Non solo sport. L’esempio di Antonio Megalizzi. L’eredità di Mario Draghi. E altre pagine ( non solo) di sport.

LA CRONACA DAL DIVANO. E’ arrivata la ‘sentenza’ Uefa per il povero Diavolo. Una multa ( 12 mln) e tante ‘minacce’, oramai rituali, a tutti i livelli, quando il barbaro si rivolge al latino : ” Se il Club non dovesse rispettare il pareggio di bilancio al 30 giugno 2021 sarà escluso dalla partecipazione alle coppe Uefa alle quali dovesse qualificarsi nel corso delle due stagioni successive”.
Che Europa sia questa possono saperlo solo i druidi delle foreste, e non (più) noi, che dell’Europa coltiviamo ( Salvini e altri a prescindere) da secoli ben altra visione. Ma tant’è. Tornando invece sul nostro Campionato, poco o nulla di nuovo da segnalare. La Signora passa, con (polemico) rigore, contro il Toro; il Ciuccio del sor Carletto si salva in extremis a Cagliari; la Beneamata trafigge con rigore l’Udinese; la Lupa, balbettando, strappa una ‘preziosa‘ vittoria contro il Genoa. In attesa dei posticipi di Lazio e Milan.
Dallo sport, in generale, altre buone nuove arrivano dai mondiali di nuoto in vasca corta: la 4×100 mx D ha ottenuto una significativa medaglia di bronzo; mentre per il nostro Greg, superato da un ucraino a pochi metri dal traguardo, c’è stato solo e soltanto un pallido argento nei 1550 sl. Buone nuove, quindi, anche se manca ancora l’acuto. Ovvero l’oro.
Metallo sfiorato da Fischnaller, 38 anni, nel gigante parallelo snowboard di Cortina e da Pellegrino, 28 anni, nello sci di fondo, due argenti; metallo invece messo al collo dalle ragazze nella staffetta biathlon, con Dorothea Wierer, 28 anni, al comando nella Coppa del Mondo sulla fuoriclasse finlandese Makarainen.
Ma non è dalla cronaca sportiva che piovono le notizie più preoccupanti. Quelle, semmai, giungono dalla ‘attualità‘, dalla ‘politica’ e dalla ‘nera‘. E che, in un modo o nell’altro, sembrano avere come comune denominatore ( ancora una volta) l’Europa. Non ce l’ha fatta Antonio Megalizzi, 28 anni, giornalista, a sopravvivere alle ferite inferte dal terrorista islamico. Se n’è andato lasciandoci però una ‘eredità‘ d’irrinunciabile valore. Antonio, infatti, era uno che credeva nel mestiere del giornalista, e così ad un europeismo inteso come integrazione, voglia di capire, opportunità.
L’Europa è un riferimento importante anche nelle ‘ultime dichiarazioni’ di Mario Draghi da capo della Bce. Da tenere ben chiare. Da collegare. E su cui riflettere e operare.
” Altrove nel Mondo – ha detto il Presidente Bce - si sta diffondendo il fascino delle idee e dei regimi illiberali; stiamo vedendo piccoli passi indietro nella storia. Ed è per questo che il nostro progetto europeo è ancora più importante oggi… E’ solo continuando a progredire, liberando le energie individuali ma anche promuovendo l’equità sociale, che salveremo attraverso le nostre democrazie, con unità d’intenti”.
” L’Unione monetaria – ha sottolineato il Presidente – è stata un successo sotto molti punti , allo stesso modo dobbiamo riconoscere che non tutti in Paesi sono stati ottenuti i risultati. attesi. Occorre ora disegnare i cambiamenti necessari dell’Unione monetaria e realizzarli il prima possibile, spiegandone l’importanza a tutti i cittadini europei”.
UN FLOP EUROPEO DEL NOSTRO ‘ CALCETTO’. Delusione. Rammarico. Ma anche l’ora di cominciare a togliere dal cesto le mele ‘men belle’ per evitare ingranaggi distruttivi che con cotal lignaggio poco o nulla hanno a che fare. Vediamo di capirci. Intanto, come premessa, diciamo che se Napoli e Inter avessero superato il turno ( proprio) a danno delle inglesi, saremmo ora qui ad estasiarci davanti ad un eccezionale ranking Uefa manco immaginabile dopo i muriatici ‘ lavaggi ‘ perpetrati per anni dalle folle infinite di esterofili ( tuttora) vivi e vegeti e ( foraggiati) generosamente ai deschi del Belpaese.
Dopodichè, non ci sentiamo di cospargerci ancora una volta di cenere. E chinar il capo, silenti, al cospetto d’altri, nel nome e per conto di ( non si sa bene ) quale ( altra) cultura cui attingere.
Diciamo che le Napoli e Inter l’esclusione se la sono andata a cercare loro, e soltanto loro, visto che perfino il Barca, pur non sacrificandosi oltre misura, aveva fatto la sua parte bloccando sul pari gli assatanati del Tottenham. Che ora sorpassano in graduatoria, e manco ringraziano. Ovvio.
Certo che, spiace dirlo, ma un ‘esperto‘ come il sor Carletto come ha potuto consentire ai suoi di disperdere per strada tanti punti, soprattutto quando questi erano ( claramente) alla loro portata ? Accontentarsi degli avanzi, non è sempre saggezza. Occorre agire. Per non farsi (ri)calpestare dagli zoccoli dei cavalli barbari. Ma che aspettano infatti alla Beneamata a cominciar a far la conta tra chi l’ama e chi no? Quel Perisic, ad esempio, sostenuto con affetto sincero dal connazionale Boban ( in altra pasta forgiato ) e da poch’altri, che vestendo una maglia mitica, che gioca in uno stadio mitico, che vive in una città tra le più evolute e attraenti del Continente, sogna di andare a giocare in Premier volando lontano dall’ ombra della bella Madunina?
Se ( proprio) crede di ’campicchiare’ meglio in qualche periferia londinese o in qualche porto sull’Atlantico, perchè trattenerlo ?
Del resto, se non ha orecchi per ascoltare che la Beneamata ‘ va solo amata‘ che ci vogliamo fare? Non si dice da sempre che a vestire i panni della Beneamata devono restare solo e soltanto pochi eletti? Una sorta di guardia reale, come quella ( immemore) del ‘gran Re’. E non già quelli di passaggio. Per di più forzati.
Che lacrime , però, andando a ritroso manco per un decennio, per quel condottiero ‘pazzo figlio‘ di colui che s’avventurò con qualche vascello pel Gran mare oceano, circumnavigando il Globo. E che, sui verdi rettangoli di gioco del Globo, seppe travolgere schiere di barbari, per cingersi dell’ immortal Triplete !
Inter e Napoli come detto, ma peggio è andata con Juve e Roma. Entrambe ( con queste prestazioni) nè più Signora, ne più Lupa. Ma solo due comparse mandate ( senza onore) nelle arene più ambite del Vecchio Continente. Stucchevole la giustificazione del Max ( che dicon) innamorato ‘ Abbiamo raggiunto i nostri due obiettivi: primi nel girone e passaggio del turno !’.
Con questi ( orribili) risultati la Premier ( che di riffe o di raffe) piazza quattro squadre al secondo turno, ci (ri)sorpassa nel ranking Uefa , distanziandoci. Stessa minaccia arriva ora dalle tedesche che con tre promosse ( contro due delle nostre) tornano a soffiarci sul collo. Con magno gaudio di esterofili e ( certi) addetti ai lavori in prima fila.
La situazione è peggiorata con i risultati della Uefa League, con le sonore sconfitte di Lazio ( 1-2, contro l’ Eintracht) e Milan ( 3-1 contro l’ Olimpyacos). La prima passa come seconda, la seconda esce come terza del suo ( agevolissimo) girone. Una debacle come mai. I risultati chiamano ( a questo punto) evidentemente in causa società, management, direzione tecnica e giocatori. E se per la Lazio il ‘richiamo‘ resta contenuto visto ( comunque) il ( sofferto) passaggio del turno; per il Milan, la cosa si fa (davvero) preoccupante.
Qui vien da chiedersi se la coppia Leonardo – Maldini, bella, bellissima da vedere, serva più ad una passerella per la Settimana della moda che altro. Mentre per il Ringhio, come per l’Inzaghino, bravi ragazzi fuori campo e imberbi dentro il campo, non ci può essere che un rimando ad altri impegni. Con altre maglie. Visto che queste per essere indossate necessitano di spalle molto, molto, più robuste e navigate. Di certo, ‘ non fragili‘, come riconosce lo stesso Gatt. Sempre che non si voglia rendere deserti i nostri due stadi più prestigiosi.
In questa, ci riserviamo a parte di esaminare risultati ‘ strani’ che si registrano nelle coppe. come lo ( strabiliante) o-3 in casa del Real di Sergio Ramos. Che più perderemo d’occhio.
SORTEGGIO OTTAVI COPPE EUROPEE. Champions: alla Signora è toccato l’Atletico del Cholo, alla Roma il Porto.
SORTEGGIO OTTAVI CHAMPIONS LEAGUE. Viktoria Plzen – Dinamo Zagabria, Brugge – Salisburgo, Rapid Vienna - INTER, Slavia Praga – Genk, Krasnodar – Bayer Leverkusen, Zurigo - NAPOLI, Malmoe – Chelsea, Shakhtar Donetsk – Eintracht, Celtic – Valencia, Rennes – Real Betis, Olympiacos – Dinamo Kiev, LAZIO - Siviglia, Fenerbahce – Zenit, Bate Borisov – Arsenal.
ALTRE DALLA CRONACA NON SPORTIVA. Non accenna a scemare la stucchevole telenovela Italia/Ue, con i nostri ormai prostrati a sedere in su e gli altri sempre più accaniti nell’infierire contro un Paese ( da decenni) addormentato ma che potrebbe svegliarsi, come Araba Fenice docet, da un momento all’altro. A modo suo, ovvio, ma fors’anche peggio dei gilet francesi.
La signora May invece periste nella sua tenace speranza di strappare una qualche ‘onorevole’ agevolazione ai ‘ duri‘ della Ue, che sono i soliti, quelli che stanno ‘ vessando’ anche noi, Salvini e Di Maio a prescindere. Del resto qual futuro sperano di ottenere i pescatori d’Albione a ritirasi nell’anacronistico isolamento, non è dato da capire.
La stessa signora May con questa sua caparbietà a testuggine da sfondamento s’è sbrucicchiata la carriera, perchè se è vero che ( qualche giorno fa) è riuscita ad evitare la sfiducia in Parlamento, resta ( però ) confermato che ( a breve) dovrà mettersi da parte.
Abbiamo ancora negli occhi ( e nel cuore) l’evitabile tragedia di Corinaldo. Con l’angoscia che sia servita ad insegnare poco o nulla. Perchè qui il problema è sì fare leggi, norme, regole; ma solo se non vanno ad accumularsi sugli scaffali della burocrazia come le ( esilaranti ) ‘ grida’ manzoniane, ‘deboli‘ con i forti e ‘forti’ con i deboli.
Un ultimo flash ci arriva dalla amata-odiata ‘cugina’ Francia. Che coi i suoi gilet gialli è riuscita a farsi intendere ( perfin) da un presidente algido e un poco incapace, restando però ( ancora una volta) impotente ( o quasi) davanti alla minaccia ( sempre incombente) del terrorismo. Gli aggiornamenti confermano che il criminale che ha seminato morte domenica scorsa a Strasburgo, sede del Parlamento d’Europa, tale Cherif Chekatt, 29 anni, è stato ucciso durante un conflitto a fuoco da un colpo alla testa sparatogli da un agente antiterrorismo.
Tante situazioni, queste, sia pur riprese in breve, che induco a riflessioni diverse. Per quel che ci riguarda, ad una sulle altre: che qui se non si ridà un ‘ fondamento morale e religioso’ agli uomini del nostro tempo, giovani in primo luogo, l’avvenire non può che apparire fosco.
Inoltre, per quel che riguarda i nostri problemi più in generale, diciamo continentali, politici, economici e di sicurezza, se non arriviamo immediampresto ad ‘abbozzare’ una vera, funzionante e condivisa unità europea non potremo altro che aspettarci ( tanti altri ) di questi giorni. Con queste difficoltà. Con questi lutti. Con queste ( sempre più ) scarse prospettive.
” STO BENE QUI. AL REAL CI VADANO ALTRI” . A margine del calcio giocato da segnalare c’è una bella dichiarazione d’amore alla Beneamata di Icardi, giovane valente centrattacco. Dichiarazione di chi, per quel che ci riguarda, ha ben chiaro donde è arrivato. All’apice dal quale, tempo un altro anno, potrà cominciare a guadare (l’insaziabile Wanda permettendo) il mondo dall’alto.
Mostrando, caso mai, anche a quelli dell’Equipe quel che pote fare. La ‘vetrina‘ Inter è di quelle planetarie e il ragazzo argentino ‘ jus sanguinis’ italiano, con le sue continue dichiarazioni d’amore per la grande società milanese, non mostra di appiattirsi alla folla dei tanti Pinocchio che si lasciano incantare dai tanti Lucignolo in circolazione.
Del resto, auguriamocelo, lo san tutti che il calcio italiano è imparentato con l’Araba Fenice. Dovesse ritrovare una guida decente e risolvere il problema stadi, potrebbe riproporre ( in men che non si dica) un prodotto di prima qualità.
Intanto, pur con tutti i suoi limiti e ritardi ( in questo preciso istante) sta già al secondo posto del ranking Uefa. Poi, nel 2019, dovesse aggiudicarsi la 13 a Champions ( su 63 disputate, 28 volte italiane in finale: 11 Milan, 9 Juve, 5 Inter, 1 Fiorentina, Roma e Samp) , fornirebbe di certo esilarante materia di sollazzo ( soprattutto) adversus gli uomini di ( poca) fede.
MA CHI LI LEGGE ? E poi c’è chi si lamenta che nessuno legge più i giornali. Quotidiani in primis. I quali, se non andiamo errati, tra l’altre cose, non usan più indicare le loro tirature, visto che ( si dice) sono talmente crollate che perfino i ‘monumenti storici’ dell’editoria giornalistica non hanno più un gran appeal, o giù di lì, presso l’opinione di massa.
Stessa sorte sembra toccare anche altri media, come le tivù generaliste, con i loro ‘logori’ prodotti giornalistici ( tg, rubriche, inchieste etc), che arrancano in fatto di ascolti a favore, è tutto da ridere, di quei social che pur tra limiti e falsità attirano ad ogni ora di più utenti in ogni dove.
E anche di qualsiasi risma, ma questo poco conta. Quel che conta è l’abisso che ( sembra) scavarsi sempre più profondo, tra un ‘ prodotto meditato’ ed un altro ‘ improvvisato’. Tra uno ‘professionale’ e l’altro ‘ alla spera in Dio‘. Dove vero e falso, incredibilmente, si danno il braccetto. Se serve all’uopo, anche cinicamente. Cercare qui una spiegazione sul tutto è affare davvero improbo. Certo è che, anche stando all’impressione più che all’approfondimento, come si fa accettare giorno dopo giorno dette ‘ comunicazioni’ costantemente negative, spesso catastrofiche, tranquillamente stressanti ? Già, come fare?
Basti infatti ‘ imbraccare’ un quotidiano qualsiasi, anche di quelli storici, per farsi passare la voglia di tornare ad acquistarlo il giorno dopo.Donde si legge: ” Bankitalia lancia l’allarme. Fuga di capitali esteri dai Btp, famiglie più povere con lo spread alto. Conte da Junker, gli ha chiesto ( b0ntà sua) sei mesi di tempo… ovvero un po’ di elasticità ( per questo povero nostro Paese alla canna del gas) “, etc …
A ns modesto avviso, per quel che si pote ammirare stando seduti su un divano, col rischio d’errare come i tanti sperduti milioni di abitanti del Belpaese, qui, non c’è in arrivo nessuna tragedia, se non quella già arrivata, purtroppo da tempo, e dunque oramai ampiamente stabilizzata , una volta occupato in due o tre lustri ogni anfratto della vita pubblica e privata, con classi dirigenti non in grado di svolgere i ruoli a cui, con scarsa umiltà e assente autocritica, esse aspirano. Senza ‘freno’ alcuno, manco quello giudiziario. Qui, purtroppo, questioni di genere contano poco o nulla, perchè uomini o donne che siano alla fin della tenzone non modificano lo stato delle cose.
Costringendo anche i migliori ( e le migliori) a funger da spettatori( spettatrici) inermi, inutili: viviamo infatti in un Paese meraviglioso, dai ‘ depositi’ storici, artistici e culturali ineguagliati, dalle odierne enormi potenzialità anche in settori dove meno lo si crede, eppure, finito in mano a ‘ nocchieri’ che tutto sanno fare fuorchè ‘condurre’ in porto sicuro la bella nave.
( Forse) è ( anche ) per questo che qualche arrogante e rozzo ’ barbaro’ d’Oltralpe si sente ‘ in dovere’( anima pia) di venirci ad indicare ( giorno e notte) la ( sua) giusta rotta.
Novità stadi. Finalmente qualcuno ( e qualcosa) si va muovendo. Il presidente Fgci, dicono, ma anche i patron di Milan e Inter. Obiettivo: mettere mano al mitico Santo Siro, a patto però che la concessione comunale s’allunghi ad ( almeno) un secolo. Per consentire un insediamento ‘ credibile‘ di ( almeno) una delle due proprietà.
TANTA CARNE SUL FUOCO.
RAMOS: ‘ TRATTATO’ O ‘NO’? Le carte di ‘Football Leaks’ portate alla luce da Dei Spiegel e Mediapart hanno rivelato la positività di Sergio Ramos dopo la finale del 2017, quella di Cardiff vinta contro la Juve. Dalle mail intercettate emerge che nel corpo di Ramos c’erano tracce di desametasone: ha proprietà antiinfiammatorie e pur essendo proibito può essere consumato per via intramuscolare lontano dall’evento, fino a 24 ore dalla gara.
Però dev’essere dichiarato nella scheda che il medico del club compila al test post partita, e a Cardiff il medico del Madrid indicò un altro medicinale della famiglia dei glucorticoidi, il Celestone cronodose ( proibito) specificando che nel pomeriggio della vigilia aveva fatto due iniezioni a Ramos nella spalla e nel ginocchio sinistri per calmargli i ori dolori derivati da problemi cronici ( mai resi pubblici in questa portata) agli arti in questione.
” Mi sono sbagliato in clima di euforia che ci circondava, nella sala antidoping entrarono anche il re Juan Carlos e il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy” ha scritto il medico. L’Uefa ha rimproverata il dottore ma ha dato per buona la giustificazione, inviata via mail dal giocatore in allenamento a propria discolpa”.
Scontata, a questo punto, la difesa della Casa Blanca, che ha definito come ’ carenti di qualsiasi sostanza’ altre due irregolarità emerse: dopo una partita col Malaga dello scorso aprile Ramos si sarebbe fatto la doccia prima di andare all’antidoping, cosa proibita perchè il giocatore non deve mai separarsi dall’uomo dell’antidoping. Gli agenti Uefa avrebbero ceduto accettando che a a fare prelievi a 8 dei 10 giocatori sorteggiati non fossero loro ma il personale del club, cosa che invaliderebbe le prove stesse.
( Filippo Maria Ricci, corrispondente da Madrid, sabato 24 novembre, da ‘ La Gazzetta dello sport‘)
I NOSTRI ARRANCANO, GLI ALTRI VOLANO. Gli sparuti lettori abituali di ‘Cronaca dal divano’ si sono spesso imbattuti nelle in interrogativi diversi e tutti tesi a far chiarezza senza tener bordone alcuno su ( taluni) momenti, storie e personaggi dello sport. A volte, con toni (volutamente) ironici e ( forse) anche un po’ bizzarri. E tuttavia cercando di mettere in risalto ‘cose‘ che, tra chi ‘ vive‘ ( appassionatamente) lo sport ( e non solo quello) al di qua dei luoghi riservati agli addetti ai lavori, non collimano affatto con quelle di chi i lavori li segue quotidianamente e ( più o meno) direttamente. Per mestiere. Ad esempio, veder su un campo verde da calcio correre uomini come cavalli all’ ippodromo, solleva perplessità. Tante. Troppe.
Anche perchè chiunque, sprovveduto o meno che sia nella pratica sportiva, sa che ad ogni sforzo ( soprattutto) continuo e frenetico, devono ( per forza di cose umane ) corrispondere momenti di ‘ riposo‘, di ‘ recupero‘, di ‘ricarica‘. Cosa che ( francamente) non notiamo ( nella buona parte) delle prestazioni sportive odierne, calcio in primis, e calcio d’Iberia o d’Albione addentrandoci ancor più in particulare.
E mentre da quelle parti si vola, i nostri arrancano. Onde per cui, pur avvalendoci di tecnici di prim’ordine, è oramai da qualche anno, che i corridori ci hanno fatto accomodare in seconda o terza fila. Le ’cose’ vanno, di nuovo, cambiando. E anche le nostre stanno tornando avanti.
Una, poi, tra le altre, si è ( talmente) ristrutturata ( al punto) da (ri)cominciare ad insediare le posizioni di vertice, tanto che se (ri)cominciasse a (ri)portar nella sua illustre bacheca la ‘ Coppa dalle grandi orecchie’ nessuno si maraviglierebbe più di tanto.
Ma questa volta non è questo il punto su cui concernere. Di corse ( e sottinteso) di doping parleremo più avanti. Anche perchè ( al momento) ai margini di qualche trafiletto di giornale ‘trapela’ ( soltanto) un caso di doping ’ che coinvolgerebbe un plurivincitore diChampions’. Spiraglio significativo, diremmo inconsueto, ma che restando isolato poco o nullo contributo porterebbe alla angosciante quaestio che assilla lo sport mondiale. In ispecie, il bel gioco del pallone.
E veniamo al più recente ‘ caso‘. Di cronaca. Visto che qualcuno mescolano carte s’è preso la briga di chiarire un poco chi siano ( in realtà ) quegli ‘spendaccioni’ tanto prodighi nel sperperare danari ai quattro venti. Fiumi di danari. Esempio: 1,8 mld dal Qatar al Psg in sette anni; 2,7 da Abu Dhabi al Manchester City, ( forse) bypassando i paletti del fair play per evitare di essere estromessi dalle competizioni.
Il tutto, ovvio, con qualche protezione ad hoc. Sulle rivelazioni ( ancora) alle prime pagine, tutto ( come s’usa dire) va accertato. Certo. Ma prima che anche questa sfumi come raffica di vento nel deserto, ce ne vorrà. Perchè le ’carte‘ in possesso son già eloquenti.
E tuttavia, al di là di tutto e tutti, inchieste giornalistiche o meno, vertenze giudiziarie ventilate o no, l’immissione tracotante di tanto danaro ( soprattutto) dalle steppe e dai deserti non ha fatto (di certo) il bene del calcio, dello sport, d’Europa.
Rivelatasi ancora una volta bramosa e fragile. E ( nella circostanza) esposta agli assalti che ( in questi anni) possono giungere dai loci più disparati. Che chiamano emergenti, vogliosi come sono di comperare tutto e tutti, ma che di fatto poco o nulla hanno a che spartire con l’odore e il colore che il Vecchio continente ha da sempre dato allo sport, al calcio, e ( più in generale) al modo di vivere eventi agonistici socializzanti e festosi.
POLITICA & SPORT. GOVERNO&CONI.
MISTER CAPELLO. Chissà se mister Capello, che fino a qualche mese fa, era convinto che il nostro Campionato fosse ‘ per nulla o poco allenante‘, ha rimirato con attenzione l’aspro contendere offerto alla Signora dal gagliardo Empoli? Di gran lunga ben più ostico di quello messo in campo nel mitico Old Trafford al terzo turno Champions, per di più dalla squadra più ricca e valutata al mondo, guidata da uno di quei mister più pagati e capaci al mondo, e però annichilita ( per un tempo intero) da un assetto di gioco davvero autorevole e sconcertante.
E inoltre, chissà se ha potuto ben rimirare, oltre allo United, anche altre due big della celebrata Premier ( Tottenham con la Beneamata e Liverpool con la Lupa ) uscir genuflesse dal confronto contro le nostre ? Chissà? Forse starà già pensando di rivedere ( velocemente) le sue ( ingenerose) valutazioni. Forse, perchè qui, nel Belpaese, saccenze e pregiudizi son duri da scardinare. Per quel che ci riguarda, ribadiamolo ancora una volta, ovviamente dalla nostra amena posizione, il nostro calcio appare in uno stato d’indigenza grave ma non irrisolvibile. E’ malato ma non cadavere. Soprattutto se si riuscirà a dargli un governo stabile e intelligente, e a rifare ( o costruire ex novo) in tempi brevi impianti ( o stadi) accoglienti ed adeguati al moderno fruire.
Non sciocchezzuole, queste, senz’altro, ma neppure imprese tanto astruse quanto l’ andar a far presenza umana sul pianeta Giove.
E allora diamoci da fare, senz’altri alibi, superflui, inutili, anche perchè quella voce che riguarda i ‘ diritti televisivi esteri‘ che sta facendo più ricca la già ricca Premier, potrebbe, offrendo noi al meglio il nostro straordinario e originale ‘prodotto‘ calcistico-sportivo, colmare e di non poco quel gap che attualmente ci assilla.
Mentre nel ranking Uefa siamo in fase di sorpasso, visto che ( con questo trend) ci stiamo attestando poco sotto la Liga, al secondo posto in Europa. E anche questo si dica al giovin Chiesa, speranza viola, che senza ascoltare il saggio Batistuta, leggenda viola, parla della Premier come Pinocchio dopo i racconti che fatti da Lucignolo sul ‘paese dei balocchi.
IL DERBY DEI DERBY. Flash back. Dunque ” … La mi bèla Madunina, ti te dòminet Milan …”, è risuonata a Milano e pei cinque continenti. Visto che il ’ meraviglioso derby’ è stato visto da centinaia di milioni di persone sparse sul Pianeta. Del resto, in quel di Santo Siro, infatti, quando rosso e nero azzurri scendono in accanita tenzone, non si perpetua altro che una centenaria storia, alla quale ( in tempi diversi) ha partecipato ( come ebbe a dire il buon Boban )’ la gran parte dei dei più grandi calciatori che hanno calcato un rettangolo verde da gioco del calcio‘.
E questo, per andare ad omaggiare ( anno dopo anno) la raggiante Madonnina con titoli e trofei, come in nessun’ altra parte ( o quasi) del Mondo. In tutto: 10 delle 62 Champions ( 16 finaliste), 36Scudetti del Campionato più difficile al Mondo oltre ad una miriade di altri titoli e titoletti che fan di quel mitico impianto un pantheon del calcio.
Se poi, vogliamo accantonare la storia per stare sul presente, beh, si sappia che ( domenica 21, ore 20,30) nonostante il ( presunto) declino, è sceso a calcare la sacra erba di Santo Siro un valore pari a 1.177 euro.
Più ricca era la ‘ porzione‘ nerazzurra ( 643 mln euro) , ma non scherzava manco quella rossonera ( 534 mln euro). Inoltre, qui, nella magica serata, sono andati a confrontarsi continenti diversi: Europa, Cina, America. Ma anche a stringersi la mano cinesi e americani, ora proprietari dei due grandi club meneghini. Dovessimo allestire, come invita ( giustamente, senza mezzi termini ) il presidente Uefa Ceferin , ( in tempi brevi) nuovi e moderni impianti potremmo davvero recuperare quella posizione di leadership tenuta fin agli anni del Triplete. Una decina d’anni fa. Mica in epoca preistorica.
E tuttavia, ad aggiudicarsi questo (ennesimo) derby è stata la Beneamata con un gol di Icardi al 93′. Il Diavolo ha fatto quel che poteva, dignitosamente, con un Ringhio non sempre attento nei cambi così come il giovane Donnaruma nelle uscite. Fatto è che la Beneamata vola al terzo posto della classifica, con 19 punti, due ( appena) dietro al Napoli ( vittorioso a Udine) e ( solo) 6 dalla Signora ( fermata sull’1-1 dal Genoa di Juric).
PREMIER O NON PREMIER ? Sky ha annunciato il rinnovo triennale con la Premier per la trasmissione degli incontri. Nella riscossione della vendita televisiva dei diritti esteri, la Premier incassa ( da anni) una esagerazione ( oltre 1,2 mld annui), che se posta a confronto con la nostra riscossione ( 179 mln ca, al momento) diventa una montagna contro un topolino. Non entreremo nel merito di così grande fortuna, annotiamo però quanto questa porzione di calcio sia aiutata, a destra e a manca, da noi in primissimo luogo, ad essere radicata e diffusa.
L’ ex calciatore Di Canio, ad esempio, che della proposta è la vedette in studio, al lieto annunzio ha commentato ” Non vogliamo qui deprimere la nostra Serie A che tutti amiamo, però, qui, si tratta di entrare ogni volta un contesto sportivo di grande spettacolo. Spettacolo puro. E continuato”. Tutti, ovviamente, possono fare e pensare quel che meglio credono.
Se poi esistono anche interessi diversi ad alimentare le opinioni ci pare non ci sia nulla di male nel sostenerle e valorizzarle. Il problema, semmai, è quando si vanno a tranciare paragoni, confronti, indirizzi, volti a mettere sugli altari la propria opinione ( o la propria realtà) e nella polvere ( se va bene) le altre.
Una frase come quella del ( nostro) Di Canio, ad esempio, se non andiamo errati, ci sembra ( ancora una volta) inneggiare il giardino degli altri e (ri)dimensionare il nostro. Che dell’altro ( almeno per quel che riguarda i diritti televisivi esteri e il marketing) è ( in un certo senso) concorrete.
A noi, tra l’altro, per quel ci riguarda ovviamente, non piace più di tanto lo spettacolo offerto ( abitualmente) dalle squadre d’Albione. Negli ultimi anni, poi, ci sono stati tornei conclusi già alla vigilia di Natale. Quest’anno sembrerebbe un andazzo più combattuto, ma per dirlo con sicurezza sarà meglio aspettare Natale ( o, al massimo, l‘Epifania, visto che si gioca anche nel periodo festivo).
Non ci piacciono perchè abbiamo altra nozione di quel che dovrebbe essere il calcio. Spettacolo, sì, certo, ma non soltanto. Sui verdi ( e aggiornati) campi d’Albione contano, nell’ordine, corsa, velocità e impatto sull’avversario. Da nostri invece, e sempre nell’ordine, storia, organizzazione determinazione e ( dove può esserci) creatività.
In Albione, proprio perchè spettacolo, una tenzone inizia e si esaurisce ( grosso modo) nello spazio in cui si sta in campo. Nel Belpaese no, perchè quell’incontro va ad assumere una miriade di significati che ( se non ci si fa attenzione) possono perfino esulare dal mero confronto sportivo. In Albione si assiste a Manchester City- United, cantando e incitando, dopodichè vinti e vincitori si abbracciano a tutto ( o quasi) si spegne lì.
Nel Belpaese invece, il ‘ magnifico derby della Madonnina‘ può essere tutto fuorchè spegnersi assieme alle luci di San Siro. Continuerà, infatti, oggi, domani, negli anni. Contiene infatti tante di quelle cose che non s’esaurisce mai di sviscerarlo. Forse è per tutto questo che in Albione sono arrivati a produrre una lunga serie di ammirevoli regate sul Tamigi e, nel Belpaese, una disputa senza senza fine e senza quartiere come il Palio di Siena. Mondi diversi? Chi, al confronto, è meglio e chi è peggio?A noi, ovvio, piace vibrare all’unisono con il nostro modo di fare sport, e ( dunque) calcio. Anche perchè, siamo onesti, di uno spettacolo ‘ puro e semplice‘ come invita Di Canio , noi, che ce ne facciamo? Una pinta di birra in più al pub? Ma noi non siamo avvezzi al pub, noi abbiamo altri ritrovi, altri modi trascorre le giornate, e necessitiamo ( consapevoli o meno) di ben altri richiami.
Morale: scorrazzino pure sui verdi campi d’Albione come meglio ( e più veloci) credono; lascino invece a noi risolvere quelle dispute con antico costrutto, passione ( anche) di parte e ( quando possibile) fantasia. A loro sarà caro far così, a noi cosà. Ai maestri la Premier, agli allievi la Serie A. Da ‘vendere’ al Pianeta come meglio si pote. Per trarre quei ‘ricavi’ oggi sempre più alti e indispensabili per restare ( come s’usa dire ) al top.
E CHE MALE C’E’ NON ESSERE LA BRUTTA COPIA D’ALBIONE? Sono anni, decenni addirittura, che gli illuminati di questo Paese cercano di convincerci ad abbracciare altre culture. Soprattutto nordiche. A loro dire, più valide della nostra , rimasta ancorata ( per molti aspetti ) alla tradizione ( cattolica ) fortemente confutata qualche secolo fa dalla riformata, più pimpante, più creativa, più adeguata a raffigurare nuovi entusiasmanti orizzonti.
Nel calcio, ad esempio, vorrebbero trasformarci tutti quanti in anglofili, o meglio in copie più o meno ( fedeli ) del movimento d’Albione ( al momento) il più ampio, veduto e ricco del Pianeta. E sull’onda di queste convinzioni ( giuste o meno che siano) ci toccano, ad ogni piè sospinto, stressanti ‘ lavaggi di cervello’ per costringerci ad infilarci scarpe che non fatte per i nostri piedi.
La diversità calcistica ( e non soltanto) tra gli albionici e noi ce la spiega Mario Sconcerti : ‘ L‘Inghilterra ( del pallone) resta un eccezionale movimento, il più grande, ma paradossalmente senza la forza della storia, lei che ha inventato il calcio moderno. Forse gli inglesi amano più divertirsi che vincere, giocano quasi sempre un calcio spontaneo, duro e semplice. Amano ancora il principio del gioco, correre oltre il confine.
Per questo sono felici allo stadio e non ci hanno ancora colonizzati tutti, nonostante siano immersi nei soldi. E’ questa felicità un po’ elitaria e banale che li appaga e li tiene lontani dalla storia che hanno fondato. Il tempo peraltro dice che siamo vicini al Grande Cambiamento … Nel 2014 infatti si arriverà ad un ridimensionamento dei tornei nazionali ...’.
Romantico vero, amar la competizione in sè e non la vittoria. Traguardo da eletti. Vero, non vero? Certamente di tanta idealità continuano ad imbeversi i ( nostri) riformatori che, imperterriti, continuano a chiedere che un popolo ( per secoli) che ha tanto tribolato possa convincersi ( anche su un campo da gioco) a tornare ( si fa per dire ) al desco familiare a mani vuote, da perdente?
Forse i gentleman di Oxford e Cambridge arricchiti durante il breve splendore d’un impero ( semi) planetario, il piacere della competizione può averli abituati a coltivarlo più ancora della vittoria stessa. Sentori da cavalieri della Tavola rotonda.
Sentori che non è facile afferrare, e che (comunque ) messe così le cose diventano ( a noi) più comprensibili ( soprattutto) davanti a quelle ( enormi) folle ordinate e disposte ( sempre se sotto controllo, come non è stato in un passato non remoto ) a far da colorita e canterina scenografia ad un evento sportivo, qualsiasi esso sia, calcistico o rugbistico nell’ ispecie.
E’ dunque, codesto d’Albione, il modo migliore di vivere l’agonismo, locale e planetario ? Ma esiste davvero un modello ideale per ( meglio) celebrare un avvenimento sportivo ? Ne abbiamo le prove? Non del tutto? Allora, per favore, o illuminati, lasciateci ( d’0ra in poi) campare in santa pace. Senza cilicio. Con le nostre storie millenarie, con la nostra gente mai usata e doma.
Del resto, se dovessimo far scegliere al mondo tra una gogliardica regata sulle grigie acque del Tamigi di provati gentleman e una corsa selvaggia di puledri montati al pelo in piazza del Campo, proprio sotto l’ardita e bella torre del Mangia, siamo ( proprio) sicuri che il mondo sceglierebbe i primi e non la seconda? Già, siamo proprio sicuri ?
SI RIAPRE L’ OPERACION PUERTO? Questa volta ci ha colto di sorpresa un verticale taglio di spalla sul ‘Corrierone‘ dal titolo ‘ Nado Italia analizzerà le 211 sacche di sangue’. Riferito a quell’occasione mancata dell’antidoping mondiale che, qualche annetto fa, ha attraversato come una funesta e misteriosa meteora il cielo dello sport ( soprattutto) ispanico.
Sul fatto, tempo fa, la corte provinciale di Madrid aveva stabilito ( bontà sua) una sorta di ‘ diritto all’oblio’ ( in ispecie) per i clienti del ginecologo Fuentes a cui era stata indirizzata la ( famigerata e sospesa) ’ Operacion Puerto‘.
Nel febbraio 2006, ricordiamolo agli smemorati, una mirata azione giudiziaria ” deflagrò – spiega l’articolo citato a firma m.bon. – col sequestro di centinaia di plasma e sangue di quantità industriali di farmaci proibiti e di migliaia di pagine di documenti in codice grazie ai quali il misconosciuto ginecologo spagnolo teneva una contabilità rigorosa dei suoi clienti e dei loro trattamenti ( dall‘Epo all’Autoemotrasfusione).
Si parlò, allora, di decine di atleti coinvolti, ciclisti ma anche tennisti, cestisti, calciatori di fama e altri.
Ma a dispetto dei rumors e sigle sulle sacche decodificate con una certa affidabilità, l’unica attribuita tramite test del Dna e abile rogatoria del Coni fu quella che costò due anni di squalifica all’attuale campione del mondo delle due ruote, Valverde. Chi fossero gli altri ‘ trattati’, grazie all’inerzia della macchina giudiziaria e federale spagnola, non si è mai saputo”.
A dir il vero, trascorrendo un lungo lasso di tempo, anche noi ( ob torto collo) avevamo cominciato a mettere il cuore in pace.
Se non che, come fulmine a ciel sereno, è arrivata la news rivelata dal ( benemerito) quotidiano spagnolo As, che nel procedere ( come in precedenza deciso) alla distruzione ( completa e definitiva) del insolito materiale sequestrato, la 21a Corte Penale di Madrid ha offerto al Coni la possibilità di prelevare campioni dalle 211 sacche rimaste per determinare il Dna e dare ( finalmente) un nome e un cognome a quanti risulterebbero interessati. O coinvolti. Chiacchierati e non. Operanti o già in pensione.
Che sarebbero tanti. Tanti. Certamente più di quel che si supporrebbe. Con possibile terremoto in vista.
Che, come tutti i terremoti, a seconda della loro intensità, è ovvio, possono generare lutti e lacrime. Ma che altro fare? Vogliamo ‘ conoscere ‘ la ‘ verità ‘ storica delle cose o continuare ad inneggiare campioni che tali sono stati solo ( o soprattutto) per le ‘ magie’ del ginecologo dai poteri più ‘prodigiosi’ di quelli del vecchio druido di Obelix e Asterix ?
MA COME LEGGERE QUEI BILANCI ? Intanto, sulle cifre, le cifre dei bilanci delle società europee di calcio, non ci s’intende. Proprio. Proprio. Uno spara così, l’altro cosà.
Ad esempio, secondo la ‘rosea’ la Signora ha avuto un bilancio 2016/17 di 422 mln euro, contro i 676 dello United e i 675 del Real. Andando invece a rovistare su Google ( fonte Calcio e finanza) si evince ( e tutti possono evincerlo) che il bilancio 2016/17 della Signora è di 562 mln ca, contro 750 mln ca del Real.
Sempre dalla ‘rosea’ apprendiamo che il Barca sta per sfondare il muro del miliardo. Di dollari, però, non di euro. Nel bilancio sono state inserite ( ovvio) le plusvalenze legate alla vendita dei giocatori. Tipo Neymar, pagato dagli sceicchi spendaccioni 222 mln euro. Consentendo così al Barca di passare ( in un solo anno fiscale ) da 708 mln euro a 914 mln euro di incassi.
Dovessimo togliere però ai conti dei catalani i soldi da vendita giocatori, le cifre s’abbasserebbero e non di poco: 635 mln euro per lo scorso anno e 686 per quello appena concluso.
Morale: i due Panda spagnoli continuano a praticare il gioco dei bilanci che, al di là del tiqui taca, o dei fenomeni in uscita, sembrano indicare la loro terribile paura che gli anni d’oro stiano per esaurirsi. Con qualcun altro al di sotto dell’Alpe , pronto a (ri)prendersi il testimone. Suo per diversi decenni.
TITOLO PILOTI F1. Quinto titolo alla ditta Hamilton& Soci. Da ripartire.
TITOLO COSTRUTTORI F1. Titulo mondiale alla ditta ‘ Toto Wolff & Soci‘.
CAMPIONATO SERIE A.
DUE CIFRE. Due cifre( a margine) . Delle 62 Champions fino ad oggi assegnate, il Real se n’è aggiudicate 13 ( 16 finali), il Milan 7 ( 11 finali) e il Bayern 5 ( 10 finali), il Barca 5 (8 finali), l’Inter 3 ( 5 finali).
Nel totale le spagnole si sono aggiudicate 18 Champions ( 29 finali), le italiane 12 ( 26 finali). Tra gli allenatori ( in attività) vincitori di Champions in testa c’è il sor Carletto ( 3), seguito da Mou Mou e Guardiola (2). Di Pochettino e Klopp, citati non molto tempo tra i grandi allenatori del Pianeta da Sarri, al momento, non c’è traccia.
La più cara di sempre. La Ferrari 250 Gto Scaglietti del 1962 è stata battuta all’asta per 48.405.ooo dollari ( 41.771.660 euro) da Sotheby’s in California. Superato il record del 2014 di un’altra 250 Gto ( 38.115.000 dollari).
Prezzi per grandi capolavori dell’arte. In questo caso però non (esclusivamente) per un capolavoro, ma per il sogno ( probabilmente) più frequentato dell’immaginario ( non solo) sportivo
IL NO DEL GALLO. Detto del calcio, degli appuntamenti in Campionato, passiamo uno sguardo anche sugli altri eventi sportivi. Gallo dice no all’Italia. L‘Italia azzurra del basket. Deve preparare la stagione Nba. E ben ha risposto il Gallo, che come tutti i nostri ‘americani’ una volta che sono riusciti a far Bingo per varcare l’oceano e diventare milionari, di andare a mettere a repentaglio tanta ( inattesa) fortuna manco ci pensano . Patetica appare dunque la Federazione basket che continua a ’messaggiarli’ per convincerli del contrario.
Tra l’altro, se non andiamo errati, stando ai ( numerosi) precedenti, alla fin della veglia, ben se ne stiano dove sono approdati perchè il loro ’ritorno’ in azzurro ci risulta ogni volta più danno che utile. Non ce ne vogliano dunque il Gall0 e i suoi connazionali ‘americani‘, ma di italioti simili ne manteniamo a josa , per cui se vestire d’azzurro non garba loro ne facciamo volentieri a meno .
LO SPORT TRA DOLORE E GIOIA. Intanto diciamo subito che in altri tempi, la giornata dello sport avrebbe lasciato spazio alla giornata del dolore. E del silenzio, in segno di ( profondo) rispetto per quel dolore. Grande, inatteso, che ha colpito ( attraverso una città) un Paese intero. Ancora una volta alle prese con fragilità, incompetenze, vigliaccherie.
A pagare sono come sempre i soliti. Quelli che passavano sul ponte o per andare al lavoro, o per raggiungere la meta dell’agognata vacanza, o per portare conforto ad altri. I ’soliti’, insomma. Sui quali si stanno versando copiose lacrime da coccodrillo, perchè di questi problemi sono sempre meno quelli che se ne assumono il carico onde evitare che abbiano a ripetersi.
E, in ispecie, che abbiano a ‘bloccare‘ la vita nel suo spontaneo e gioioso manifestarsi, con un occhio al passato e un altro al futuro. Che resta pur sempre il metodo migliore per andare incontro alle ‘necessità inderogabili’ del progresso senza ignorare le ‘ i sofferti , geniali e generosi lasciti ‘ del nostro ( incommensurabile) passato.
GUAI PER L’ OLIGARCA RUSSO ABRAMOVICH. Titola la ‘rosea’: ‘Guai Abramovich. Chelsea in vendita ( per 4,5 mld)’. Per lui accuse di riciclaggio e contatti con la criminalità. Dopo l’Inghilterra anche la Svizzera rifiuta visto e certificato di residenza.
L’Europa occidentale sta chiudendo ( come da più parti più volte auspicato) le porte agli oligarchi russi, in particolare quelli maggiormente in vista e chiacchierati.
Il ‘no’ elvetico è maturato dopo l’esame di un rapporto curato dalla polizia, in cui sono state sollevate una serie di preoccupazioni sul milionario russo, tra le quali ( appunto) il ‘sospetto di riciclaggio di denaro e presunti contatti con organizzazioni criminali’. Non solo, nel report si sostiene inoltre che ‘ i beni del richiedente sono almeno in parte di origine illegale‘. La conclusione è che Abramovich rappresenta ‘ una minaccia per la sicurezza pubblica e un rischio di reputazione per il Paese se diventasse residente‘.
APPELLI. Ennesimo appello: lasciate in pace Filippo Tortu, 19 anni, già a 9”99 nei cento. Gran tempo per noi, ma non ancora l’eccellenza mondiale, per cui lasciatelo crescere come si deve. Che, questo, le ali per volare alto ( anche 100 e 200 m) ce le ha, eccome. Del resto ( da che tempo e tempo) nel Belpaese quando nascono prodigi o sono assoluti oppure non s’en tornano (mestamente) nell’anonimato. E inoltre, che lo alleni il padre o il filosofo Aristotele poco importa.
Se la classe non è acqua difficile, molto difficile, è perderla per strada per questioni ( per molti aspetti) marginali.
Stesso appello va fatto per la giovanissima saltatrice in lungo Larissa Japicino, figlia d’arte, figlia di Fiona May ( 3 mondiali, 2 argenti olimpici). Di recente a Rieti ha saltato 6,38 m , nuovo primato italiano di categoria. E così dicasi pure per Simo Quadarella, 19 anni, tre ori agli Europei di nuoto, che per mantenere la giusta rotta non ha ( di certo) bisogno di ’rompiscatole’ attorno.
DIRITTI TIVU’ SERIE A PER SKY E PERFORM. Deposito delle offerte. Niente in arrivo da Medioapro e Tim. Nel pomeriggio invece sono apparsi i rilanci, con l’uscita di Mediaset. Sky ha sborsato 780 mln annui, mentre Perform ne ha tirati fuori 193 mln, che in totale fanno 973 mln. Non male.
E infatti anche se sotto 1,1 mld preventivati a loro due sono andati i diritti tivù per il triennio 2018/2021. Sky e Perform si sono aggiudicati i diritti tivù in esclusiva per tutte le piattaforme.
L’emittente di Murdoch potrà accordarsi ora con Mediaset per estendere ad alcune partite della Serie A quella intesa commerciale in base alla quale ci si è scambiati diversi contenuti tra satellite e digitale terrestre.
Da aggiungere che alla cifra complessiva di 973 mln vanno aggiunti ( per dirla tutta) 150 mln di bonus che ballando rendendo un poco complicato il confronto con i concorrenti esteri. La Premier, ad esempio, ciclo 2019/2022, porta a casa 1,7 mld annui ( oltre 200 mln in meno rispetto al precedente accordo); la Bundes, in crescita, 1,16 mln ; la Liga, al momento è ferma a 911 mln, ma attende il rinnovo; la Ligue, pur avendo un minor appeal commerciale delle altre leghe, grazie alla ‘ripudiata’ Mediapro, schizza a quota 1,153 mld. Tutti da riscuotere, però, quei danari, visto il comportamento tenuto dagli spagnoli con la nostra Lega.
Facendo una sintesi, se anche i bonus previsti andranno al posto giusto, il calcio italiano dovrebbe mettere in bisaccia qualcosa come 1,123 mld di diritti domestici.
Ai quali vanno aggiunti i diritti esteri, che (finalmente) curati a dovere potranno aggiungere altro prezioso sangue nelle esauste vene del calcio nazionale. Forse altri 300 mln. Forse 400 mln. Come assicura Tavecchio. Che ci porterebbero ( più o meno) al livello altrui. Non male. E comunque non tale da farci (ri)addormentare sugli allori. Soprattutto per la vendita d’immagine al Mondo. Dove i margini di crescita sono notevoli. Anche se per noi il problema cronico ed essenziale degli stadi.
AGGIORNAMENTI. Secondo uno studio Kpmg questi sono i ricconi d’Europa: United ( valore 3.2 mld, proprietà americana), Real (2,900 mld, proprietà ispanica), Barca ( 2,800 mld, proprietà ispanica), Bayern ( 2,5 mld, proprietà tedesca), Manchester City ( 2,1 mld, proprietà araba), Arsenal ( 2,1 mld, proprietà?), Chelsea ( 1,7 mld, proprietà russa), Liverpool ( 1,580 mld, proprietà americana), Juve ( 1,300 mld, proprietà italiana), Tottenham( 1,3 mld, proprietà, in trattativa con americani) , Psg ( 1,12 mln, proprietà araba). Le altre italiane: Napoli ( 518 mln), Milan ( 514 mln) e Inter ( 491 mln). Delle italiane solo la Juve ha uno stadio di sua proprietà. Gli altri restano ‘ in affitto‘. Poareti.
Delle prime 11, a parte i due Panda ispanici, e l’ eccezione Bayern , siamo davanti ad una invasione albionica. Con sei inglesi. I cui capitali giungono, in ispecie, da Usa ( United, Liverpool, Tottenham), Russia ( Chelsea) e Qatar ( City).
E mentre gli americani dell’United sono personaggi del bussines, quello del Chelsea ( Abramovich) appartiene ad una ondata di circa 700 ricconi russi che che dopo il disfacimento dell’Urss hanno messo radici in Gran Bretagna. Non mancano in Albione gli ’spendaccioni’ arabi, questa volta proprietari del City.
Sempre arabi sono i padroni del Psg, undicesima in classifica, squadra di punta del campionato francese. ( Forse) agli inglesi, di inglese, se non andiamo errati, resta l‘Arsenal. Forse. E comunque vien da chiedersi se tutto questo ‘cedere al migliore offerente‘ sia da considerarsi un progresso o qualcos’ altro.
Talvolta i mercati, e le cifre relative, illudono. E quel che ( a prima vista) sembra un affare in realtà ( nel breve volgere di qualche anno) si rivela un disastro. Certo è, dicevano i vecchi, che colui che vende il suo patrimonio preoccupa sempre di più di colui che acquista per ingrossarlo, il suo patrimonio.
Ultime: nel rankink Uefa.
Ranking Uefa aggiornato al 15 marzo 2018
Ecco il ranking Uefa generale (prime dieci posizioni) col quale verranno distribuiti i posti nella prossima Champions ed Europa League: 1) Spagna 103,998; 2) Inghilterra 77,748; 3) Italia 74,749; 4) Germania 70,427; 5) Francia 55,415; 6) Russia 53,182; 7) Portogallo 46,915.
Nota: secondo altra recentissima fonte, citata sulla ‘rosea‘, la distanza tra Inghilterra e Italia, ovvero Premier e Serie A, al momento, non arriva al punto intero. Con posizioni dunque ampiamente colmabili. E infatti, ufficiosamte, dopo i primi turni di Coppe, la Serie A dovrebbe avere scavalcato la Premier.
BLOCK NOTES.
LA MADRE DI TUTTE LE BATTAGLIE. Dieci anni fa la Serie A era appaiata a Liga e Bundes: 1,4 mld di fatturato o testa, poco più poco meno, mentre la Premier faceva già storia a sè ( 2,4 mld). Dopodichè, mentre gli altri sarebbero cresciuti a dismisura, noi ci siamo solo arrabattati, sanza infamia e sanza lodo, sanza adeguati governi e sanza nuovi impianti, sanza gente capace e sanza innovazioni, retrocedendo ad ogni giorno di più verso zone di margine. Continuiamo a precedere Ligue 1, ma è poca cosa se confrontiamo le nostre storiche potenzialità con questa e con le altre leghe.
E comunque cominciamo a capire qualcosa su quei dati che la ’rosea’ nel suo inserto Gazzamondo cerca di riepilogare. Per la ’rosea’ la Premier ( che conta su un audience potenziale di 4,7 mld) va all’incasso di 1950 mln di introiti domestici ( 2016/2019) oltre a 1,3 mln di introiti esteri ( 2016/2019). La Liga ( in crescita continua) incassa 911 mln di diritti domestici ( 2016/2019) e e 665 mln esteri; la Bundes, conta 1160 mln di diritti domestici e 240 mln di diritti esteri. Se non abbiamo mal interpretato, la Premier vale ( nel suo complesso) 5,237 mld, la Liga 2,872 mld e la Bundes 2,793. Noi? Che contiamo noi? Presto detto: solo 2,267 mld.
Con distanza non siderale dal’Altrove, come cercano di far credere gli esterofili, ma notevole e ( comunque) con possibilità di colmare. Le strategie delle leghe differiscono in maniera esemplare. Viaggiano da isolani quelli d’Albione, favoriti dalla diffusione della lingua inglese; delegano Liga e Bundes, intanto (ri)strutturatasi con apparati adeguati e di certo molti più folti ed agguerriti del nostro. Che è tuttora senza governance.
In mezzo a polemiche senza fine, agguati e veleni. Da ‘ sventurati’ italici. Una volta maestri ed ora assuefatti al ‘servaggio ostello’. In fondo a questo ns foglio mediatico abbiamo lasciato una ridotta e umile ricerca su quel che ha condotto il paese più ricco e creativo al Mondo a quello che è. Con grandi potenzialità inespresse. Qua e là, dovunque. Potendo, le si dia un’occhiata. La malattia della ’non aurea mediocritas’ dopo secoli di genialità ci attanaglia. Qui, ormai, fan tutti a gara a fingersi geni.
Un pallido imberbe di trent’anni che da commesso vuol diventare premier; un tracagnotto della Brembana che si dice pronto a governare un Paese che manco i Cesari riuscivano a tenere sotto controllo; un vecchietto in continuo restyling che di tutti ‘ dice mal fuorchè di stesso’. E ci fermiano qui. Anche perchè così è, se vi pare, nella politica, ma anche nello sport. Nel calcio. Dove ( preziose) pepite d’oro si trasformano ( nostro malgrado) in ( inutile) ferraglia, inesorabilmente, ad ogni ora di più. La ‘rosea’ ci invita a reagire. Cominci lei a farlo. Come? Intanto pretendendo ( con la forza del suo antico e diffuso prestigio) pulizia, laddove il degrado regna ( da anni) sovrano. Fatti e non pagine di giornale.
VANNO E RITORNANO. Come ai tempi dei romani conquistatori del Mondo che non appena potevano si concedevano una vacanza-premio nell’ Hellade conquistata, anche i nostri del calcio appena possono valicano l’Alpe e ( più oltre ancora) la Manica, per andarsi ad assestare in uno di quei campionati di cui si va favoleggiando da qualche lustro nel Belpaese. Che sembra aver perso la speranza ( e la stima) di sè. Un po’ dovunque, e non solo nella disciplina regina. Ai nostri giovani, infatti, pedatori o no che siano, li si invita ad andarsene, qua e là, dove sono spuntati Eldorado luccicanti e ricolmi di speranze. E così i nostri lasciano i loro stazzi – parafrasando il poeta d’Abruzzo - per andare verso Altrove. Nel pianeta calcio, una decina d’anni fa autore d’un indimenticabile triplete, la smania è forte.
L’avvertono tutti, anche i Montella, e partono, con il loro scarso possesso delle lingue straniere, gli zainetti sulle spalle ricolmi d’ogni raccomandazione paterna/materna, per cercare gloria e danari. In fondo, ad impedirglielo, che risultato s’otterrebbe? Si rinsavirebbero? Forse sì o forse no, proprio no. Meglio ( allora) lasciarli fare, meglio ( logico) fargli fare da soli le ossa, meglio seguirli senza abbandonarli al loro destino come padre/madre ( dolorosamente) amorevoli fanno.
Tanto più che le cose poi, gira e rigira, si assestano da sole. Spontaneamente. Date un’occhiata ai migranti del calcio e cominciate a stilare ( aggiornati) resoconti. Con tanto di ( relative) riflessioni.
Con costoro: Carletto, 58 anni, esonerato dal Bayern; Prandelli, 60 anni, vittima dell’ ennesima sfortunata avventura all’Estero, ( pure lui) esonerato all’Al Nasr; Carrera, 53 anni, che dopo aver vinto un campionato russo quest’anno ( a -8 dalla capolista) difficilmente resterà allo Spartak ; Montella, finalista di Copa, ma che in Liga ha saputo viaggiare con l’incedere delle luci dell’albero di Natale, tipo Milan, s’è fatto licenziare in tronco dopo una manciata di tempo dall’ambizioso Siviglia ; Stramaccioni, 42 anni, allo Spartak Praga dal 2017 , ma che quest’anno poco brilla al punto che il suo esonero sembra ( già ) scritto; Tramezzani, 47 anni, appena quattro mesi sulla panchina del Sion prima d’essere licenziato. Ultima, in ordine di tempo, c’è da registrare l’avventura del buon Ranieri, conclusa, perchè esonerato dal Nantes.
Questi sono solo alcuni dei nostri migranti partiti, tornati o sul punto di tornare. A loro andrebbe aggiunto il più celebre del momento, quel Conte Dracula finito prigioniero in Premier dentro una gabbia dorata, e che altro non sogna che di tornare a respirare l’aria generosa del suo Paese. Che quando si parla di calcio, pur con tutte le sventure e i ritardi che tiene sulla groppa, evidentemente, poco o nulla ha da invidiare all’Altrove.
Tanto più che i soldi stanno tornando. E allora cari Allegri ( che va scrivendo un’epopea immortale con la Signora) e Sarri ( che ha riacceso il fuoco nel cuore d’un popolo straordinario), di che vi fate lusingare? Di qualche ingaggio che vi sistemi per le prossime cinque generazioni? Ma dove mai? Suvvia, anche qui, da noi, non è che vi trattino così male. Sarri, però, non ci ha ascoltato ed è volato, trepidante, in quella d’Albione. Saluti e baci. E i nostri più affettuosi auguri.
FLASH BACK. CAMPIONATO DI CALCIO SERIE A 2017/2018.
RISULTATI. 38^ e ultima giornata di Serie A 2017 , così i verdetti sull’Europa e la salvezza: l’Inter vince 3-2 all’Olimpico, scavalca la Lazio e conquista il 4° posto e la qualificazione alla Champions. Roma 3^ grazie alla vittoria col Sassuolo. Il Milan batte 5-1 la Fiorentina e si conquista il 6° posto, qualificandosi direttamente per l’Europa League. Atalanta (ko 1-0 a Cagliari) ai preliminari. Record di punti (91) per il Napoli, retrocedono in Serie B con il Crotone, Verona e Benevento.
CLASSIFICA 38a GIORNATA. Juve, punti 95; Napoli 91; Roma 77; Inter 72; Lazio 71; Milan 64; Atalanta 60 … Crotone 35, Verona 25, Benevento 21.
MARCATORI 38a GIORNATA. 29 reti, Icardi (6, Inter) 29 reti Immobile ( 7, Lazio), 22 Dybala ( 3, Juventus).
COPPE EUROPEE. Finale Champions 2017 ( Kiev): Real ( 3-1 al Liverpool) ; finale Uefa: Atletico Madrid ( 3-0 al Marsiglia).
Statistiche. Nelle 62 Coppe dalle grandi orecchie ( Champions dal 1992) finora disputate la presenza italica è la più significativa. Sarà bene (ri)sottolinearlo, anche perchè da noi abita la popolazione ( probabilmente) più smemorata al mondo. Ebbene, gli almanacchi dicon questo: l’Italia ( prima) è andata in finale 27 volte ( 43,54 %) e la Spagna ( seconda) 25 volte ( 40,32%).
Seguono a distanza le altre nazioni. Per noi in finale sono andati: Milan 11 volte ( 7 vincente), Juve 9 volte ( 2 vincente), Inter 5 volte ( 3 vincente), Fiorentina 1 volta ( mai vincente), Roma 1 volta ( mai vincente), Samp 1 volta ( mai vincente). Infine (sempre) per gli almanacchi, in finale di Coppa Italia 2018 vanno Juve e Milan.
PREMIER A MANO ARMATA. Nel mercato invernale 2017 è stata la Cina a farla da padrona. Con una spesa di circa 500 mln di euro. Non a caso, visto che secondo uno studio del Soccerer footbal finance 100 sui top club dal punto di vista del valore della rosa, delle immobilizzazioni, del cash, del potenziale di investimento e del debito, i cinesi valgono già il 15% del fatturato totale.
Lo studio conferma anche un dato ormai evidente: ovvero, che sono i club inglesi che ( al momento) più possono spendere. Cinque delle prime dieci posizioni di Soccerex sono inglesi, 8 nelle prime 30.
E qui ( quella ribattezzata ) Qatar City dello sceicco Mansur potrebbe spendere ( da subito ) fino a 788 mln ( se non ci fosse il fair play Uefa). Negli ultimi anni gli spendaccioni del deserto hanno distribuito 880 mln in acquisti. Stesso discorso vale per l’altra squadra quataregna in Europa ( anch’essa ribatezzata) Qatar Psg, che ha una base d’investimento di 1 miliardo e che negli ultimi anni di Ligue ha speso più d’altri( 135 mln contro i 50 del Monaco).
Tra le squadre d’Albione, la società che potrebbe spendere di più è l’Arsenal ( seconda dietro al Qatar City) con 766 mln di sterline disponibili, 500 mln di liquidi e 8 mln di debiti. Il Chelsea invece è nella situazione opposta. Ma solo per un fatto contabile, in quanto i blues vantano un debito di 400 mln di sterline verso il proprietario Abramovich. Sommerso di debiti è anche il Manchester United del Mou Mou, a quota 563 mln di sterline di rosso.
Chi si trattiene ( Barca e Real a parte) sono le squadre di Liga che sul mercato invernale hanno investito 152,6 mln euro in totale. Ancor più parsimoniose sono le squadre di Bundes, Bayern compreso, che abitualmente non ricorre a gennaio per i suoi colpi migliori. Nella classifica degli spendaccioni ( se non abbiamo mal inteso) non ci siamo noi. Neppure con la danarosa Signora, e i suoi (appena) 29 mln. Finalmente!
LE FRASI CHE COLPISCONO.
* FRASE. Invita Neymar, attaccante Psg : ” La Premier? Tutti i migliori dovrebbero andarci!”.
COMMENTO. Che gli impipa al fantasista brasiliano di convogliare i meglio del meglio del calcio mondiale in Albione, forse, non lo sa manco lui. Si potrebbe pensare, per la solita questione portafoglio, visto che da quelle parti incassando di più elargiscono di più. Ma, forse, non si tratta solo di volgari danari, almeno per lui, anche perchè visto che poco o nulla ha rimediato ( prima) in Ispagna ( poi) in Francia, ( probabilmente) tenta di mantenere intatto il suo ( esagerato) prezzo andando ( andando a trovar ultime e migliori acque ) in Albione.
Sul calcio del Belpaese non s’è manco soffermato, anche se ( ultimamente) nonostante introiti ( e stadi) inferiori è balzato al secondo posto del ranking Uefa, elaborato esercizio ragionieristico per certificare chi più o chi meno si comporta scorrazzando sui verdi rettangoli da gioco. Diciamo pure che lui, e la sua costosissima azienda pedatoria, avrà fatto i suoi conti.
Che non saranno facili. Scontati, visto che duecento milioni di cartellino non glieli sborserebbero più manco da morti. Tanto meno nel Belpaese, che di geni do Brazil ne hanno ammirati tanti. Almemo quattro decine, da Sani a Kakà. Di certo infinitamente più ‘ maravigliao’ che lui.
* FRASE. Dice tale Perisic, attaccante Inter: ” Oggi penso all’Inter, ma il mio sogno è andare a giocare in Premier“.
COMMENTO. Tale Perisic, per quel che ci riguarda, può andare a sognare dove vuole. Ma ad uno che, avendo avuto in sorte l’immensa fortuna di essere chiamato alla ’Scala del calcio‘ per indossare una maglia tra le più prestigiose, chiede di andare a sognare Altrove, non esiteremmo a comprargli un biglietto ( di sola andata, ovvio, per soddisfarlo) . Tanto più che di ‘ luderi’alla Perisic la Beneamata ne ha visti talmente tanti, onde per cui di uno in più o in meno manco s’accorgerà.
Come Perisic altri che da noi calcano i nostri (vetusti) rettangoli verdi sognano l’Altrove. Il giovin Chiesa, ad esempio, che pur aggirandosi in una delle città della bellezza, aspira a parcheggiarsi in chissà quale grigia periferia londinese o atlantica.
Ma anche il buon Alex Sandro, a cui qualcuno ha messo in testa che al mondo esiste qualcosa di meglio della Beneamata e del suo esemplare contesto.
Lasciam perdere poi i mister, come i cari Sarri e Ranieri, che per farsi accettare in Albione altro non fanno che recitare ( ad ogni levar dei venti ) l’ omaggio vassallatico nei confronti dei novelli Signori d’Oltremanica. Per loro, infatti, oramai, è solo ’ Premier e soltanto Premier‘ . Peccato, però, che in Albione non sempre sappiano ricambiare cotanto ( piccicoso) affetto.
* FRASE. Pare che qualcuno abbia chiesto a Messi, ’ jus sanguinis‘ recanatese, se conoscesse qualcosa del paese dei suoi avi ( bisnonni o nonni). Leopardi, ad esempio. Lui sembra avere risposto ” Leopardi, ma chi è costui? Non lo conosco! “.
COMMENTO. Che Messi sbagli qualche gol ci può stare, anche perchè Eupalla è un po’ beffarda. Ma che non sappia nulla, ma proprio nulla, da qual contrada e ceppo provenga, e finanche di quel tizio cantore di Silvia, no, questo non possiamo proprio concederglielo.
Quando è troppo è troppo! Anche perchè non è ora di finirla con questi emigrati italiani che una volta sistemati in Altrove sembrano mostrar più vergogna che orgoglio d’ essere figli dei Cesari o dei Medici; dei Colombo o dei Vespucci; dei Dante e dei Leopardi; dei Leonardo e dei Michelangelo; dei Galilei e dei Fermi; dei Verdi e dei Puccini etc etc etc ?
E finanche, restando sul genere, di’ una nazionale di calcio che reca quattro stelle sul petto dopo avere sfiorato la quinta in altrettante occasioni? Non diranno mica che stanno a corto di argomenti? Di risposte? O meglio, di ragioni per gonfiare il petto?
Eppoi se proprio, proprio, i connazionali ’ ius soli‘ argentini insistono perchè si fanno raccontare di quanti ’ jus sanguinis’ italo-argentini hanno onorato la Seleccion? Dicasi : Di Stefano, Sivori, Angelillo, Maschio, Maradona, Bati, Zanetti, Milito … etc etc etc
Mai sentiti nominare, caro Messi? In questa, ci consenta un suggerimento: perchè non li va a trovare, i ‘suoi’ di Recanati? Intanto le potrebbero colmare quell’orribile ’buco nero‘ su Leopardi che si porta appresso. Eppoi non è detto che i ‘ suoi’ , magari con senso di colpa postumo, non abbiano a triburagli affetto e a mostrasi orgogliosi d’ avere dato luogo ad ‘ un impasto‘ che ‘messo in cottura’ in altra parte del Pianeta ha poi ’ sfornato’ un altro numero uno.
* FRASE. Todt, presidente Fia, analizza la ‘mossa‘ Mercedes in Russia e dice: ” Scelta giusta, polemica inutile”.
COMMENTO. Quanto dice il piccolo tortignacolo francofono, che sedendo mirando dalla sua bella poltrona ‘ giunta in dono’ dopo una lunga e gloriosa militanza con Maranello, è più o meno quanto disse il lupo all’agnello in quella celebre fiaba di molti secoli fa. Davanti alla prepotenza, infatti, il mite non può che soccombere. Lo sapevamo, ed è per questo che va intesa ‘inutile’ la polemica dei tifosi della ‘rossa’.
Cioè ininfluente, visto che nè Todt nè i potenti di quel gran circus hanno intenzione di ascoltarla. Anzi, potessero, la penalizzerebbero, anche economicamente. Ma solo per tutto questo, però, perchè sapere che si assegna un titolo ad un singolo quando a guadagnarselo sono in tanti e tutti ben direzionati, ci sembra il frutto maldestro ( e non unico) di una attuale ‘infelice’ gestione dello sport dell’auto da corsa. Dei suoi personaggi, delle sue leggende.
( Ndr) Per quel che ci riguarda, ‘ animus pugnandi‘ di questo genere li lasciamo a Todt e a quanti, altri come lui, o più di lui, le apprezzano. Noi, quattro gatti spelacchiati, d’ora in avanti ci limiteremo a cambiar canale.
- FRASE. Ha detto Alessandro Florenzi, 27 anni, dopo il rinnovo fino al 2023 con la ‘sua’ Roma ” Meglio l’amore dei soldi“.
COMMENTO. C’è chi prende queste frasi con le molle. Perchè da tempo ha smesso di credere che il ‘mistero’ uomo è alimentato da qualcos’altro che non sono i danari. Quelli semmai servono a tradire il giusto, per mandarlo alla crocefissione. E comunque Ale, se avesse ragionato mettendo la mano in tasca, avrebbe optato per altri lidi, ben lontani dall’ombra del Cupolone. Eppure, lui, come altri suoi maestri, grandi maestri, alla fin della conta, non ha esitato a restare qua e a non andare là. Dove? Nel vasto Altrove, da dove come quelli di Ulisse sono in pochi a tornare per riabbracciare la vecchia, cara, madre Itaca.
- FRASE. Dice Sarri, fresco mister del Chelsea: ” Sono venuto nel Campionato con i migliori allenatori d‘Europa e del Mondo : Pochettino, Klopp, Mourino e Guardiola … “.
COMMENTO. Che la Premier sia un campionato ( nel suo insieme) al top, ci può (anche) stare. Ma che ospiti (tutti ) i migliori allenatori della Terra, non ci sentiamo di condividere. Affatto. Intanto perchè quel tal Carletto da Parma che è andato a sostituirlo al Napoli, presenta un tale curriculum che i citati dal buon Sarri ( Guardiola, a parte) possono ( al momento) soltanto sognare.
Inoltre il Campionato che, lui, come tanti altri ha generosamente cresciuto e valorizzato, crediamo disponga tuttora di tecnici che poco o nulla hanno da invidiare ai citati ( e non citati) del buon Sarri. Conte ( disoccupato) a parte, che le ultime ciance danno in arrivo al Milan, e il Mancio relegato alla Nazionale, non si può certo cacciare nel limbo gente di valore come Allegri, Di Francesco, Gasperini, Giampaolo, etc. etc. I quali, purtroppo per noi, potrebbero ( sicuramente) far la loro gran bella figura in Premier e non solo. Maurizietto , facciamo così: lei pensa alla Zarina e noi al resto?
- FRASE. Ha detto Toto Wolff ( team principal Mercedes) ” E’ la seconda volta che un loro pilota butta fuori un nostro pilota: ci stiamo stancando”.
COMMENTO. Parlare con degli smemorati è sempre arduo. Questi, anche se commettono atrocità infami, dopo un poco, le obliano. Come non fossero mai avvenute. Lo fanno per le cose serie, figuriamoci per quelle non serie. Sono fatti così, che volete farci? Caricarli in blocco, come facevano gli antichi, metterli in mare e spingerli ad andarsi a cercare lidi vergini su qualche pianeta della galassia?
- Toto, lei si è stancato per due volte, pensi quanto dovremmo esserlo noi che di ‘volte ne abbiamo dovute subire a josa. Da un lustro, almeno. Ha mai pensato ( e chiesto) al suo reuccio qual titolo avrebbe potuto mettere in saccoccia ( diciamo) lo scorso anno se tra voi in primis e tra gli altri di sponda aveste ‘ lasciato in pace ’ l’invidiabile ’ rossa‘?
Di recente, un suo conterraneo, d’animo magnanimo e grato, schernì Maranello consigliandogli di mettersi a cucinare un piatto di spaghetti piuttosto che fare un auto. Giusto, sbagliato? La risposta, Toto, se la dia da solo. Intanto noi, abbracciamo un tedesco che ci piace. Molto. Un fratello d‘Italia ( e d‘Europa). ” Velocità, tecnologia, alettoni e cambio gomme: tutto bello – dice Stefano Boldrini-, ma alla fine il cuore dei tifosi batte per la ‘rossa’ e per chi la guida”.
- FRASE. Il solito capiscione tra i (tanti) chiacchieroni di 7 Gold: ” Per me non andremo manco al prossimo Mondiale. L’Italia non ha talenti e il Mancio poco o nulla potrà incidere”.
- COMMENTO. Se il mondo, lo sport, il calcio, dovessero costruire il loro futuro tramite le ciacole al vento che s’alzano ( reiterate) in certi consessi, staremmo freschi. Qui, quel che conta, infatti, è ciacolare. A ruota libera. Senza preoccupazione alcuna, se non quella dell’audience. Sui loro vaticini, poi, c’è da credergli quanto quelli della Sibilla cumana. Infatti, pur con tutto il rispetto per il diritto di liberamente ciacolare, non crediamo affatto di non esserci ( nel frattempo) forniti di buoni giovani. Da far crescere, certo, a puntino, come sta ripromettendosi di fare il nostro (audace ) Mancio,al quale vorremmo solo suggerirgli di tapparsi le orecchie davanti a cotali sirene e sirenette. Un po’ come fece Ulisse. Per portarci, poi, forti e pimpanti, a gioire della dolce Itaca.
- FRASE. Sergio Ramos, amato killer ( calcisticamente parlando) dei Blancos dice : ” Ammiro Maradona, un grande. Ma tra lui e Messi ci sono anni luce; con Messi, sì, il migliore di sempre”.
COMMENTO. Ognuno ovviamente si tiene le opinioni che crede. Noi ad esempio pensiamo che quel feroce ‘ scassinatore’ di avversari da rendere inoffensivi, bocciato in storia, non veda oltre le sue bravate. Parlasse di quelle, forse, l’ascolteremmo pure; ma se si mette a spaziare oltre il suo (limitato) orizzonte, meglio lasciarlo perdere. Anzi, meglio tenerlo d’occhio, per impedirgli ( alla prossima occasione) di trattare qualcun altro come quel poveraccio di Salah, che oltre al danno col Liverpool s’è dovuto sorbire anche la beffa di non aver potuto difendere come avrebbe voluto il suo dolce Egitto ai Mondiali di Russia.
* FRASE. Ventura, ex ct azzurro, dice: ” Sono stato il capro espiatorio di colpe non (solo) mie”.
COMMENTO. Che il ct Ventura sia o no (diventato) capro espiatorio non ci interessa affatto. Siam dell’avviso che di maldestri è zeppo il calcio nostrano. Sappia però che, a torto o a ragione, pur con tutta la clemenza possibile che gli potrà essere riservata, il suo prorompente corpaccione non potrà che restare per sempre legato ad una delle pagine più nere del calcio italiano. E’ inevitabile. E’ nell’ordine dei fatti. Allora, piuttosto che dare l’impressione di volersi salvare alla Schettino, se ne faccia una ragione. Con un filo d’autocritica. Dignitosamente. Silenziosamente. E la chiuda là. Forse qualcuno potrà anche dimenticarlo.
FRASE. Thiago Silva: ” Il Milan è nel mio cuore e lo sarà sempre. Sarebbe bello chiudere la carriera in rossonero”.
COMMENTO. Una volta tanto, dal caro e colorito Brazil, giunge una voce non condizionata dalla pioggia di danari che stanno affogando lo bello sport del pallone. Un abbraccio Thiago, colà, ti aspettano ( sempre) a braccia aperte.
FRASE. Sul ventilato trasferimento di CR7 “ Queste cifre nessuno, in Italia, può permettersele”.
COMMENTO. Ci mancherebbe. E chi vuole andare ad aggiungersi a quei tre o quattro panda superprotetti che sborsano soldi a palate senza che nessuno gliene chieda la provenienza? Per CR7 non abbiamo sentito cifre. Per Neymar invece sì. Il Florentino padre padrone dei Blancos avrebbe messo in bilancio 600 mln per l’acquisto del giocatore, 300 solo per l’ingaggio. Un investimento folle, anche per una squadra abituata al perpetuo nel rosso come quella madridista e che ( sia pur) con 7,5 mln di fatturato ca, quei sonori esborsi di danari ( in un modo o nell’altro ) dovrà fare rientrare.
Che poi il giovin fenomeno carioca vada a finire come l’altro più stagionato fenomeno gallese, strapagato pure lui, e che in un anno è riuscito a trovare ( più o meno) soltanto un ferro da cavallo con una rovesciata acrobatica in finale Champions contro quegli sfigati dei Reeds, questo è tutto da vedere. Piuttosto, quando, da noi, si pronunciano certe frasi, sembra d’avvertire il transfert d’un piacere per altri che si vorrebbe nostro. Non siamo tutti uguali al Mondo. Vero. Ma a noi ( sinceramente) non sovviene piacere alcuno, soprattutto, per immedesimazione. Anzi, che fortunati siamo non aggirarci più tra ’ ricchi scemi’ pronti a svenarsi pur di accasare ( presunti) fenomeni che tali sono solo per chi ha preso l’abitudine ( fair play consenziente o impotente) di saccheggiare sistematicamente questo sport ( ancora) alimentato dalla passione popolare!
FRASE. Balo dice ” E’ ora che l’Italia accetti l’integrazione. Come già altri paesi europei”.
COMMENTO. E’ ora, invece, che sia lui a crescere. Sul serio e non solo sul campo. Intanto gli altri, tutti quelli che gli fanno corona, se veramente ce l’hanno a cuore, lo stimolino a vedere le cose nella sua ( possibile) veridicità. Anticamera a pensieri e comportamenti corretti. Si è infatti chiesto il nostro Balo che fine avrebbero fatto le decine e decine di migliaia di poveracci che sono approdate ( soprattutto) sulle nostre isole in questi ultimi anni? Da qual paese d’Europa da lui citati sono stati soccorsi, curati ed ospitati se non dalla ’razzista’ Italia?
Che qualche ‘frangia‘ di insulsi oscurantisti ce l’ha pure, ma sono sempre quelli e lontani dalla stragrande maggioranza di un popolo di 62 mln di persone. Il suo caso personale , in questo senso, dovrebbe avergli insegnato qualcosa. Semmai, si sforzi il Balo di dare il meglio di sè in campo e fuori. Chè sono agli esempi concreti e non i predicatori che la gente antica del Belpaese più rispetta. Ammira. Ama.
FRASE. Zizou dice: ” Vi spiega il mondo Real. Tanto lavoro, unità e grandi giocatori, questa la ricetta vincente”.
COMMENTO. Sicuro, Zizou, di non esserti dimenticato qualcosa? Gli arbitri, ad esempio, ma anche la dieta alimentare dei tuoi ( ex) galacticos, che nei grandi appuntamenti mettono le ali? E di Florentino che dici? Guarda che a lui fanno ombra anche i fili di seta d’improvvido baco. Attento.
FRASE. Rivela monsieur Platini ” Sì, visto che la finale più attesa era Francia e Brasile, abbiamo pensato bene di concederla. Ovviamente tramite qualche (innocente) trucchetto”.
COMMENTO. Che qualcuno in alto abbia (finalmente) ammesso quello che tutti non pensiamo allorquando i santoni del sorteggio frullano quelle palline, è cosa buona e santa. Ora aspettiamo che qualcun altro, con lo stesso coraggio, e senza ironia, ci venga a spiegare come mai in certi campionati, e nelle manifestazioni internazionali ( Champions in testa), c’è gente che vola. Senza tirare il fiato. Che mangia: bresaola o stoccafisso?
- FRASE. Blancos infuriati: verso chi parla di ‘furto’ parte la querela.
- COMMENTO. Non devono essere messi bene da quelle parti. Perchè, se per ‘reprimere’ diversità di vedute ( inevitabili nel calcio) si rivolgono ai legali, devono essere (davvero) sull’orlo d’una crisi di nervi. Peraltro mai vista, al monumentale Bernabeu. E comunque ammesso e non concesso che riescano a rintracciare i milioni e milioni di quanti sono inorriditi davanti alla (incauta o fraudolenta? ) decisione del giovane arbitro inglese, che faranno in futuro? Mica vorranno aggiungere allo staff di giacchette nere anche un pool di legali? Eppoi, vogliono o no ‘sto VAR?
- FRASE. Dice Andrea Agnelli, 42 anni, presidente Juventus ” Oggi l’arbitro non ha capito nulla. Ma il discorso va più esteso. Serve la Var anche in Europa. Collina e la sua vanità vanno a colpire le squadre italiane per una designazione imparziale. Un designatore va cambiato ogni tre o cinque anni. Per avere una evidente imparzialità si va a colpire le italiane in maniera quasi scientifica”.
COMMENTO. Che l’arbitro ‘pattumiera‘ inglese sia servito ad eliminare la Juve è stato fin troppo chiaro. E inquietante. Tanto più che, come dice il presidente bianconero, dovrebbe essere stato un italiano, tale Collina, a cacciarlo tra i piedi dell’orgogliosa Signora. Ma Collina, a quanto pare, non è nuovo a queste prestazioni. Le squadre italiane infatti e non solo la Juve, in proposito, hanno una lunga serie di ‘ furti‘ da reclamare. E non a causa del solito, manipolato, sfruttato, vittimismo. Milan, Lazio, Roma hanno smoccolato ad josa davanti a direttori di gara che hanno ‘ pilotato’ gli incontri a loro ( insindacabile e univoco ) ‘modo di vedere’. E questo rattrista. Perchè quella fiducia finora riposta nelle istituzioni europee del calcio va visibilmente scemando. E non solo da noi. Infatti andate a chiedere a Rumenigge cosa pensa dell’ultimo confronto tra la sua corazzata e quella del ‘onnipresente’ Florentino. Collezionista ( ad oltranza) di Coppe, Trofei e Palloni d’oro ( ormai sempre meno credibili).
FRASE. Zinedine Zidane, ct del Real, dice: ” Dicono tutti(?) che il rigore fosse netto”. Rincara il suo baldo campione noto come CR7 ” Non capisco le loro proteste: senza fallo Vasquez avrebbe segnato”.
COMMENTO. Due frasi per una.Intanto pensavamo che in quel calderone a strapiombo sul campo da gioco si fossero, col tempo, resi esperti nel valutare le prestazioni loro ed altrui. E anche i rigori, quando si danno e quando no. Sembra invece che le cose non stiano così. Sembra piuttosto che quelli di pallone capiscano solo quanto che gli va sul loro conto. Non l’avessero capita, la nobil Signora gli ha fornito una lectio magistralis di cui conservare eterna memoria.
Insomma quel rigore l’hanno visto solo loro. E comunque a parte l’arbitro ‘pattumiera‘; a parte Vasquez; a parte il solito isterico puntero detto CR7, su quello stadio vanno fiorendo storie strane. Da verificare. Storie simili a leggende nere. Come ne sono nate, nel passato, su certi ambienti storici in cui a ‘gestire‘ potere, danaro e successo erano veleni e pugnali. In quel ‘ maledetto‘ impianto in fase di ristrutturazione, va a diffondersi infatti la convinzione d’averlo trasformato in una sorta di ‘ porto franco’ dove a legiferare sono loro e non altri. Non il calcio europeo. Non chi merita di vincere. Non chi gli fornisce ‘lezioni‘, ma solo chi gli scarica ( a comando) la sua ’pattumiera’.
* FRASE. Assicura Gianfranco Zola, 51 anni, ex calciatore: ” Inglesi più avanti. A noi manca il talento più che il denaro”.
COMMENTO. Non bastavano gli anglofili e don Capello, che s’è aggiunto anche il nostro Gianfranco al coro di quelli che vedono il nostro calcio morto e sepolto sotto una spessa coltre di diffusa mediocrità. Eppure, i lor signori, dovrebbero prima del flatus voci verificare quanto sta accadendo attorno ai loro preziosi occhietti. Perchè, se è vero che la Premier è la lega che incassa incassa di più, non altrettanto vero è che si la migliore visto che nell’ultimo turno di Coppe è riuscita a malapena a salvare in Champions due squadre ( City e Liverpool) in Uefa una ( Arsenal) . Come noi, che nel ranking Uefa gli stiamo appresso per una manciata di punticini.
Inoltre, che il City ( degli sceicchi spendaccioni e del Pep) sia una ‘ macchina da guerra imbattibile, è tutto da vedere; semmai, per la sua storia, tra le compagini d’Albione, ci parrebbe più insidioso il Liverpool, che comunque non è l’apice del calcio inglese e ( tantomeno) europeo. Se poi ci volessimo trasferire alle nazionali di sua Maestà, a parte il recente timido risveglio delle giovanili tutto da confermare, sono lustri che non le si vedono ai vertici del calcio mondiale. La loro nazionale maggiore, addirittura, madre di tutte le nazionali al Mondo, dopo avere ‘ rubacchiato’ un Mondiale in epoca preistorica, non s’è manco più affacciata sulle ribalte mondiali.
Dunque continuare a proporre a 360° gradi il modello Premier con tanta insistenza, ostentazione e (monotonia) fa restare perplessi. Per cui, ci piace parteggiare per il buon Di Biagio. Che con un pizzico di (sano) orgoglio ( italico) ancora non venduto al migliore offerente, dice ” Fuori ci maltrattano. A volontà. Dai ragazzi voglio maggiore personalità. Certo. Ma qui abbiamo giocatori da Spagna e Brasile”. Noi, quadristellati, siam fuori dal Mondiale di Russia. E’ vero. Ma per ( mandata) di sciagurati al vertice o di mediocri pedatori alla base? Eppoi, suvvia, sinceramente, donde stanno alloggiati tutti questi fenomeni dell’ aureo Altrove? L’incontro Inghilterra-Italia, a Wembley, pur dando il giusto peso alle amichevoli, è finito in parità: 1-1. Come volevasi dimostrare?
* FRASE. Scherza l’amabile Leo Turrini ” Lewis, nel post gara, dentro quell’abitacolo da cui non voleva più uscire, sembrava Polifemo dopo essere stato accecato da Ulisse”.
COMMENTO. In effetti la ‘sorpresa’ propinata dalle ’rosse’ non dev’essere stata di quelle facilmente digeribili. Soprattutto dopo la pole fantascientifica del giorno prima. Stando a quei tempi, infatti, le umili ‘rosse‘ avrebbero dovuto finire distanti anni luce dalla superba ‘ freccia d’argento‘ del re nero. E invece, ecco che l’imprevedibile ‘macchinina rossa’ che sembra avere assunto sembiante umano va a compiere uno dei suoi innumerevoli colpi di scena. Che sono anima e sangue della sua storia straordinaria. Sua e soltanto sua. Ecco perchè quand’anche passa al fianco ti fa scorrere addosso brividi ineffabili. E un po’ dovunque. Qua e là pel Pianeta.
* FRASE. Sbotta Pochettino, mister Tottenham: ” Prima della gara c’era Agnelli e dopo, con lui, anche Marotta. Ho visto come nell’intervallo abbiamo messo pressione sull’arbitro. Alla fine c’erano due rigori per falli di mano, non ce ne ha dato alcuno”.
COMMENTO. Mauricio Pochettino come milioni di italiani sparsi nel mondo spesso e volentieri non sa se dar precedenza allo jus soli piuttosto che allo jus sanguinis. Lasci perdere, per favore, visto che più italiano di così non potrebbe. Anche perchè se c’era un rigore sacrosanto quello doveva essere dato alla Signora e non al (poco) sereno Maurizietto. E se ne faccia ragione: il suo Tottenham non è la Juve.
* FRASE. Dice Paolo Condò, in Confidential ” Se per vedere la partita più bella del mondo scegliete Liverpool- Manchester United non andate troppo lontani dal vero”.
COMMENTO. Rispettiamo tutte le opinioni. Anche quelle dei fans anglolifi più coriacei come il Paolone, a mezzo tra ‘rosea’ e Sky. Solo che, guarda un po’, non condividiamo. No. Intanto perchè il nostro insiste su una ‘ modernità della Premier che (ultimamente) ha affollato di ( ulteriori) attori la sua scena’ che a noi appare, ma solo in parte. Spiacenti.
Anche perchè ( a parte certi aspetti economici-organizzativi della Premier che non convincono ) occorre che qualcuno (ci) chiarisca una volta per tutte come si faccia a correre (e resistere ) così tanto. Noi, se Wigghin o Froome sono alimentati a stoccafisso o a bresaola vogliamo saperlo, chiaramente, ora, e basta.
Eppoi, anche solo selezionando i titoli che vanno in campo, per il Liverpool sono 5 Champions e per lo United tre. Otto, se non erriamo, comunque meno delle dieci che ( tanto per fare uno degli esempi a noi consentiti) calcherebbero il vestusto San Siro, con Milan ( 7 Champions, 18 Scudetti) e Inter (3 Champions, 18 Scudetti). Le quali, storie e titoli alla mano, avrebbero ( tanti) più crediti per essere incluse tra ile pretendenti alla partita ‘più bella del mondo’. O no? O forse che, per noi, italioti d’antico pelo, l’erba più verde resta sempre ( e comunque) quella del vicino? Cilicio al petto?
FRASE. ” Il dato importante per il calcio italiano è che c’è una generazione di talenti veramente interessante. Tra l’altro sono tutti titolari in A. Una ottima base della squadra per ripartire”. Così dice Marcello Lippi, ora migrante in Cina, alla guida della Nazionale del dragone, ma già campione del Mondo.
COMMENTO. Di seguito riportiamo quanto avrebbe detto un altro dei nostri (presunti ) tecnici.
Quel Capello che dopo avere trovato pepite d’oro nel ricco eldorado del Milan berlusconiano, se n’è andato a scorrazzare per il Mondo con risultati ( sovente) poco lusinghieri. Al momento è riparato in Cina, con magno gaudio del pueblo calcistico nostrano. Sì, perchè mentre lui non vede altri vedono. Non diciamo un futuro roseo, ma almeno da giocarcelo, magari alla pari con altri strombazzati rivali.
Ce ne vuole a snobbare l’azzurro, aspirante pentastellato, ma l’ingrato ed orbo friulano c’è riuscito. Fortuna nostra è che dalle parti della Tuscia, c’è ancora qualcuno che di calcio, e di giovani talenti, s’intende.
*
FRASE. Capello ” Non sono interessato alla Nazionale. Anche perchè oggi manca il talento”.
COMMENTO. Di frasi orribili caro Capello, nella sua peregrina carriera, ne ha dette molte. Per quel che ci riguarda se non lo chiamano a vestirsi d’azzurro è perchè non lo merita. Allenare infatti una squadra ricolma Baresi, Maldini, Baggio son buoni anche quelli del Dopolavoro ferroviario. Reperibili, tra l’altro, a prezzi migliori del suo. E inoltre non è affatto vero che non ci sono talenti. Il problema è intravvederli per tempo e non quando sono belli e svezzati. Cosa a lei, evidentemente, impossibile. Resti quindi pure in Altrove. In Cina o dove meglio crede. Nessuno la piange. Nessuno la vuole. Tanto più se la andiamo a ricordare per le memorabili imprese che ha compiuto con con le nazionali di Inghilterra e Russia.
*
FRASE. Dice Montella: ” Il Siviglia negli ultimi dieci anni ha vinto più del Milan“.
COMMENTO. Il Montella, dunque, che al Milan non è riuscito a tirar fuori il classico ragno dal buco è stato chiamato grazie alla ineffabile volontà della Provvidenza in quel di Siviglia, squadra tosta e ( ultimamente ) per tre volte vincente in Uefa ( ma 3 Uefa valgono una Champions?). Ambiziosetta, comunque.
Sarà allora ben per lui più che sparare ciacole a vanvera non ripeter le prestazioni sue. E comunque sia resti sempre grato ad una maglia che anche se vestita con scarso costrutto gli ha concesso di mettersi in vetrina in ambito internazionale. E si rimbocchi l’ingegno oltre che le maniche. Perchè se al povero Diavolo per attendere il ‘ ragno‘ hanno pazientato ( circa ) due stagioni, al Siviglia san tornare sui loro passi molto, molto prima. Ambiziosetti come sono. Come volevasi dimostrare.
NOTA.
° Il Milan ( nonostante la temporanea povertà) è la terza squadra al mondo per numero di titoli internazionali conquistati (18, a pari merito con il Boca Juniors e alle spalle di Real Madrid e Al-Ahly, rispettivamente a quota 24 e 20).Nella sua bacheca figurano, a livello internazionale, 7 Coppe dei Campioni/Champions League, 2 Coppe delle Coppe, 5 Supercoppe europee, 3 Coppe Intercontinentali e una Coppa del mondo per club FIFA.
Se in ambito internazionale il Milan è la squadra italiana con più successi, la prima italiana ad aver vinto la Coppa dei Campioni (nel 1962-1963) e la seconda squadra europea e prima italiana per numero di finali di Coppa dei Campioni/Champions League disputate (11), in ambito italiano è il secondo club più titolato, a pari merito con l’Inter e alle spalle della Juventus (52 trofei), avendo vinto 30 trofei nazionali: 18 scudetti, 5 Coppe Italia e 7 Supercoppe italiane. Complessivamente, con 48 trofei ufficiali vinti (30 nazionali e 18 internazionali), è il secondo club italiano più titolato dietro alla Juventus (63). È stata inoltre la prima squadra a vincere, nel 1991-1992, il campionato italiano a girone unico senza subire sconfitte,eguagliata dalla Juventus nel 2011-2012. Il club figura (al momento ) al quarantunesimo posto della graduatoria continentale dell’UEFA.
° Questo il palmarès del Siviglia: 1 campionato spagnolo (1945-1946), 5 Coppe del Re (1935, 1939, 1947-1948, 2006-2007, 2009-2010) 1 Supercoppa spagnola (2007). In ambito internazionale, invece, da che è al mondo, ha vinto 5 Coppe UEFA/Europa League (2005-2006, 2006-2007, 2013-2014, 2014-2015, 2015-2016), record nella competizione, e una Supercoppa UEFA (2006). Attualmente occupa l’8º posto del Ranking UEFA.
( Fonte Wikipedia)
* CARNEFICI E VITTIME. Due libri hanno riproposto in questi giorni un’ antica domanda: “ Perchè il carnefice ci conquista più della vittima“? Così è, infatti, se vi pare (e non vi pare)? Accettiamo allora la risposta che sul tema diede Nietzche? Ovvero: ” ( ) non già per lo stupore di fronte alle cose; ma per lo stupore di fronte all’orrore delle cose”? Oppure, andiamo a rovistare lumi presso altri lidi?
ALTRE DALLA CRONACA.
UNA STORIA DA NON DIMENTICARE. Lo hanno trovato senza vita, nella cameretta d’albergo prenotato dalla squadra per l’incontro di mezzogiorno contro l’ Udinese. Avrebbe dovuto scendere nella sala pranzo intorno alle 9,30. Anticipando come al solito gli altri, lui, generoso e puntuale capitano . Non lo hanno visto, stranamente, e hanno mandato un massaggiatore a verificare la situazione. Purtroppo drammatica, incredibile. Visto che il valente difensore viola, 31 anni appena compiuti, giaceva nel suo sonno eterno, che lo aveva colpito nel corso della notte. Sono stati i suoi compagni a chiedere di non giocare.
Immediatamente seguiti dai friulani e, una dietro all’altra, da tutte le squadre di A e B. Il commissario Malagò non ha fatto altro che prendere atto d’una volontà diffusa. Fortemente provante. Anche perchè Davide era benvoluto un po’ da tutti. Allevato nelle giovanili del Milan era passato ad altre squadre, come sempre capita (anche) ai migliori talenti giovani del nostro movimento.
Ultimamente era stato alla Roma ( un anno) per trasferirsi ,poi, successivamente, alla Fiorentina. Dov’era pronto un contratto per vestirlo di viola fino al termine della sua carriera.
Davide Astori vestiva anche la maglia azzurra. Il suo sogno da sempre. Nel Mundialito contro l’Uruguay aveva segnato il gol che aggiudicava alla Nazionale di Prandelli il terzo posto del torneo. A Firenze aveva trovato la sua ‘dimensione’ ideale. Lo aveva confessato apertamente. In pratica, grazie alle sue qualità non solo calcistiche, era stato prescelto per far da chioccia ad una Viola ( di molto) ringiovanita dopo un anno di ( relative) delusioni. Ci stava riuscendo. E forse proprio questo è il rammarico più grande. Non vederlo sgranare i suoi occhi chiari e sorridenti sul lavoro che stava portando avanti e che , prima o poi, darà i suoi frutti.
Lascia una bimba di due anni, Vittoria, che non potrà mai più godere del suo vigoroso abbraccio. La vita, spesso, è crudele. Potrà però alimentare l’orgoglio di avere avuto un padre così. Bravo sul campo. Amato fuori campo. Esempio acclarato di quei talenti nostrani che solo miopi maneggioni non riesco a vedere e valorizzare come meritano. A tempo debito, si sa, e non quando questi hanno già speso il meglio della loro vita ( non solo) sportiva.
BACUCCHI LI FATE O NO QUESTI NUOVI STADI? Sottoscriviamo il testo diffuso a pagine intere da Sky per salutare il nuovo inizio del calcio italiano. ” E’ il momento.
Sono grato della fiducia che tutti ripongono in me, fiducia che però io non merito, perchè da solo non sono niente. Pronti a dare tutto, ce ne sono tanti come me: dieci, trenta, centomila.
E cresceremo ancora. Qualcuno proverà a dividerci, ma si ingannano se pensano di riuscirci. Perchè noi siamo destinati a fare grandi cose“.
( Giuseppe Garibaldi, giorno di Pasqua 1861)
ARGOMENTI ( NON SOLO) DI SPORT
LA PROTESTA DI ROMA ANTI DEGRADO. Chi di social network colpisce di social netwok perisce. L’antico adagio sembra trovare ulteriore conferma. Infatti, di recente, in migliaia sono scesi in piazza a Roma su iniziativa di ‘Romadicebasta’ per protestare contro degrado e incuria che stanno avvolgendo, da qualche tempo, la Capitale.
La manifestazione ’Romadicebasta’ è nata sui social network dall’iniziativa di sei donne alimentando una partecipazione che ha sorpreso un po’ tutti. La piazza ha ben presto finito di rivolgere i propri slogan contro il sindaco di Roma, la pentastellata Virginia Raggi, ritenuta ( più o meno giustamente) la principale responsabile di inefficienze ormai croniche, dalle strade piene di buche simili a voragini ai rifiuti che sommergono molti quartieri, dal collasso del trasporto pubblico alla crescente insicurezza, di cui il brutale caso Desirèeè soltanto la cima dell’iceberg.
Qualcuno assicura che la Raggi sia al capolinea. Di certo l’accoglienza ricevuta da Matteo Salvini nel quartiere San Lorenzo dopo il caso Desirèe, fa ritenere che oggi la Lega, magari insieme alla Meloni e con Giulia Bongiorno candidata, potrebbe giocarsi la seggiola di primo cittadino dell‘Urbe. Anche il Pd sembra rianimarsi, in cerca di una prima rivincita elettorale.
POLO BIOTECH ITALIANO. ” Abbia fatto una lunga rincorsa, oggi possiamo dire di averla compiuta”. Così Mauro Scaccabarozzi, presidente Farmindustria in preparazione dell’Assemblea annuale. L’industria farmaceutica italiana ha scalato progressivamente la classifica Ue dei produttori di farmaci, segnando negli ultimi dieci il maggior incremento dell’export tra i grandi Paesi, registrando un +107%, passando da 1,3 mld a 24,8 mld. Il 60% delle imprese italiane ha capitale estero ma un alto indici di presenza nazionale nella produzione, mentre il 40% ha capitale italiano ( spesso si tratta di aziende familiari che hanno saputo internazionalizzarsi e aggredire i mercati oltre confine) ma realizzano circa il 70% della cifra d’affari fuori al Paese.
Sono riuscite a combattere la concorrenza tedesca grazie al mix di capitale umano, flessibilità e creatività, tipiche del made in Italy, e a un costante aumento della produzione, con una crescita della occupazione: il 93% dei nostri addetti ha un contratto a tempo indeterminato. Non basta l’export, però, le nostre imprese per crescere hanno bisogno anche del nostro mercato e dunque del Paese che deve restare attrattivo.
IL PIAVE MORMORO‘. Il 15 giugno 1918 iniziò l’offensiva generale dell’esercito austro ( ungarico-tedesco). Il 16 giugno si poteva dire che il piano austriaco era sostanzialmente fallito. Tanto che pochi giorni dopo il nemico era tornato sulle posizioni di partenza. I nostri ragazzi, tra cui quelli giovanissimi classe 1899, l’avevano respinta. Clamorosamente. I numeri hanno poi dato la misura della vittoria.
Con 150 mila perdite austriache ( tra morti, feriti e dispersi) e 85 mila italiane. Fu una grande vittoria, decisiva per le sorti della Prima grande guerra, ma che però ” non ebbe adeguata eco nella storiografia europea che considerava ( a torto) come scenario centrale e fondamentale quello francese, mettendo in secondo piano tutti gli altri fronti. L’inglese Liddell Hart nelle 600 pagine della su fondamentale storia della Grande guerra dedica tre righe agli scontri di giugno. Una differenza di considerazione che avrà un peso determinante nella distribuzione dei compensi al tavolo della pace e nella rottura delle alleanze che avverrà ( con danni) negli anni successivi”.
Se vogliamo andare alle radici di certi atteggiamenti europei nei confronti della giovane Italia (ri)trovata e (ri)unita nel 1861 non basta, dunque, che sfogliare qualche libercolo. E’ vero che la storia che si racconta è quella dei vincitori, ma in questo caso anche l’Italia figurava ( o doveva figurare) nel lotto dei vincitori. Verità vuole però che quando s’è trattato di dare più che di prendere, tanto i cuginetti d’Oltralpe quanto i pescatori d’Albione e finanche i perdenti d’Alemania, hanno sempre mostrato il ‘braccino corto’ nei confronti della bella e imberbe Italia. Corto e insulso.
I risultati della Seconda guerra, poi, hanno peggiorato la situazione. Al punto che oggi, tutti, anche i bolliti più bolliti del Vecchio continente, si sentono in dovere di distribuire giudizi, pagelle, compiti e compitini ad un Paese che quando ( tutti o quasi) coloro che oggi fungono da soloni e santoni issavano palizzate i nostri tenevano città moderne, sviluppate, con tanto di fori, palazzi (anche) di sei piani, acquedotti e strade che collegavano (almeno) tre continenti. E’ vero che l’ignoranza vuol la sua parte, ma adesso ( per favore) basta.
AMERICA Vs USA? Se uno va andare una sbirciatina a ‘ Il libro dei fatti’ 2017, scopre che il Pil degli Usa si aggira intorno ai 18 mila mld di dollari. Una enormità che tale appare davanti alle concorrenti, prese singolarmente tranne la Cina che ( a star sentire lei) sta risalendo la graduatoria di gran carriera. Unica economia che potrebbe star al pari della stelle e strisce può essere solo quella europea, non presa singolarmente però, ma nel suo insieme.
Basta infatti assommarne anche solo alcune del Vecchio continente: Germania ( 3.800 mld), Spagna ( 1.600 mld), GB ( 2.700 mld), Olanda ( 0.832 mld), Polonia ( 1.ooo mld), Francia ( 2.600 mld), Italia ( 2.300 mld), che al totale diventano 14.ooo mld ca. Se si aggiungono poi tutti gli altri della Ue ( Turchia esclusa, quindi) non si arriva tanto lontano dalla vetta della prodigiosa economia mondiale. Che cosa significhi tutto questo per noi è ovvio. A dividere et imperare questa volta può essere mister Trump, anche per avvantaggiare i suoi lavoratori rispetto ai nostri. Brutta piega. Ma che vogliamo fare noi, della leggiadra Europa, andar da lui col cappello in mano e in ordine sparso?
TRUMP E I DAZI. Il tracotante presidente Trump, che una ne fa e due ne sbaglia, non sapendo come girarsi i pollici ha preso ad evocare la possibilità di dazi al 20% sulle autovetture da importazione, contro il 2,5% attuale. In più le autovetture di provenienza estera potrebbero restare soggette alle restrizioni in tema di emissioni varate da Obama. E tuttavia i possibili dazi, avrebbe un effetto limitato. Visto che quasi tutti i costruttori hanno proprie fabbriche negli Usa che rappresentano una quota di immatricolazione tra il 65 e l’80%. L’industria Usa dell’auto vale 3,5% del Pil statunitense e occupa 2,5 mln di persone.
DISASTRO BREXIT? Chi glielo ha fatto fare a quei furboni d’Albione di votare la brexit, ( forse) non lo sanno manco loro. Certo è che la signora May, 61 anni, premier del governo inglese, è costretta a smoccolare a destra e a manca.
” Ragazzi – ripete ai suoi, molti dei quali ( abitualmente) rintanati in quei fumosi pub che deliziano tante ore dei sudditi di Sua Maestà - , qui, non ce la caviamo proprio per nulla. Qui non ci danno quel che vogliamo. Qui ci portano via anche quei pochi mutandini rimasti dopo avere vendute tutte ( o quasi) le nostre squadre sportive a foresti”.
La signora May, tuttavia, da buona azdora britannica, non si tira indietro. ” Voglio essere diretta – dice – perchè dobbiamo tutti confrontarci con alcune dure realtà. Stiamo lasciando il mercato unico. La vita sarà diversa, dobbiamo rendercene conto. E al più presto possibile”. I contraccolpi, soprattutto, sul piano economico ( e doganale) saranno notevoli. E infatti anche al pub, tra una birra e l’altra, si comincia a rendere conto. Tanto che certe ‘ linee rosse’ proclamate in passato appaiono ogni giorno di più sbiadite.
Gli ultrà della brexit chiedono una rottura netta e schiumano – nota il Corrierone- ad ogni accenno di limitazione della libertà della sovranità britannica. Dimentichi loro, stranamente, che di libertà si può ( anche) morire. Soprattutto se quella libertà è messa al servizio del passato ( che non torna) piuttosto che del futuro ( che sicuramente ci sarà). E più veloce di quel che lo si attende, insieme e non in ordine sparso, perchè se (tanti) sudditi di Sua Maestà si sono andati ad annebbiar i riflessi ( presso qualche fumoso pub) gli altri ( pel Globo) li tengon assai desti e mirati.
REALISMO EUROPEO. La ‘rosea’ ha resa pubblica una ricerca condotta dalla Swg ( società certificata dal 1999) sui ‘sogni’ dei tifosi, sognatori per definizione ma che all’occorrenza hanno imparato anche di stare coi piedi per terra, valutando le diverse situazioni possibili col necessario realismo.
Ebbene, che indica la ricerca frutto di interviste realizzate ( ball’interno di un campione di 1000 soggetti maggiorenni residenti in Italia) tra il 24 e 25 ottobre scorsi? Swg ha preso come punto di riferimento il Real, ultimo campione d’Europa.
E ha chiesto ai tifosi ‘ di misurare proporzionalmente il livello di tutte le altre squadre’. Il punteggio maggiore ( 81%) è andato al Barca, considerato ( in genere) alla pari se non superiore ( 26%) al Real. Dopodichè viene collocato il Psg, la spendacciona squadra di stato del Qatar parcheggiata in Europa, a Parigi. La Juventus , prima delle italiche, rientra nelle top 10, con un 44% che la colloca ( almeno) allo stesso livello del Real. A seguire vengono il Napoli ( bastonato dal City, con sette gol in rete nei due incontri del girone) e la Roma ( che dapprima ha pareggiato e poi bastonato il Chelsea, campione d’Inghilterra).
Tra l’altro la Coppa dalle grandi orecchie è considerata ormai dagli afecionados la competizione di punta del calcio mondiale. E dunque ancor più appetita del Campionato italiano. Diversa valutazione corre per l’Europa League, considerata ( maldestramente) dai più un vero e proprio ‘fastidio‘. Se non un ’danno‘.
E questo, molto probabilmente, perchè ai tifosi nostrani non hanno ancora ben spiegato quale importanza rivesta il secondo torneo continentale.
Intanto perchè favorisce numerose necessità delle squadre ( continuo confronto internazionale, utilizzo di rose spesso esagerate, etc) eppoi perchè attribuisce punti preziosi per la collocazione nel ranking, che è poi quello che assegna o meno i posti validi in particolare per la partecipazione alla Champions.
In questo momento l’amabilmente sottovalutato calcio italiano in realtà sta sul podio del ranking Uefa ( terzo), dietro ( d’una inezia alla Premier, seconda) e davanti ( di oltre un punto e mezzo) alla Bundes ( quarta). Autoflagellarsi e autolimitarci, considerandoci più competitivi soltanto dei francesi ( quindi) è come ( al solito) quello strano esercizio di prolungato complesso d’inferiorità sul quale prosperano, da anni, a go go, i tanti esterofili pronti ad elargire ad ogni piè sospinto ( più o meno) dotte omelie al popolo ( bue ) dei tifosi nostrani.
L’ESEMPIO ( EMBLEMATICO?) DEL SOMMERGIBILE VIGILANT. Avrete nelle orecchie i continue omelie propinate da decenni dai nostri saggi. Per costoro, l’ ameno mondo italico è (ri)colmo di culture da svecchiare, di comportamenti condizionati da una infinità di anacronistici e deleteri tabù ( sessuali in primis), da famiglie che allevano mammoni e non giganti capaci di affrontare da soli le immani sfide del nostro tempo. Avrete, di certo, nelle orecchie. E se qualcosa dovremmo cambiare a quali altri esempi ( o culture) dovremmo ispirarci? I nostri saggi, in proposito, non hanno dubbi: alla cultura anglosassone con tutti i suoi derivati, figli o figliolini, in Patria ed Oltreoceano.
Lasciando in pace l’Oltreoceano ( soprattutto quello a stelle e strisce) che proprio in questi giorni sta facendo di tutto per farsi odiare dal resto del Mondo, accontentiamoci ( si fa per dire) d’un frammento ( esemplare) di cultura evoluta e senza tabù che ci arriva grazie ad una normalissima news di cronaca.
Fornita ( in ispecie) dal fondino di una rivista mensile di carattere tecnico-specialistico ( Panorama &Difesa, dicembre 2017) che nulla ha a che fare con i periodici dediti agli scandali.
Questa è la news: nove marinai del sottomarino di Sua Maestà britannica Vigilant, sottoposti ad un controllo di routine, sono risultati positivi ad un test sull’assunzione di cocaina mentre erano in servizio; un ‘vizietto’, l’uso di stupefacenti, già noto e ritenuto abbastanza diffuso. Le statistiche parlano infatti di 63 marinai espulsi dalla Royal Navy tra il 2007 e il 2011 per episodi di droga, mentre nel 2016 il numero dei casi è salito a 80 coinvolgendo gli equipaggi di alcuni sottomarini nucleari d’attacco e personale della base di Farslane, in Scozia, alla quale questi fanno capo. Tornando al Vigilant, un decimo marinaio è stato accusato di avere avuto rapporti sessuali con una prostituta e di averla poi derubata, mentre un undicesimo è stato sottoposto alla corte marziale per essersi allontanato imbarcato su un volo di linea per rientrare in Gran Bretagna a (ri)abbracciare la sua amichetta.
Ma l’elenco degli episodi di cattiva condotta non finisce qui: il comandante del Vigilant, il 41enne Stuart Armstrong, sotto indagine dall’inizio di ottobre, è stato rimosso per avere intrattenuto a bordo del sottomarino una relazione con uno degli ufficiali sottoposti, la 25enne sottotenente di vascello Rebecca Edwards, mentre il comandante in seconda, Michael Seal ( 36 anni), è stato sbarcato assieme alla 27enne tenente di vascello Hannah Litchfield, ufficiale tecnico d bordo, dopo la scoperta del loro coinvolgimento in una relazione extraconiugale.
La vicenda del Vigilant ha suscitato commenti vari. Che non possono esimersi dal rimarcare la ‘ sregolatezza diffusa regnante a bordo del sottomarino’, indice ( evidente) di un grave allentamento della vigilanza e di una tolleranza ( in qual misura affiorata? ) altrettanto inaccettabile. Le fonti vere di preoccupazione, costumi e tabù ( sessuali o meno ) a parte, sono almeno un paio. La prima: è davvero possibile che un compito di vitale importanza quale l’esercizio della deterrenza nucleare possa finire in mani tanto esplicitamente inidonee? Il numero dei soggetti coinvolti nel ‘caso Vigilant‘ ammonta ( ufficialmente) a circa un decimo dell’intero equipaggio del sottomarino: una percentuale non di certo trascurabile, e che qualcuno addirittura la ritiene inaudita se si considera che basta uno di questi battelli per scatenare una irreversibile catastrofe mondiale.
La seconda: non è che ( mandando in altro loco i saggi) invece di inseguire paradisi inesistenti possiamo tenerci ben stretti ( magari con qualche aggiornamento) i nostri? Quelli domestici, certo, tanto vituperati, donde dalla notte dei tempi si punta ad affetti radicati e certi piuttosto che a rapporti mutevoli come il vento, frutto amaro d’ una sregolatezza allo sbando? Paradisi disegnati da millenni, e che sono stati l’anima, la carne e il sangue d’ una solidissima visione della vita e della società trasferita, poi, attraverso strumenti e fasi diverse, e sia pur con qualche contraddizione, all’intero Pianeta?
IL DIO DANARO. Il dio danaro s’è impossessato dello sport e ( in primo luogo) del calcio. E se tutto al mondo va misurato con quello, diciamo pure che la nostra Serie A è in chiara rimonta sulle maggiori restanti consorelle europee. La Serie A, infatti, durante questa torrida e lunga estate di calciomercato , ha sfondato il tetto del miliardo; qualche centinaio di milioni sotto alla paperona Premier, la quale però s’avvantaggia sulla Serie A grazie agli enormi introiti dei diritti televisivi esteri ( oltre un miliardo contro i 180 mln nostrani, più o meno); ma molto più in alto di Liga, Bundes e Ligue 1 ( quest’ultima sui 600 mln, grazie alle sparate della squadra di stato del Qatar battezzata, all’uopo, Paris Saint Germain). Dal 2012 la nostra Lega ha triplicato gli investimenti, passando dai 373 del 2012 ai 1.o37 del 2017.
Tra le squadre in evidenza il Milan ( 228 mln); ma anche Roma, Inter, Samp, Toro e perfino il Cagliari non sono stati di certo con le mani in mano. La Serie A sta rimontando alla brutta, su tutto e tutti, e se come si auspica anche gli introiti esteri daranno i frutti sperati non è detto che tra qualche anno ( o mese) diventi proprio la bistrattata la Serie A il campionato più ricco del pianeta. Con qual fondamento e costrutto non è dato a sapere. Cresciamo, alla grande, e questo ( al momento) basta. Speriamo solo che tra tanta grazia non dimentichiamo la sostanza vera, quella di far nuovi stadi.
Saranno afflitti i menagrami, ma andranno in delirio i facitori del libero mercato, i quali, gatton gattone, da gran liberali, stanno giocherellando sui prezzi con inusitata goduria e avidità. Intanto, se Dio vuol, hanno chiuso le porte del Calciomercato. In tutta Europa. Con N’peperempè, Nebbelelè e Coutintino finiti ( o quasi) grazie a centinaia di milioni nelle braccia dei ’poveri fessi’ che gettano dalla finestra soldi altrui. Per costoro il fair play finanziario manco esiste; comprano con tutti gli espedienti del caso, gonfiando qua e deprimendo là, svolazzando come nugoli di cavallette arrivati dalla steppa o dai deserti. Guarda caso i loro habitat naturali. Dire che il Psg sia una squadra di calcio fa ridere.
Quella è una squadra di Stato, acquistata e foraggiata da una vena inesauribile di danaro pubblico solo perchè comodo veicolo per condurre a termine operazioni varie.
E non sempre chiare. Certo, molti di quei soldi non solo non restano e non resteranno nel calcio ( vedi le assurde commissioni a procuratori ultra miliardari) ma voleranno via, qua e là, con destinazioni tutte da (ri)costruire. Il pericolo c’è. D’inflazionare ( o di infettare) il tutto. Non limitatamente al sistema calcio, sia chiaro, che però nello sport agonistico fa da traino. Alto. Molto alto. La senora Uefa, per caso, dorme?
FATECI CAPIRE. Sul ‘Corriere’ ( firma Alessandro Bocci) poco tempo fa si è letto ” La Juve di Andrea Agnelli non ha solo vinto sei campionati di fila e raggiunto due finali Champions. E’ prima per fatturato, numero di tifosi, monte ingaggi. Bella e ricca, dunque, quasi perfetta verrebbe da dire…
Il fatturato della Juve è in linea con quello dei grandi club europei, Real, Barca, e United: 562,7 mln anche se in parte gonfiato dalla cessione di Podgba. All’Inter i numeri sono più bassi. L’ultimo fatturato ha superato i 300 mln ( 318,2) ed è cresciuto del 32,7% rispetto a quello di due anni fa. Con l’Europa potrebbe avvicinarsi ai 400 mln…”.
Il 24 gennaio sulla ‘rosea’ si è letto: ” La Juve è la prima delle italiane, decima per il quarto anno consecutivo. I suoi ricavi al netto dei proventi da calciomercato sono saliti a 405,7 mln nel 2016/17 ( erano 338 mln) grazie al boom Champions. Deloitte però avvisa che sarà difficile consolidarsi nella top ten dei prossimi anni. In testa alla classifica europea resta lo United, a quota 676,3 mln, seguito dal Real con 674 mln e il Barca con 648,3 mln. Valori fuori portata delle italiane, anche se la Juve è in crescita e così l’Inter, che passa al 15°posto. Allora, per riassumere: per il ‘Corriere’ la Juve è in linea con i club europei, per la ‘rosea’ è fuori portata : si può sapere come stanno le cose? Annamo avanti o a puttana? Per far chiarezza, non è che ci costringerete a rivolgerci a quel beato esterofilo di Gianfranco Teotino ?
IL SOVRANISMO. Il sovranismo, secondo la Treccani, è una dottrina politica che propugna la difesa o la riconquista della sovranità nazionale da parte di un popolo o di uno Stato, in antitesi alle dinamiche della globalizzazione e in contrapposizione alle politiche sovranazionali di concertazione. Ma chi è affetto da sovranismo ai giorni nostri? Guarda un po’ quelli che ( molto tempo fa ) davano ( sostanzialmente) corpo e sangue al vecchio Impero asburgico.
Con adesione aggiornata di Austria, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Costoro, cristiani e riformati che siano, non vogliono sentire parlare di immigrati. Quelli, per gli ex asburgici, caso mai ce ne fossero, stazionassero pure nei paesi donde approdano. Null’altro. A costoro poco importa infatti veder naufragare giornalmente decine, centinaia, di poveri diavoli, tra cui tanti sguardi increduli di bambini.
Per loro una ‘ nazione incapace di difendere i suoi interessi è meglio che scompaia’. Un concetto, questo, chiaramente sovranista e usato in totale contrapposizione con quello comunitario dell’Europa. Insomma, questi signori, peggio ancora di quelli ( infidi) d’Albione, non riescono pensare ad altro che auto conservarsi, proteggersi, guardarsi ( spensieratamente) all’indietro.
Pensare poi che questo sia il modo migliore di ‘ difendere i propri interessi per non scomparire ‘ è tutto da dimostrare. Anche perchè chi assicura agli ex asburgici che a dover levare le tende dalla storia non debbano essere proprio loro e non altri i quali la storia, pur con tutte le sue ferite e contraddizioni, le sue porcate e le sue speranze, la storia vera, sanno guardare negli occhi ( intanto) con infinito coraggio e generosità?
EXCURSUS STORICI
MASNADE MERCENARIE. L’origine dei capitani di ventura va ricercata tra i rami cadetti della nobiltà, spazzati via fin dalla nascita nelle rivendicazioni del casato. Alcuni di questi capitani ( o condottieri) arrivarono perfino, fra Tre/Quattrocento, a fondare stati. A certe condizioni resta difficile affermare che i capitani di ventura siano stati la rovina e la maledizione dell’Italia, perchè potrebbe essere vero anche il contrario. Essi si ergono protagonisti di un particolare momento storico, con forza vitale incredibile, grandiosa, al limite del brutale, immagine nuda e cruda del potere militare riflesso sul potere politico. Il capitano di ventura è figura centrale per tre secoli. E in quattro tempi. Da quello dei ‘precursori’ ai primi significativi rappresentanti ( per lo più al seguito delle compagni straniere calate sulla Penisola); dai capitani dell’età aurea ( per lo più italiani, talvolta fondatori di stati) agli epigoni, quando l’Italia ( insipienza sua) concesse ad altri di trasformarla un campo da battaglia e di conquista, fin al ( definitivo) predominio spagnolo.
Il ‘fenomeno‘ trovò una sua prima comparsa ( a partire) dafine Duecento /inizi Trecento allorquando numerose ‘ masnade mercenarie straniere‘ presero l’abitudine a calare in Italia, da sole o a seguito di qualche re o imperatore, voglioso di mettere mano sui tanti tesori del paese ( più bello) e ( più ricco) del Mondo.
Si trattava allora di bellatores, ovvero di soldati di mestiere, in gran parte di bassa estrazione, disposti ad aggregarsi per una impresa che portasse loro danaro e bottino
Provenivano dalla Germania o dal Brabante, quest’ultimi chiamati ’ Brabanzoni‘; ma anche dall’ Aragona e dalla Cataluna come gli Almogavari o Almovari, che permisero a Pietro d’Aragona di conquistare nel 1282 il Sud d’Italia. Michele Amari li descrive così: ” Breve saio a costoro, un berretto di cuoio, una cintura, non camicia, non targa, calzati d’uose e scarponi, lo zaino sulle spalle col cibo, al fianco una spada corta e acuta, alle mani un’asta con largo ferro, e due giavellotti appuntati, che usavan vibrare con la sola destra, e poi nell’asta tutti affidavansi per dare e schermirsi.
I loro capitani chiamavansi con voce arabica ‘adelilli’. Non disciplina soffrivano questi feroci, non avevano stipendi, ma quanto bottino sapessero strappare al nemico, toltone un quinto per re.
Indurati a fame, a crudezza di stagione, ad asprezza di luoghi; diversi, al dir degli storici, dalla comune degli uomini, toglieano indosso tanti pani quanti dì proponeansi di scorrerie; del resto mangiavan erbe silvestri, ove altro non trovassero: e senza bagagli, senza impedimenti, avventuravansi due o tre giornate entro terre de’nemici; piombavano di repente, e lesti ritraenvansi; destri e temerari più la notte che il dì; tra balze e boschi più che pianura”.
( PARTE I )
I bellatores, o se si vuole i masnadieri, una volta terminata la spedizione, perlopiù, non se la sentivano di tornare donde erano venuti, anche perchè il Bel Paese era terra troppo ghiotta per mettersi da parte un gruzzolo senza troppo inferire. Restarono, infatti, tutti, seminando lutti e devastazioni, praticamente impuniti. Del resto le rivalità nostre lasciarono campo aperto ad ogni avventuriero.
I nostri capitanei, oggi come ieri, preferivano ( e preferiscono) farsi depredare più che combattere. Ma il ’casino’ diventò tale che qualcuno cominciò a chiedere L’introduzione di una certa disciplina. Pisa, ad esempio, ci provò subito, stendendo un codice apposito per regolare i rapporti con certa gente. Inutilmente, è ovvio. Ma tentò. Si passò allora all’emarginazione, ma anche di questa, quelli, se ne fotterono.
” Che nessuno di detta masnada possa mangiare e bere con alcun cittadino pisano in casa sua o in qualunque altra casa…” recitavano i testi, peraltro impossibili a leggersi da masnade analfabete. I mercenari venuti in Italia nel 1333 al seguito di Giovanni di Boemia restarono quasi tutti nella Penisola; un gruppo si raccolse nel Piacentino, alla badia della Colomba, sotto il nome di ‘ Cavalieri della colomba’, vivendo di rapine, finchè vennero assunti al soldo da Perugia che voleva liberarsi del giogo di Arezzo. Ne compirono, i nostri amici, di tutti colori, eppure grazie a ciò trovano ingaggio presso il comune di Firenze. Diciamo che in questi frangenti non si tratta ancora di vere proprie compagnie. I loro vessilli non sono bandiere ma banderuole. I loro ‘capitani‘, usciti dai ranghi feudali e dai milites, costituiscono uno ‘ strato sociale che gira, con scadenze annuali o semestrali, per l’intera Penisola e l’Italia centrale. Al suo interno si differenzia un circuito guelfo o ghibellino. Il mestiere della guerra viene tramandato di padre in figlio’. Guerrieri, dunque, di professione, ma non ancora dei professionisti. Questi, infatti, al momento, sono soltanto i precursori del fenomeno ben più ampio e disastroso che verrà. E che metterà ai margini, senza lacrima alcuna, quello che era il più bello, ricco ed evoluto paese della Terra.
( PARTE II)
Le cose si complicarono ulteriormente quando assaltarono la Penisola ‘ trascinatori nati’ di truppe mercenarie, come il duca Werner von Urslingen o il conte Konrad von Landau. Essi arrivano nel 1339 per unirsi alla massa di venturieri tedeschi che da più di vent’anni, in gruppi isolati, avevano eletto l’Italia come terra di saccheggio e che, guarda un po’, un italiano, Lodrisio Visconti, radunava nella ‘Compagnia di san Giorgio’.
Le masnade poterono così raggrupparsi, trasformarsi in una prima nefasta grande compagnia, travolta però, non molto dopo, dall’accozzaglia più o meno organizzata di un altro capitano italiano, Ettore da Panigo. Werner, in quella, scelse di proseguire da solo, combattendo al soldi di diverse bandiere in Lombardia e Toscana, finchè non andò a riesumare l’idea di Lodrisio, (ri)proponendo la costituzione di una libera compagnia ‘ per guerreggiare i più deboli e i più doviziosi’.
Impose anche una disciplina di ferro. Gli ingaggi ai venturieri davano diritto al soldo, che sarebbe dipeso dall’entità dei bottini che la compagnia riusciva a fare. Si costituì dunque la ‘ Grande compagnia’ al comando, ovviamente, di von Urslingen ribattezzato all’uopo duca Guarnieri, parimenti ad altri macellai stranieri.
La ‘Grande compagnia’ forte di tremila ‘barbute‘, costituita ognuna di un cavaliere e di un sergente, anche lui a cavallo, trovò ‘ richieste di lavoro‘ a volontà. Toscana e Umbria, in ispecie, vennero intinte nel sangue. Devastate senza scrupolo proprio da uno che aveva scolpito sulla sua armatura il suo ideale ” Duca Guarnieri, signore della Gran Compagnia, nimico di Dio, di pietà et di misericordia”. Guarnieri si offriva a chi meglio pagava. Dopo avere fatto guerra ai Malatesti di Rimini passò, molto amabilmente, al servizio degli stessi. Conteso e disprezzato dai ‘ datori di lavoro‘, saccheggiò per almeno due anni la Penisola, finchè i ‘datori di lavoro’ decisero di toglierselo di mezzo versandogli, nel 1343, una grossa somma di danaro a titolo di liquidazione. Lui si ritirò in Friuli.Per quattro anni soltanto, però, perchè già nel 1347 s’era accodato a Luigi I d’Ungheria diretto a Napoli per eliminare Giovanna d’Angiò, colpevole d’avere ucciso il marito Andrea, suo fratello. Quella guerra durò tre anni.
Con enorme prodigarsi della ‘Grande Compagnia’. La quale, una volta dipartito il re d’Ungheria, restò sul posto fiancheggiando il voivoda d’Ungheria rimasto in Italia. La masnada si (ri)prese un ‘periodo di riflessione’ quando il capo nel 1351 si ritirò nella nativa Svevia, colà morendo tre anni dopo. Perchè, a dirla tutta, l’operato della ‘Grande Compagnia’ non cessò con la morte del duca Guarnieri, proseguendo la sua nefasta attività agli ordini di Fra Moriale, che la guidò ora contro ora a favore del pontefice di turno. A decretare la fine della ’Grande Compagnia‘ furono quelli della ‘Compagnia bianca‘ come Albert Sterz e John Hawkwood, inglese italianizzato col nome di Giovanni Acuto. A quel punto le compagnie create e dirette dai capitani stranieri non si contavano più. Tuttavia, per completare il quadro, occorre non sorvolare sulle compagnie italiane sorte alla stregua delle straniere con truppe e comandanti ( in gran parte) italiani. Famose divennero la ‘Compagnia della stella‘ di Astorre Manfredi e la ‘Compagnia del cappelletto’ di Niccolò da Montefeltro.
E comunque, queste, tutte guidate da personaggi d’estrazione nobiliare ma ( sostanzialmente) di ‘mezza tacca‘. Semmai, la compagnia ‘tutta italiana‘ che segnò una svolta epocale fu senz’altro quella formatasi all’indomani dell’eccidio di Cesena. Si faceva chiamare la ’Compagnia di San Giorgio’ di Alberico da Barbiano. Questa, infatti, ottenne la ( clamorosa) santa benedizione di papa Urbano VI. Con benefici enormi. Alberico da Barbiano ( tra l’altro) apre l’epoca d’oro dei capitani di ventura italiani che subentrarono, nei modi e nei tempi più favorevoli, a quelli stranieri. Le masnade nostrane non nascono però a caso come gran parte delle precedenti, visto che è il capitano a scegliere i suoi uomini. Dal primo all’ultimo. Trasformandosi così da ‘ capitano’ a ’condottiero‘.
( PARTE III)
Tante sono le novità. Come il reclutamento ‘ in massa‘, tra vecchi camerati; oppure ‘ a bandiera’ con uomini da selezionare ed istruire. Tutti, comunque, alle sue dipendenze. Il capitano ( come sopra si diceva) si fa condottiero. Cresce di peso. Le prime condotte regolari risalgono alla seconda metà del Trecento. Firenze fu tra le prime città ad organizzarsi.
Con la creazione di speciali magistrature come quella degli ‘officiali di condotta’ e degli ‘officiali sopra‘, che controllavano ( in particolare) disciplina e armamenti. Si diffusero forme diverse ed articolate di condotta. ( Inizialmente) gran campo presero quelle a ‘ soldo disteso’ ( alla diretta dipendenza d’un signore o di un capitano generale della città); e quelle a ‘ mezzo soldo‘ ( con capitano aggregato ma in posizione sussidiaria, oltre a paga e rischi ridotti). Col tempo i controlli ( e i contratti) saltarono, ovviamente, data la crescente forza d’imposizione dei gruppi armati. Il condottiero era tenuto al rispetto di un periodo di ‘ferma’ e anche ‘ d’aspetto’. Terminato il quale, poteva o rinnovare l’impegno o recederlo. Comunque terminato ’l'aspetto‘ il condottiero poteva andare dove meglio credeva. Anche passando al campo ( fin a poco prima) nemico. Un particolare tipo di condotta veniva stipulato per i mercenari del mare, si chiamava ‘ contratto d’assento’, cioè d’ingaggio di forze navali nemiche.
Genova cominciò a stipulare contratti con mercenari agli inizi del Quattrocento. Così lo Stato pontificio. Venezia invece considererà il contratto ’ d’assenso‘ come un umiliante ( pericoloso) ripiego. Cercò così di evitare mercenari. Ma quanto poteva mettere in tasca un ( buon) condottiero? La risposta ( ovviamente) non è semplice. Poichè come in tutti i rapporti di forza ( e necessità) a fare il prezzo è chi tiene il coltello del manico. Inoltre, pare incredibile, da considerare era anche il pericolo inflazione a cui andavano soggette le monete del tempo, fiorino o ducato compresi. Micheletto Attendolo, cugino di Muzio, nel 1432, incassava da Firenze mille fiorini al mese. Francesco Gonzaga, nel 1505, sotto contratto con il Giglio, metteva in cassa 33 mila scudi annui per una compagnia di 250 soldati; mentre Francesco Maria della Rovere strappò ( al Giglio) oltre 100 mila scudi annui, ma con soli 200 uomini.
In ogni caso, pur fatte anche le debite distinzioni, e adattamenti, si trattava di cachet notevoli. Che impoverivano ogni ora di più le casse di Signorie e Città.
Inoltre, visto che il pollo si poteva spennare con poca fatica, di ‘condottieri‘ ne nacquero tanti quanto i soliti funghi dopo una intensa pioggia d’autunno. Molti di loro diedero vita a dinastie. Anche durature. Visto che, prima o poi, riuscivano ad imporre la forza delle loro armi contro gli improvvidi che li chiamavano ( si fa per dire) al loro servizio. Costoro, poi, quasi tutti venuti dalla gavetta, autentici parvenu, una volta diventati gli unici padroni della situazione, iniziarono bene ad alimentare aloni leggendari. Da ( autentica) grandeur medievale, sulle gesta degli antichi cavalieri o dei più valenti uomini d’arme.
Qualcuno si ripulì la fedina, grazie anche a ( lodevoli) intenti mecenatistici. Ci fu anche chi azzardò atteggiarsi ad umanista, pur restando ( per lo più) ignorante o semianalfabeta. I meglio posizionati non resistettero (perfino) al sogno dell’immortalità. Cosa non difficile a farsi declamare. Visto che nelle loro ( sempre più ricche) case gli adulatori si sprecavano. Nella celebre ‘ Vita Scipionis Jacopo Piccininis’ il nostro condottiero viene paragonato ( addirittura) al vincitore di Zama. Roba da non credere. Roba da ridire. Ma tanto accadde. In epoche lontane. E così via.
( PARTE IV)
La pace di Lodi del 1454, consolidando un temporaneo equilibrio strategico-politico, mette in crisi i capitani di ventura. Chi era arrivato al vertice, resta, ma chi aspirava deve rinunciarci. Sono le invasioni estere a far saltare il banco. Dall’Alpi alla Sicilia. E’ l’inizio della decadenza del paese più importante al Mondo. I sovrani stranieri non s’appoggiano più alle milizie locali, ma reclutano armate in proprio. Capaci di sferrare, al contrario delle altre sul mercato, attacchi micidiali, con armi micidiali. Le artiglierie formano il cuore delle armate di Carlo VIII, Luigi XII , Francesco I, Massimiliano I e Carlo V. Giungono sui campi le colubrine ( sessanta colpi al giorno) con tiro fin oltre due chilometri. E anche il falcone.
E poi l’archibugio. Contro queste armi anche la corazza più robusta poco oppone. I venturieri italiani devono (ri) cedere così il passo ai mercenari stranieri. Come i brutali Lanzichenecchi. Altro non resta, ai nostri, che arruolarsi con gli eserciti stranieri. Diventando, spesso, e nonostante gli ostacoli che dovevano superare, famosi. I loro nomi si ripetono ancora. Ma è vana gloria. Gli ultimi capitani di ventura arrivati (in precedenza ) ai vertici del potere si consumeranno mortalmente in rivalità comunali e familiari. Orsini, Colonna, Baglioni, Borgia e Della Rovere finiranno così per trovarsi su fronti contrapposti in fratricidi combattimenti. Il sangue del Belpaese colerà (ancora) a fiumi. Senza colpevoli, ma solo con tante vittime.
San Quintino di Lepanto, in questo frangente, è una fiammella di speranza, breve, e comunque già parte d’un altra storia.
TIRIAMO LE SOMME. Abbiamo (man)tenuto sul ‘foglio‘ questa nostra mini inchiesta sul mercenariato perchè , quantunque possa sembrare riempitiva, in realtà vorrebbe che non s’obliasse mai un ‘ male‘ ( purtroppo) cronico della nostra società. Cattolica, Riformata, Laica o altro sia. O che pretende di essere. La verità di gente sempre disposta a mettersi al soldo altrui non s’è esaurita di certo in alcune fasi storiche. Chi è disposto a vendersi ( sotto forme e modi diversi) c’è e ci sarà sempre. Sotto mutate spoglie, magari, anche per darla meglio da bere ai soliti sprovveduti pronti a cascare nella rete.
Mercenariato evidente, oggi, nello sport. Calcio e non soltanto. Vedere, ad esempio, squadre di atletica o nuoto ricolme di soggetti che hanno poco a che fare con quelle bandiere è uso ormai abituale. Vorrebbero farla passare per questo o quel nobile ideale, magari rivolto alla risoluzione degli atavici problemi delle diversità nel Mondo, quando in realtà si tratta solo ( o semplicemente) di ( uno o più) interessi che vanno a coincidere: quello di colui che per prima imporsi è pronto a vestire i colori d’un’altra nazione, quello di colui che allarga le braccia al nuovo arrivato per appiccicare qualche medaglia pregiata in più sul proprio medagliere.
Per queste ( ed altre più o meno evidenti) ragioni abbiamo cercato rinfrescare la memoria con qualche pagina di storia. Anche perchè le cose non sono mai del tutto semplici e definite. Qualcuno dei mercenari storici ( ad esempio) trovò perfino la forza d’impadronirsi del territorio o della città dove era stato chiamato per proteggerla. Dando vita a Signorie ( o altri Governi) che, tutto sommato, non son poi state la disgrazia del Belpaese.
Certo sarebbe davvero curioso se un soggetto come certo Raiola da Nocera Inferiore, ex pizzaiolo e al momento dominus incontrastato di tanti veri o presunti campioni, si presentasse al botteghino della storia sportiva odierna per acquistare una società di calcio. Anche blasonata. E farsela tutta sua. Libri mastri e soggetti in carico, campo e spogliatoi, maglie e calzettoni, insomma tutto, dal capo ai piedi, ogni vivente e cosa compresa. Come a suo tempo fecero, con le dovute differenze, è ovvio, uno Sforza o un Malatesta o un Montefeltro. Dapprima al servizio altrui e poi padroni assoluti.
Che ridere, e se fosse questo l’avvio del tanto vaticinato Rinascimento del nostro sport più amato?
I PIU’ CELEBRI CAPITANI DI VENTURA. I nomi ( italiani o italianizzati) di alcuni capitani di ventura sono rimasti scolpiti. Da quelli degli anticipatori del movimento, come Ruggiero da Flor ( 1268 ca/1305), Uguccione della Faggiola( 1240/1319), Castruccio Castracani ( 1281/1328) Cangrande della Scala( 1291/1329);
a quelli dei primi, veri, grandi capitani di ventura, come Lodrisio Visconti( 1280/1364), Malatesta Guastafamiglia ( 1299/1372), Galeotto Malatesta ( 1305/1385). Tra i numerosi ’ big’ di Tre/Quattrocento questi, in particolare, hanno acquisito fama duratura: Pandolfo Malatesta( 1369/1427), Muzio Attendolo Sforza( 1369/1424), Gattamelata ( 1370/1443), Francesco Sforza( 1401/1466), Federico II da Montefeltro ( 1422/1482).
LA CRONACA DAL DIVANO. Delusione. Rammarico. Ma anche l’ora di cominciare a togliere dal cesto le mele ‘men belle’ per evitare ingranaggi distruttivi che con cotal lignaggio poco o nulla hanno a che fare. Vediamo di capirci. Intanto, come premessa, diciamo che se Napoli e Inter avessero superato il turno ( proprio) a danno delle inglesi, saremmo ora qui ad estasiarci davanti ad un eccezionale ranking Uefa manco immaginabile dopo i muriatici ‘ lavaggi ‘ perpetrati per anni dalle folle infinite di esterofili ( tuttora) vivi, vegeti ( e foraggiati) ai deschi del Belpaese.
Dopodichè, non ci sentiamo dio cospargerci ancora una volta di cenere. E chinar il capo, silenti, nel nome e per conto di( non si sa bene ) quale ( altra) cultura cui attingere.
Diciamo che le Napoli e Inter l’esclusione se la sono andata a cercare loro, e soltanto loro, visto che perfino il Barca, pur non sacrificandosi oltre misura, aveva fatto la sua parte bloccando sul pari gli assatanati del Tottenham. Che ora sorpassano, e manco ringraziano. Ovvio.
Certo che, spiace dirlo, ma un ‘esperto‘ come il sor Carletto come ha potuto consentire ai suoi di disperdere per strada tanti punti, soprattutto quando questi erano ( claramente) alla loro portata ? Accontentarsi degli avanzi, non è sempre saggezza. Occorre agire. Per non farsi (ri)calpestare dagli zoccoli dei cavalli barbari. Ma che aspettano infatti alla Beneamata a cominciar a far la conta tra chi l’ama e chi no? Quel Perisic, ad esempio, sostenuto con affetto sincero dal connazionale Boban ( d’ altra pasta forgiato ) e da poch’altri, che vestendo una maglia mitica, che gioca in uno stadio mitico, che vive in una città tra le più evolute e attraenti del Continente, sogna di andare a giocare in Premier volando lontano dall’ ombra della bella Madunina?
Se ( proprio) crede di ’campicchiare’ meglio in qualche periferia londinese o in qualche porto sull’Atlantico, perchè trattenerlo ?
Del resto, se non ha orecchi per ascoltare che la Beneamata ‘ va solo amata‘ che ci vogliamo fare? Non si dice da sempre che a vestire i panni della Beneamata devono restare solo e soltanto pochi eletti? La sua guardia reale, come quella ( immemore) del ‘gran Re’. E non già quelli di passaggio. Per di più forzati. Che lacrime , però, per quel condottiero pazzo figlio di colui che s’avventurò con qualche umile vascello pel Gran mare oceano, circumnavigando il Globo. E che, sui verdi rettangoli di gioco, seppe travolgere schiere di barbari, per cingersi dell’ immortal Triplete !
Inter e Napoli come detto, ma peggio è andata con Juve e Roma. Entrambe ( con queste prestazioni) nè più Signora, ne più Lupa. Ma solo due comparse mandate ( senza onore) nelle arene più ambite del Vecchio Continente. Stucchevole la giustificazione del Max ( che dicon) innamorato ‘ Abbiamo raggiunto i nostri due obiettivi: primi nel girone e passaggio del turno !’.
Con questi ( orribili) risultati la Premier ( che di riffe o di raffe) piazza quattro squadre al secondo turno, ci (ri)sorpassa nel ranking Uefa , distanziandoci. Stessa minaccia arriva ora dalle tedesche che con tre promosse ( contro due delle nostre) tornano a soffiarci sul collo. Con magno gaudio di esterofili e ( certi) addetti ai lavori in prima fila.
La situazione è peggiorata con i risultati della Uefa League, con le sonore sconfitte di Lazio ( 1-2, contro l’ Eintracht) e Milan ( 3-1 contro l’ Olimpyacos). La prima passa come seconda, la seconda esce come terza del suo ( agevolissimo) girone. Una debacle come mai. I risultati chiamano ( a questo punto) evidentemente in causa società, management, direzione tecnica e giocatori. E se per la Lazio il ‘richiamo‘ resta contenuto visto ( comunque) il ( sofferto) passaggio del turno; per il Milan, la cosa si fa (davvero) preoccupante.
Qui vien da chiedersi se la coppia Leonardo – Maldini, bella, bellissima da vedere, serva più ad una passerella per la Settimana della moda che altro. Mentre per il Ringhio, come per l’Inzaghino, bravi ragazzi fuori campo e imberbi dentro il campo, non ci può essere che un rimando ad altri impegni. Con altre maglie. Visto che queste per essere indossate necessitano di spalle molto, molto, più robuste e navigate. Di certo, ‘ non fragili‘, come riconosce lo stesso Gatt. Sempre che non si voglia rendere deserti i nostri due stadi più prestigiosi.
Sono nel frattempo iniziati i Mondiali di nuoto in vasca corta. Al momento, due bronzi e un argento: Detti 400 sl, Carraro nei 50 rana e Quadarella 800 sl. Fefe Giorgi torna al Civitanova, mentre Nibali annuncia che nel 2019 punterà su Giro e Tour. Potesse riportarci a casa la ( prodigiosa) accoppiata che fu ( due volte) del Grande airone e ( una volta) del Pirata ci colmerebbe di immensa gioia. (Re) inverdendo un prestigio ( a questo punto) troppo lontano.
” STO BENE QUI. AL REAL CI VADANO ALTRI” . A margine del calcio giocato da segnalare c’è una bella dichiarazione d’amore alla Beneamata di Icardi, giovane valente centrattacco. Dichiarazione di chi, per quel che ci riguarda, ha ben chiaro donde è arrivato. All’apice dal quale, tempo un altro anno, potrà cominciare a guadare (l’insaziabile Wanda permettendo) il mondo dall’alto.
Mostrando, caso mai, anche a quelli dell’Equipe quel che pote fare. La ‘vetrina‘ Inter è di quelle planetarie e il ragazzo argentino ‘ jus sanguinis’ italiano, con le sue continue dichiarazioni d’amore per la grande società milanese, non mostra di appiattirsi alla folla dei tanti Pinocchio che si lasciano incantare dai tanti Lucignolo in circolazione.
Del resto, auguriamocelo, lo san tutti che il calcio italiano è imparentato con l’Araba Fenice. Dovesse ritrovare una guida decente e risolvere il problema stadi, potrebbe riproporre ( in men che non si dica) un prodotto di prima qualità.
Intanto, pur con tutti i suoi limiti e ritardi ( in questo preciso istante) sta già al secondo posto del ranking Uefa. Poi, nel 2019, dovesse aggiudicarsi la 13 a Champions ( su 63 disputate, 28 volte italiane in finale: 11 Milan, 9 Juve, 5 Inter, 1 Fiorentina, Roma e Samp) , fornirebbe di certo esilarante materia di sollazzo ( soprattutto) adversus gli uomini di ( poca) fede.
E CHI LI LEGGE ? E poi c’è chi si lamenta che nessuno legge più i giornali. Quotidiani in primis. I quali, se non andiamo errati, tra l’altre cose, non usan più indicare le loro tirature, visto che ( si dice) sono talmente crollate che perfino i ‘monumenti storici’ dell’editoria giornalistica non hanno più un gran appeal, o giù di lì, presso l’opinione di massa.
Stessa sorte sembra toccare anche altri media, come le tivù generaliste, con i loro ‘logori’ prodotti giornalistici ( tg, rubriche, inchieste etc), che arrancano in fatto di ascolti a favore, è tutto da ridere, di quei social che pur tra limiti e falsità attirano ad ogni ora di più utenti in ogni dove.
E anche di qualsiasi risma, ma questo poco conta. Quel che conta è l’abisso che ( sembra) scavarsi sempre più profondo, tra un ‘ prodotto meditato’ ed un altro ‘ improvvisato’. Tra uno ‘professionale’ e l’altro ‘ alla spera in Dio‘. Dove vero e falso, incredibilmente, si danno il braccetto. Se serve all’uopo, anche cinicamente. Cercare qui una spiegazione sul tutto è affare davvero improbo. Certo è che, anche stando all’impressione più che all’approfondimento, come si fa accettare giorno dopo giorno dette ‘ comunicazioni’ costantemente negative, spesso catastrofiche, tranquillamente stressanti ? Già, come fare?
Basti infatti ‘ imbraccare’ un quotidiano qualsiasi, anche di quelli storici, per farsi passare la voglia di tornare ad acquistarlo il giorno dopo.Donde si legge: ” Bankitalia lancia l’allarme. Fuga di capitali esteri dai Btp, famiglie più povere con lo spread alto. Conte da Junker, gli ha chiesto ( b0ntà sua) sei mesi di tempo… ovvero un po’ di elasticità ( per questo povero nostro Paese alla canna del gas) “, etc …
A ns modesto avviso, per quel che si pote ammirare stando seduti su un divano, col rischio d’errare come i tanti sperduti milioni di abitanti del Belpaese, qui, non c’è in arrivo nessuna tragedia, se non quella già arrivata, purtroppo da tempo, e dunque oramai ampiamente stabilizzata , una volta occupato in due o tre lustri ogni anfratto della vita pubblica e privata, con classi dirigenti non in grado di svolgere i ruoli a cui, con scarsa umiltà e assente autocritica, esse aspirano. Senza ‘freno’ alcuno, manco quello giudiziario. Qui, purtroppo, questioni di genere contano poco o nulla, perchè uomini o donne che siano alla fin della tenzone non modificano lo stato delle cose.
Costringendo anche i migliori ( e le migliori) a funger da spettatori( spettatrici) inermi, inutili: viviamo infatti in un Paese meraviglioso, dai ‘ depositi’ storici, artistici e culturali ineguagliati, dalle odierne enormi potenzialità anche in settori dove meno lo si crede, eppure, finito in mano a ‘ nocchieri’ che tutto sanno fare fuorchè ‘condurre’ in porto sicuro la bella nave.
( Forse) è ( anche ) per questo che qualche arrogante e rozzo ’ barbaro’ d’Oltralpe si sente ‘ in dovere’( anima pia) di venirci ad indicare ( giorno e notte) la ( sua) giusta rotta.
Novità stadi. Finalmente qualcuno ( e qualcosa) si va muovendo. Il presidente Fgci, dicono, ma anche i patron di Milan e Inter. Obiettivo: mettere mano al mitico Santo Siro, a patto però che la concessione comunale s’allunghi ad ( almeno) un secolo. Per consentire un insediamento ‘ credibile‘ di ( almeno) una delle due proprietà.
TANTA CARNE SUL FUOCO.
RAMOS: ‘ TRATTATO’ O NO? Le carte di ‘Football Leaks’ portate alla luce da Dei Spiegel e Mediapart hanno rivelato la positività di Sergio Ramos dopo la finale del 2017, quella di Cardiff vinta contro la Juve. Dalle mail intercettate emerge che nel corpo di Ramos c’erano tracce di desametasone: ha proprietà antiinfiammatorie e pur essendo proibito può essere consumato per via intramuscolare lontano dall’evento, fino a 24 ore dalla gara.
Però dev’essere dichiarato nella scheda che il medico del club compila al test post partita, e a Cardiff il medico del Madrid indicò un altro medicinale della famiglia dei glucorticoidi, il Celestone cronodose ( proibito) specificando che nel pomeriggio della vigilia aveva fatto due iniezioni a Ramos nella spalla e nel ginocchio sinistri per calmargli i ori dolori derivati da problemi cronici ( mai resi pubblici in questa portata) agli arti in questione.
” Mi sono sbagliato in clima di euforia che ci circondava, nella sala antidoping entrarono anche il re Juan Carlos e il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy” ha scritto il medico. L’Uefa ha rimproverata il dottore ma ha dato per buona la giustificazione, inviata via mail dal giocatore in allenamento a propria discolpa”.
Scontata, a questo punto, la difesa della Casa Blanca, che ha definito come ’ carenti di qualsiasi sostanza’ altre due irregolarità emerse: dopo una partita col Malaga dello scorso aprile Ramos si sarebbe fatto la doccia prima di andare all’antidoping, cosa proibita perchè il giocatore non deve mai separarsi dall’uomo dell’antidoping. Gli agenti Uefa avrebbero ceduto accettando che a a fare prelievi a 8 dei 10 giocatori sorteggiati non fossero loro ma il personale del club, cosa che invaliderebbe le prove stesse.
( Filippo Maria Ricci, corrispondente da Madrid, sabato 24 novembre, da ‘ La Gazzetta dello sport‘)
I NOSTRI ARRANCANO, GLI ALTRI VOLANO. Gli sparuti lettori abituali di ‘Cronaca dal divano’ si sono spesso imbattuti nelle in interrogativi diversi e tutti tesi a far chiarezza senza tener bordone alcuno su ( taluni) momenti, storie e personaggi dello sport. A volte, con toni (volutamente) ironici e ( forse) anche un po’ bizzarri. E tuttavia cercando di mettere in risalto ‘cose‘ che, tra chi ‘ vive‘ ( appassionatamente) lo sport ( e non solo quello) al di qua dei luoghi riservati agli addetti ai lavori, non collimano affatto con quelle di chi i lavori li segue quotidianamente e ( più o meno) direttamente. Per mestiere. Ad esempio, veder su un campo verde da calcio correre uomini come cavalli all’ ippodromo, solleva perplessità. Tante. Troppe.
Anche perchè chiunque, sprovveduto o meno che sia nella pratica sportiva, sa che ad ogni sforzo ( soprattutto) continuo e frenetico, devono ( per forza di cose umane ) corrispondere momenti di ‘ riposo‘, di ‘ recupero‘, di ‘ricarica‘. Cosa che ( francamente) non notiamo ( nella buona parte) delle prestazioni sportive odierne, calcio in primis, e calcio d’Iberia o d’Albione addentrandoci ancor più in particulare.
E mentre da quelle parti si vola, i nostri arrancano. Onde per cui, pur avvalendoci di tecnici di prim’ordine, è oramai da qualche anno, che i corridori ci hanno fatto accomodare in seconda o terza fila. Le ’cose’ vanno, di nuovo, cambiando. E anche le nostre stanno tornando avanti.
Una, poi, tra le altre, si è ( talmente) ristrutturata ( al punto) da (ri)cominciare ad insediare le posizioni di vertice, tanto che se (ri)cominciasse a (ri)portar nella sua illustre bacheca la ‘ Coppa dalle grandi orecchie’ nessuno si maraviglierebbe più di tanto.
Ma questa volta non è questo il punto su cui concernere. Di corse ( e sottinteso) di doping parleremo più avanti. Anche perchè ( al momento) ai margini di qualche trafiletto di giornale ‘trapela’ ( soltanto) un caso di doping ’ che coinvolgerebbe un plurivincitore diChampions’. Spiraglio significativo, diremmo inconsueto, ma che restando isolato poco o nullo contributo porterebbe alla angosciante quaestio che assilla lo sport mondiale. In ispecie, il bel gioco del pallone.
E veniamo al più recente ‘ caso‘. Di cronaca. Visto che qualcuno mescolano carte s’è preso la briga di chiarire un poco chi siano ( in realtà ) quegli ‘spendaccioni’ tanto prodighi nel sperperare danari ai quattro venti. Fiumi di danari. Esempio: 1,8 mld dal Qatar al Psg in sette anni; 2,7 da Abu Dhabi al Manchester City, ( forse) bypassando i paletti del fair play per evitare di essere estromessi dalle competizioni.
Il tutto, ovvio, con qualche protezione ad hoc. Sulle rivelazioni ( ancora) alle prime pagine, tutto ( come s’usa dire) va accertato. Certo. Ma prima che anche questa sfumi come raffica di vento nel deserto, ce ne vorrà. Perchè le ’carte‘ in possesso son già eloquenti.
E tuttavia, al di là di tutto e tutti, inchieste giornalistiche o meno, vertenze giudiziarie ventilate o no, l’immissione tracotante di tanto danaro ( soprattutto) dalle steppe e dai deserti non ha fatto (di certo) il bene del calcio, dello sport, d’Europa.
Rivelatasi ancora una volta bramosa e fragile. E ( nella circostanza) esposta agli assalti che ( in questi anni) possono giungere dai loci più disparati. Che chiamano emergenti, vogliosi come sono di comperare tutto e tutti, ma che di fatto poco o nulla hanno a che spartire con l’odore e il colore che il Vecchio continente ha da sempre dato allo sport, al calcio, e ( più in generale) al modo di vivere eventi agonistici socializzanti e festosi.
POLITICA & SPORT. GOVERNO&CONI.
MISTER CAPELLO. Chissà se mister Capello, che fino a qualche mese fa, era convinto che il nostro Campionato fosse ‘ per nulla o poco allenante‘, ha rimirato con attenzione l’aspro contendere offerto alla Signora dal gagliardo Empoli? Di gran lunga ben più ostico di quello messo in campo nel mitico Old Trafford al terzo turno Champions, per di più dalla squadra più ricca e valutata al mondo, guidata da uno di quei mister più pagati e capaci al mondo, e però annichilita ( per un tempo intero) da un assetto di gioco davvero autorevole e sconcertante.
E inoltre, chissà se ha potuto ben rimirare, oltre allo United, anche altre due big della celebrata Premier ( Tottenham con la Beneamata e Liverpool con la Lupa ) uscir genuflesse dal confronto contro le nostre ? Chissà? Forse starà già pensando di rivedere ( velocemente) le sue ( ingenerose) valutazioni. Forse, perchè qui, nel Belpaese, saccenze e pregiudizi son duri da scardinare. Per quel che ci riguarda, ribadiamolo ancora una volta, ovviamente dalla nostra amena posizione, il nostro calcio appare in uno stato d’indigenza grave ma non irrisolvibile. E’ malato ma non cadavere. Soprattutto se si riuscirà a dargli un governo stabile e intelligente, e a rifare ( o costruire ex novo) in tempi brevi impianti ( o stadi) accoglienti ed adeguati al moderno fruire.
Non sciocchezzuole, queste, senz’altro, ma neppure imprese tanto astruse quanto l’ andar a far presenza umana sul pianeta Giove.
E allora diamoci da fare, senz’altri alibi, superflui, inutili, anche perchè quella voce che riguarda i ‘ diritti televisivi esteri‘ che sta facendo più ricca la già ricca Premier, potrebbe, offrendo noi al meglio il nostro straordinario e originale ‘prodotto‘ calcistico-sportivo, colmare e di non poco quel gap che attualmente ci assilla.
Mentre nel ranking Uefa siamo in fase di sorpasso, visto che ( con questo trend) ci stiamo attestando poco sotto la Liga, al secondo posto in Europa. E anche questo si dica al giovin Chiesa, speranza viola, che senza ascoltare il saggio Batistuta, leggenda viola, parla della Premier come Pinocchio dopo i racconti che fatti da Lucignolo sul ‘paese dei balocchi.
IL DERBY DEI DERBY. Flash back. Dunque ” … La mi bèla Madunina, ti te dòminet Milan …”, è risuonata a Milano e pei cinque continenti. Visto che il ’ meraviglioso derby’ è stato visto da centinaia di milioni di persone sparse sul Pianeta. Del resto, in quel di Santo Siro, infatti, quando rosso e nero azzurri scendono in accanita tenzone, non si perpetua altro che una centenaria storia, alla quale ( in tempi diversi) ha partecipato ( come ebbe a dire il buon Boban )’ la gran parte dei dei più grandi calciatori che hanno calcato un rettangolo verde da gioco del calcio‘.
E questo, per andare ad omaggiare ( anno dopo anno) la raggiante Madonnina con titoli e trofei, come in nessun’ altra parte ( o quasi) del Mondo. In tutto: 10 delle 62 Champions ( 16 finaliste), 36Scudetti del Campionato più difficile al Mondo oltre ad una miriade di altri titoli e titoletti che fan di quel mitico impianto un pantheon del calcio.
Se poi, vogliamo accantonare la storia per stare sul presente, beh, si sappia che ( domenica 21, ore 20,30) nonostante il ( presunto) declino, è sceso a calcare la sacra erba di Santo Siro un valore pari a 1.177 euro.
Più ricca era la ‘ porzione‘ nerazzurra ( 643 mln euro) , ma non scherzava manco quella rossonera ( 534 mln euro). Inoltre, qui, nella magica serata, sono andati a confrontarsi continenti diversi: Europa, Cina, America. Ma anche a stringersi la mano cinesi e americani, ora proprietari dei due grandi club meneghini. Dovessimo allestire, come invita ( giustamente, senza mezzi termini ) il presidente Uefa Ceferin , ( in tempi brevi) nuovi e moderni impianti potremmo davvero recuperare quella posizione di leadership tenuta fin agli anni del Triplete. Una decina d’anni fa. Mica in epoca preistorica.
E tuttavia, ad aggiudicarsi questo (ennesimo) derby è stata la Beneamata con un gol di Icardi al 93′. Il Diavolo ha fatto quel che poteva, dignitosamente, con un Ringhio non sempre attento nei cambi così come il giovane Donnaruma nelle uscite. Fatto è che la Beneamata vola al terzo posto della classifica, con 19 punti, due ( appena) dietro al Napoli ( vittorioso a Udine) e ( solo) 6 dalla Signora ( fermata sull’1-1 dal Genoa di Juric).
PREMIER O NON PREMIER ? Sky ha annunciato il rinnovo triennale con la Premier per la trasmissione degli incontri. Nella riscossione della vendita televisiva dei diritti esteri, la Premier incassa ( da anni) una esagerazione ( oltre 1,2 mld annui), che se posta a confronto con la nostra riscossione ( 179 mln ca, al momento) diventa una montagna contro un topolino. Non entreremo nel merito di così grande fortuna, annotiamo però quanto questa porzione di calcio sia aiutata, a destra e a manca, da noi in primissimo luogo, ad essere radicata e diffusa.
L’ ex calciatore Di Canio, ad esempio, che della proposta è la vedette in studio, al lieto annunzio ha commentato ” Non vogliamo qui deprimere la nostra Serie A che tutti amiamo, però, qui, si tratta di entrare ogni volta un contesto sportivo di grande spettacolo. Spettacolo puro. E continuato”. Tutti, ovviamente, possono fare e pensare quel che meglio credono.
Se poi esistono anche interessi diversi ad alimentare le opinioni ci pare non ci sia nulla di male nel sostenerle e valorizzarle. Il problema, semmai, è quando si vanno a tranciare paragoni, confronti, indirizzi, volti a mettere sugli altari la propria opinione ( o la propria realtà) e nella polvere ( se va bene) le altre.
Una frase come quella del ( nostro) Di Canio, ad esempio, se non andiamo errati, ci sembra ( ancora una volta) inneggiare il giardino degli altri e (ri)dimensionare il nostro. Che dell’altro ( almeno per quel che riguarda i diritti televisivi esteri e il marketing) è ( in un certo senso) concorrete.
A noi, tra l’altro, per quel ci riguarda ovviamente, non piace più di tanto lo spettacolo offerto ( abitualmente) dalle squadre d’Albione. Negli ultimi anni, poi, ci sono stati tornei conclusi già alla vigilia di Natale. Quest’anno sembrerebbe un andazzo più combattuto, ma per dirlo con sicurezza sarà meglio aspettare Natale ( o, al massimo, l‘Epifania, visto che si gioca anche nel periodo festivo).
Non ci piacciono perchè abbiamo altra nozione di quel che dovrebbe essere il calcio. Spettacolo, sì, certo, ma non soltanto. Sui verdi ( e aggiornati) campi d’Albione contano, nell’ordine, corsa, velocità e impatto sull’avversario. Da nostri invece, e sempre nell’ordine, storia, organizzazione determinazione e ( dove può esserci) creatività.
In Albione, proprio perchè spettacolo, una tenzone inizia e si esaurisce ( grosso modo) nello spazio in cui si sta in campo. Nel Belpaese no, perchè quell’incontro va ad assumere una miriade di significati che ( se non ci si fa attenzione) possono perfino esulare dal mero confronto sportivo. In Albione si assiste a Manchester City- United, cantando e incitando, dopodichè vinti e vincitori si abbracciano a tutto ( o quasi) si spegne lì.
Nel Belpaese invece, il ‘ magnifico derby della Madonnina‘ può essere tutto fuorchè spegnersi assieme alle luci di San Siro. Continuerà, infatti, oggi, domani, negli anni. Contiene infatti tante di quelle cose che non s’esaurisce mai di sviscerarlo. Forse è per tutto questo che in Albione sono arrivati a produrre una lunga serie di ammirevoli regate sul Tamigi e, nel Belpaese, una disputa senza senza fine e senza quartiere come il Palio di Siena. Mondi diversi? Chi, al confronto, è meglio e chi è peggio?A noi, ovvio, piace vibrare all’unisono con il nostro modo di fare sport, e ( dunque) calcio. Anche perchè, siamo onesti, di uno spettacolo ‘ puro e semplice‘ come invita Di Canio , noi, che ce ne facciamo? Una pinta di birra in più al pub? Ma noi non siamo avvezzi al pub, noi abbiamo altri ritrovi, altri modi trascorre le giornate, e necessitiamo ( consapevoli o meno) di ben altri richiami.
Morale: scorrazzino pure sui verdi campi d’Albione come meglio ( e più veloci) credono; lascino invece a noi risolvere quelle dispute con antico costrutto, passione ( anche) di parte e ( quando possibile) fantasia. A loro sarà caro far così, a noi cosà. Ai maestri la Premier, agli allievi la Serie A. Da ‘vendere’ al Pianeta come meglio si pote. Per trarre quei ‘ricavi’ oggi sempre più alti e indispensabili per restare ( come s’usa dire ) al top.
E CHE MALE C’E’ NON ESSERE LA BRUTTA COPIA D’ALBIONE? Sono anni, decenni addirittura, che gli illuminati di questo Paese cercano di convincerci ad abbracciare altre culture. Soprattutto nordiche. A loro dire, più valide della nostra , rimasta ancorata ( per molti aspetti ) alla tradizione ( cattolica ) fortemente confutata qualche secolo fa dalla riformata, più pimpante, più creativa, più adeguata a raffigurare nuovi entusiasmanti orizzonti.
Nel calcio, ad esempio, vorrebbero trasformarci tutti quanti in anglofili, o meglio in copie più o meno ( fedeli ) del movimento d’Albione ( al momento) il più ampio, veduto e ricco del Pianeta. E sull’onda di queste convinzioni ( giuste o meno che siano) ci toccano, ad ogni piè sospinto, stressanti ‘ lavaggi di cervello’ per costringerci ad infilarci scarpe che non fatte per i nostri piedi.
La diversità calcistica ( e non soltanto) tra gli albionici e noi ce la spiega Mario Sconcerti : ‘ L‘Inghilterra ( del pallone) resta un eccezionale movimento, il più grande, ma paradossalmente senza la forza della storia, lei che ha inventato il calcio moderno. Forse gli inglesi amano più divertirsi che vincere, giocano quasi sempre un calcio spontaneo, duro e semplice. Amano ancora il principio del gioco, correre oltre il confine.
Per questo sono felici allo stadio e non ci hanno ancora colonizzati tutti, nonostante siano immersi nei soldi. E’ questa felicità un po’ elitaria e banale che li appaga e li tiene lontani dalla storia che hanno fondato. Il tempo peraltro dice che siamo vicini al Grande Cambiamento … Nel 2014 infatti si arriverà ad un ridimensionamento dei tornei nazionali ...’.
Romantico vero, amar la competizione in sè e non la vittoria. Traguardo da eletti. Vero, non vero? Certamente di tanta idealità continuano ad imbeversi i ( nostri) riformatori che, imperterriti, continuano a chiedere che un popolo ( per secoli) che ha tanto tribolato possa convincersi ( anche su un campo da gioco) a tornare ( si fa per dire ) al desco familiare a mani vuote, da perdente?
Forse i gentleman di Oxford e Cambridge arricchiti durante il breve splendore d’un impero ( semi) planetario, il piacere della competizione può averli abituati a coltivarlo più ancora della vittoria stessa. Sentori da cavalieri della Tavola rotonda.
Sentori che non è facile afferrare, e che (comunque ) messe così le cose diventano ( a noi) più comprensibili ( soprattutto) davanti a quelle ( enormi) folle ordinate e disposte ( sempre se sotto controllo, come non è stato in un passato non remoto ) a far da colorita e canterina scenografia ad un evento sportivo, qualsiasi esso sia, calcistico o rugbistico nell’ ispecie.
E’ dunque, codesto d’Albione, il modo migliore di vivere l’agonismo, locale e planetario ? Ma esiste davvero un modello ideale per ( meglio) celebrare un avvenimento sportivo ? Ne abbiamo le prove? Non del tutto? Allora, per favore, o illuminati, lasciateci ( d’0ra in poi) campare in santa pace. Senza cilicio. Con le nostre storie millenarie, con la nostra gente mai usata e doma.
Del resto, se dovessimo far scegliere al mondo tra una gogliardica regata sulle grigie acque del Tamigi di provati gentleman e una corsa selvaggia di puledri montati al pelo in piazza del Campo, proprio sotto l’ardita e bella torre del Mangia, siamo ( proprio) sicuri che il mondo sceglierebbe i primi e non la seconda? Già, siamo proprio sicuri ?
SI RIAPRE L’ OPERACION PUERTO? Questa volta ci ha colto di sorpresa un verticale taglio di spalla sul ‘Corrierone‘ dal titolo ‘ Nado Italia analizzerà le 211 sacche di sangue’. Riferito a quell’occasione mancata dell’antidoping mondiale che, qualche annetto fa, ha attraversato come una funesta e misteriosa meteora il cielo dello sport ( soprattutto) ispanico.
Sul fatto, tempo fa, la corte provinciale di Madrid aveva stabilito ( bontà sua) una sorta di ‘ diritto all’oblio’ ( in ispecie) per i clienti del ginecologo Fuentes a cui era stata indirizzata la ( famigerata e sospesa) ’ Operacion Puerto‘.
Nel febbraio 2006, ricordiamolo agli smemorati, una mirata azione giudiziaria ” deflagrò – spiega l’articolo citato a firma m.bon. – col sequestro di centinaia di plasma e sangue di quantità industriali di farmaci proibiti e di migliaia di pagine di documenti in codice grazie ai quali il misconosciuto ginecologo spagnolo teneva una contabilità rigorosa dei suoi clienti e dei loro trattamenti ( dall‘Epo all’Autoemotrasfusione).
Si parlò, allora, di decine di atleti coinvolti, ciclisti ma anche tennisti, cestisti, calciatori di fama e altri.
Ma a dispetto dei rumors e sigle sulle sacche decodificate con una certa affidabilità, l’unica attribuita tramite test del Dna e abile rogatoria del Coni fu quella che costò due anni di squalifica all’attuale campione del mondo delle due ruote, Valverde. Chi fossero gli altri ‘ trattati’, grazie all’inerzia della macchina giudiziaria e federale spagnola, non si è mai saputo”.
A dir il vero, trascorrendo un lungo lasso di tempo, anche noi ( ob torto collo) avevamo cominciato a mettere il cuore in pace.
Se non che, come fulmine a ciel sereno, è arrivata la news rivelata dal ( benemerito) quotidiano spagnolo As, che nel procedere ( come in precedenza deciso) alla distruzione ( completa e definitiva) del insolito materiale sequestrato, la 21a Corte Penale di Madrid ha offerto al Coni la possibilità di prelevare campioni dalle 211 sacche rimaste per determinare il Dna e dare ( finalmente) un nome e un cognome a quanti risulterebbero interessati. O coinvolti. Chiacchierati e non. Operanti o già in pensione.
Che sarebbero tanti. Tanti. Certamente più di quel che si supporrebbe. Con possibile terremoto in vista.
Che, come tutti i terremoti, a seconda della loro intensità, è ovvio, possono generare lutti e lacrime. Ma che altro fare? Vogliamo ‘ conoscere ‘ la ‘ verità ‘ storica delle cose o continuare ad inneggiare campioni che tali sono stati solo ( o soprattutto) per le ‘ magie’ del ginecologo dai poteri più ‘prodigiosi’ di quelli del vecchio druido di Obelix e Asterix ?
MA COME LEGGERE QUEI BILANCI ? Intanto, sulle cifre, le cifre dei bilanci delle società europee di calcio, non ci s’intende. Proprio. Proprio. Uno spara così, l’altro cosà.
Ad esempio, secondo la ‘rosea’ la Signora ha avuto un bilancio 2016/17 di 422 mln euro, contro i 676 dello United e i 675 del Real. Andando invece a rovistare su Google ( fonte Calcio e finanza) si evince ( e tutti possono evincerlo) che il bilancio 2016/17 della Signora è di 562 mln ca, contro 750 mln ca del Real.
Sempre dalla ‘rosea’ apprendiamo che il Barca sta per sfondare il muro del miliardo. Di dollari, però, non di euro. Nel bilancio sono state inserite ( ovvio) le plusvalenze legate alla vendita dei giocatori. Tipo Neymar, pagato dagli sceicchi spendaccioni 222 mln euro. Consentendo così al Barca di passare ( in un solo anno fiscale ) da 708 mln euro a 914 mln euro di incassi.
Dovessimo togliere però ai conti dei catalani i soldi da vendita giocatori, le cifre s’abbasserebbero e non di poco: 635 mln euro per lo scorso anno e 686 per quello appena concluso.
Morale: i due Panda spagnoli continuano a praticare il gioco dei bilanci che, al di là del tiqui taca, o dei fenomeni in uscita, sembrano indicare la loro terribile paura che gli anni d’oro stiano per esaurirsi. Con qualcun altro al di sotto dell’Alpe , pronto a (ri)prendersi il testimone. Suo per diversi decenni.
TITOLO PILOTI F1. Quinto titolo alla ditta Hamilton& Soci. Da ripartire.
TITOLO COSTRUTTORI F1. Titulo mondiale alla ditta ‘ Toto Wolff & Soci‘.
CAMPIONATO SERIE A.
DUE CIFRE. Due cifre( a margine) . Delle 62 Champions fino ad oggi assegnate, il Real se n’è aggiudicate 13 ( 16 finali), il Milan 7 ( 11 finali) e il Bayern 5 ( 10 finali), il Barca 5 (8 finali), l’Inter 3 ( 5 finali).
Nel totale le spagnole si sono aggiudicate 18 Champions ( 29 finali), le italiane 12 ( 26 finali). Tra gli allenatori ( in attività) vincitori di Champions in testa c’è il sor Carletto ( 3), seguito da Mou Mou e Guardiola (2). Di Pochettino e Klopp, citati non molto tempo tra i grandi allenatori del Pianeta da Sarri, al momento, non c’è traccia.
La più cara di sempre. La Ferrari 250 Gto Scaglietti del 1962 è stata battuta all’asta per 48.405.ooo dollari ( 41.771.660 euro) da Sotheby’s in California. Superato il record del 2014 di un’altra 250 Gto ( 38.115.000 dollari).
Prezzi per grandi capolavori dell’arte. In questo caso però non (esclusivamente) per un capolavoro, ma per il sogno ( probabilmente) più frequentato dell’immaginario ( non solo) sportivo
IL NO DEL GALLO. Detto del calcio, degli appuntamenti in Campionato, passiamo uno sguardo anche sugli altri eventi sportivi. Gallo dice no all’Italia. L‘Italia azzurra del basket. Deve preparare la stagione Nba. E ben ha risposto il Gallo, che come tutti i nostri ‘americani’ una volta che sono riusciti a far Bingo per varcare l’oceano e diventare milionari, di andare a mettere a repentaglio tanta ( inattesa) fortuna manco ci pensano . Patetica appare dunque la Federazione basket che continua a ’messaggiarli’ per convincerli del contrario.
Tra l’altro, se non andiamo errati, stando ai ( numerosi) precedenti, alla fin della veglia, ben se ne stiano dove sono approdati perchè il loro ’ritorno’ in azzurro ci risulta ogni volta più danno che utile. Non ce ne vogliano dunque il Gall0 e i suoi connazionali ‘americani‘, ma di italioti simili ne manteniamo a josa , per cui se vestire d’azzurro non garba loro ne facciamo volentieri a meno .
LO SPORT TRA DOLORE E GIOIA. Intanto diciamo subito che in altri tempi, la giornata dello sport avrebbe lasciato spazio alla giornata del dolore. E del silenzio, in segno di ( profondo) rispetto per quel dolore. Grande, inatteso, che ha colpito ( attraverso una città) un Paese intero. Ancora una volta alle prese con fragilità, incompetenze, vigliaccherie.
A pagare sono come sempre i soliti. Quelli che passavano sul ponte o per andare al lavoro, o per raggiungere la meta dell’agognata vacanza, o per portare conforto ad altri. I ’soliti’, insomma. Sui quali si stanno versando copiose lacrime da coccodrillo, perchè di questi problemi sono sempre meno quelli che se ne assumono il carico onde evitare che abbiano a ripetersi.
E, in ispecie, che abbiano a ‘bloccare‘ la vita nel suo spontaneo e gioioso manifestarsi, con un occhio al passato e un altro al futuro. Che resta pur sempre il metodo migliore per andare incontro alle ‘necessità inderogabili’ del progresso senza ignorare le ‘ i sofferti , geniali e generosi lasciti ‘ del nostro ( incommensurabile) passato.
GUAI PER L’ OLIGARCA RUSSO ABRAMOVICH. Titola la ‘rosea’: ‘Guai Abramovich. Chelsea in vendita ( per 4,5 mld)’. Per lui accuse di riciclaggio e contatti con la criminalità. Dopo l’Inghilterra anche la Svizzera rifiuta visto e certificato di residenza.
L’Europa occidentale sta chiudendo ( come da più parti più volte auspicato) le porte agli oligarchi russi, in particolare quelli maggiormente in vista e chiacchierati.
Il ‘no’ elvetico è maturato dopo l’esame di un rapporto curato dalla polizia, in cui sono state sollevate una serie di preoccupazioni sul milionario russo, tra le quali ( appunto) il ‘sospetto di riciclaggio di denaro e presunti contatti con organizzazioni criminali’. Non solo, nel report si sostiene inoltre che ‘ i beni del richiedente sono almeno in parte di origine illegale‘. La conclusione è che Abramovich rappresenta ‘ una minaccia per la sicurezza pubblica e un rischio di reputazione per il Paese se diventasse residente‘.
APPELLI. Ennesimo appello: lasciate in pace Filippo Tortu, 19 anni, già a 9”99 nei cento. Gran tempo per noi, ma non ancora l’eccellenza mondiale, per cui lasciatelo crescere come si deve. Che, questo, le ali per volare alto ( anche 100 e 200 m) ce le ha, eccome. Del resto ( da che tempo e tempo) nel Belpaese quando nascono prodigi o sono assoluti oppure non s’en tornano (mestamente) nell’anonimato. E inoltre, che lo alleni il padre o il filosofo Aristotele poco importa.
Se la classe non è acqua difficile, molto difficile, è perderla per strada per questioni ( per molti aspetti) marginali.
Stesso appello va fatto per la giovanissima saltatrice in lungo Larissa Japicino, figlia d’arte, figlia di Fiona May ( 3 mondiali, 2 argenti olimpici). Di recente a Rieti ha saltato 6,38 m , nuovo primato italiano di categoria. E così dicasi pure per Simo Quadarella, 19 anni, tre ori agli Europei di nuoto, che per mantenere la giusta rotta non ha ( di certo) bisogno di ’rompiscatole’ attorno.
DIRITTI TIVU’ SERIE A PER SKY E PERFORM. Deposito delle offerte. Niente in arrivo da Medioapro e Tim. Nel pomeriggio invece sono apparsi i rilanci, con l’uscita di Mediaset. Sky ha sborsato 780 mln annui, mentre Perform ne ha tirati fuori 193 mln, che in totale fanno 973 mln. Non male.
E infatti anche se sotto 1,1 mld preventivati a loro due sono andati i diritti tivù per il triennio 2018/2021. Sky e Perform si sono aggiudicati i diritti tivù in esclusiva per tutte le piattaforme.
L’emittente di Murdoch potrà accordarsi ora con Mediaset per estendere ad alcune partite della Serie A quella intesa commerciale in base alla quale ci si è scambiati diversi contenuti tra satellite e digitale terrestre.
Da aggiungere che alla cifra complessiva di 973 mln vanno aggiunti ( per dirla tutta) 150 mln di bonus che ballando rendendo un poco complicato il confronto con i concorrenti esteri. La Premier, ad esempio, ciclo 2019/2022, porta a casa 1,7 mld annui ( oltre 200 mln in meno rispetto al precedente accordo); la Bundes, in crescita, 1,16 mln ; la Liga, al momento è ferma a 911 mln, ma attende il rinnovo; la Ligue, pur avendo un minor appeal commerciale delle altre leghe, grazie alla ‘ripudiata’ Mediapro, schizza a quota 1,153 mld. Tutti da riscuotere, però, quei danari, visto il comportamento tenuto dagli spagnoli con la nostra Lega.
Facendo una sintesi, se anche i bonus previsti andranno al posto giusto, il calcio italiano dovrebbe mettere in bisaccia qualcosa come 1,123 mld di diritti domestici.
Ai quali vanno aggiunti i diritti esteri, che (finalmente) curati a dovere potranno aggiungere altro prezioso sangue nelle esauste vene del calcio nazionale. Forse altri 300 mln. Forse 400 mln. Come assicura Tavecchio. Che ci porterebbero ( più o meno) al livello altrui. Non male. E comunque non tale da farci (ri)addormentare sugli allori. Soprattutto per la vendita d’immagine al Mondo. Dove i margini di crescita sono notevoli. Anche se per noi il problema cronico ed essenziale degli stadi.
AGGIORNAMENTI. Secondo uno studio Kpmg questi sono i ricconi d’Europa: United ( valore 3.2 mld, proprietà americana), Real (2,900 mld, proprietà ispanica), Barca ( 2,800 mld, proprietà ispanica), Bayern ( 2,5 mld, proprietà tedesca), Manchester City ( 2,1 mld, proprietà araba), Arsenal ( 2,1 mld, proprietà?), Chelsea ( 1,7 mld, proprietà russa), Liverpool ( 1,580 mld, proprietà americana), Juve ( 1,300 mld, proprietà italiana), Tottenham( 1,3 mld, proprietà, in trattativa con americani) , Psg ( 1,12 mln, proprietà araba). Le altre italiane: Napoli ( 518 mln), Milan ( 514 mln) e Inter ( 491 mln). Delle italiane solo la Juve ha uno stadio di sua proprietà. Gli altri restano ‘ in affitto‘. Poareti.
Delle prime 11, a parte i due Panda ispanici, e l’ eccezione Bayern , siamo davanti ad una invasione albionica. Con sei inglesi. I cui capitali giungono, in ispecie, da Usa ( United, Liverpool, Tottenham), Russia ( Chelsea) e Qatar ( City).
E mentre gli americani dell’United sono personaggi del bussines, quello del Chelsea ( Abramovich) appartiene ad una ondata di circa 700 ricconi russi che che dopo il disfacimento dell’Urss hanno messo radici in Gran Bretagna. Non mancano in Albione gli ’spendaccioni’ arabi, questa volta proprietari del City.
Sempre arabi sono i padroni del Psg, undicesima in classifica, squadra di punta del campionato francese. ( Forse) agli inglesi, di inglese, se non andiamo errati, resta l‘Arsenal. Forse. E comunque vien da chiedersi se tutto questo ‘cedere al migliore offerente‘ sia da considerarsi un progresso o qualcos’ altro.
Talvolta i mercati, e le cifre relative, illudono. E quel che ( a prima vista) sembra un affare in realtà ( nel breve volgere di qualche anno) si rivela un disastro. Certo è, dicevano i vecchi, che colui che vende il suo patrimonio preoccupa sempre di più di colui che acquista per ingrossarlo, il suo patrimonio.
Ultime: nel rankink Uefa.
Ranking Uefa aggiornato al 15 marzo 2018
Ecco il ranking Uefa generale (prime dieci posizioni) col quale verranno distribuiti i posti nella prossima Champions ed Europa League: 1) Spagna 103,998; 2) Inghilterra 77,748; 3) Italia 74,749; 4) Germania 70,427; 5) Francia 55,415; 6) Russia 53,182; 7) Portogallo 46,915.
Nota: secondo altra recentissima fonte, citata sulla ‘rosea‘, la distanza tra Inghilterra e Italia, ovvero Premier e Serie A, al momento, non arriva al punto intero. Con posizioni dunque ampiamente colmabili. E infatti, ufficiosamte, dopo i primi turni di Coppe, la Serie A dovrebbe avere scavalcato la Premier.
BLOCK NOTES.
LA MADRE DI TUTTE LE BATTAGLIE. Dieci anni fa la Serie A era appaiata a Liga e Bundes: 1,4 mld di fatturato o testa, poco più poco meno, mentre la Premier faceva già storia a sè ( 2,4 mld). Dopodichè, mentre gli altri sarebbero cresciuti a dismisura, noi ci siamo solo arrabattati, sanza infamia e sanza lodo, sanza adeguati governi e sanza nuovi impianti, sanza gente capace e sanza innovazioni, retrocedendo ad ogni giorno di più verso zone di margine. Continuiamo a precedere Ligue 1, ma è poca cosa se confrontiamo le nostre storiche potenzialità con questa e con le altre leghe.
E comunque cominciamo a capire qualcosa su quei dati che la ’rosea’ nel suo inserto Gazzamondo cerca di riepilogare. Per la ’rosea’ la Premier ( che conta su un audience potenziale di 4,7 mld) va all’incasso di 1950 mln di introiti domestici ( 2016/2019) oltre a 1,3 mln di introiti esteri ( 2016/2019). La Liga ( in crescita continua) incassa 911 mln di diritti domestici ( 2016/2019) e e 665 mln esteri; la Bundes, conta 1160 mln di diritti domestici e 240 mln di diritti esteri. Se non abbiamo mal interpretato, la Premier vale ( nel suo complesso) 5,237 mld, la Liga 2,872 mld e la Bundes 2,793. Noi? Che contiamo noi? Presto detto: solo 2,267 mld.
Con distanza non siderale dal’Altrove, come cercano di far credere gli esterofili, ma notevole e ( comunque) con possibilità di colmare. Le strategie delle leghe differiscono in maniera esemplare. Viaggiano da isolani quelli d’Albione, favoriti dalla diffusione della lingua inglese; delegano Liga e Bundes, intanto (ri)strutturatasi con apparati adeguati e di certo molti più folti ed agguerriti del nostro. Che è tuttora senza governance.
In mezzo a polemiche senza fine, agguati e veleni. Da ‘ sventurati’ italici. Una volta maestri ed ora assuefatti al ‘servaggio ostello’. In fondo a questo ns foglio mediatico abbiamo lasciato una ridotta e umile ricerca su quel che ha condotto il paese più ricco e creativo al Mondo a quello che è. Con grandi potenzialità inespresse. Qua e là, dovunque. Potendo, le si dia un’occhiata. La malattia della ’non aurea mediocritas’ dopo secoli di genialità ci attanaglia. Qui, ormai, fan tutti a gara a fingersi geni.
Un pallido imberbe di trent’anni che da commesso vuol diventare premier; un tracagnotto della Brembana che si dice pronto a governare un Paese che manco i Cesari riuscivano a tenere sotto controllo; un vecchietto in continuo restyling che di tutti ‘ dice mal fuorchè di stesso’. E ci fermiano qui. Anche perchè così è, se vi pare, nella politica, ma anche nello sport. Nel calcio. Dove ( preziose) pepite d’oro si trasformano ( nostro malgrado) in ( inutile) ferraglia, inesorabilmente, ad ogni ora di più. La ‘rosea’ ci invita a reagire. Cominci lei a farlo. Come? Intanto pretendendo ( con la forza del suo antico e diffuso prestigio) pulizia, laddove il degrado regna ( da anni) sovrano. Fatti e non pagine di giornale.
VANNO E RITORNANO. Come ai tempi dei romani conquistatori del Mondo che non appena potevano si concedevano una vacanza-premio nell’ Hellade conquistata, anche i nostri del calcio appena possono valicano l’Alpe e ( più oltre ancora) la Manica, per andarsi ad assestare in uno di quei campionati di cui si va favoleggiando da qualche lustro nel Belpaese. Che sembra aver perso la speranza ( e la stima) di sè. Un po’ dovunque, e non solo nella disciplina regina. Ai nostri giovani, infatti, pedatori o no che siano, li si invita ad andarsene, qua e là, dove sono spuntati Eldorado luccicanti e ricolmi di speranze. E così i nostri lasciano i loro stazzi – parafrasando il poeta d’Abruzzo - per andare verso Altrove. Nel pianeta calcio, una decina d’anni fa autore d’un indimenticabile triplete, la smania è forte.
L’avvertono tutti, anche i Montella, e partono, con il loro scarso possesso delle lingue straniere, gli zainetti sulle spalle ricolmi d’ogni raccomandazione paterna/materna, per cercare gloria e danari. In fondo, ad impedirglielo, che risultato s’otterrebbe? Si rinsavirebbero? Forse sì o forse no, proprio no. Meglio ( allora) lasciarli fare, meglio ( logico) fargli fare da soli le ossa, meglio seguirli senza abbandonarli al loro destino come padre/madre ( dolorosamente) amorevoli fanno.
Tanto più che le cose poi, gira e rigira, si assestano da sole. Spontaneamente. Date un’occhiata ai migranti del calcio e cominciate a stilare ( aggiornati) resoconti. Con tanto di ( relative) riflessioni.
Con costoro: Carletto, 58 anni, esonerato dal Bayern; Prandelli, 60 anni, vittima dell’ ennesima sfortunata avventura all’Estero, ( pure lui) esonerato all’Al Nasr; Carrera, 53 anni, che dopo aver vinto un campionato russo quest’anno ( a -8 dalla capolista) difficilmente resterà allo Spartak ; Montella, finalista di Copa, ma che in Liga ha saputo viaggiare con l’incedere delle luci dell’albero di Natale, tipo Milan, s’è fatto licenziare in tronco dopo una manciata di tempo dall’ambizioso Siviglia ; Stramaccioni, 42 anni, allo Spartak Praga dal 2017 , ma che quest’anno poco brilla al punto che il suo esonero sembra ( già ) scritto; Tramezzani, 47 anni, appena quattro mesi sulla panchina del Sion prima d’essere licenziato. Ultima, in ordine di tempo, c’è da registrare l’avventura del buon Ranieri, conclusa, perchè esonerato dal Nantes.
Questi sono solo alcuni dei nostri migranti partiti, tornati o sul punto di tornare. A loro andrebbe aggiunto il più celebre del momento, quel Conte Dracula finito prigioniero in Premier dentro una gabbia dorata, e che altro non sogna che di tornare a respirare l’aria generosa del suo Paese. Che quando si parla di calcio, pur con tutte le sventure e i ritardi che tiene sulla groppa, evidentemente, poco o nulla ha da invidiare all’Altrove.
Tanto più che i soldi stanno tornando. E allora cari Allegri ( che va scrivendo un’epopea immortale con la Signora) e Sarri ( che ha riacceso il fuoco nel cuore d’un popolo straordinario), di che vi fate lusingare? Di qualche ingaggio che vi sistemi per le prossime cinque generazioni? Ma dove mai? Suvvia, anche qui, da noi, non è che vi trattino così male. Sarri, però, non ci ha ascoltato ed è volato, trepidante, in quella d’Albione. Saluti e baci. E i nostri più affettuosi auguri.
FLASH BACK. CAMPIONATO DI CALCIO SERIE A 2017/2018.
RISULTATI. 38^ e ultima giornata di Serie A 2017 , così i verdetti sull’Europa e la salvezza: l’Inter vince 3-2 all’Olimpico, scavalca la Lazio e conquista il 4° posto e la qualificazione alla Champions. Roma 3^ grazie alla vittoria col Sassuolo. Il Milan batte 5-1 la Fiorentina e si conquista il 6° posto, qualificandosi direttamente per l’Europa League. Atalanta (ko 1-0 a Cagliari) ai preliminari. Record di punti (91) per il Napoli, retrocedono in Serie B con il Crotone, Verona e Benevento.
CLASSIFICA 38a GIORNATA. Juve, punti 95; Napoli 91; Roma 77; Inter 72; Lazio 71; Milan 64; Atalanta 60 … Crotone 35, Verona 25, Benevento 21.
MARCATORI 38a GIORNATA. 29 reti, Icardi (6, Inter) 29 reti Immobile ( 7, Lazio), 22 Dybala ( 3, Juventus).
COPPE EUROPEE. Finale Champions 2017 ( Kiev): Real ( 3-1 al Liverpool) ; finale Uefa: Atletico Madrid ( 3-0 al Marsiglia).
Statistiche. Nelle 62 Coppe dalle grandi orecchie ( Champions dal 1992) finora disputate la presenza italica è la più significativa. Sarà bene (ri)sottolinearlo, anche perchè da noi abita la popolazione ( probabilmente) più smemorata al mondo. Ebbene, gli almanacchi dicon questo: l’Italia ( prima) è andata in finale 27 volte ( 43,54 %) e la Spagna ( seconda) 25 volte ( 40,32%).
Seguono a distanza le altre nazioni. Per noi in finale sono andati: Milan 11 volte ( 7 vincente), Juve 9 volte ( 2 vincente), Inter 5 volte ( 3 vincente), Fiorentina 1 volta ( mai vincente), Roma 1 volta ( mai vincente), Samp 1 volta ( mai vincente). Infine (sempre) per gli almanacchi, in finale di Coppa Italia 2018 vanno Juve e Milan.
PREMIER A MANO ARMATA. Nel mercato invernale 2017 è stata la Cina a farla da padrona. Con una spesa di circa 500 mln di euro. Non a caso, visto che secondo uno studio del Soccerer footbal finance 100 sui top club dal punto di vista del valore della rosa, delle immobilizzazioni, del cash, del potenziale di investimento e del debito, i cinesi valgono già il 15% del fatturato totale.
Lo studio conferma anche un dato ormai evidente: ovvero, che sono i club inglesi che ( al momento) più possono spendere. Cinque delle prime dieci posizioni di Soccerex sono inglesi, 8 nelle prime 30.
E qui ( quella ribattezzata ) Qatar City dello sceicco Mansur potrebbe spendere ( da subito ) fino a 788 mln ( se non ci fosse il fair play Uefa). Negli ultimi anni gli spendaccioni del deserto hanno distribuito 880 mln in acquisti. Stesso discorso vale per l’altra squadra quataregna in Europa ( anch’essa ribatezzata) Qatar Psg, che ha una base d’investimento di 1 miliardo e che negli ultimi anni di Ligue ha speso più d’altri( 135 mln contro i 50 del Monaco).
Tra le squadre d’Albione, la società che potrebbe spendere di più è l’Arsenal ( seconda dietro al Qatar City) con 766 mln di sterline disponibili, 500 mln di liquidi e 8 mln di debiti. Il Chelsea invece è nella situazione opposta. Ma solo per un fatto contabile, in quanto i blues vantano un debito di 400 mln di sterline verso il proprietario Abramovich. Sommerso di debiti è anche il Manchester United del Mou Mou, a quota 563 mln di sterline di rosso.
Chi si trattiene ( Barca e Real a parte) sono le squadre di Liga che sul mercato invernale hanno investito 152,6 mln euro in totale. Ancor più parsimoniose sono le squadre di Bundes, Bayern compreso, che abitualmente non ricorre a gennaio per i suoi colpi migliori. Nella classifica degli spendaccioni ( se non abbiamo mal inteso) non ci siamo noi. Neppure con la danarosa Signora, e i suoi (appena) 29 mln. Finalmente!
LE FRASI CHE COLPISCONO.
* FRASE. Invita Neymar, attaccante Psg : ” La Premier? Tutti i migliori dovrebbero andarci!”.
COMMENTO. Che gli impipa al fantasista brasiliano di convogliare i meglio del meglio del calcio mondiale in Albione, forse, non lo sa manco lui. Si potrebbe pensare, per la solita questione portafoglio, visto che da quelle parti incassando di più elargiscono di più. Ma, forse, non si tratta solo di volgari danari, almeno per lui, anche perchè visto che poco o nulla ha rimediato ( prima) in Ispagna ( poi) in Francia, ( probabilmente) tenta di mantenere intatto il suo ( esagerato) prezzo andando ( andando a trovar ultime e migliori acque ) in Albione.
Sul calcio del Belpaese non s’è manco soffermato, anche se ( ultimamente) nonostante introiti ( e stadi) inferiori è balzato al secondo posto del ranking Uefa, elaborato esercizio ragionieristico per certificare chi più o chi meno si comporta scorrazzando sui verdi rettangoli da gioco. Diciamo pure che lui, e la sua costosissima azienda pedatoria, avrà fatto i suoi conti.
Che non saranno facili. Scontati, visto che duecento milioni di cartellino non glieli sborserebbero più manco da morti. Tanto meno nel Belpaese, che di geni do Brazil ne hanno ammirati tanti. Almemo quattro decine, da Sani a Kakà. Di certo infinitamente più ‘ maravigliao’ che lui.
* FRASE. Dice tale Perisic, attaccante Inter: ” Oggi penso all’Inter, ma il mio sogno è andare a giocare in Premier“.
COMMENTO. Tale Perisic, per quel che ci riguarda, può andare a sognare dove vuole. Ma ad uno che, avendo avuto in sorte l’immensa fortuna di essere chiamato alla ’Scala del calcio‘ per indossare una maglia tra le più prestigiose, chiede di andare a sognare Altrove, non esiteremmo a comprargli un biglietto ( di sola andata, ovvio, per soddisfarlo) . Tanto più che di ‘ luderi’alla Perisic la Beneamata ne ha visti talmente tanti, onde per cui di uno in più o in meno manco s’accorgerà.
Come Perisic altri che da noi calcano i nostri (vetusti) rettangoli verdi sognano l’Altrove. Il giovin Chiesa, ad esempio, che pur aggirandosi in una delle città della bellezza, aspira a parcheggiarsi in chissà quale grigia periferia londinese o atlantica.
Ma anche il buon Alex Sandro, a cui qualcuno ha messo in testa che al mondo esiste qualcosa di meglio della Beneamata e del suo esemplare contesto.
Lasciam perdere poi i mister, come i cari Sarri e Ranieri, che per farsi accettare in Albione altro non fanno che recitare ( ad ogni levar dei venti ) l’ omaggio vassallatico nei confronti dei novelli Signori d’Oltremanica. Per loro, infatti, oramai, è solo ’ Premier e soltanto Premier‘ . Peccato, però, che in Albione non sempre sappiano ricambiare cotanto ( piccicoso) affetto.
* FRASE. Pare che qualcuno abbia chiesto a Messi, ’ jus sanguinis‘ recanatese, se conoscesse qualcosa del paese dei suoi avi ( bisnonni o nonni). Leopardi, ad esempio. Lui sembra avere risposto ” Leopardi, ma chi è costui? Non lo conosco! “.
COMMENTO. Che Messi sbagli qualche gol ci può stare, anche perchè Eupalla è un po’ beffarda. Ma che non sappia nulla, ma proprio nulla, da qual contrada e ceppo provenga, e finanche di quel tizio cantore di Silvia, no, questo non possiamo proprio concederglielo.
Quando è troppo è troppo! Anche perchè non è ora di finirla con questi emigrati italiani che una volta sistemati in Altrove sembrano mostrar più vergogna che orgoglio d’ essere figli dei Cesari o dei Medici; dei Colombo o dei Vespucci; dei Dante e dei Leopardi; dei Leonardo e dei Michelangelo; dei Galilei e dei Fermi; dei Verdi e dei Puccini etc etc etc ?
E finanche, restando sul genere, di’ una nazionale di calcio che reca quattro stelle sul petto dopo avere sfiorato la quinta in altrettante occasioni? Non diranno mica che stanno a corto di argomenti? Di risposte? O meglio, di ragioni per gonfiare il petto?
Eppoi se proprio, proprio, i connazionali ’ ius soli‘ argentini insistono perchè si fanno raccontare di quanti ’ jus sanguinis’ italo-argentini hanno onorato la Seleccion? Dicasi : Di Stefano, Sivori, Angelillo, Maschio, Maradona, Bati, Zanetti, Milito … etc etc etc
Mai sentiti nominare, caro Messi? In questa, ci consenta un suggerimento: perchè non li va a trovare, i ‘suoi’ di Recanati? Intanto le potrebbero colmare quell’orribile ’buco nero‘ su Leopardi che si porta appresso. Eppoi non è detto che i ‘ suoi’ , magari con senso di colpa postumo, non abbiano a triburagli affetto e a mostrasi orgogliosi d’ avere dato luogo ad ‘ un impasto‘ che ‘messo in cottura’ in altra parte del Pianeta ha poi ’ sfornato’ un altro numero uno.
* FRASE. Todt, presidente Fia, analizza la ‘mossa‘ Mercedes in Russia e dice: ” Scelta giusta, polemica inutile”.
COMMENTO. Quanto dice il piccolo tortignacolo francofono, che sedendo mirando dalla sua bella poltrona ‘ giunta in dono’ dopo una lunga e gloriosa militanza con Maranello, è più o meno quanto disse il lupo all’agnello in quella celebre fiaba di molti secoli fa. Davanti alla prepotenza, infatti, il mite non può che soccombere. Lo sapevamo, ed è per questo che va intesa ‘inutile’ la polemica dei tifosi della ‘rossa’.
Cioè ininfluente, visto che nè Todt nè i potenti di quel gran circus hanno intenzione di ascoltarla. Anzi, potessero, la penalizzerebbero, anche economicamente. Ma solo per tutto questo, però, perchè sapere che si assegna un titolo ad un singolo quando a guadagnarselo sono in tanti e tutti ben direzionati, ci sembra il frutto maldestro ( e non unico) di una attuale ‘infelice’ gestione dello sport dell’auto da corsa. Dei suoi personaggi, delle sue leggende.
( Ndr) Per quel che ci riguarda, ‘ animus pugnandi‘ di questo genere li lasciamo a Todt e a quanti, altri come lui, o più di lui, le apprezzano. Noi, quattro gatti spelacchiati, d’ora in avanti ci limiteremo a cambiar canale.
- FRASE. Ha detto Alessandro Florenzi, 27 anni, dopo il rinnovo fino al 2023 con la ‘sua’ Roma ” Meglio l’amore dei soldi“.
COMMENTO. C’è chi prende queste frasi con le molle. Perchè da tempo ha smesso di credere che il ‘mistero’ uomo è alimentato da qualcos’altro che non sono i danari. Quelli semmai servono a tradire il giusto, per mandarlo alla crocefissione. E comunque Ale, se avesse ragionato mettendo la mano in tasca, avrebbe optato per altri lidi, ben lontani dall’ombra del Cupolone. Eppure, lui, come altri suoi maestri, grandi maestri, alla fin della conta, non ha esitato a restare qua e a non andare là. Dove? Nel vasto Altrove, da dove come quelli di Ulisse sono in pochi a tornare per riabbracciare la vecchia, cara, madre Itaca.
- FRASE. Dice Sarri, fresco mister del Chelsea: ” Sono venuto nel Campionato con i migliori allenatori d‘Europa e del Mondo : Pochettino, Klopp, Mourino e Guardiola … “.
COMMENTO. Che la Premier sia un campionato ( nel suo insieme) al top, ci può (anche) stare. Ma che ospiti (tutti ) i migliori allenatori della Terra, non ci sentiamo di condividere. Affatto. Intanto perchè quel tal Carletto da Parma che è andato a sostituirlo al Napoli, presenta un tale curriculum che i citati dal buon Sarri ( Guardiola, a parte) possono ( al momento) soltanto sognare.
Inoltre il Campionato che, lui, come tanti altri ha generosamente cresciuto e valorizzato, crediamo disponga tuttora di tecnici che poco o nulla hanno da invidiare ai citati ( e non citati) del buon Sarri. Conte ( disoccupato) a parte, che le ultime ciance danno in arrivo al Milan, e il Mancio relegato alla Nazionale, non si può certo cacciare nel limbo gente di valore come Allegri, Di Francesco, Gasperini, Giampaolo, etc. etc. I quali, purtroppo per noi, potrebbero ( sicuramente) far la loro gran bella figura in Premier e non solo. Maurizietto , facciamo così: lei pensa alla Zarina e noi al resto?
- FRASE. Ha detto Toto Wolff ( team principal Mercedes) ” E’ la seconda volta che un loro pilota butta fuori un nostro pilota: ci stiamo stancando”.
COMMENTO. Parlare con degli smemorati è sempre arduo. Questi, anche se commettono atrocità infami, dopo un poco, le obliano. Come non fossero mai avvenute. Lo fanno per le cose serie, figuriamoci per quelle non serie. Sono fatti così, che volete farci? Caricarli in blocco, come facevano gli antichi, metterli in mare e spingerli ad andarsi a cercare lidi vergini su qualche pianeta della galassia?
- Toto, lei si è stancato per due volte, pensi quanto dovremmo esserlo noi che di ‘volte ne abbiamo dovute subire a josa. Da un lustro, almeno. Ha mai pensato ( e chiesto) al suo reuccio qual titolo avrebbe potuto mettere in saccoccia ( diciamo) lo scorso anno se tra voi in primis e tra gli altri di sponda aveste ‘ lasciato in pace ’ l’invidiabile ’ rossa‘?
Di recente, un suo conterraneo, d’animo magnanimo e grato, schernì Maranello consigliandogli di mettersi a cucinare un piatto di spaghetti piuttosto che fare un auto. Giusto, sbagliato? La risposta, Toto, se la dia da solo. Intanto noi, abbracciamo un tedesco che ci piace. Molto. Un fratello d‘Italia ( e d‘Europa). ” Velocità, tecnologia, alettoni e cambio gomme: tutto bello – dice Stefano Boldrini-, ma alla fine il cuore dei tifosi batte per la ‘rossa’ e per chi la guida”.
- FRASE. Il solito capiscione tra i (tanti) chiacchieroni di 7 Gold: ” Per me non andremo manco al prossimo Mondiale. L’Italia non ha talenti e il Mancio poco o nulla potrà incidere”.
- COMMENTO. Se il mondo, lo sport, il calcio, dovessero costruire il loro futuro tramite le ciacole al vento che s’alzano ( reiterate) in certi consessi, staremmo freschi. Qui, quel che conta, infatti, è ciacolare. A ruota libera. Senza preoccupazione alcuna, se non quella dell’audience. Sui loro vaticini, poi, c’è da credergli quanto quelli della Sibilla cumana. Infatti, pur con tutto il rispetto per il diritto di liberamente ciacolare, non crediamo affatto di non esserci ( nel frattempo) forniti di buoni giovani. Da far crescere, certo, a puntino, come sta ripromettendosi di fare il nostro (audace ) Mancio,al quale vorremmo solo suggerirgli di tapparsi le orecchie davanti a cotali sirene e sirenette. Un po’ come fece Ulisse. Per portarci, poi, forti e pimpanti, a gioire della dolce Itaca.
- FRASE. Sergio Ramos, amato killer ( calcisticamente parlando) dei Blancos dice : ” Ammiro Maradona, un grande. Ma tra lui e Messi ci sono anni luce; con Messi, sì, il migliore di sempre”.
COMMENTO. Ognuno ovviamente si tiene le opinioni che crede. Noi ad esempio pensiamo che quel feroce ‘ scassinatore’ di avversari da rendere inoffensivi, bocciato in storia, non veda oltre le sue bravate. Parlasse di quelle, forse, l’ascolteremmo pure; ma se si mette a spaziare oltre il suo (limitato) orizzonte, meglio lasciarlo perdere. Anzi, meglio tenerlo d’occhio, per impedirgli ( alla prossima occasione) di trattare qualcun altro come quel poveraccio di Salah, che oltre al danno col Liverpool s’è dovuto sorbire anche la beffa di non aver potuto difendere come avrebbe voluto il suo dolce Egitto ai Mondiali di Russia.
* FRASE. Ventura, ex ct azzurro, dice: ” Sono stato il capro espiatorio di colpe non (solo) mie”.
COMMENTO. Che il ct Ventura sia o no (diventato) capro espiatorio non ci interessa affatto. Siam dell’avviso che di maldestri è zeppo il calcio nostrano. Sappia però che, a torto o a ragione, pur con tutta la clemenza possibile che gli potrà essere riservata, il suo prorompente corpaccione non potrà che restare per sempre legato ad una delle pagine più nere del calcio italiano. E’ inevitabile. E’ nell’ordine dei fatti. Allora, piuttosto che dare l’impressione di volersi salvare alla Schettino, se ne faccia una ragione. Con un filo d’autocritica. Dignitosamente. Silenziosamente. E la chiuda là. Forse qualcuno potrà anche dimenticarlo.
FRASE. Thiago Silva: ” Il Milan è nel mio cuore e lo sarà sempre. Sarebbe bello chiudere la carriera in rossonero”.
COMMENTO. Una volta tanto, dal caro e colorito Brazil, giunge una voce non condizionata dalla pioggia di danari che stanno affogando lo bello sport del pallone. Un abbraccio Thiago, colà, ti aspettano ( sempre) a braccia aperte.
FRASE. Sul ventilato trasferimento di CR7 “ Queste cifre nessuno, in Italia, può permettersele”.
COMMENTO. Ci mancherebbe. E chi vuole andare ad aggiungersi a quei tre o quattro panda superprotetti che sborsano soldi a palate senza che nessuno gliene chieda la provenienza? Per CR7 non abbiamo sentito cifre. Per Neymar invece sì. Il Florentino padre padrone dei Blancos avrebbe messo in bilancio 600 mln per l’acquisto del giocatore, 300 solo per l’ingaggio. Un investimento folle, anche per una squadra abituata al perpetuo nel rosso come quella madridista e che ( sia pur) con 7,5 mln di fatturato ca, quei sonori esborsi di danari ( in un modo o nell’altro ) dovrà fare rientrare.
Che poi il giovin fenomeno carioca vada a finire come l’altro più stagionato fenomeno gallese, strapagato pure lui, e che in un anno è riuscito a trovare ( più o meno) soltanto un ferro da cavallo con una rovesciata acrobatica in finale Champions contro quegli sfigati dei Reeds, questo è tutto da vedere. Piuttosto, quando, da noi, si pronunciano certe frasi, sembra d’avvertire il transfert d’un piacere per altri che si vorrebbe nostro. Non siamo tutti uguali al Mondo. Vero. Ma a noi ( sinceramente) non sovviene piacere alcuno, soprattutto, per immedesimazione. Anzi, che fortunati siamo non aggirarci più tra ’ ricchi scemi’ pronti a svenarsi pur di accasare ( presunti) fenomeni che tali sono solo per chi ha preso l’abitudine ( fair play consenziente o impotente) di saccheggiare sistematicamente questo sport ( ancora) alimentato dalla passione popolare!
FRASE. Balo dice ” E’ ora che l’Italia accetti l’integrazione. Come già altri paesi europei”.
COMMENTO. E’ ora, invece, che sia lui a crescere. Sul serio e non solo sul campo. Intanto gli altri, tutti quelli che gli fanno corona, se veramente ce l’hanno a cuore, lo stimolino a vedere le cose nella sua ( possibile) veridicità. Anticamera a pensieri e comportamenti corretti. Si è infatti chiesto il nostro Balo che fine avrebbero fatto le decine e decine di migliaia di poveracci che sono approdate ( soprattutto) sulle nostre isole in questi ultimi anni? Da qual paese d’Europa da lui citati sono stati soccorsi, curati ed ospitati se non dalla ’razzista’ Italia?
Che qualche ‘frangia‘ di insulsi oscurantisti ce l’ha pure, ma sono sempre quelli e lontani dalla stragrande maggioranza di un popolo di 62 mln di persone. Il suo caso personale , in questo senso, dovrebbe avergli insegnato qualcosa. Semmai, si sforzi il Balo di dare il meglio di sè in campo e fuori. Chè sono agli esempi concreti e non i predicatori che la gente antica del Belpaese più rispetta. Ammira. Ama.
FRASE. Zizou dice: ” Vi spiega il mondo Real. Tanto lavoro, unità e grandi giocatori, questa la ricetta vincente”.
COMMENTO. Sicuro, Zizou, di non esserti dimenticato qualcosa? Gli arbitri, ad esempio, ma anche la dieta alimentare dei tuoi ( ex) galacticos, che nei grandi appuntamenti mettono le ali? E di Florentino che dici? Guarda che a lui fanno ombra anche i fili di seta d’improvvido baco. Attento.
FRASE. Rivela monsieur Platini ” Sì, visto che la finale più attesa era Francia e Brasile, abbiamo pensato bene di concederla. Ovviamente tramite qualche (innocente) trucchetto”.
COMMENTO. Che qualcuno in alto abbia (finalmente) ammesso quello che tutti non pensiamo allorquando i santoni del sorteggio frullano quelle palline, è cosa buona e santa. Ora aspettiamo che qualcun altro, con lo stesso coraggio, e senza ironia, ci venga a spiegare come mai in certi campionati, e nelle manifestazioni internazionali ( Champions in testa), c’è gente che vola. Senza tirare il fiato. Che mangia: bresaola o stoccafisso?
- FRASE. Blancos infuriati: verso chi parla di ‘furto’ parte la querela.
- COMMENTO. Non devono essere messi bene da quelle parti. Perchè, se per ‘reprimere’ diversità di vedute ( inevitabili nel calcio) si rivolgono ai legali, devono essere (davvero) sull’orlo d’una crisi di nervi. Peraltro mai vista, al monumentale Bernabeu. E comunque ammesso e non concesso che riescano a rintracciare i milioni e milioni di quanti sono inorriditi davanti alla (incauta o fraudolenta? ) decisione del giovane arbitro inglese, che faranno in futuro? Mica vorranno aggiungere allo staff di giacchette nere anche un pool di legali? Eppoi, vogliono o no ‘sto VAR?
- FRASE. Dice Andrea Agnelli, 42 anni, presidente Juventus ” Oggi l’arbitro non ha capito nulla. Ma il discorso va più esteso. Serve la Var anche in Europa. Collina e la sua vanità vanno a colpire le squadre italiane per una designazione imparziale. Un designatore va cambiato ogni tre o cinque anni. Per avere una evidente imparzialità si va a colpire le italiane in maniera quasi scientifica”.
COMMENTO. Che l’arbitro ‘pattumiera‘ inglese sia servito ad eliminare la Juve è stato fin troppo chiaro. E inquietante. Tanto più che, come dice il presidente bianconero, dovrebbe essere stato un italiano, tale Collina, a cacciarlo tra i piedi dell’orgogliosa Signora. Ma Collina, a quanto pare, non è nuovo a queste prestazioni. Le squadre italiane infatti e non solo la Juve, in proposito, hanno una lunga serie di ‘ furti‘ da reclamare. E non a causa del solito, manipolato, sfruttato, vittimismo. Milan, Lazio, Roma hanno smoccolato ad josa davanti a direttori di gara che hanno ‘ pilotato’ gli incontri a loro ( insindacabile e univoco ) ‘modo di vedere’. E questo rattrista. Perchè quella fiducia finora riposta nelle istituzioni europee del calcio va visibilmente scemando. E non solo da noi. Infatti andate a chiedere a Rumenigge cosa pensa dell’ultimo confronto tra la sua corazzata e quella del ‘onnipresente’ Florentino. Collezionista ( ad oltranza) di Coppe, Trofei e Palloni d’oro ( ormai sempre meno credibili).
FRASE. Zinedine Zidane, ct del Real, dice: ” Dicono tutti(?) che il rigore fosse netto”. Rincara il suo baldo campione noto come CR7 ” Non capisco le loro proteste: senza fallo Vasquez avrebbe segnato”.
COMMENTO. Due frasi per una.Intanto pensavamo che in quel calderone a strapiombo sul campo da gioco si fossero, col tempo, resi esperti nel valutare le prestazioni loro ed altrui. E anche i rigori, quando si danno e quando no. Sembra invece che le cose non stiano così. Sembra piuttosto che quelli di pallone capiscano solo quanto che gli va sul loro conto. Non l’avessero capita, la nobil Signora gli ha fornito una lectio magistralis di cui conservare eterna memoria.
Insomma quel rigore l’hanno visto solo loro. E comunque a parte l’arbitro ‘pattumiera‘; a parte Vasquez; a parte il solito isterico puntero detto CR7, su quello stadio vanno fiorendo storie strane. Da verificare. Storie simili a leggende nere. Come ne sono nate, nel passato, su certi ambienti storici in cui a ‘gestire‘ potere, danaro e successo erano veleni e pugnali. In quel ‘ maledetto‘ impianto in fase di ristrutturazione, va a diffondersi infatti la convinzione d’averlo trasformato in una sorta di ‘ porto franco’ dove a legiferare sono loro e non altri. Non il calcio europeo. Non chi merita di vincere. Non chi gli fornisce ‘lezioni‘, ma solo chi gli scarica ( a comando) la sua ’pattumiera’.
* FRASE. Assicura Gianfranco Zola, 51 anni, ex calciatore: ” Inglesi più avanti. A noi manca il talento più che il denaro”.
COMMENTO. Non bastavano gli anglofili e don Capello, che s’è aggiunto anche il nostro Gianfranco al coro di quelli che vedono il nostro calcio morto e sepolto sotto una spessa coltre di diffusa mediocrità. Eppure, i lor signori, dovrebbero prima del flatus voci verificare quanto sta accadendo attorno ai loro preziosi occhietti. Perchè, se è vero che la Premier è la lega che incassa incassa di più, non altrettanto vero è che si la migliore visto che nell’ultimo turno di Coppe è riuscita a malapena a salvare in Champions due squadre ( City e Liverpool) in Uefa una ( Arsenal) . Come noi, che nel ranking Uefa gli stiamo appresso per una manciata di punticini.
Inoltre, che il City ( degli sceicchi spendaccioni e del Pep) sia una ‘ macchina da guerra imbattibile, è tutto da vedere; semmai, per la sua storia, tra le compagini d’Albione, ci parrebbe più insidioso il Liverpool, che comunque non è l’apice del calcio inglese e ( tantomeno) europeo. Se poi ci volessimo trasferire alle nazionali di sua Maestà, a parte il recente timido risveglio delle giovanili tutto da confermare, sono lustri che non le si vedono ai vertici del calcio mondiale. La loro nazionale maggiore, addirittura, madre di tutte le nazionali al Mondo, dopo avere ‘ rubacchiato’ un Mondiale in epoca preistorica, non s’è manco più affacciata sulle ribalte mondiali.
Dunque continuare a proporre a 360° gradi il modello Premier con tanta insistenza, ostentazione e (monotonia) fa restare perplessi. Per cui, ci piace parteggiare per il buon Di Biagio. Che con un pizzico di (sano) orgoglio ( italico) ancora non venduto al migliore offerente, dice ” Fuori ci maltrattano. A volontà. Dai ragazzi voglio maggiore personalità. Certo. Ma qui abbiamo giocatori da Spagna e Brasile”. Noi, quadristellati, siam fuori dal Mondiale di Russia. E’ vero. Ma per ( mandata) di sciagurati al vertice o di mediocri pedatori alla base? Eppoi, suvvia, sinceramente, donde stanno alloggiati tutti questi fenomeni dell’ aureo Altrove? L’incontro Inghilterra-Italia, a Wembley, pur dando il giusto peso alle amichevoli, è finito in parità: 1-1. Come volevasi dimostrare?
* FRASE. Scherza l’amabile Leo Turrini ” Lewis, nel post gara, dentro quell’abitacolo da cui non voleva più uscire, sembrava Polifemo dopo essere stato accecato da Ulisse”.
COMMENTO. In effetti la ‘sorpresa’ propinata dalle ’rosse’ non dev’essere stata di quelle facilmente digeribili. Soprattutto dopo la pole fantascientifica del giorno prima. Stando a quei tempi, infatti, le umili ‘rosse‘ avrebbero dovuto finire distanti anni luce dalla superba ‘ freccia d’argento‘ del re nero. E invece, ecco che l’imprevedibile ‘macchinina rossa’ che sembra avere assunto sembiante umano va a compiere uno dei suoi innumerevoli colpi di scena. Che sono anima e sangue della sua storia straordinaria. Sua e soltanto sua. Ecco perchè quand’anche passa al fianco ti fa scorrere addosso brividi ineffabili. E un po’ dovunque. Qua e là pel Pianeta.
* FRASE. Sbotta Pochettino, mister Tottenham: ” Prima della gara c’era Agnelli e dopo, con lui, anche Marotta. Ho visto come nell’intervallo abbiamo messo pressione sull’arbitro. Alla fine c’erano due rigori per falli di mano, non ce ne ha dato alcuno”.
COMMENTO. Mauricio Pochettino come milioni di italiani sparsi nel mondo spesso e volentieri non sa se dar precedenza allo jus soli piuttosto che allo jus sanguinis. Lasci perdere, per favore, visto che più italiano di così non potrebbe. Anche perchè se c’era un rigore sacrosanto quello doveva essere dato alla Signora e non al (poco) sereno Maurizietto. E se ne faccia ragione: il suo Tottenham non è la Juve.
* FRASE. Dice Paolo Condò, in Confidential ” Se per vedere la partita più bella del mondo scegliete Liverpool- Manchester United non andate troppo lontani dal vero”.
COMMENTO. Rispettiamo tutte le opinioni. Anche quelle dei fans anglolifi più coriacei come il Paolone, a mezzo tra ‘rosea’ e Sky. Solo che, guarda un po’, non condividiamo. No. Intanto perchè il nostro insiste su una ‘ modernità della Premier che (ultimamente) ha affollato di ( ulteriori) attori la sua scena’ che a noi appare, ma solo in parte. Spiacenti.
Anche perchè ( a parte certi aspetti economici-organizzativi della Premier che non convincono ) occorre che qualcuno (ci) chiarisca una volta per tutte come si faccia a correre (e resistere ) così tanto. Noi, se Wigghin o Froome sono alimentati a stoccafisso o a bresaola vogliamo saperlo, chiaramente, ora, e basta.
Eppoi, anche solo selezionando i titoli che vanno in campo, per il Liverpool sono 5 Champions e per lo United tre. Otto, se non erriamo, comunque meno delle dieci che ( tanto per fare uno degli esempi a noi consentiti) calcherebbero il vestusto San Siro, con Milan ( 7 Champions, 18 Scudetti) e Inter (3 Champions, 18 Scudetti). Le quali, storie e titoli alla mano, avrebbero ( tanti) più crediti per essere incluse tra ile pretendenti alla partita ‘più bella del mondo’. O no? O forse che, per noi, italioti d’antico pelo, l’erba più verde resta sempre ( e comunque) quella del vicino? Cilicio al petto?
FRASE. ” Il dato importante per il calcio italiano è che c’è una generazione di talenti veramente interessante. Tra l’altro sono tutti titolari in A. Una ottima base della squadra per ripartire”. Così dice Marcello Lippi, ora migrante in Cina, alla guida della Nazionale del dragone, ma già campione del Mondo.
COMMENTO. Di seguito riportiamo quanto avrebbe detto un altro dei nostri (presunti ) tecnici.
Quel Capello che dopo avere trovato pepite d’oro nel ricco eldorado del Milan berlusconiano, se n’è andato a scorrazzare per il Mondo con risultati ( sovente) poco lusinghieri. Al momento è riparato in Cina, con magno gaudio del pueblo calcistico nostrano. Sì, perchè mentre lui non vede altri vedono. Non diciamo un futuro roseo, ma almeno da giocarcelo, magari alla pari con altri strombazzati rivali.
Ce ne vuole a snobbare l’azzurro, aspirante pentastellato, ma l’ingrato ed orbo friulano c’è riuscito. Fortuna nostra è che dalle parti della Tuscia, c’è ancora qualcuno che di calcio, e di giovani talenti, s’intende.
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FRASE. Capello ” Non sono interessato alla Nazionale. Anche perchè oggi manca il talento”.
COMMENTO. Di frasi orribili caro Capello, nella sua peregrina carriera, ne ha dette molte. Per quel che ci riguarda se non lo chiamano a vestirsi d’azzurro è perchè non lo merita. Allenare infatti una squadra ricolma Baresi, Maldini, Baggio son buoni anche quelli del Dopolavoro ferroviario. Reperibili, tra l’altro, a prezzi migliori del suo. E inoltre non è affatto vero che non ci sono talenti. Il problema è intravvederli per tempo e non quando sono belli e svezzati. Cosa a lei, evidentemente, impossibile. Resti quindi pure in Altrove. In Cina o dove meglio crede. Nessuno la piange. Nessuno la vuole. Tanto più se la andiamo a ricordare per le memorabili imprese che ha compiuto con con le nazionali di Inghilterra e Russia.
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FRASE. Dice Montella: ” Il Siviglia negli ultimi dieci anni ha vinto più del Milan“.
COMMENTO. Il Montella, dunque, che al Milan non è riuscito a tirar fuori il classico ragno dal buco è stato chiamato grazie alla ineffabile volontà della Provvidenza in quel di Siviglia, squadra tosta e ( ultimamente ) per tre volte vincente in Uefa ( ma 3 Uefa valgono una Champions?). Ambiziosetta, comunque.
Sarà allora ben per lui più che sparare ciacole a vanvera non ripeter le prestazioni sue. E comunque sia resti sempre grato ad una maglia che anche se vestita con scarso costrutto gli ha concesso di mettersi in vetrina in ambito internazionale. E si rimbocchi l’ingegno oltre che le maniche. Perchè se al povero Diavolo per attendere il ‘ ragno‘ hanno pazientato ( circa ) due stagioni, al Siviglia san tornare sui loro passi molto, molto prima. Ambiziosetti come sono. Come volevasi dimostrare.
NOTA.
° Il Milan ( nonostante la temporanea povertà) è la terza squadra al mondo per numero di titoli internazionali conquistati (18, a pari merito con il Boca Juniors e alle spalle di Real Madrid e Al-Ahly, rispettivamente a quota 24 e 20).Nella sua bacheca figurano, a livello internazionale, 7 Coppe dei Campioni/Champions League, 2 Coppe delle Coppe, 5 Supercoppe europee, 3 Coppe Intercontinentali e una Coppa del mondo per club FIFA.
Se in ambito internazionale il Milan è la squadra italiana con più successi, la prima italiana ad aver vinto la Coppa dei Campioni (nel 1962-1963) e la seconda squadra europea e prima italiana per numero di finali di Coppa dei Campioni/Champions League disputate (11), in ambito italiano è il secondo club più titolato, a pari merito con l’Inter e alle spalle della Juventus (52 trofei), avendo vinto 30 trofei nazionali: 18 scudetti, 5 Coppe Italia e 7 Supercoppe italiane. Complessivamente, con 48 trofei ufficiali vinti (30 nazionali e 18 internazionali), è il secondo club italiano più titolato dietro alla Juventus (63). È stata inoltre la prima squadra a vincere, nel 1991-1992, il campionato italiano a girone unico senza subire sconfitte,eguagliata dalla Juventus nel 2011-2012. Il club figura (al momento ) al quarantunesimo posto della graduatoria continentale dell’UEFA.
° Questo il palmarès del Siviglia: 1 campionato spagnolo (1945-1946), 5 Coppe del Re (1935, 1939, 1947-1948, 2006-2007, 2009-2010) 1 Supercoppa spagnola (2007). In ambito internazionale, invece, da che è al mondo, ha vinto 5 Coppe UEFA/Europa League (2005-2006, 2006-2007, 2013-2014, 2014-2015, 2015-2016), record nella competizione, e una Supercoppa UEFA (2006). Attualmente occupa l’8º posto del Ranking UEFA.
( Fonte Wikipedia)
* CARNEFICI E VITTIME. Due libri hanno riproposto in questi giorni un’ antica domanda: “ Perchè il carnefice ci conquista più della vittima“? Così è, infatti, se vi pare (e non vi pare)? Accettiamo allora la risposta che sul tema diede Nietzche? Ovvero: ” ( ) non già per lo stupore di fronte alle cose; ma per lo stupore di fronte all’orrore delle cose”? Oppure, andiamo a rovistare lumi presso altri lidi?
ALTRE DALLA CRONACA.
UNA STORIA DA NON DIMENTICARE. Lo hanno trovato senza vita, nella cameretta d’albergo prenotato dalla squadra per l’incontro di mezzogiorno contro l’ Udinese. Avrebbe dovuto scendere nella sala pranzo intorno alle 9,30. Anticipando come al solito gli altri, lui, generoso e puntuale capitano . Non lo hanno visto, stranamente, e hanno mandato un massaggiatore a verificare la situazione. Purtroppo drammatica, incredibile. Visto che il valente difensore viola, 31 anni appena compiuti, giaceva nel suo sonno eterno, che lo aveva colpito nel corso della notte. Sono stati i suoi compagni a chiedere di non giocare.
Immediatamente seguiti dai friulani e, una dietro all’altra, da tutte le squadre di A e B. Il commissario Malagò non ha fatto altro che prendere atto d’una volontà diffusa. Fortemente provante. Anche perchè Davide era benvoluto un po’ da tutti. Allevato nelle giovanili del Milan era passato ad altre squadre, come sempre capita (anche) ai migliori talenti giovani del nostro movimento.
Ultimamente era stato alla Roma ( un anno) per trasferirsi ,poi, successivamente, alla Fiorentina. Dov’era pronto un contratto per vestirlo di viola fino al termine della sua carriera.
Davide Astori vestiva anche la maglia azzurra. Il suo sogno da sempre. Nel Mundialito contro l’Uruguay aveva segnato il gol che aggiudicava alla Nazionale di Prandelli il terzo posto del torneo. A Firenze aveva trovato la sua ‘dimensione’ ideale. Lo aveva confessato apertamente. In pratica, grazie alle sue qualità non solo calcistiche, era stato prescelto per far da chioccia ad una Viola ( di molto) ringiovanita dopo un anno di ( relative) delusioni. Ci stava riuscendo. E forse proprio questo è il rammarico più grande. Non vederlo sgranare i suoi occhi chiari e sorridenti sul lavoro che stava portando avanti e che , prima o poi, darà i suoi frutti.
Lascia una bimba di due anni, Vittoria, che non potrà mai più godere del suo vigoroso abbraccio. La vita, spesso, è crudele. Potrà però alimentare l’orgoglio di avere avuto un padre così. Bravo sul campo. Amato fuori campo. Esempio acclarato di quei talenti nostrani che solo miopi maneggioni non riesco a vedere e valorizzare come meritano. A tempo debito, si sa, e non quando questi hanno già speso il meglio della loro vita ( non solo) sportiva.
BACUCCHI LI FATE O NO QUESTI NUOVI STADI? Sottoscriviamo il testo diffuso a pagine intere da Sky per salutare il nuovo inizio del calcio italiano. ” E’ il momento.
Sono grato della fiducia che tutti ripongono in me, fiducia che però io non merito, perchè da solo non sono niente. Pronti a dare tutto, ce ne sono tanti come me: dieci, trenta, centomila.
E cresceremo ancora. Qualcuno proverà a dividerci, ma si ingannano se pensano di riuscirci. Perchè noi siamo destinati a fare grandi cose“.
( Giuseppe Garibaldi, giorno di Pasqua 1861)
ARGOMENTI ( NON SOLO) DI SPORT
LA PROTESTA DI ROMA ANTI DEGRADO. Chi di social network colpisce di social netwok perisce. L’antico adagio sembra trovare ulteriore conferma. Infatti, di recente, in migliaia sono scesi in piazza a Roma su iniziativa di ‘Romadicebasta’ per protestare contro degrado e incuria che stanno avvolgendo, da qualche tempo, la Capitale.
La manifestazione ’Romadicebasta’ è nata sui social network dall’iniziativa di sei donne alimentando una partecipazione che ha sorpreso un po’ tutti. La piazza ha ben presto finito di rivolgere i propri slogan contro il sindaco di Roma, la pentastellata Virginia Raggi, ritenuta ( più o meno giustamente) la principale responsabile di inefficienze ormai croniche, dalle strade piene di buche simili a voragini ai rifiuti che sommergono molti quartieri, dal collasso del trasporto pubblico alla crescente insicurezza, di cui il brutale caso Desirèeè soltanto la cima dell’iceberg.
Qualcuno assicura che la Raggi sia al capolinea. Di certo l’accoglienza ricevuta da Matteo Salvini nel quartiere San Lorenzo dopo il caso Desirèe, fa ritenere che oggi la Lega, magari insieme alla Meloni e con Giulia Bongiorno candidata, potrebbe giocarsi la seggiola di primo cittadino dell‘Urbe. Anche il Pd sembra rianimarsi, in cerca di una prima rivincita elettorale.
POLO BIOTECH ITALIANO. ” Abbia fatto una lunga rincorsa, oggi possiamo dire di averla compiuta”. Così Mauro Scaccabarozzi, presidente Farmindustria in preparazione dell’Assemblea annuale. L’industria farmaceutica italiana ha scalato progressivamente la classifica Ue dei produttori di farmaci, segnando negli ultimi dieci il maggior incremento dell’export tra i grandi Paesi, registrando un +107%, passando da 1,3 mld a 24,8 mld. Il 60% delle imprese italiane ha capitale estero ma un alto indici di presenza nazionale nella produzione, mentre il 40% ha capitale italiano ( spesso si tratta di aziende familiari che hanno saputo internazionalizzarsi e aggredire i mercati oltre confine) ma realizzano circa il 70% della cifra d’affari fuori al Paese.
Sono riuscite a combattere la concorrenza tedesca grazie al mix di capitale umano, flessibilità e creatività, tipiche del made in Italy, e a un costante aumento della produzione, con una crescita della occupazione: il 93% dei nostri addetti ha un contratto a tempo indeterminato. Non basta l’export, però, le nostre imprese per crescere hanno bisogno anche del nostro mercato e dunque del Paese che deve restare attrattivo.
IL PIAVE MORMORO‘. Il 15 giugno 1918 iniziò l’offensiva generale dell’esercito austro ( ungarico-tedesco). Il 16 giugno si poteva dire che il piano austriaco era sostanzialmente fallito. Tanto che pochi giorni dopo il nemico era tornato sulle posizioni di partenza. I nostri ragazzi, tra cui quelli giovanissimi classe 1899, l’avevano respinta. Clamorosamente. I numeri hanno poi dato la misura della vittoria.
Con 150 mila perdite austriache ( tra morti, feriti e dispersi) e 85 mila italiane. Fu una grande vittoria, decisiva per le sorti della Prima grande guerra, ma che però ” non ebbe adeguata eco nella storiografia europea che considerava ( a torto) come scenario centrale e fondamentale quello francese, mettendo in secondo piano tutti gli altri fronti. L’inglese Liddell Hart nelle 600 pagine della su fondamentale storia della Grande guerra dedica tre righe agli scontri di giugno. Una differenza di considerazione che avrà un peso determinante nella distribuzione dei compensi al tavolo della pace e nella rottura delle alleanze che avverrà ( con danni) negli anni successivi”.
Se vogliamo andare alle radici di certi atteggiamenti europei nei confronti della giovane Italia (ri)trovata e (ri)unita nel 1861 non basta, dunque, che sfogliare qualche libercolo. E’ vero che la storia che si racconta è quella dei vincitori, ma in questo caso anche l’Italia figurava ( o doveva figurare) nel lotto dei vincitori. Verità vuole però che quando s’è trattato di dare più che di prendere, tanto i cuginetti d’Oltralpe quanto i pescatori d’Albione e finanche i perdenti d’Alemania, hanno sempre mostrato il ‘braccino corto’ nei confronti della bella e imberbe Italia. Corto e insulso.
I risultati della Seconda guerra, poi, hanno peggiorato la situazione. Al punto che oggi, tutti, anche i bolliti più bolliti del Vecchio continente, si sentono in dovere di distribuire giudizi, pagelle, compiti e compitini ad un Paese che quando ( tutti o quasi) coloro che oggi fungono da soloni e santoni issavano palizzate i nostri tenevano città moderne, sviluppate, con tanto di fori, palazzi (anche) di sei piani, acquedotti e strade che collegavano (almeno) tre continenti. E’ vero che l’ignoranza vuol la sua parte, ma adesso ( per favore) basta.
AMERICA Vs USA? Se uno va andare una sbirciatina a ‘ Il libro dei fatti’ 2017, scopre che il Pil degli Usa si aggira intorno ai 18 mila mld di dollari. Una enormità che tale appare davanti alle concorrenti, prese singolarmente tranne la Cina che ( a star sentire lei) sta risalendo la graduatoria di gran carriera. Unica economia che potrebbe star al pari della stelle e strisce può essere solo quella europea, non presa singolarmente però, ma nel suo insieme.
Basta infatti assommarne anche solo alcune del Vecchio continente: Germania ( 3.800 mld), Spagna ( 1.600 mld), GB ( 2.700 mld), Olanda ( 0.832 mld), Polonia ( 1.ooo mld), Francia ( 2.600 mld), Italia ( 2.300 mld), che al totale diventano 14.ooo mld ca. Se si aggiungono poi tutti gli altri della Ue ( Turchia esclusa, quindi) non si arriva tanto lontano dalla vetta della prodigiosa economia mondiale. Che cosa significhi tutto questo per noi è ovvio. A dividere et imperare questa volta può essere mister Trump, anche per avvantaggiare i suoi lavoratori rispetto ai nostri. Brutta piega. Ma che vogliamo fare noi, della leggiadra Europa, andar da lui col cappello in mano e in ordine sparso?
TRUMP E I DAZI. Il tracotante presidente Trump, che una ne fa e due ne sbaglia, non sapendo come girarsi i pollici ha preso ad evocare la possibilità di dazi al 20% sulle autovetture da importazione, contro il 2,5% attuale. In più le autovetture di provenienza estera potrebbero restare soggette alle restrizioni in tema di emissioni varate da Obama. E tuttavia i possibili dazi, avrebbe un effetto limitato. Visto che quasi tutti i costruttori hanno proprie fabbriche negli Usa che rappresentano una quota di immatricolazione tra il 65 e l’80%. L’industria Usa dell’auto vale 3,5% del Pil statunitense e occupa 2,5 mln di persone.
DISASTRO BREXIT? Chi glielo ha fatto fare a quei furboni d’Albione di votare la brexit, ( forse) non lo sanno manco loro. Certo è che la signora May, 61 anni, premier del governo inglese, è costretta a smoccolare a destra e a manca.
” Ragazzi – ripete ai suoi, molti dei quali ( abitualmente) rintanati in quei fumosi pub che deliziano tante ore dei sudditi di Sua Maestà - , qui, non ce la caviamo proprio per nulla. Qui non ci danno quel che vogliamo. Qui ci portano via anche quei pochi mutandini rimasti dopo avere vendute tutte ( o quasi) le nostre squadre sportive a foresti”.
La signora May, tuttavia, da buona azdora britannica, non si tira indietro. ” Voglio essere diretta – dice – perchè dobbiamo tutti confrontarci con alcune dure realtà. Stiamo lasciando il mercato unico. La vita sarà diversa, dobbiamo rendercene conto. E al più presto possibile”. I contraccolpi, soprattutto, sul piano economico ( e doganale) saranno notevoli. E infatti anche al pub, tra una birra e l’altra, si comincia a rendere conto. Tanto che certe ‘ linee rosse’ proclamate in passato appaiono ogni giorno di più sbiadite.
Gli ultrà della brexit chiedono una rottura netta e schiumano – nota il Corrierone- ad ogni accenno di limitazione della libertà della sovranità britannica. Dimentichi loro, stranamente, che di libertà si può ( anche) morire. Soprattutto se quella libertà è messa al servizio del passato ( che non torna) piuttosto che del futuro ( che sicuramente ci sarà). E più veloce di quel che lo si attende, insieme e non in ordine sparso, perchè se (tanti) sudditi di Sua Maestà si sono andati ad annebbiar i riflessi ( presso qualche fumoso pub) gli altri ( pel Globo) li tengon assai desti e mirati.
REALISMO EUROPEO. La ‘rosea’ ha resa pubblica una ricerca condotta dalla Swg ( società certificata dal 1999) sui ‘sogni’ dei tifosi, sognatori per definizione ma che all’occorrenza hanno imparato anche di stare coi piedi per terra, valutando le diverse situazioni possibili col necessario realismo.
Ebbene, che indica la ricerca frutto di interviste realizzate ( ball’interno di un campione di 1000 soggetti maggiorenni residenti in Italia) tra il 24 e 25 ottobre scorsi? Swg ha preso come punto di riferimento il Real, ultimo campione d’Europa.
E ha chiesto ai tifosi ‘ di misurare proporzionalmente il livello di tutte le altre squadre’. Il punteggio maggiore ( 81%) è andato al Barca, considerato ( in genere) alla pari se non superiore ( 26%) al Real. Dopodichè viene collocato il Psg, la spendacciona squadra di stato del Qatar parcheggiata in Europa, a Parigi. La Juventus , prima delle italiche, rientra nelle top 10, con un 44% che la colloca ( almeno) allo stesso livello del Real. A seguire vengono il Napoli ( bastonato dal City, con sette gol in rete nei due incontri del girone) e la Roma ( che dapprima ha pareggiato e poi bastonato il Chelsea, campione d’Inghilterra).
Tra l’altro la Coppa dalle grandi orecchie è considerata ormai dagli afecionados la competizione di punta del calcio mondiale. E dunque ancor più appetita del Campionato italiano. Diversa valutazione corre per l’Europa League, considerata ( maldestramente) dai più un vero e proprio ‘fastidio‘. Se non un ’danno‘.
E questo, molto probabilmente, perchè ai tifosi nostrani non hanno ancora ben spiegato quale importanza rivesta il secondo torneo continentale.
Intanto perchè favorisce numerose necessità delle squadre ( continuo confronto internazionale, utilizzo di rose spesso esagerate, etc) eppoi perchè attribuisce punti preziosi per la collocazione nel ranking, che è poi quello che assegna o meno i posti validi in particolare per la partecipazione alla Champions.
In questo momento l’amabilmente sottovalutato calcio italiano in realtà sta sul podio del ranking Uefa ( terzo), dietro ( d’una inezia alla Premier, seconda) e davanti ( di oltre un punto e mezzo) alla Bundes ( quarta). Autoflagellarsi e autolimitarci, considerandoci più competitivi soltanto dei francesi ( quindi) è come ( al solito) quello strano esercizio di prolungato complesso d’inferiorità sul quale prosperano, da anni, a go go, i tanti esterofili pronti ad elargire ad ogni piè sospinto ( più o meno) dotte omelie al popolo ( bue ) dei tifosi nostrani.
L’ESEMPIO ( EMBLEMATICO?) DEL SOMMERGIBILE VIGILANT. Avrete nelle orecchie i continue omelie propinate da decenni dai nostri saggi. Per costoro, l’ ameno mondo italico è (ri)colmo di culture da svecchiare, di comportamenti condizionati da una infinità di anacronistici e deleteri tabù ( sessuali in primis), da famiglie che allevano mammoni e non giganti capaci di affrontare da soli le immani sfide del nostro tempo. Avrete, di certo, nelle orecchie. E se qualcosa dovremmo cambiare a quali altri esempi ( o culture) dovremmo ispirarci? I nostri saggi, in proposito, non hanno dubbi: alla cultura anglosassone con tutti i suoi derivati, figli o figliolini, in Patria ed Oltreoceano.
Lasciando in pace l’Oltreoceano ( soprattutto quello a stelle e strisce) che proprio in questi giorni sta facendo di tutto per farsi odiare dal resto del Mondo, accontentiamoci ( si fa per dire) d’un frammento ( esemplare) di cultura evoluta e senza tabù che ci arriva grazie ad una normalissima news di cronaca.
Fornita ( in ispecie) dal fondino di una rivista mensile di carattere tecnico-specialistico ( Panorama &Difesa, dicembre 2017) che nulla ha a che fare con i periodici dediti agli scandali.
Questa è la news: nove marinai del sottomarino di Sua Maestà britannica Vigilant, sottoposti ad un controllo di routine, sono risultati positivi ad un test sull’assunzione di cocaina mentre erano in servizio; un ‘vizietto’, l’uso di stupefacenti, già noto e ritenuto abbastanza diffuso. Le statistiche parlano infatti di 63 marinai espulsi dalla Royal Navy tra il 2007 e il 2011 per episodi di droga, mentre nel 2016 il numero dei casi è salito a 80 coinvolgendo gli equipaggi di alcuni sottomarini nucleari d’attacco e personale della base di Farslane, in Scozia, alla quale questi fanno capo. Tornando al Vigilant, un decimo marinaio è stato accusato di avere avuto rapporti sessuali con una prostituta e di averla poi derubata, mentre un undicesimo è stato sottoposto alla corte marziale per essersi allontanato imbarcato su un volo di linea per rientrare in Gran Bretagna a (ri)abbracciare la sua amichetta.
Ma l’elenco degli episodi di cattiva condotta non finisce qui: il comandante del Vigilant, il 41enne Stuart Armstrong, sotto indagine dall’inizio di ottobre, è stato rimosso per avere intrattenuto a bordo del sottomarino una relazione con uno degli ufficiali sottoposti, la 25enne sottotenente di vascello Rebecca Edwards, mentre il comandante in seconda, Michael Seal ( 36 anni), è stato sbarcato assieme alla 27enne tenente di vascello Hannah Litchfield, ufficiale tecnico d bordo, dopo la scoperta del loro coinvolgimento in una relazione extraconiugale.
La vicenda del Vigilant ha suscitato commenti vari. Che non possono esimersi dal rimarcare la ‘ sregolatezza diffusa regnante a bordo del sottomarino’, indice ( evidente) di un grave allentamento della vigilanza e di una tolleranza ( in qual misura affiorata? ) altrettanto inaccettabile. Le fonti vere di preoccupazione, costumi e tabù ( sessuali o meno ) a parte, sono almeno un paio. La prima: è davvero possibile che un compito di vitale importanza quale l’esercizio della deterrenza nucleare possa finire in mani tanto esplicitamente inidonee? Il numero dei soggetti coinvolti nel ‘caso Vigilant‘ ammonta ( ufficialmente) a circa un decimo dell’intero equipaggio del sottomarino: una percentuale non di certo trascurabile, e che qualcuno addirittura la ritiene inaudita se si considera che basta uno di questi battelli per scatenare una irreversibile catastrofe mondiale.
La seconda: non è che ( mandando in altro loco i saggi) invece di inseguire paradisi inesistenti possiamo tenerci ben stretti ( magari con qualche aggiornamento) i nostri? Quelli domestici, certo, tanto vituperati, donde dalla notte dei tempi si punta ad affetti radicati e certi piuttosto che a rapporti mutevoli come il vento, frutto amaro d’ una sregolatezza allo sbando? Paradisi disegnati da millenni, e che sono stati l’anima, la carne e il sangue d’ una solidissima visione della vita e della società trasferita, poi, attraverso strumenti e fasi diverse, e sia pur con qualche contraddizione, all’intero Pianeta?
IL DIO DANARO. Il dio danaro s’è impossessato dello sport e ( in primo luogo) del calcio. E se tutto al mondo va misurato con quello, diciamo pure che la nostra Serie A è in chiara rimonta sulle maggiori restanti consorelle europee. La Serie A, infatti, durante questa torrida e lunga estate di calciomercato , ha sfondato il tetto del miliardo; qualche centinaio di milioni sotto alla paperona Premier, la quale però s’avvantaggia sulla Serie A grazie agli enormi introiti dei diritti televisivi esteri ( oltre un miliardo contro i 180 mln nostrani, più o meno); ma molto più in alto di Liga, Bundes e Ligue 1 ( quest’ultima sui 600 mln, grazie alle sparate della squadra di stato del Qatar battezzata, all’uopo, Paris Saint Germain). Dal 2012 la nostra Lega ha triplicato gli investimenti, passando dai 373 del 2012 ai 1.o37 del 2017.
Tra le squadre in evidenza il Milan ( 228 mln); ma anche Roma, Inter, Samp, Toro e perfino il Cagliari non sono stati di certo con le mani in mano. La Serie A sta rimontando alla brutta, su tutto e tutti, e se come si auspica anche gli introiti esteri daranno i frutti sperati non è detto che tra qualche anno ( o mese) diventi proprio la bistrattata la Serie A il campionato più ricco del pianeta. Con qual fondamento e costrutto non è dato a sapere. Cresciamo, alla grande, e questo ( al momento) basta. Speriamo solo che tra tanta grazia non dimentichiamo la sostanza vera, quella di far nuovi stadi.
Saranno afflitti i menagrami, ma andranno in delirio i facitori del libero mercato, i quali, gatton gattone, da gran liberali, stanno giocherellando sui prezzi con inusitata goduria e avidità. Intanto, se Dio vuol, hanno chiuso le porte del Calciomercato. In tutta Europa. Con N’peperempè, Nebbelelè e Coutintino finiti ( o quasi) grazie a centinaia di milioni nelle braccia dei ’poveri fessi’ che gettano dalla finestra soldi altrui. Per costoro il fair play finanziario manco esiste; comprano con tutti gli espedienti del caso, gonfiando qua e deprimendo là, svolazzando come nugoli di cavallette arrivati dalla steppa o dai deserti. Guarda caso i loro habitat naturali. Dire che il Psg sia una squadra di calcio fa ridere.
Quella è una squadra di Stato, acquistata e foraggiata da una vena inesauribile di danaro pubblico solo perchè comodo veicolo per condurre a termine operazioni varie.
E non sempre chiare. Certo, molti di quei soldi non solo non restano e non resteranno nel calcio ( vedi le assurde commissioni a procuratori ultra miliardari) ma voleranno via, qua e là, con destinazioni tutte da (ri)costruire. Il pericolo c’è. D’inflazionare ( o di infettare) il tutto. Non limitatamente al sistema calcio, sia chiaro, che però nello sport agonistico fa da traino. Alto. Molto alto. La senora Uefa, per caso, dorme?
FATECI CAPIRE. Sul ‘Corriere’ ( firma Alessandro Bocci) poco tempo fa si è letto ” La Juve di Andrea Agnelli non ha solo vinto sei campionati di fila e raggiunto due finali Champions. E’ prima per fatturato, numero di tifosi, monte ingaggi. Bella e ricca, dunque, quasi perfetta verrebbe da dire…
Il fatturato della Juve è in linea con quello dei grandi club europei, Real, Barca, e United: 562,7 mln anche se in parte gonfiato dalla cessione di Podgba. All’Inter i numeri sono più bassi. L’ultimo fatturato ha superato i 300 mln ( 318,2) ed è cresciuto del 32,7% rispetto a quello di due anni fa. Con l’Europa potrebbe avvicinarsi ai 400 mln…”.
Il 24 gennaio sulla ‘rosea’ si è letto: ” La Juve è la prima delle italiane, decima per il quarto anno consecutivo. I suoi ricavi al netto dei proventi da calciomercato sono saliti a 405,7 mln nel 2016/17 ( erano 338 mln) grazie al boom Champions. Deloitte però avvisa che sarà difficile consolidarsi nella top ten dei prossimi anni. In testa alla classifica europea resta lo United, a quota 676,3 mln, seguito dal Real con 674 mln e il Barca con 648,3 mln. Valori fuori portata delle italiane, anche se la Juve è in crescita e così l’Inter, che passa al 15°posto. Allora, per riassumere: per il ‘Corriere’ la Juve è in linea con i club europei, per la ‘rosea’ è fuori portata : si può sapere come stanno le cose? Annamo avanti o a puttana? Per far chiarezza, non è che ci costringerete a rivolgerci a quel beato esterofilo di Gianfranco Teotino ?
IL SOVRANISMO. Il sovranismo, secondo la Treccani, è una dottrina politica che propugna la difesa o la riconquista della sovranità nazionale da parte di un popolo o di uno Stato, in antitesi alle dinamiche della globalizzazione e in contrapposizione alle politiche sovranazionali di concertazione. Ma chi è affetto da sovranismo ai giorni nostri? Guarda un po’ quelli che ( molto tempo fa ) davano ( sostanzialmente) corpo e sangue al vecchio Impero asburgico.
Con adesione aggiornata di Austria, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Costoro, cristiani e riformati che siano, non vogliono sentire parlare di immigrati. Quelli, per gli ex asburgici, caso mai ce ne fossero, stazionassero pure nei paesi donde approdano. Null’altro. A costoro poco importa infatti veder naufragare giornalmente decine, centinaia, di poveri diavoli, tra cui tanti sguardi increduli di bambini.
Per loro una ‘ nazione incapace di difendere i suoi interessi è meglio che scompaia’. Un concetto, questo, chiaramente sovranista e usato in totale contrapposizione con quello comunitario dell’Europa. Insomma, questi signori, peggio ancora di quelli ( infidi) d’Albione, non riescono pensare ad altro che auto conservarsi, proteggersi, guardarsi ( spensieratamente) all’indietro.
Pensare poi che questo sia il modo migliore di ‘ difendere i propri interessi per non scomparire ‘ è tutto da dimostrare. Anche perchè chi assicura agli ex asburgici che a dover levare le tende dalla storia non debbano essere proprio loro e non altri i quali la storia, pur con tutte le sue ferite e contraddizioni, le sue porcate e le sue speranze, la storia vera, sanno guardare negli occhi ( intanto) con infinito coraggio e generosità?
EXCURSUS STORICI
MASNADE MERCENARIE. L’origine dei capitani di ventura va ricercata tra i rami cadetti della nobiltà, spazzati via fin dalla nascita nelle rivendicazioni del casato. Alcuni di questi capitani ( o condottieri) arrivarono perfino, fra Tre/Quattrocento, a fondare stati. A certe condizioni resta difficile affermare che i capitani di ventura siano stati la rovina e la maledizione dell’Italia, perchè potrebbe essere vero anche il contrario. Essi si ergono protagonisti di un particolare momento storico, con forza vitale incredibile, grandiosa, al limite del brutale, immagine nuda e cruda del potere militare riflesso sul potere politico. Il capitano di ventura è figura centrale per tre secoli. E in quattro tempi. Da quello dei ‘precursori’ ai primi significativi rappresentanti ( per lo più al seguito delle compagni straniere calate sulla Penisola); dai capitani dell’età aurea ( per lo più italiani, talvolta fondatori di stati) agli epigoni, quando l’Italia ( insipienza sua) concesse ad altri di trasformarla un campo da battaglia e di conquista, fin al ( definitivo) predominio spagnolo.
Il ‘fenomeno‘ trovò una sua prima comparsa ( a partire) dafine Duecento /inizi Trecento allorquando numerose ‘ masnade mercenarie straniere‘ presero l’abitudine a calare in Italia, da sole o a seguito di qualche re o imperatore, voglioso di mettere mano sui tanti tesori del paese ( più bello) e ( più ricco) del Mondo.
Si trattava allora di bellatores, ovvero di soldati di mestiere, in gran parte di bassa estrazione, disposti ad aggregarsi per una impresa che portasse loro danaro e bottino
Provenivano dalla Germania o dal Brabante, quest’ultimi chiamati ’ Brabanzoni‘; ma anche dall’ Aragona e dalla Cataluna come gli Almogavari o Almovari, che permisero a Pietro d’Aragona di conquistare nel 1282 il Sud d’Italia. Michele Amari li descrive così: ” Breve saio a costoro, un berretto di cuoio, una cintura, non camicia, non targa, calzati d’uose e scarponi, lo zaino sulle spalle col cibo, al fianco una spada corta e acuta, alle mani un’asta con largo ferro, e due giavellotti appuntati, che usavan vibrare con la sola destra, e poi nell’asta tutti affidavansi per dare e schermirsi.
I loro capitani chiamavansi con voce arabica ‘adelilli’. Non disciplina soffrivano questi feroci, non avevano stipendi, ma quanto bottino sapessero strappare al nemico, toltone un quinto per re.
Indurati a fame, a crudezza di stagione, ad asprezza di luoghi; diversi, al dir degli storici, dalla comune degli uomini, toglieano indosso tanti pani quanti dì proponeansi di scorrerie; del resto mangiavan erbe silvestri, ove altro non trovassero: e senza bagagli, senza impedimenti, avventuravansi due o tre giornate entro terre de’nemici; piombavano di repente, e lesti ritraenvansi; destri e temerari più la notte che il dì; tra balze e boschi più che pianura”.
( PARTE I )
I bellatores, o se si vuole i masnadieri, una volta terminata la spedizione, perlopiù, non se la sentivano di tornare donde erano venuti, anche perchè il Bel Paese era terra troppo ghiotta per mettersi da parte un gruzzolo senza troppo inferire. Restarono, infatti, tutti, seminando lutti e devastazioni, praticamente impuniti. Del resto le rivalità nostre lasciarono campo aperto ad ogni avventuriero.
I nostri capitanei, oggi come ieri, preferivano ( e preferiscono) farsi depredare più che combattere. Ma il ’casino’ diventò tale che qualcuno cominciò a chiedere L’introduzione di una certa disciplina. Pisa, ad esempio, ci provò subito, stendendo un codice apposito per regolare i rapporti con certa gente. Inutilmente, è ovvio. Ma tentò. Si passò allora all’emarginazione, ma anche di questa, quelli, se ne fotterono.
” Che nessuno di detta masnada possa mangiare e bere con alcun cittadino pisano in casa sua o in qualunque altra casa…” recitavano i testi, peraltro impossibili a leggersi da masnade analfabete. I mercenari venuti in Italia nel 1333 al seguito di Giovanni di Boemia restarono quasi tutti nella Penisola; un gruppo si raccolse nel Piacentino, alla badia della Colomba, sotto il nome di ‘ Cavalieri della colomba’, vivendo di rapine, finchè vennero assunti al soldo da Perugia che voleva liberarsi del giogo di Arezzo. Ne compirono, i nostri amici, di tutti colori, eppure grazie a ciò trovano ingaggio presso il comune di Firenze. Diciamo che in questi frangenti non si tratta ancora di vere proprie compagnie. I loro vessilli non sono bandiere ma banderuole. I loro ‘capitani‘, usciti dai ranghi feudali e dai milites, costituiscono uno ‘ strato sociale che gira, con scadenze annuali o semestrali, per l’intera Penisola e l’Italia centrale. Al suo interno si differenzia un circuito guelfo o ghibellino. Il mestiere della guerra viene tramandato di padre in figlio’. Guerrieri, dunque, di professione, ma non ancora dei professionisti. Questi, infatti, al momento, sono soltanto i precursori del fenomeno ben più ampio e disastroso che verrà. E che metterà ai margini, senza lacrima alcuna, quello che era il più bello, ricco ed evoluto paese della Terra.
( PARTE II)
Le cose si complicarono ulteriormente quando assaltarono la Penisola ‘ trascinatori nati’ di truppe mercenarie, come il duca Werner von Urslingen o il conte Konrad von Landau. Essi arrivano nel 1339 per unirsi alla massa di venturieri tedeschi che da più di vent’anni, in gruppi isolati, avevano eletto l’Italia come terra di saccheggio e che, guarda un po’, un italiano, Lodrisio Visconti, radunava nella ‘Compagnia di san Giorgio’.
Le masnade poterono così raggrupparsi, trasformarsi in una prima nefasta grande compagnia, travolta però, non molto dopo, dall’accozzaglia più o meno organizzata di un altro capitano italiano, Ettore da Panigo. Werner, in quella, scelse di proseguire da solo, combattendo al soldi di diverse bandiere in Lombardia e Toscana, finchè non andò a riesumare l’idea di Lodrisio, (ri)proponendo la costituzione di una libera compagnia ‘ per guerreggiare i più deboli e i più doviziosi’.
Impose anche una disciplina di ferro. Gli ingaggi ai venturieri davano diritto al soldo, che sarebbe dipeso dall’entità dei bottini che la compagnia riusciva a fare. Si costituì dunque la ‘ Grande compagnia’ al comando, ovviamente, di von Urslingen ribattezzato all’uopo duca Guarnieri, parimenti ad altri macellai stranieri.
La ‘Grande compagnia’ forte di tremila ‘barbute‘, costituita ognuna di un cavaliere e di un sergente, anche lui a cavallo, trovò ‘ richieste di lavoro‘ a volontà. Toscana e Umbria, in ispecie, vennero intinte nel sangue. Devastate senza scrupolo proprio da uno che aveva scolpito sulla sua armatura il suo ideale ” Duca Guarnieri, signore della Gran Compagnia, nimico di Dio, di pietà et di misericordia”. Guarnieri si offriva a chi meglio pagava. Dopo avere fatto guerra ai Malatesti di Rimini passò, molto amabilmente, al servizio degli stessi. Conteso e disprezzato dai ‘ datori di lavoro‘, saccheggiò per almeno due anni la Penisola, finchè i ‘datori di lavoro’ decisero di toglierselo di mezzo versandogli, nel 1343, una grossa somma di danaro a titolo di liquidazione. Lui si ritirò in Friuli.Per quattro anni soltanto, però, perchè già nel 1347 s’era accodato a Luigi I d’Ungheria diretto a Napoli per eliminare Giovanna d’Angiò, colpevole d’avere ucciso il marito Andrea, suo fratello. Quella guerra durò tre anni.
Con enorme prodigarsi della ‘Grande Compagnia’. La quale, una volta dipartito il re d’Ungheria, restò sul posto fiancheggiando il voivoda d’Ungheria rimasto in Italia. La masnada si (ri)prese un ‘periodo di riflessione’ quando il capo nel 1351 si ritirò nella nativa Svevia, colà morendo tre anni dopo. Perchè, a dirla tutta, l’operato della ‘Grande Compagnia’ non cessò con la morte del duca Guarnieri, proseguendo la sua nefasta attività agli ordini di Fra Moriale, che la guidò ora contro ora a favore del pontefice di turno. A decretare la fine della ’Grande Compagnia‘ furono quelli della ‘Compagnia bianca‘ come Albert Sterz e John Hawkwood, inglese italianizzato col nome di Giovanni Acuto. A quel punto le compagnie create e dirette dai capitani stranieri non si contavano più. Tuttavia, per completare il quadro, occorre non sorvolare sulle compagnie italiane sorte alla stregua delle straniere con truppe e comandanti ( in gran parte) italiani. Famose divennero la ‘Compagnia della stella‘ di Astorre Manfredi e la ‘Compagnia del cappelletto’ di Niccolò da Montefeltro.
E comunque, queste, tutte guidate da personaggi d’estrazione nobiliare ma ( sostanzialmente) di ‘mezza tacca‘. Semmai, la compagnia ‘tutta italiana‘ che segnò una svolta epocale fu senz’altro quella formatasi all’indomani dell’eccidio di Cesena. Si faceva chiamare la ’Compagnia di San Giorgio’ di Alberico da Barbiano. Questa, infatti, ottenne la ( clamorosa) santa benedizione di papa Urbano VI. Con benefici enormi. Alberico da Barbiano ( tra l’altro) apre l’epoca d’oro dei capitani di ventura italiani che subentrarono, nei modi e nei tempi più favorevoli, a quelli stranieri. Le masnade nostrane non nascono però a caso come gran parte delle precedenti, visto che è il capitano a scegliere i suoi uomini. Dal primo all’ultimo. Trasformandosi così da ‘ capitano’ a ’condottiero‘.
( PARTE III)
Tante sono le novità. Come il reclutamento ‘ in massa‘, tra vecchi camerati; oppure ‘ a bandiera’ con uomini da selezionare ed istruire. Tutti, comunque, alle sue dipendenze. Il capitano ( come sopra si diceva) si fa condottiero. Cresce di peso. Le prime condotte regolari risalgono alla seconda metà del Trecento. Firenze fu tra le prime città ad organizzarsi.
Con la creazione di speciali magistrature come quella degli ‘officiali di condotta’ e degli ‘officiali sopra‘, che controllavano ( in particolare) disciplina e armamenti. Si diffusero forme diverse ed articolate di condotta. ( Inizialmente) gran campo presero quelle a ‘ soldo disteso’ ( alla diretta dipendenza d’un signore o di un capitano generale della città); e quelle a ‘ mezzo soldo‘ ( con capitano aggregato ma in posizione sussidiaria, oltre a paga e rischi ridotti). Col tempo i controlli ( e i contratti) saltarono, ovviamente, data la crescente forza d’imposizione dei gruppi armati. Il condottiero era tenuto al rispetto di un periodo di ‘ferma’ e anche ‘ d’aspetto’. Terminato il quale, poteva o rinnovare l’impegno o recederlo. Comunque terminato ’l'aspetto‘ il condottiero poteva andare dove meglio credeva. Anche passando al campo ( fin a poco prima) nemico. Un particolare tipo di condotta veniva stipulato per i mercenari del mare, si chiamava ‘ contratto d’assento’, cioè d’ingaggio di forze navali nemiche.
Genova cominciò a stipulare contratti con mercenari agli inizi del Quattrocento. Così lo Stato pontificio. Venezia invece considererà il contratto ’ d’assenso‘ come un umiliante ( pericoloso) ripiego. Cercò così di evitare mercenari. Ma quanto poteva mettere in tasca un ( buon) condottiero? La risposta ( ovviamente) non è semplice. Poichè come in tutti i rapporti di forza ( e necessità) a fare il prezzo è chi tiene il coltello del manico. Inoltre, pare incredibile, da considerare era anche il pericolo inflazione a cui andavano soggette le monete del tempo, fiorino o ducato compresi. Micheletto Attendolo, cugino di Muzio, nel 1432, incassava da Firenze mille fiorini al mese. Francesco Gonzaga, nel 1505, sotto contratto con il Giglio, metteva in cassa 33 mila scudi annui per una compagnia di 250 soldati; mentre Francesco Maria della Rovere strappò ( al Giglio) oltre 100 mila scudi annui, ma con soli 200 uomini.
In ogni caso, pur fatte anche le debite distinzioni, e adattamenti, si trattava di cachet notevoli. Che impoverivano ogni ora di più le casse di Signorie e Città.
Inoltre, visto che il pollo si poteva spennare con poca fatica, di ‘condottieri‘ ne nacquero tanti quanto i soliti funghi dopo una intensa pioggia d’autunno. Molti di loro diedero vita a dinastie. Anche durature. Visto che, prima o poi, riuscivano ad imporre la forza delle loro armi contro gli improvvidi che li chiamavano ( si fa per dire) al loro servizio. Costoro, poi, quasi tutti venuti dalla gavetta, autentici parvenu, una volta diventati gli unici padroni della situazione, iniziarono bene ad alimentare aloni leggendari. Da ( autentica) grandeur medievale, sulle gesta degli antichi cavalieri o dei più valenti uomini d’arme.
Qualcuno si ripulì la fedina, grazie anche a ( lodevoli) intenti mecenatistici. Ci fu anche chi azzardò atteggiarsi ad umanista, pur restando ( per lo più) ignorante o semianalfabeta. I meglio posizionati non resistettero (perfino) al sogno dell’immortalità. Cosa non difficile a farsi declamare. Visto che nelle loro ( sempre più ricche) case gli adulatori si sprecavano. Nella celebre ‘ Vita Scipionis Jacopo Piccininis’ il nostro condottiero viene paragonato ( addirittura) al vincitore di Zama. Roba da non credere. Roba da ridire. Ma tanto accadde. In epoche lontane. E così via.
( PARTE IV)
La pace di Lodi del 1454, consolidando un temporaneo equilibrio strategico-politico, mette in crisi i capitani di ventura. Chi era arrivato al vertice, resta, ma chi aspirava deve rinunciarci. Sono le invasioni estere a far saltare il banco. Dall’Alpi alla Sicilia. E’ l’inizio della decadenza del paese più importante al Mondo. I sovrani stranieri non s’appoggiano più alle milizie locali, ma reclutano armate in proprio. Capaci di sferrare, al contrario delle altre sul mercato, attacchi micidiali, con armi micidiali. Le artiglierie formano il cuore delle armate di Carlo VIII, Luigi XII , Francesco I, Massimiliano I e Carlo V. Giungono sui campi le colubrine ( sessanta colpi al giorno) con tiro fin oltre due chilometri. E anche il falcone.
E poi l’archibugio. Contro queste armi anche la corazza più robusta poco oppone. I venturieri italiani devono (ri) cedere così il passo ai mercenari stranieri. Come i brutali Lanzichenecchi. Altro non resta, ai nostri, che arruolarsi con gli eserciti stranieri. Diventando, spesso, e nonostante gli ostacoli che dovevano superare, famosi. I loro nomi si ripetono ancora. Ma è vana gloria. Gli ultimi capitani di ventura arrivati (in precedenza ) ai vertici del potere si consumeranno mortalmente in rivalità comunali e familiari. Orsini, Colonna, Baglioni, Borgia e Della Rovere finiranno così per trovarsi su fronti contrapposti in fratricidi combattimenti. Il sangue del Belpaese colerà (ancora) a fiumi. Senza colpevoli, ma solo con tante vittime.
San Quintino di Lepanto, in questo frangente, è una fiammella di speranza, breve, e comunque già parte d’un altra storia.
TIRIAMO LE SOMME. Abbiamo (man)tenuto sul ‘foglio‘ questa nostra mini inchiesta sul mercenariato perchè , quantunque possa sembrare riempitiva, in realtà vorrebbe che non s’obliasse mai un ‘ male‘ ( purtroppo) cronico della nostra società. Cattolica, Riformata, Laica o altro sia. O che pretende di essere. La verità di gente sempre disposta a mettersi al soldo altrui non s’è esaurita di certo in alcune fasi storiche. Chi è disposto a vendersi ( sotto forme e modi diversi) c’è e ci sarà sempre. Sotto mutate spoglie, magari, anche per darla meglio da bere ai soliti sprovveduti pronti a cascare nella rete.
Mercenariato evidente, oggi, nello sport. Calcio e non soltanto. Vedere, ad esempio, squadre di atletica o nuoto ricolme di soggetti che hanno poco a che fare con quelle bandiere è uso ormai abituale. Vorrebbero farla passare per questo o quel nobile ideale, magari rivolto alla risoluzione degli atavici problemi delle diversità nel Mondo, quando in realtà si tratta solo ( o semplicemente) di ( uno o più) interessi che vanno a coincidere: quello di colui che per prima imporsi è pronto a vestire i colori d’un’altra nazione, quello di colui che allarga le braccia al nuovo arrivato per appiccicare qualche medaglia pregiata in più sul proprio medagliere.
Per queste ( ed altre più o meno evidenti) ragioni abbiamo cercato rinfrescare la memoria con qualche pagina di storia. Anche perchè le cose non sono mai del tutto semplici e definite. Qualcuno dei mercenari storici ( ad esempio) trovò perfino la forza d’impadronirsi del territorio o della città dove era stato chiamato per proteggerla. Dando vita a Signorie ( o altri Governi) che, tutto sommato, non son poi state la disgrazia del Belpaese.
Certo sarebbe davvero curioso se un soggetto come certo Raiola da Nocera Inferiore, ex pizzaiolo e al momento dominus incontrastato di tanti veri o presunti campioni, si presentasse al botteghino della storia sportiva odierna per acquistare una società di calcio. Anche blasonata. E farsela tutta sua. Libri mastri e soggetti in carico, campo e spogliatoi, maglie e calzettoni, insomma tutto, dal capo ai piedi, ogni vivente e cosa compresa. Come a suo tempo fecero, con le dovute differenze, è ovvio, uno Sforza o un Malatesta o un Montefeltro. Dapprima al servizio altrui e poi padroni assoluti.
Che ridere, e se fosse questo l’avvio del tanto vaticinato Rinascimento del nostro sport più amato?
I PIU’ CELEBRI CAPITANI DI VENTURA. I nomi ( italiani o italianizzati) di alcuni capitani di ventura sono rimasti scolpiti. Da quelli degli anticipatori del movimento, come Ruggiero da Flor ( 1268 ca/1305), Uguccione della Faggiola( 1240/1319), Castruccio Castracani ( 1281/1328) Cangrande della Scala( 1291/1329);
a quelli dei primi, veri, grandi capitani di ventura, come Lodrisio Visconti( 1280/1364), Malatesta Guastafamiglia ( 1299/1372), Galeotto Malatesta ( 1305/1385). Tra i numerosi ’ big’ di Tre/Quattrocento questi, in particolare, hanno acquisito fama duratura: Pandolfo Malatesta( 1369/1427), Muzio Attendolo Sforza( 1369/1424), Gattamelata ( 1370/1443), Francesco Sforza( 1401/1466), Federico II da Montefeltro ( 1422/1482).