle spalle di Real Madrid e Al-Ahly, rispettivamente a quota 24 e 20).Nella sua bacheca figurano, a livello internazionale, 7 Coppe dei Campioni/Champions League, 2 Coppe delle Coppe, 5 Supercoppe europee, 3 Coppe Intercontinentali e una Coppa del mondo per club FIFA.Se in ambito internazionale il Milan è la squadra italiana con più successi, la prima italiana ad aver vinto la Coppa dei Campioni (nel 1962-1963) e la seconda squadra europea e prima italiana per numero di finali di Coppa dei Campioni/Champions League disputate (11), in ambito italiano è il secondo club più titolato, a pari merito con l’Inter e alle spalle della Juventus (52 trofei), avendo vinto 30 trofei nazionali: 18 scudetti, 5 Coppe Italia e 7 Supercoppe italiane.
Complessivamente, con 48 trofei ufficiali vinti (30 nazionali e 18 internazionali), è il secondo club italiano più titolato dietro alla Juventus (63). È stata inoltre la prima squadra a vincere, nel 1991-1992, il campionato italiano a girone unico senza subire sconfitte,eguagliata dalla Juventus nel 2011-2012. Il club figura (al momento ) al quarantunesimo posto della graduatoria continentale dell’UEFA.
° Questo il palmarès del Siviglia: 1 campionato spagnolo (1945-1946), 5 Coppe del Re (1935, 1939, 1947-1948, 2006-2007, 2009-2010) 1 Supercoppa spagnola (2007). In ambito internazionale, invece, da che è al mondo, ha vinto 5 Coppe UEFA/Europa League (2005-2006, 2006-2007, 2013-2014, 2014-2015, 2015-2016), record nella competizione, e una Supercoppa UEFA (2006). Attualmente occupa l’8º posto del Ranking UEFA.
( Fonte Wikipedia)
* CARNEFICI E VITTIME. Due libri hanno riproposto in questi giorni un’ antica domanda: “ Perchè il carnefice ci conquista più della vittima“? Così è, infatti, se vi pare (e non vi pare)? Accettiamo allora la risposta che sul tema diede Nietzche? Ovvero: ” ( ) non già per lo stupore di fronte alle cose; ma per lo stupore di fronte all’orrore delle cose”? Oppure, andiamo a rovistare lumi presso altri lidi?
ALTRE DALLA CRONACA.
UNA STORIA DA NON DIMENTICARE. Lo hanno trovato senza vita, nella cameretta d’albergo prenotato dalla squadra per l’incontro di mezzogiorno contro l’ Udinese. Avrebbe dovuto scendere nella sala pranzo intorno alle 9,30. Anticipando come al solito gli altri, lui, generoso e puntuale capitano . Non lo hanno visto, stranamente, e hanno mandato un massaggiatore a verificare la situazione. Purtroppo drammatica, incredibile. Visto che il valente difensore viola, 31 anni appena compiuti, giaceva nel suo sonno eterno, che lo aveva colpito nel corso della notte.
Sono stati i suoi compagni a chiedere di non giocare.
Immediatamente seguiti dai friulani e, una dietro all’altra, da tutte le squadre di A e B. Il commissario Malagò non ha fatto altro che prendere atto d’una volontà diffusa. Fortemente provante. Anche perchè Davide era benvoluto un po’ da tutti. Allevato nelle giovanili del Milan era passato ad altre squadre, come sempre capita (anche) ai migliori talenti giovani del nostro movimento.
Ultimamente era stato alla Roma ( un anno) per trasferirsi ,poi, successivamente, alla Fiorentina. Dov’era pronto un contratto per vestirlo di viola fino al termine della sua carriera.
Davide Astori vestiva anche la maglia azzurra. Il suo sogno da sempre. Nel Mundialito contro l’Uruguay aveva segnato il gol che aggiudicava alla Nazionale di Prandelli il terzo posto del torneo. A Firenze aveva trovato la sua ‘dimensione’ ideale.
Lo aveva confessato apertamente. In pratica, grazie alle sue qualità non solo calcistiche, era stato prescelto per far dachioccia ad una Viola ( di molto) ringiovanita dopo un anno di ( relative) delusioni. Ci stava riuscendo. E forse proprio questo è il rammarico più grande. Non vederlo sgranare i suoi occhi chiari e sorridenti sul lavoro che stava portando avanti e che , prima o poi, darà i suoi frutti.
Lascia una bimba di due anni, Vittoria, che non potrà mai più godere del suo vigoroso abbraccio. La vita, spesso, è crudele. Potrà però alimentare l’orgoglio di avere avuto un padre così. Bravo sul campo. Amato fuori campo. Esempio acclarato di quei talenti nostrani che solo miopi maneggioni non riesco a vedere e valorizzare come meritano. A tempo debito, si sa, e non quando questi hanno già speso il meglio della loro vita ( non solo) sportiva.
LI FATE O NO QUESTI NUOVI STADI? Sottoscriviamo il testo diffuso a pagine intere da Sky per salutare il nuovo inizio del calcio italiano. ” E’ il momento.
Sono grato della fiducia che tutti ripongono in me, fiducia che però io non merito, perchè da solo non sono niente. Pronti a dare tutto, ce ne sono tanti come me: dieci, trenta, centomila.
E cresceremo ancora. Qualcuno proverà a dividerci, ma si ingannano se pensano di riuscirci. Perchè noi siamo destinati a fare grandi cose“.
( Giuseppe Garibaldi, giorno di Pasqua 1861)
ARGOMENTI ( NON SOLO) DI SPORT
POLO BIOTECH ITALIANO. ” Abbia fatto una lunga rincorsa, oggi possiamo dire di averla compiuta”. Così Mauro Scaccabarozzi, presidente Farmindustria in preparazione dell’Assemblea annuale. L’industria farmaceutica italiana ha scalato progressivamente la classifica Ue dei produttori di farmaci, segnando negli ultimi dieci il maggior incremento dell’export tra i grandi Paesi, registrando un +107%, passando da 1,3 mld a 24,8 mld.
Il 60% delle imprese italiane ha capitale estero ma un alto indici di presenza nazionale nella produzione, mentre il 40% ha capitale italiano ( spesso si tratta di aziende familiari che hanno saputo internazionalizzarsi e aggredire i mercati oltre confine) ma realizzano circa il 70% della cifra d’affari fuori al Paese.
Sono riuscite a combattere la concorrenza tedesca grazie al mix di capitale umano, flessibilità e creatività, tipiche del made in Italy, e a un costante aumento della produzione, con una crescita della occupazione: il 93% dei nostri addetti ha un contratto a tempo indeterminato. Non basta l’export, però, le nostre imprese per crescere hanno bisogno anche del nostro mercato e dunque del Paese che deve restare attrattivo.
IL PIAVE MORMORO‘. Il 15 giugno 1918 iniziò l’offensiva generale dell’esercito austro ( ungarico-tedesco). Il 16 giugno si poteva dire che il piano austriaco era sostanzialmente fallito. Tanto che pochi giorni dopo il nemico era tornato sulle posizioni di partenza. I nostri ragazzi, tra cui quelli giovanissimi classe 1899, l’avevano respinta. Clamorosamente. I numeri hanno poi dato la misura della vittoria.
Con 150 mila perdite austriache ( tra morti, feriti e dispersi) e 85 mila italiane. Fu una grande vittoria, decisiva per le sorti della Prima grande guerra, ma che però ” non ebbe adeguata eco nella storiografia europea che considerava ( a torto) come scenario centrale e fondamentale quello francese, mettendo in secondo piano tutti gli altri fronti. L’inglese Liddell Hart nelle 600 pagine della su fondamentale storia della Grande guerra dedica tre righe agli scontri di giugno. Una differenza di considerazione che avrà un peso determinante nella distribuzione dei compensi al tavolo della pace e nella rottura delle alleanze che avverrà ( con danni) negli anni successivi”.
Se vogliamo andare alle radici di certi atteggiamenti europei nei confronti della giovane Italia (ri)trovata e (ri)unita nel 1861 non basta, dunque, che sfogliare qualche libercolo. E’ vero che la storia che si racconta è quella dei vincitori, ma in questo caso anche l’Italia figurava ( o doveva figurare) nel lotto dei vincitori. Verità vuole però che quando s’è trattato di dare più che di prendere, tanto i cuginetti d’Oltralpe quanto i pescatori d’Albione e finanche i perdenti d’Alemania, hanno sempre mostrato il ‘braccino corto’ nei confronti della bella e imberbe Italia. Corto e insulso. I risultati della Seconda guerra, poi, hanno peggiorato la situazione.
Al punto che oggi, tutti, anche i bolliti più bolliti del Vecchio continente, si sentono in dovere di distribuire giudizi, pagelle, compiti e compitini ad un Paese che quando ( tutti o quasi) coloro che oggi fungono da soloni e santoni issavano palizzate i nostri tenevano città moderne, sviluppate, con tanto di fori, palazzi (anche) di sei piani, acquedotti e strade che collegavano (almeno) tre continenti. E’ vero che l’ignoranza vuol la sua parte, ma adesso ( per favore) basta.
AMERICA Vs USA? Se uno va andare una sbirciatina a ‘ Il libro dei fatti’ 2017, scopre che il Pil degli Usa si aggira intorno ai 18 mila mld di dollari. Una enormità che tale appare davanti alle concorrenti, prese singolarmente tranne la Cina che ( a star sentire lei) sta risalendo la graduatoria di gran carriera. Unica economia che potrebbe star al pari della stelle e strisce può essere solo quella europea, non presa singolarmente però, ma nel suo insieme.
Basta infatti assommarne anche solo alcune del Vecchio continente: Germania ( 3.800 mld), Spagna ( 1.600 mld), GB ( 2.700 mld), Olanda ( 0.832 mld), Polonia ( 1.ooo mld), Francia ( 2.600 mld), Italia ( 2.300 mld), che al totale diventano 14.ooo mld ca. Se si aggiungono poi tutti gli altri della Ue ( Turchia esclusa, quindi) non si arriva tanto lontano dalla vetta della prodigiosa economia mondiale. Che cosa significhi tutto questo per noi è ovvio. A dividere et imperare questa volta può essere mister Trump, anche per avvantaggiare i suoi lavoratori rispetto ai nostri. Brutta piega. Ma che vogliamo fare noi, della leggiadra Europa, andar da lui col cappello in mano e in ordine sparso?
TRUMP E I DAZI. Il tracotante presidente Trump, che una ne fa e due ne sbaglia, non sapendo come girarsi i pollici ha preso ad evocare la possibilità di dazi al 20% sulle autovetture da importazione, contro il 2,5% attuale. In più le autovetture di provenienza estera potrebbero restare soggette alle restrizioni in tema di emissioni varate da Obama. E tuttavia i possibili dazi, avrebbe un effetto limitato. Visto che quasi tutti i costruttori hanno proprie fabbriche negli Usa che rappresentano una quota di immatricolazione tra il 65 e l’80%. L’industria Usa dell’auto vale 3,5% del Pil statunitense e occupa 2,5 mln di persone.
DISASTRO BREXIT? Chi glielo ha fatto fare a quei furboni d’Albione di votare la brexit, ( forse) non lo sanno manco loro. Certo è che la signora May, 61 anni, premier del governo inglese, è costretta a smoccolare a destra e a manca.
” Ragazzi – ripete ai suoi, molti dei quali ( abitualmente) rintanati in quei fumosi pub che deliziano tante ore dei sudditi di Sua Maestà - , qui, non ce la caviamo proprio per nulla. Qui non ci danno quel che vogliamo. Qui ci portano via anche quei pochi mutandini rimasti dopo avere vendute tutte ( o quasi) le nostre squadre sportive a foresti”.
La signora May, tuttavia, da buona azdora britannica, non si tira indietro. ” Voglio essere diretta – dice – perchè dobbiamo tutti confrontarci con alcune dure realtà. Stiamo lasciando il mercato unico. La vita sarà diversa, dobbiamo rendercene conto. E al più presto possibile”.
I contraccolpi, soprattutto, sul piano economico ( e doganale) saranno notevoli. Anche al pub, tra una birra e l’altra, si comincia a rendere conto. Tanto che certe ‘ linee rosse’ proclamate in passato appaiono ogni giorno di più sbiadite.
Gli ultrà della brexit chiedono una rottura netta e schiumano – nota il Corrierone- ad ogni accenno di limitazione della libertà della sovranità britannica. Dimentichi loro, stranamente, che di libertà si può ( anche) morire.
Soprattutto se quella libertà è messa al servizio del passato ( che non torna) piuttosto che del futuro ( che sicuramente ci sarà). E più veloce di quel che lo si attende, insieme e non in ordine sparso, perchè se (tanti) sudditi di Sua Maestà si sono andati ad annebbiar i riflessi ( presso qualche fumoso pub) gli altri ( pel Globo) li tengon assai desti e mirati.
REALISMO EUROPEO. La ‘rosea’ ha resa pubblica una ricerca condotta dalla Swg ( società certificata dal 1999) sui ‘sogni’ dei tifosi, sognatori per definizione ma che all’occorrenza hanno imparato anche di stare coi piedi per terra, valutando le diverse situazioni possibili col necessario realismo.
Ebbene, che indica la ricerca frutto di interviste realizzate ( ball’interno di un campione di 1000 soggetti maggiorenni residenti in Italia) tra il 24 e 25 ottobre scorsi?
Swg ha preso come punto di riferimento il Real, ultimo campione d’Europa. E ha chiesto ai tifosi ‘ di misurare proporzionalmente il livello di tutte le altre squadre’. Il punteggio maggiore ( 81%) è andato al Barca, considerato ( in genere) alla pari se non superiore ( 26%) al Real. Dopodichè viene collocato il Psg, la spendacciona squadra di stato del Qatar parcheggiata in Europa, a Parigi.
La Juventus , prima delle italiche, rientra nelle top 10, con un 44% che la colloca ( almeno) allo stesso livello del Real. A seguire vengono il Napoli ( bastonato dal City, con sette gol in rete nei due incontri del girone) e la Roma ( che dapprima ha pareggiato e poi bastonato il Chelsea, campione d’Inghilterra).
Tra l’altro la Coppa dalle grandi orecchie è considerata ormai dagli afecionados la competizione di punta del calcio mondiale. E dunque ancor più appetita del Campionato italiano. Diversa valutazione corre per l’Europa League, considerata ( maldestramente) dai più un vero e proprio ‘fastidio‘. Se non un ’danno‘.
E questo, molto probabilmente, perchè ai tifosi nostrani non hanno ancora ben spiegato quale importanza rivesta il secondo torneo continentale.
Intanto perchè favorisce numerose necessità delle squadre ( continuo confronto internazionale, utilizzo di rose spesso esagerate, etc) eppoi perchè attribuisce punti preziosi per la collocazione nel ranking, che è poi quello che assegna o meno i posti validi in particolare per la partecipazione alla Champions.
In questo momento l’amabilmente sottovalutato calcio italiano in realtà sta sul podio del ranking Uefa ( terzo), dietro ( d’una inezia alla Premier, seconda) e davanti ( di oltre un punto e mezzo) alla Bundes ( quarta). Autoflagellarsi e autolimitarci, considerandoci più competitivi soltanto dei francesi ( quindi) è come ( al solito) quello strano esercizio di prolungato complesso d’inferiorità sul quale prosperano, da anni, a go go, i tanti esterofili pronti ad elargire ad ogni piè sospinto ( più o meno) dotte omelie al popolo ( bue ) dei tifosi nostrani.
L’ESEMPIO ( EMBLEMATICO?) DEL SOMMERGIBILE VIGILANT. Avrete nelle orecchie i continue omelie propinate da decenni dai nostri saggi. Per costoro, l’ ameno mondo italico è (ri)colmo di culture da svecchiare, di comportamenti condizionati da una infinità di anacronistici e deleteri tabù ( sessuali in primis), da famiglie che allevano mammoni e non giganti capaci di affrontare da soli le immani sfide del nostro tempo. Avrete, di certo, nelle orecchie.
E se qualcosa dovremmo cambiare a quali altri esempi ( o culture) dovremmo ispirarci? I nostri saggi, in proposito, non hanno dubbi: alla cultura anglosassone con tutti i suoi derivati, figli o figliolini, in Patria ed Oltreoceano.
Lasciando in pace l’Oltreoceano ( soprattutto quello a stelle e strisce) che proprio in questi giorni sta facendo di tutto per farsi odiare dal resto del Mondo, accontentiamoci ( si fa per dire) d’un frammento ( esemplare) di cultura evoluta e senza tabù che ci arriva grazie ad una normalissima news di cronaca.
Fornita ( in ispecie) dal fondino di una rivista mensile di carattere tecnico-specialistico ( Panorama &Difesa, dicembre 2017) che nulla ha a che fare con i periodici dediti agli scandali.
Questa è la news: nove marinai del sottomarino di Sua Maestà britannica Vigilant, sottoposti ad un controllo di routine, sono risultati positivi ad un test sull’assunzione di cocaina mentre erano in servizio; un ‘vizietto’, l’uso di stupefacenti, già noto e ritenuto abbastanza diffuso.
Le statistiche parlano infatti di 63 marinai espulsi dalla Royal Navy tra il 2007 e il 2011 per episodi di droga, mentre nel 2016 il numero dei casi è salito a 80 coinvolgendo gli equipaggi di alcuni sottomarini nucleari d’attacco e personale della base di Farslane, in Scozia, alla quale questi fanno capo.
Tornando al Vigilant, un decimo marinaio è stato accusato di avere avuto rapporti sessuali con una prostituta e di averla poi derubata, mentre un undicesimo è stato sottoposto alla corte marziale per essersi allontanato imbarcato su un volo di linea per rientrare in Gran Bretagna a (ri)abbracciare la sua amichetta.
Ma l’elenco degli episodi di cattiva condotta non finisce qui: il comandante del Vigilant, il 41enne Stuart Armstrong, sotto indagine dall’inizio di ottobre, è stato rimosso per avere intrattenuto a bordo del sottomarino una relazione con uno degli ufficiali sottoposti, la 25enne sottotenente di vascello Rebecca Edwards, mentre il comandante in seconda, Michael Seal ( 36 anni), è stato sbarcato assieme alla 27enne tenente di vascello Hannah Litchfield, ufficiale tecnico d bordo, dopo la scoperta del loro coinvolgimento in una relazione extraconiugale.
La vicenda del Vigilant ha suscitato commenti vari. Che non possono esimersi dal rimarcare la ‘ sregolatezza diffusa regnante a bordo del sottomarino’, indice ( evidente) di un grave allentamento della vigilanza e di una tolleranza ( in qual misura affiorata? ) altrettanto inaccettabile.
Le fonti vere di preoccupazione, costumi e tabù ( sessuali o meno ) a parte, sono almeno un paio. La prima: è davvero possibile che un compito di vitale importanza quale l’esercizio della deterrenza nucleare possa finire in mani tanto esplicitamente inidonee?
Il numero dei soggetti coinvolti nel ‘caso Vigilant‘ ammonta ( ufficialmente) a circa un decimo dell’intero equipaggio del sottomarino: una percentuale non di certo trascurabile, e che qualcuno addirittura la ritiene inaudita se si considera che basta uno di questi battelli per scatenare una irreversibile catastrofe mondiale.
La seconda: non è che ( mandando in altro loco i saggi) invece di inseguire paradisi inesistenti possiamo tenerci ben stretti ( magari con qualche aggiornamento) i nostri? Quelli domestici, certo, tanto vituperati, donde dalla notte dei tempi si punta ad affetti radicati e certi piuttosto che a rapporti mutevoli come il vento, frutto amaro d’ una sregolatezza allo sbando?
Paradisi disegnati da millenni, e che sono stati l’anima, la carne e il sangue d’ una solidissima visione della vita e della società trasferita, poi, attraverso strumenti e fasi diverse, e sia pur con qualche contraddizione, all’intero Pianeta?
IL DIO DANARO. Il dio danaro s’è impossessato dello sport e ( in primo luogo) del calcio. E se tutto al mondo va misurato con quello, diciamo pure che la nostra Serie A è in chiara rimonta sulle maggiori restanti consorelle europee. La Serie A, infatti, durante questa torrida e lunga estate di calciomercato , ha sfondato il tetto del miliardo; qualche centinaio di milioni sotto alla paperona Premier, la quale però s’avvantaggia sulla Serie A grazie agli enormi introiti dei diritti televisivi esteri ( oltre un miliardo contro i 180 mln nostrani, più o meno); ma molto più in alto di Liga, Bundes e Ligue 1 ( quest’ultima sui 600 mln, grazie alle sparate della squadra di stato del Qatar battezzata, all’uopo, Paris Saint Germain). Dal 2012 la nostra Lega ha triplicato gli investimenti, passando dai 373 del 2012 ai 1.o37 del 2017.
Tra le squadre in evidenza il Milan ( 228 mln); ma anche Roma, Inter, Samp, Toro e perfino il Cagliari non sono stati di certo con le mani in mano. La Serie A sta rimontando alla brutta, su tutto e tutti, e se come si auspica anche gli introiti esteri daranno i frutti sperati non è detto che tra qualche anno ( o mese) diventi proprio la bistrattata la Serie A il campionato più ricco del pianeta. Con qual fondamento e costrutto non è dato a sapere. Cresciamo, alla grande, e questo ( al momento) basta. Speriamo solo che tra tanta grazia non dimentichiamo la sostanza vera, quella di far nuovi stadi.
Saranno afflitti i menagrami, ma andranno in delirio i facitori del libero mercato, i quali, gatton gattone, da gran liberali, stanno giocherellando sui prezzi con inusitata goduria e avidità. Intanto, se Dio vuol, hanno chiuso le porte del Calciomercato. In tutta Europa. Con N’peperempè, Nebbelelè e Coutintino finiti ( o quasi) grazie a centinaia di milioni nelle braccia dei ’poveri fessi’ che gettano dalla finestra soldi altrui. Per costoro il fair play finanziario manco esiste; comprano con tutti gli espedienti del caso, gonfiando qua e deprimendo là, svolazzando come nugoli di cavallette arrivati dalla steppa o dai deserti. Guarda caso i loro habitat naturali. Dire che il Psg sia una squadra di calcio fa ridere.
Quella è una squadra di Stato, acquistata e foraggiata da una vena inesauribile di danaro pubblico solo perchè comodo veicolo per condurre a termine operazioni varie.
E non sempre chiare. Certo, molti di quei soldi non solo non restano e non resteranno nel calcio ( vedi le assurde commissioni a procuratori ultra miliardari) ma voleranno via, qua e là, con destinazioni tutte da (ri)costruire. Il pericolo c’è. D’inflazionare ( o di infettare) il tutto. Non limitatamente al sistema calcio, sia chiaro, che però nello sport agonistico fa da traino. Alto. Molto alto. La senora Uefa, per caso, dorme?
FATECI CAPIRE. Sul ‘Corriere’ ( firma Alessandro Bocci) poco tempo fa si è letto ” La Juve di Andrea Agnelli non ha solo vinto sei campionati di fila e raggiunto due finali Champions. E’ prima per fatturato, numero di tifosi, monte ingaggi. Bella e ricca, dunque, quasi perfetta verrebbe da dire…
Il fatturato della Juve è in linea con quello dei grandi club europei, Real, Barca, e United: 562,7 mln anche se in parte gonfiato dalla cessione di Podgba. All’Inter i numeri sono più bassi. L’ultimo fatturato ha superato i 300 mln ( 318,2) ed è cresciuto del 32,7% rispetto a quello di due anni fa. Con l’Europa potrebbe avvicinarsi ai 400 mln…”.
Il 24 gennaio sulla ‘rosea’ si è letto: ” La Juve è la prima delle italiane, decima per il quarto anno consecutivo. I suoi ricavi al netto dei proventi da calciomercato sono saliti a 405,7 mln nel 2016/17 ( erano 338 mln) grazie al boom Champions. Deloitte però avvisa che sarà difficile consolidarsi nella top ten dei prossimi anni. In testa alla classifica europea resta lo United, a quota 676,3 mln, seguito dal Real con 674 mln e il Barca con 648,3 mln. Valori fuori portata delle italiane, anche se la Juve è in crescita e così l’Inter, che passa al 15°posto.
Allora, per riassumere: per il ‘Corriere’ la Juve è in linea con i club europei, per la ‘rosea’ è fuori portata : si può sapere come stanno le cose? Annamo avanti o a puttana? Per far chiarezza, non è che ci costringerete a rivolgerci a quel beato esterofilo di Gianfranco Teotino?
IL SOVRANISMO. Il sovranismo, secondo la Treccani, è una dottrina politica che propugna la difesa o la riconquista della sovranità nazionale da parte di un popolo o di uno Stato, in antitesi alle dinamiche della globalizzazione e in contrapposizione alle politiche sovranazionali di concertazione. Ma chi è affetto da sovranismo ai giorni nostri? Guarda un po’ quelli che ( molto tempo fa ) davano ( sostanzialmente) corpo e sangue al vecchio Impero asburgico.
Con adesione aggiornata di Austria, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Costoro, cristiani e riformati che siano, non vogliono sentire parlare di immigrati. Quelli, per gli ex asburgici, caso mai ce ne fossero, stazionassero pure nei paesi donde approdano. Null’altro. A costoro poco importa infatti veder naufragare giornalmente decine, centinaia, di poveri diavoli, tra cui tanti sguardi increduli di bambini.
Per loro una ‘ nazione incapace di difendere i suoi interessi è meglio che scompaia’. Un concetto, questo, chiaramente sovranista e usato in totale contrapposizione con quello comunitario dell’Europa. Insomma, questi signori, peggio ancora di quelli ( infidi) d’Albione, non riescono pensare ad altro che auto conservarsi, proteggersi, guardarsi ( spensieratamente) all’indietro. Pensare poi che questo sia il modo migliore di ‘ difendere i propri interessi per non scomparire ‘ è tutto da dimostrare. Anche perchè chi assicura agli ex asburgici che a dover levare le tende dalla storia non debbano essere proprio loro e non altri i quali la storia, pur con tutte le sue ferite e contraddizioni, le sue porcate e le sue speranze, la storia vera, sanno guardare negli occhi ( intanto) con infinito coraggio e generosità?
EXCURSUS STORICI
MASNADE MERCENARIE. L’origine dei capitani di ventura va ricercata tra i rami cadetti della nobiltà, spazzati via fin dalla nascita nelle rivendicazioni del casato. Alcuni di questi capitani ( o condottieri) arrivarono perfino, fra Tre/Quattrocento, a fondare stati. A certe condizioni resta difficile affermare che i capitani di ventura siano stati la rovina e la maledizione dell’Italia, perchè potrebbe essere vero anche il contrario. Essi si ergono protagonisti di un particolare momento storico, con forza vitale incredibile, grandiosa, al limite del brutale, immagine nuda e cruda del potere militare riflesso sul potere politico. Il capitano di ventura è figura centrale per tre secoli. E in quattro tempi.
Da quello dei ‘precursori’ ai primi significativi rappresentanti ( per lo più al seguito delle compagni straniere calate sulla Penisola); dai capitani dell’età aurea ( per lo più italiani, talvolta fondatori di stati) agli epigoni, quando l’Italia ( insipienza sua) concesse ad altri di trasformarla un campo da battaglia e di conquista, fin al ( definitivo) predominio spagnolo. Il ‘fenomeno‘ trovò una sua prima comparsa ( a partire) da fine Duecento /inizi Trecento allorquando numerose ‘ masnade mercenarie straniere‘ presero l’abitudine a calare in Italia, da sole o a seguito di qualche re o imperatore, voglioso di mettere mano sui tanti tesori del paese ( più bello) e ( più ricco) del Mondo.
Si trattava allora di bellatores, ovvero di soldati di mestiere, in gran parte di bassa estrazione, disposti ad aggregarsi per una impresa che portasse loro danaro e bottino.
Provenivano dalla Germania o dal Brabante, quest’ultimi chiamati ’ Brabanzoni‘; ma anche dall’ Aragona e dalla Cataluna come gli Almogavari o Almovari, che permisero a Pietro d’Aragona di conquistare nel 1282 il Sud d’Italia.
Michele Amari li descrive così: ” Breve saio a costoro, un berretto di cuoio, una cintura, non camicia, non targa, calzati d’uose e scarponi, lo zaino sulle spalle col cibo, al fianco una spada corta e acuta, alle mani un’asta con largo ferro, e due giavellotti appuntati, che usavan vibrare con la sola destra, e poi nell’asta tutti affidavansi per dare e schermirsi.
I loro capitani chiamavansi con voce arabica ‘adelilli’. Non disciplina soffrivano questi feroci, non avevano stipendi, ma quanto bottino sapessero strappare al nemico, toltone un quinto per re.
Indurati a fame, a crudezza di stagione, ad asprezza di luoghi; diversi, al dir degli storici, dalla comune degli uomini, toglieano indosso tanti pani quanti dì proponeansi di scorrerie; del resto mangiavan erbe silvestri, ove altro non trovassero: e senza bagagli, senza impedimenti, avventuravansi due o tre giornate entro terre de’nemici; piombavano di repente, e lesti ritraenvansi; destri e temerari più la notte che il dì; tra balze e boschi più che pianura”.
( PARTE I )
I bellatores, o se si vuole i masnadieri, una volta terminata la spedizione, perlopiù, non se la sentivano di tornare donde erano venuti, anche perchè il Bel Paese era terra troppo ghiotta per mettersi da parte un gruzzolo senza troppo inferire. Restarono, infatti, tutti, seminando lutti e devastazioni, praticamente impuniti. Del resto le rivalità nostre lasciarono campo aperto ad ogni avventuriero.
I nostri capitanei, oggi come ieri, preferivano ( e preferiscono) farsi depredare più che combattere. Ma il ’casino’ diventò tale che qualcuno cominciò a chiedere L’introduzione di una certa disciplina. Pisa, ad esempio, ci provò subito, stendendo un codice apposito per regolare i rapporti con certa gente. Inutilmente, è ovvio. Ma tentò. Si passò allora all’emarginazione, ma anche di questa, quelli, se ne fotterono.
” Che nessuno di detta masnada possa mangiare e bere con alcun cittadino pisano in casa sua o in qualunque altra casa…” recitavano i testi, peraltro impossibili a leggersi da masnade analfabete. I mercenari venuti in Italia nel 1333 al seguito di Giovanni di Boemia restarono quasi tutti nella Penisola; un gruppo si raccolse nel Piacentino, alla badia della Colomba, sotto il nome di ‘ Cavalieri della colomba’, vivendo di rapine, finchè vennero assunti al soldo da Perugia che voleva liberarsi del giogo di Arezzo. Ne compirono, i nostri amici, di tutti colori, eppure grazie a ciò trovano ingaggio presso il comune di Firenze. Diciamo che in questi frangenti non si tratta ancora di vere proprie compagnie. I loro vessilli non sono bandiere ma banderuole. I loro ‘capitani‘, usciti dai ranghi feudali e dai milites, costituiscono uno ‘ strato sociale che gira, con scadenze annuali o semestrali, per l’intera Penisola e l’Italia centrale. Al suo interno si differenzia un circuito guelfo o ghibellino. Il mestiere della guerra viene tramandato di padre in figlio’. Guerrieri, dunque, di professione, ma non ancora dei professionisti. Questi, infatti, al momento, sono soltanto i precursori del fenomeno ben più ampio e disastroso che verrà. E che metterà ai margini, senza lacrima alcuna, quello che era il più bello, ricco ed evoluto paese della Terra.
( PARTE II)
Le cose si complicarono ulteriormente quando assaltarono la Penisola ‘ trascinatori nati’ di truppe mercenarie, come il duca Werner von Urslingen o il conte Konrad von Landau. Essi arrivano nel 1339 per unirsi alla massa di venturieri tedeschi che da più di vent’anni, in gruppi isolati, avevano eletto l’Italia come terra di saccheggio e che, guarda un po’, un italiano, Lodrisio Visconti, radunava nella ‘Compagnia di san Giorgio’.
Le masnade poterono così raggrupparsi, trasformarsi in una prima nefasta grande compagnia, travolta però, non molto dopo, dall’accozzaglia più o meno organizzata di un altro capitano italiano, Ettore da Panigo. Werner, in quella, scelse di proseguire da solo, combattendo al soldi di diverse bandiere in Lombardia e Toscana, finchè non andò a riesumare l’idea di Lodrisio, (ri)proponendo la costituzione di una libera compagnia ‘ per guerreggiare i più deboli e i più doviziosi’.Impose anche una disciplina di ferro. Gli ingaggi ai venturieri davano diritto al soldo, che sarebbe dipeso dall’entità dei bottini che la compagnia riusciva a fare. Si costituì dunque la ‘ Grande compagnia’ al comando, ovviamente, di von Urslingen ribattezzato all’uopo duca Guarnieri, parimenti ad altri macellai stranieri.
La ‘Grande compagnia’ forte di tremila ‘barbute‘, costituita ognuna di un cavaliere e di un sergente, anche lui a cavallo, trovò ‘ richieste di lavoro‘ a volontà. Toscana e Umbria, in ispecie, vennero intinte nel sangue. Devastate senza scrupolo proprio da uno che aveva scolpito sulla sua armatura il suo ideale ” Duca Guarnieri, signore della Gran Compagnia, nimico di Dio, di pietà et di misericordia”. Guarnieri si offriva a chi meglio pagava. Dopo avere fatto guerra ai Malatesti di Rimini passò, molto amabilmente, al servizio degli stessi. Conteso e disprezzato dai ‘ datori di lavoro‘, saccheggiò per almeno due anni la Penisola, finchè i ‘datori di lavoro’ decisero di toglierselo di mezzo versandogli, nel 1343, una grossa somma di danaro a titolo di liquidazione. Lui si ritirò in Friuli.Per quattro anni soltanto, però, perchè già nel 1347 s’era accodato a Luigi I d’Ungheria diretto a Napoli per eliminare Giovanna d’Angiò, colpevole d’avere ucciso il marito Andrea, suo fratello. Quella guerra durò tre anni.
Con enorme prodigarsi della ‘Grande Compagnia’. La quale, una volta dipartito il re d’Ungheria, restò sul posto fiancheggiando il voivoda d’Ungheria rimasto in Italia. La masnada si (ri)prese un ‘periodo di riflessione’ quando il capo nel 1351 si ritirò nella nativa Svevia, colà morendo tre anni dopo. Perchè, a dirla tutta, l’operato della ‘Grande Compagnia’ non cessò con la morte del duca Guarnieri, proseguendo la sua nefasta attività agli ordini di Fra Moriale, che la guidò ora contro ora a favore del pontefice di turno. A decretare la fine della ’Grande Compagnia‘ furono quelli della ‘Compagnia bianca‘ come Albert Sterz e John Hawkwood, inglese italianizzato col nome di Giovanni Acuto.
A quel punto le compagnie create e dirette dai capitani stranieri non si contavano più. Tuttavia, per completare il quadro, occorre non sorvolare sulle compagnie italiane sorte alla stregua delle straniere con truppe e comandanti ( in gran parte) italiani. Famose divennero la ‘Compagnia della stella‘ di Astorre Manfredi e la ‘Compagnia del cappelletto’ di Niccolò da Montefeltro.
E comunque, queste, tutte guidate da personaggi d’estrazione nobiliare ma ( sostanzialmente) di ‘mezza tacca‘. Semmai, la compagnia ‘tutta italiana‘ che segnò una svolta epocale fu senz’altro quella formatasi all’indomani dell’eccidio di Cesena. Si faceva chiamare la ’Compagnia di San Giorgio’ di Alberico da Barbiano. Questa, infatti, ottenne la ( clamorosa) santa benedizione di papa Urbano VI. Con benefici enormi. Alberico da Barbiano ( tra l’altro) apre l’epoca d’oro dei capitani di ventura italiani che subentrarono, nei modi e nei tempi più favorevoli, a quelli stranieri. Le masnade nostrane non nascono però a caso come gran parte delle precedenti, visto che è il capitano a scegliere i suoi uomini. Dal primo all’ultimo. Trasformandosi così da ‘ capitano’ a ’condottiero‘.
( PARTE III)
Tante sono le novità. Come il reclutamento ‘ in massa‘, tra vecchi camerati; oppure ‘ a bandiera’ con uomini da selezionare ed istruire. Tutti, comunque, alle sue dipendenze. Il capitano ( come sopra si diceva) si fa condottiero. Cresce di peso. Le prime condotte regolari risalgono alla seconda metà del Trecento. Firenze fu tra le prime città ad organizzarsi.
Con la creazione di speciali magistrature come quella degli ‘officiali di condotta’ e degli ‘officiali sopra‘, che controllavano ( in particolare) disciplina e armamenti. Si diffusero forme diverse ed articolate di condotta. ( Inizialmente) gran campo presero quelle a ‘ soldo disteso’ ( alla diretta dipendenza d’un signore o di un capitano generale della città); e quelle a ‘ mezzo soldo‘ ( con capitano aggregato ma in posizione sussidiaria, oltre a paga e rischi ridotti). Col tempo i controlli ( e i contratti) saltarono, ovviamente, data la crescente forza d’imposizione dei gruppi armati. Il condottiero era tenuto al rispetto di un periodo di ‘ferma’ e anche ‘ d’aspetto’. Terminato il quale, poteva o rinnovare l’impegno o recederlo. Comunque terminato ’l'aspetto‘ il condottiero poteva andare dove meglio credeva. Anche passando al campo ( fin a poco prima) nemico. Un particolare tipo di condotta veniva stipulato per i mercenari del mare, si chiamava ‘ contratto d’assento’, cioè d’ingaggio di forze navali nemiche.
Genova cominciò a stipulare contratti con mercenari agli inizi del Quattrocento. Così lo Stato pontificio. Venezia invece considererà il contratto ’ d’assenso‘ come un umiliante ( pericoloso) ripiego. Cercò così di evitare mercenari. Ma quanto poteva mettere in tasca un ( buon) condottiero? La risposta ( ovviamente) non è semplice. Poichè come in tutti i rapporti di forza ( e necessità) a fare il prezzo è chi tiene il coltello del manico. Inoltre, pare incredibile, da considerare era anche il pericolo inflazione a cui andavano soggette le monete del tempo, fiorino o ducato compresi. Micheletto Attendolo, cugino di Muzio, nel 1432, incassava da Firenze mille fiorini al mese. Francesco Gonzaga, nel 1505, sotto contratto con il Giglio, metteva in cassa 33 mila scudi annui per una compagnia di 250 soldati; mentre Francesco Maria della Rovere strappò ( al Giglio) oltre 100 mila scudi annui, ma con soli 200 uomini.
In ogni caso, pur fatte anche le debite distinzioni, e adattamenti, si trattava di cachet notevoli. Che impoverivano ogni ora di più le casse di Signorie e Città.
Inoltre, visto che il pollo si poteva spennare con poca fatica, di ‘condottieri‘ ne nacquero tanti quanto i soliti funghi dopo una intensa pioggia d’autunno. Molti di loro diedero vita a dinastie. Anche durature. Visto che, prima o poi, riuscivano ad imporre la forza delle loro armi contro gli improvvidi che li chiamavano ( si fa per dire) al loro servizio. Costoro, poi, quasi tutti venuti dalla gavetta, autentici parvenu, una volta diventati gli unici padroni della situazione, iniziarono bene ad alimentare aloni leggendari. Da ( autentica) grandeur medievale, sulle gesta degli antichi cavalieri o dei più valenti uomini d’arme.
Qualcuno si ripulì la fedina, grazie anche a ( lodevoli) intenti mecenatistici. Ci fu anche chi azzardò atteggiarsi ad umanista, pur restando ( per lo più) ignorante o semianalfabeta. I meglio posizionati non resistettero (perfino) al sogno dell’immortalità. Cosa non difficile a farsi declamare. Visto che nelle loro ( sempre più ricche) case gli adulatori si sprecavano. Nella celebre ‘ Vita Scipionis Jacopo Piccininis’ il nostro condottiero viene paragonato ( addirittura) al vincitore di Zama. Roba da non credere. Roba da ridire. Ma tanto accadde. In epoche lontane. E così via.
( PARTE IV)
La pace di Lodi del 1454, consolidando un temporaneo equilibrio strategico-politico, mette in crisi i capitani di ventura. Chi era arrivato al vertice, resta, ma chi aspirava deve rinunciarci. Sono le invasioni estere a far saltare il banco. Dall’Alpi alla Sicilia. E’ l’inizio della decadenza del paese più importante al Mondo. I sovrani stranieri non s’appoggiano più alle milizie locali, ma reclutano armate in proprio. Capaci di sferrare, al contrario delle altre sul mercato, attacchi micidiali, con armi micidiali. Le artiglierie formano il cuore delle armate di Carlo VIII, Luigi XII , Francesco I, Massimiliano I e Carlo V. Giungono sui campi le colubrine ( sessanta colpi al giorno) con tiro fin oltre due chilometri. E anche il falcone. E poi l’archibugio. Contro queste armi anche la corazza più robusta poco oppone.
I venturieri italiani devono (ri) cedere così il passo ai mercenari stranieri. Come i brutali Lanzichenecchi. Altro non resta, ai nostri, che arruolarsi con gli eserciti stranieri. Diventando, spesso, e nonostante gli ostacoli che dovevano superare, famosi. I loro nomi si ripetono ancora. Ma è vana gloria. Gli ultimi capitani di ventura arrivati (in precedenza ) ai vertici del potere si consumeranno mortalmente in rivalità comunali e familiari. Orsini, Colonna, Baglioni, Borgia e Della Rovere finiranno così per trovarsi su fronti contrapposti in fratricidi combattimenti. Il sangue del Belpaese colerà (ancora) a fiumi. Senza colpevoli, ma solo con tante vittime.
San Quintino di Lepanto, in questo frangente, è una fiammella di speranza, breve, e comunque già parte d’un altra storia.
TIRIAMO LE SOMME. Abbiamo (man)tenuto sul ‘foglio‘ questa nostra mini inchiesta sul mercenariato perchè , quantunque possa sembrare riempitiva, in realtà vorrebbe che non s’obliasse mai un ‘ male‘ ( purtroppo) cronico della nostra società. Cattolica, Riformata, Laica o altro sia. O che pretende di essere. La verità di gente sempre disposta a mettersi al soldo altrui non s’è esaurita di certo in alcune fasi storiche. Chi è disposto a vendersi ( sotto forme e modi diversi) c’è e ci sarà sempre. Sotto mutate spoglie, magari, anche per darla meglio da bere ai soliti sprovveduti pronti a cascare nella rete.
Mercenariato evidente, oggi, nello sport. Calcio e non soltanto. Vedere, ad esempio, squadre di atletica o nuoto ricolme di soggetti che hanno poco a che fare con quelle bandiere è uso ormai abituale. Vorrebbero farla passare per questo o quel nobile ideale, magari rivolto alla risoluzione degli atavici problemi delle diversità nel Mondo, quando in realtà si tratta solo ( o semplicemente) di ( uno o più) interessi che vanno a coincidere: quello di colui che per prima imporsi è pronto a vestire i colori d’un’altra nazione, quello di colui che allarga le braccia al nuovo arrivato per appiccicare qualche medaglia pregiata in più sul proprio medagliere.
Per queste ( ed altre più o meno evidenti) ragioni abbiamo cercato rinfrescare la memoria con qualche pagina di storia. Anche perchè le cose non sono mai del tutto semplici e definite. Qualcuno dei mercenari storici ( ad esempio) trovò perfino la forza d’impadronirsi del territorio o della città dove era stato chiamato per proteggerla. Dando vita a Signorie ( o altri Governi) che, tutto sommato, non son poi state la disgrazia del Belpaese.
Certo sarebbe davvero curioso se un soggetto come certo Raiola da Nocera Inferiore, ex pizzaiolo e al momento dominus incontrastato di tanti veri o presunti campioni, si presentasse al botteghino della storia sportiva odierna per acquistare una società di calcio. Anche blasonata. E farsela tutta sua. Libri mastri e soggetti in carico, campo e spogliatoi, maglie e calzettoni, insomma tutto, dal capo ai piedi, ogni vivente e cosa compresa. Come a suo tempo fecero, con le dovute differenze, è ovvio, uno Sforza o un Malatesta o un Montefeltro. Dapprima al servizio altrui e poi padroni assoluti.
Che ridere, e se fosse questo l’avvio del tanto vaticinato Rinascimento del nostro sport più amato?
I PIU’ CELEBRI CAPITANI DI VENTURA. I nomi ( italiani o italianizzati) di alcuni capitani di ventura sono rimasti scolpiti. Da quelli degli anticipatori del movimento, come Ruggiero da Flor ( 1268 ca/1305), Uguccione della Faggiola( 1240/1319), Castruccio Castracani ( 1281/1328) Cangrande della Scala( 1291/1329); a quelli dei primi, veri, grandi capitani di ventura, come Lodrisio Visconti( 1280/1364), Malatesta Guastafamiglia ( 1299/1372), Galeotto Malatesta ( 1305/1385). Tra i numerosi ’ big’ di Tre/Quattrocento questi, in particolare, hanno acquisito fama duratura: Pandolfo Malatesta( 1369/1427), Muzio Attendolo Sforza( 1369/1424), Gattamelata ( 1370/1443), Francesco Sforza( 1401/1466), Federico II da Montefeltro ( 1422/1482).