Non solo sport. Le imprese di donne e uomini in azzurro sugli sci. Solita Juventus. E l’anacronistica Europa.

Non solo sport. Le imprese di donne e uomini in azzurro sugli sci. Solita Juventus. E l’anacronistica Europa.
Goggia ( rep) download

LA CRONACA DAL DIVANO. I titoli del weekend vanno questa volta li meritano le donne e gli uomini con gli sci.  Goggia, 26 anni, con due ( incredibili) secondi posti in super G e discesa a Garmisch, Wierer e Vittozzi ( prima e seconda in Coppa) nel biathlon ad Anterselva, Paris nella discesa ( primo) e nel super G ( secondo) a Kitzbuehl.
Proseguono i meravigliosi tornei di pallavolo, femminile e  maschili, migliori al mondo, mentre dagli europei di  danza sul ghiaccio a Minsk sono arrivati due meritati bronzi da Matteo Rizzo e Guignard-Marco Fabbri. Mentre ci sembra lungimirante lasciare crescere in santa pace Lorenzo Musetti, 17 anni il 3 marzo pv, carrarese, vincitore dello Slam juniores in Australia. 

E mentre i franco-germani sono in grande ambascia se optare ( con qualche adattamento) per il vecchio impero carolingio  o per la nuova Europa,  il nostro sminuito torneo di calcio  continua a sfornare pagine e belle ( e non ) della sua plurisecolare esistenza sui campi da gioco. Che da un po’ di anni a questa parte vedono ribadire al vertice  una sorta di tirannia dalla quale nessuno ( o quasi) riesce a liberarsi. Infatti, anche nell’ultimo confronto, all’Olimpico, l’aquila di Lotito ha cercato di  strappare un risultato positivo senza riuscirci.
E pensare che s’era portata in vantaggio, ma poi, gli altri, i signori sabaudi, hanno fatto ricorso alle loro innumerevoli e prodigiose energie rimontando fin ad aggiudicarsi altri tre punti.  Che sommati agli altri già in carniere, portano la Signora a più undici punti dalla seconda, il Ciuccio del nervoso Carletto, audace fino all’inverosimile ma non ancora di pari grado.

Perfetta la posizione della Beneamata con il croato della bella e cara Split, per noi Spalato,  al quale è stata indicata ( senza ambiguità) la strada da percorrere: “  Non vedi l’ora volare nell’Eldorado d‘Albione ? Accomodati pure. Nulla in contrario. Se  vali quanto credi, portaci quaranta milioni e buon viaggio!”.
Non male l’inserimento del ‘pistolero’ in un Milan che ha saputo farsi valere nientemeno che contro il Napoli.  Ora s’è installato al quarto posto, che  tenendo alla distanza potrebbe davvero risultare un obiettivo possibile.  Tanto più che la Roma, in vantaggio per 3 gol a Bergamo, s’è poi fatta rimontare fino ad un 3-3 che è risultato ( perfino) stretto all’armata del Gasp.

SAREBBERO QUESTE LE BASI DELLA NUOVA EUROPA?   Non è che i due vice premier sotto l’ala provvidenziale del (sorprendente) premier Conte, ci convincano più di tanto. Anzi, l’uno imberbe, l’altro tracotante, non si sa bene cosa stiano combinando. Con le nostre leggi, con i nostri problemi. Con i nostri soldi, con le nostre frontiere.

Epperò a preoccuparci ancor di più sono quelle ( più o meno) ‘ sante alleanze‘ che spuntano ( ad intervalli più o meno regolari)  nel cuore dell‘Europa con il (reiterato) intento di metter le basi della ‘ nuova Europa‘.  Che più che nuova, basti guardarsi indietro, sembra  essere  un copia e incolla dell’Impero carolingio  o ( in subordine)  del Romano sacro impero.

Dove a farla da padrona  sarebbero ( ancora  una volta)  Franchi e Germani,  gente (forse) della stessa famiglia, ma che d’andare d’amore e d’accordo manco   lo sognano.  Di certo, entrambi barbarici,  essi  ( bene e spesso) hanno avuto da masticare amaro quando dovevano vedersela con i popoli del Sud, i mediterranei, e nell’ispecie,  italici o padani. Chè senza di loro l‘Europa è  monca. Impotente.
Inutile. E infatti  cosa sarebbero gli Stati uniti d’America  senza il Texas o la California ?  Andrebbero  a rimuginare una seconda  Guerra civile?
Sentire, di recente, che l’algido  Macron e la pensionanda Merkel si sono stretti  la mano per rinnovare un altro anacronistico   ‘asse  a due’ non autorizza  altra speranza  che  ‘ possa saltare ‘ come i numerosi   ‘assi‘ precedenti,  europei e non, anche perchè  ( ammesso e non concesso) dovesse  ’ rinsaldarsi’ per l’Europa tutta   ( visti i  pregressi)  sarebbero ( prima o poi) grossi  guai, per  i due ‘assisti  ‘ in primo luogo. Sì, perchè, anche se quelli stentano a capirlo, l’Europa non è una torta dalla quale estrapolare fette, a proprio  piacimento, all’infinito, ma solo e soltanto ( ancora) una gran bella torta da ‘ godersi’ ciascuno per la propria parte ( insieme)  prima che arrivino altri, altri popoli, a forte desiderio di conquistarsi  i primi posti sul Pianeta, ad inghiottirsela ( tutta d’un fiato)  nelle voraci  bocche loro.

Davanti a  tanta patetica incertezza, speriamo solo che Albione ci ripensi. E invece d’andare a navigare in solitaria in alto mare come vorrebbe la May, resti dove le sue radici affondano. In Europa.  Magari per contribuire a (ri) dare al Vecchio Continente quell’equilibrio, nord-sud e centro,  che solo i Cesari gli avevano ( molto tempo fa ) imposto,  garantendogli  secoli  di unità, forza  e crescita.

Dalla cronaca. Proprio in queste ore il premier  Conte è andato all’attacco di Bruxelles. Rimarcando:  ’ E’ paradossale che, proprio mentre si sta creando  un campione europeo della cantieristica per competere sui mercati mondiali come il gruppo Fincantieri-Stx, da parte della Francia si coinvolga la Commissione europea in modo così ambiguo. Con logica poco comprensibile’.
Conte ha messo in discussione anche il seggio transalpino al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite . ‘ Se la Francia vuol mettere a disposizione il proprio seggio, parliamone e facciamolo nel conteso europeo, se vogliamo dare davvero importanza a tale contesto’. La replica è sta affidata alla ministra per gli Affari europeiNatalie Loiseau: ‘ Non vogliamo giocare al concorso di chi è più stupido‘.
Replica perfettamente in linea con l’attuale livello di governance politica transalpina. La quale, giustamente,  tiene ( in primo luogo) a non perdere il suo primato assoluto . Visto che presidenza più stupida i francesi, amati e odiati  cugini, maldestramente governati, al di là dei tricolori e dei tanti partiti,  probabilmente, non hanno mai avuto.

 

SVEGLIATEVI, O    BACUCCHI ! Finalmente la vecchia,   cara ‘rosea’ suona la sveglia a quelli per cui gli stadi sono  solo pensieri.  Fastidi.  Ingombri.  E tuttavia garantisce Abodi, presidente ICS, ‘ Serve una regia del Governo. Ma venti piazze ( almeno) sono pronte a partire con loro progetti. Tutti interessanti’.
Al  momento, lo ricordiamo, nuovi impianti da gioco del calcio degni di menzione  in Italia sono l’Allianz Stadium ( 42 mila posti), la Dacia Arena, il Mapei Stadium e il Benito Stirpe.  Da Roma, invece, solo la promessa solenne della sindaca Raggi: ” Entro l’anno si parte”. Così promette anche mister Saputo, per il nuovo ‘Dall’Ara‘ in una piazza irrinunciabile come quella di Bologna.

Ancora un po’ poco per aspirare ad Euro 2028 ?

Diciamo solo  che qualcosa si muove, nell’attesa di passare dalle ciance ai fatti.  Che altro non sono,  la  ( principale) differenza che intercorre tra noi e gli  (altri) tre principali tornei europei. A proposito di tornei, non manca pulpito dal quale non s’odano levarsi i soliti peana pro Premier oltre ad altri illuminati apprezzamenti sul nostro  frustrato  gioco del pallone.
In una trasmissione-svago  di Rai 2 il transfuga (  Sky) Massimo Mauro, non s’è trattenuto dal gettare al popolo la sua  lucente verità:  ’ Il nostro è il Campionato più noioso. Dove tutto è deciso. A me non piacciono i tornei dove tutto si sa ancor prima che partano’. Un piacere, il suo, abbastanza strano da godersi, e da condividersi, visto quanto accade, qua e là,  nel  Vecchio Continente. In Liga e in Ligue, infatti, tutto è stabilito, o quasi, da tempo. In Bundes (  fortuna loro e nostra) menti illuminate  devono avere  ( finalmente ) consigliato al Bayern di Monaco di prendersi un anno sabbatico,  visto che dei bavaresi  ad alzare scudetti non se ne poteva proprio più.
Da quelle bande sembra che del defilarsi dei bavaresi ne stia  approfittando il Borussia D., sembra,  infatti, visto    che di Bundes ne ha vinte ( finora)  abbastanza poche. La maggiore suspence  ( manco a dirlo) ci giunge   dalla Premier, dove  la palma della più bella del reame è contesa a due  ( solo a due), tra Liverpool e  City (  secondo,  a 5 punti).
Mamma, che brividi! E che dire della ‘noia mortale’  che s’è impadronita della mitica Coppa dalle grandi orecchie, nell’ultimo lustro finita ( con le buone o con le cattive)   per ben 4 volte ( ad eccezione del 2014/2015) nelle mani del Real  del Florentino madridista ?

Certo, il piacere di parlare e sparlare sul piatto in cui s’è mangiato e si continua a mangiare, è un esercizio che nel Belpaese trova  i suoi più geniali, generosi  ed indefessi cultori. Morale è , però, che mentre milioni di nuovi fans in giro pel Pianeta vengono convinti ad affezionarsi ad altre leghe con prodigiosi ritorni economici, la nostra  resta al palo.
A contare spiccioli. E come potrebbe essere altrimenti? Scusate, ma se siamo noi i primi a  ‘sconsigliare‘  l’acquisto del nostro ( pur sempre pregevole)  ’ panettone‘   chi volete  poi che ( stadi a parte)  voglia  affannarsi ad acquistarlo  per  rallegrare le ore di festa?

AGGIORNAMENTO RANKING UEFA. Aggiornamento al 30 novembre 2018 del ranking Uefa. Classifica: Spagna, punti 96.283; Inghilterra, 73.034; Italia, 72.o11; Germania, 68.355; Francia, 54.331. Con questa posizione l’Italia ha assicurata la quarta squadra anche per il campionato 2020/2021.

SUPERCOPPA ITALIANA.  Supercoppa italiana,  sì, ma solo per le polemiche.  In realtà si è trattato di uno  di quei momenti agonistici ( sulla carta)  scontati.
Se l’è aggiudicato ( manco a dirlo) davanti a 62 mila spettatori festanti la Signora ( gol di Cr7) ‘scornando’  il Diavolo, il povero Diavolo,  sedotto e abbandonato dal Pipita, che ( con Lara,  la morosa) ha deciso di salutare ( in un sol colpo) Lombardia, Milano e ( come calciatore) San Siro per andarsi avvinghiare  con i ricconi ( soprattutto nordamericani) che popolano  quel ‘ posto ideale in cui crescere‘ che è l’esclusivo  quartiere  del Chelsea.
Per il  Pipita,  ormai miliardario pure lui, e la sua dolce metà,  che da miliardaria vuol  ora vivacchiare,  c’è a voglia di ricongiungersi il premierista  doc Sarri. Senza perder tempo, però, perchè in quella ( chiacchierata) famiglia  che arriva dalla steppa le lune di miele sono ( spesso ) brevi e dolorose. Buon viaggio, caro Pipita !

Ma se qualcuno va, altri tornano nel ‘ modesto‘  grembo del calcio italiano, che a fatica s’è dato un governo, che a fatica riesce a pensare lontano come auspicherebbe  il buon Teotino, che a fatica riesce a far costruire qualche nuovo stadio di calcio. Sono diversi infatti quelli che tornano a rimettere il piede nei campi verdi del Belpaese. Al momento una decina.
Dopo il turno di Coppa Italia, torna a fine  settimana il Campionato. Con i soliti motivi. E qualche sorpresa che potrebbe arrivare dal calciomercato.  Con l’agitata Wanda sul piede di guerra e il prudente Zhang pronto a mettersi sul ciglio del fiume nell’attesa che passi il cadavere.
Secondo ‘ voci’  ( volanti nell’aere invernale) l’ambito Maurito ( alla fine dei valzer) sarebbe destinato alla Juve, mentre per Dybala c’è in previsione la destinazione City, alla corte di Pep. Gran sorpresa ha destato il trasferimento di K. Boateng, dal Sassuolo ( nientemeno) al Barca.  Mentre   la ‘sorpresa’ Piatek  s’è andata ad accasare a Milanello.
Certo, lo sappiamo, la danarosa Premier  di questi tempi  ha preso il posto  del mitico Eldorado.  Che tutti cercano,  che nessuno trova.

E tuttavia, Pipita o Perisic o Alex Sandro che siano, ci aspetta un’ estate calda. Con un calciomercato da tempi andati. In ‘ arrivo’ ci sono infatti nomi roboanti: Podgba, Isco, Marcelo, Modric, Godin etc. Nell’attesa dei nuovi  stadi e di qualche soldino in più  dalla ritrovata verve del  commerciale fino ad oggi praticamente ignorato, niente male.  Il vecchio, caro pallone, povero o ricco che sia,  da noi,  non perde  (mai) il piacere di rotolare festoso su un verde campo da gioco, maravigliando, il più delle  volte.

ALTRI SPORT. E’ ripartita la Goggia, con un sorprendente secondo posto  in SuperG. Nibali intanto non perde esercizio utile per sognare la doppietta Giro/Tour, che lo farebbe volare di diritto nel pantheon dei grandi. Quelli,  rarissimi, della ‘ doppietta’. L’Armani Milano vince e perde.  Come l’albero di Natale. S’periamo non siano solo  giganti di carta quelli del del  rugby al  ( durissimo) 6 Nazioni.

A proposito di grandi, su Bike Channel, in una trasmissione dedicata alla ‘ Grande storia‘ del ciclismo,   qualcuno degli invitati nello stilare la graduatoria degli scalatori d’ogni tempo, ancora una volta s’è dimenticato di citare Bartali  nel confronto con i Gaul, Fuentes, Bahamontes, aggiungendo  invece Mercxs e non Coppi.
I quali, se non andiam a farfalle,  sarebbero da classificare   passisti-scalatori  e non (solo ) scalatori, o grimpeur , come i francesi chiamano i camosci delle montagne.  Che nelle salite, anche durissime, una volta preso il passo, sapevano seminare anche gli specialisti.

L’ ignoranza non sorprende, perchè è  da anni che delle vere grandi pagine dello sport italiano non si fa più giusta memoria.  E così dei suoi pochi leggendari protagonisti. Incredibilmente. Soprattutto se  datati o del Dopoguerra.
Che di eguali però non ne abbiamo mai più avuti. Perchè se è vero che il Pirata  ( più di recente) faceva fermare l’Italia degli appassionati, Coppi, Bartali e Magni  ( dal ’30 al ’60) non solo hanno fatto  scorrere fiumi di lacrime ad ogni impresa ma incidevano  ( perfino)  sulla rinascita post bellica  di questo nostro ( smemorato) Paese.

 

QUEI RIDICOLI ‘BUU BUU‘ . Sabato 19 i ‘piccoli‘  hanno riempito il primo anello di San Siro per Inter-Sassuolo, chiuso ai ‘grandi’ per ‘ razzismo’. Non disattendendo la speranza che  si mettessero a fare gli adulti, o meglio, certi adulti, che adulti sono ma solo all’anagrafe. I ‘piccoli’ hanno trionfato. Il ‘ razzismo‘, come tanti altri ‘ismi‘ che hanno martoriato il ventesimo secolo, non dovrebbe essere manco  più  menzionato. Dopo la  lunga serie di lutti e dolori  che ci ha afflitto nel corso dei secoli.

E tuttavia, nostro malgrado, così non è.  ‘Razzismo’, ‘ violenza’, ‘ignoranza‘ continuano imperterriti a cavalcare come i  quattro dell‘Apocalisse tra i popoli del mondo. Dire che qualcuno sia esente è una falsità. Dire però che la ‘ maggior parte dell’umanità‘ condivida certe realtà è una falsità ancora più grande.
Da noi, spesso, quando si parla di sport, o meglio di calcio, si fa riferimento a culture  ritenute ‘ superiori’, perchè non infette da certi ‘tumori  umani’. Si cita, ad esempio, Albione, con quei suoi cori canterini attorno ai campi,  che mai e poi mai si metterebbero ad esercitarsi in quei ridicoli e insulsi  ‘ buu, buu‘ che invece s’ascoltano, ad intermittenza, ma si ascoltano, imperterriti,  nei nostri tuttora (obsoleti) impianti sportivi.

Dimenticando però che quando si va dicendo d’Albione non è cultura ma  solo cronaca. Neppure tanto remota, visti i  pregressi che portano date (  ancora ) vicine ai giorni nostri.

Ad esempio, la sera all’Heysel, anno  1985, dove 39 spettatori trovarono la morte, calpestati da  invasati  fans inglesi; una sera, quella, che portò le squadre d’Albione fuor delle coppe  per un lustro. Ma le loro tragedie  non si sono fermate qui.  Perchè ad Hillosborught ,  anno 1989,  andò ancor peggio, con 96 morti.  L’elenco prosegue. Come dire che i canterini  d’oggi sono stati ‘ educati’ a cambiare registro da governi e leggi opportune. Tempestivamente applicate. Hooligans, Casual, Skinheads … ,  donde  tengon infatti tutti costoro le loro culle?
E in ogni caso  quel (loro) pericolo non è cessato. Perchè se è vero che nei moderni impianti calcistici d‘Albione si può oggi fare baldoria senza  timore alcuno, basta allontanarsi  qualche chilometro più in là per toccar con mano  i  tanti rivoli d’una realtà  ben diversa  da quel che si vuol sbandierare.
Si leggano, cioè, meglio, le realtà dei nostri giorni. Onde per cui, s’astengano i generosi anglofili, dal propinarci omelie ad ogni piè sospinto. Noi non siam peggio d’altri. Noi  non manchiamo di  ’sciagurati’ da ‘ convertire‘, certo, tanto che sarebbero benedetti  leggi ( opportune)  e governi ( condivisi) all’altezza del compito.
E tuttavia possiamo contare  anche su  una marea infinita di gran bravi giovani  che  ‘ razzismo‘  e ‘ violenza’  subiscono e non ‘provocano’. Perchè  allora non chiamarli a raccolta, senza deprimerli

 Il 12 settembre 2018,  tanto per tornare alle paginette di cronaca  misconosciuta,  i fans del Millwall e del Brentford si sono dati appuntamento in aperta campagna per massacrarsi a piacimento tra loro  senza limite alcuno. Anche da noi capitano certe sciagure. Certo.
Più circoscritte, e comunque pericolose, da non sottovalutare e d’altra origine originate,  ma capitano. Epperò, forse, tanto per fare di testa nostra,  la miglior  cosa da  fare  è continuare a  celebrare ( presunte )  altrui virtù  o riscoprire le nostre, che c’erano, che ci sono, anche per evitare ( l’infame)  e  (non negletta)  abitudine altrui  a   gettare ( occorrendo)  ‘polvere sotto il tappeto‘?  Per tornare a difendere  una volta tanto, paradossalmente,  i più e non i pochi. Non per apparire, ma per essere.

Si è costretti a parlare di calciomercato, quando non lo si vorrebbe proprio fare. Anche perchè scatena ogni volta un mercimonio che non trova più limiti.
Affidato a infinite  ‘ gole profonde’ che altro non sanno  che ‘danarizzare’ ogni  passo sul verde rettangolo di gioco. A  incassare sono i giocatori, ma anche altri, di varia provenienza e genere, ad ogni sessione di mercato sempre più voraci, quasi che in quel mondo non esistano più  remore e confini.

Tra i voraci ci si sono messi anche i parenti. Come il fratello del Pipita, che non contento dei milioni rossoneri portati a casa a sbafo  vorrebbe mandarlo  ad infognarsi con quelli che sborserebbe in Albione un oligarca russo ( in fase di cambio di residenza);
come la bella Wanda, che tutti la vogliono ma nessuno la comanda, lesta oltre ogni dire giorno e notte, sui social e non solo,  per far di meglio i conti per  lo suo amato. Il bello è che quei ‘poveracci’ che se ne stanno a soffrire pene d’amore sugli spalti ( più o meno) obsoleti dei nostri stadi, aspettano gli esiti esultanti.

Quasi che quei soldoni che volano da una tasca all’altra siano di chissà chi. Non loro. Che con la loro infantile passione alimentano le innumerevoli casse, vuotate poi da chi di dovere. Che ben poco merita di cotanto affetto. Per farla breve: se la bella Wanda vuol  salutare  via Montenapoleone col suo amato, lo faccia, rapida, e basta. La Beneamata, di certo, che di campioni veri ne ha battezzati tanti,  sopravviverà, eccome. Anzi. Finalmente si vedrà chi è il sole e chi è la luna.
E così quel Pipita, che  se vuol traslocare in quell’amena famiglia dell’oligarca  russo (  ) a contare qualche raro trofeo e tante coppe del nonno, s’en vada pure , ma veloce,  gattone gattone. Per non far minima ombra ad una ( infinita ) bacheca di trofei troppo ‘ augusti‘ e ‘ dorati‘ per  chi è   ( non ce ne voglia Bergomi ) un  ( pedatore ) ‘trenta e mai trentuno’ come lui.

DEDICATO AGLI  ESTEROFILI.  Dedicato ai milioni gli esterofili che abitano il Belpaese. Ma anche a quei giocatori, giovani e non, come Chiesa, il Pipita o Perisic che sognano Albione alla ricerca di un Eldorado in questa valle di lacrime. O meglio, ‘ del posto ideale in cui crescere‘.
Basti allora questa confessione di Emiliano Viviani, portiere classe 1985 della Spal: ” Perchè sono tornato? Perchè in Italia si sta come in cima al mondo. Perchè a Lisbona era tutto surreale; mi mancava la quotidianità dei rapporti umani. A Londra e Lisbona è più dura andare in piazza, bere un caffè, leggere il giornale, parlare con la gente. Qui si può. E, a Ferrara, eccome!”

IL CALCIO A TRE VELOCITA’. Non c’è crisi nel calcio europeo. Più ricavi, più spettatori, più utili. Si allarga però la forbice tra ricchi e poveri della pedata. I 12 club ‘ globali‘ fra cui la ( sola) Juventus, fatturano 1,6 mld di sponsor e commerciale, esattamente il 65% del totale.  Tutto il restante non raggiunge, messi assieme, un miliardo. Tra le prime 12, 6 inglesi, 2 spagnole, 2 tedesche, una francese e una italiana ( Juve).

La Serie A fattura 2.2 mld, ma è troppo dipendente dalla tivù ( 49% del totale). Siamo al quarto posto, lontani da Spagna ( 2,9 mld) e Germania ( 2,8 mld), con distanze in prospettiva ulteriormente allungabili visti i prossimi  rinnovi tivù di Liga e Bundesliga. L’Inghilterra da sola incassa, nel totale, 5,3 mld.  Un dato questo, certo e assodato, che attira come specchietto per allodole ( soprattutto)  tutti coloro che prima all’erba verde del campo da gioco  guardano al luccichio delle monete.

C’è qualche speranza per il calcio italiano di rimontare? Qualche. Solo qualche. Perchè, a dirla alla Teotino, qui occorre qualcuno che sappia allungare la vista  oltre il proprio orticello e faccia costruire nuovi e moderni impianti. Stadi e non soltanto. Infatti c’è anche il marketing. Questo e poc’altro. E subito. Picciolo sorriso ce lo fa venire il dato che, in compenso, il valore medio di una rosa di un club italiano, 85 mln, è secondo soltanto all’Inghilterra ( 135 mln). Sì, aggrappiamoci all’aggrappabile. Del resto, che altro fare? Controllare se questi dati sono certi.

‘ROSSA‘: SI CAMBIA IL MANICO. La battaglia interna alla gestione  sportiva Ferrari è finita. I vertici della ‘rossa’ hanno scelto: fuori  Arrivabene, entra  Mattia Binotto.  Questo   anticipava l’anteprima esplosa come un fulmine a ciel sereno dalla ‘rosea‘, che sulla inedita, sorprendente,  situazione si è soffermata ampiamente.

Intanto analizzando gli ‘errori‘ e le ‘colpe’ di Arrivabene. Eppoi la necessità di affidare il ‘ manico’ ad uno come Binotto, 49 anni, nato in Svizzera e laureatosi al Politecnico di Losanna, ma uomo d’ordine ferrarista che viene dal  basso, dopo avere scalato lo scalabile.
Entrato in Ferrari nel 1995, ha gioito dei trionfi dell’immenso  Schumi  mentre nel 2oo9 è stato nominato responsabile generale delle operazioni Motore e Kers, poi vicedirettore Motore ed Elettronica e infine direttore del reparto Power unit dal 2014, questa volta per volontà di Marchionne, che del ‘ cambio di manico’  doveva essersi   interessato per tempo visto che  lo aveva scelto come ‘ dirigente di riferimento e referente personale‘.  Con Binotto,  Vettel, il quattro campione del mondo, e Le Clerc, l’imberbe debuttante, partiranno alla pari.  Per un obiettivo comune.

Il passaggio di testimone Arrivabene-Binotto potrebbe annunciare qualche altro  sconvolgimento all’interno della ‘rossa’.
 Al vertice. Ad esempio la nomina di Camilleri è stata percepita ( da molti) come provvisoria;  il fatto che in fabbrica si sia intravisto ( più volte)  l’ex amministratore delegato Amedeo Felisa, separatosi da Maranello  nel 2016, potrebbe significare ( anche  su questo versante) della mitica casa del Cavallino un ulteriore, fondamentale,  aggiustamento.
L’importante (ora) è che dopo quattro anni di Arrivabene in cui la ‘rossa ‘ poteva vincere ( almeno)  uno o due titoli, si torni al  sul gradino più alto. Com’è naturale nel mondo delle corse, dove è il rosso il colore più amato e diffuso.

La vittoria con una ( gran macchina) come la Mercedes può dare gioia, grande gioia e massima esultanza ( vedi Toto Wolff); ma, quella con la ’rossa’  va ben  oltre ai  naturali  desiderata umani. La ‘rossa’ è un ‘ kotinos‘ planetario. Vibrante.  Agognato.
E capace di condurre nell’Olimpo degli sportivi senza tempo.
Se vero è che  ancor ricordiamo un fornaio dell’Elide, certo Corebo, che in un pomeriggio d’estate del 776 a.C. correndo più velocemente dei suoi avversari i 192,28 metri che lo separavano dalla meta,  ricevette ( secondo Pausania)  una corona composta da rami di ulivo silvestre ( kotinos) , premio (apparentemente) modesto, eppure bastevole per  farlo  accomodare tra gli dei immortali.

‘SCOPIAZZARE’ O ESSERE NOI STESSI? ” Manchester City e Liverpool - esulta il buon Arrigo - hanno regalato 97′ di emozioni e spettacolo. Hanno vinto con merito gli uomini di Pep contro il fortissimo Liverpool di Jurgen, ma in realtà tutte e due le squadre sono uscite vittoriose: ha vinto il calcio. L’incontro è stato giocato a velocità e ritmi impressionanti, impensabili per il  nostro calcio…”.

In effetti, qualcosa di notevole si è visto nel match di punta di quel Campionato che nel ranking Uefa sta lottando con il nostro per la seconda/terza posizione. Questione di spiccioli, si sappia, nonostante loro abbiano il vantaggio di entrate maggiori e di stadi adeguati al moderno agone calcistico, e noi invece no, anche per situazioni generali che è  difficile comprendere.  E tuttavia,  non riusciamo a sottrarci a dei ‘ distinguo‘  non  di poco conto.
Anche perchè continuare a dirci che gli altri volano e noi passeggiamo più che a stimolarci a fare altrettanto ci preoccupano e non poco. Nell’agone sportivo moderno altre discipline, e non soltanto il calcio, ci hanno insegnato che le ‘ prestazioni fisiche’ non son frutto  ( solo) di ‘ eredità  genetiche‘ o di ‘ casualità’.  C’è di mezzo (ormai) la medicina dello sport, con tutte le sue sofisticherie, sempre più chiamata a fare il possibile ( e l’impossibile) per ‘ ottimizzare‘ la prestazione ( soprattutto) quando questa ( deve risultare)  decisiva.
Allora, più che a venire a lamentare le solite nostrane ‘ inferiorità’, pensiamo a qual spettacolo sia meglio affezionarci. A quello di un calcio collettivo,  di corsa  e  (soprattutto) agonistico  o  a quello di un calcio che coltiva radici profonde, sociali, di campanile, se vogliamo, ma anche di di corsa ( quando serve) e comunque mai  a vanvera,  perchè soppesato, magari fin troppo, ritagliato apposta come un buon abito sul soggetto interessato, e ricolmo di colore e  passione quando esprime al meglio le sue innumerevoli ( e mai anonime) identità?

A qual calcio, dunque,  vogliamo affezionarci? A quello foresto o a quello ( ) nostrano? Guardarsi attorno è meritevole. Auspicabile. Per ‘ tenerci al passo’, ma per  ‘ scopiazzare’ no.  Questo no.      Tanto più che abbiamo nel nostro secolare retroterra  tanti e tali ‘ retaggi‘, ‘risorse’‘peculiarità‘ che tutto possiam fare fuorche diventare fotocopia d’altri.
Ha detto un  ( nostro) saggio: per Albione due/tre secoli d’impero sono stati una immensità, per  noi una inezia. Del resto, per restare sul solo calcio, in un ‘ confronto’ estivo a tre su Sky, il Pep tanto amato dal buon Arrigo non s’è trattenuto  dal dire  ” Avete vinto così tanto, e in tanti modi, che se c’è qualcuno che ha da imparare siamo (semmai ) noi e non voi”.

Detto tutto ciò, per favore, bacucchi/e  nostrani di varia estrazione, dateci quei benedetti nuovi stadi.  E poi valuteremo tra ciance e  fatti.

COSA VUOL DIRE UN ANFITEATRO. Sono anni, anzi, decenni, che si chiede d’avere impianti sportivi aggiornati e adeguati. Potevamo centrare l’obiettivo, almeno parzialmente, con l’assegnazione dell’Olimpiade estiva a Roma. Ma, qui, si sa com’è andata, con  quel ( tragico)  rifiuto della  giovin sindaca  impegnata a far  tirocinio.  Potremmo, sempre parzialmente, centrare qualche impianto minore con l’eventuale assegnazione dell’Olimpiade della neve a Milano-Cortina. Potevamo, potremmo.
E non possiamo. Visto che tutto è in fieri. A Roma, con quella pantomima che lascia interdetti; a Milano, con cino-americani ancora alle ciance, su Santo Siro o altro nevico Ippodromo; a Firenze, con qualche progetto ancora sulla scrivania; a Napoli, con il sindaco De Magistris intenzionato a fare un restyling, o poco più, del vetusto San Paolo. E così via. Insipienti di qua, insipienti di là. E pensare che basterebbe sfogliare qualche vecchio libro per apprendere quanto lungimirante sia costruire un nuovo impianto ( o sta nell’ispecie).

” Vespasiano- si legge – sentì l’esigenza di un colpo di scena: ad esempio, una costruzione monumentale che gli procurasse fama e ammirazione imperiture.  Ebbe, allora, la lungimiranza di individuare il tipo di edificio adatto alle sue ambizioni. L’Urbe aveva bisogno di una grande arena per celebrare la sua passione più grande, ovvero il combattimento tra gladiatori?  Il Cesare comprese che se avesse realizzato cotale aspirazione, avrebbe potuto ’ eguagliare’ o  ( finanche ) ‘oscurare’ i predecessori più celebrati.
La capitale disponeva di quattro anfiteatri. I primi due non abbastanza capienti e gli altri in legno. Il nuovo agone doveva perciò risultare diverso, molto diverso. Vespasiano pensò allora ad un (mega) anfiteatro che potesse ospitare (almeno ) 50 mila spettatori (comodamente alloggiati). Il figlio Tito, con il bottino raccolto in Oriente, gli fornì i danari e la soluzione.  Allora, non fu trascurato alcun dettaglio. Neppure l’ubicazione. Scelta ( significativamente) tra Palatino, Equilino e Celio.

Su quei terreni Nerone aveva sognato infatti  la favolosa Domus aurea. Di cui  al tempo dei Flavi era rimasto lo ’stagnum Neronis’, luogo di feste e sperperi. Vespasiano restituì quei terreni alla cittadinanza. E iniziò il lavori per quello che sarebbe passato ai posteri col nome di Colosseo. Era il 70 d.C.,  i cantieri durarono circa dieci anni. Vespasiano non riuscì a vedere la realizzazione completa del suo lungimirante e monumentale progetto, poichè se ne andò nell’estate del 79 d.C., lasciando però ai figli il completamento.
Il Colosseo  infatti è oggi noto ( anche ) come anfiteatro Flavio. E comunque, a chi attribuirlo o meno poco importa, quel che importa è che chi ebbe l’idea e la mano per cotale opera, nata  ( dunque) per allettare i concittadini,  oggi ( più o meno)  simil ad uno stadiolo dove far  scorrere una palla ,  ha trovato  memoria imperitura.  ‘ Panem et circenses’ dicevano,  i vecchi, i vecchi Cesari, eppure come sapevano guadare lontano!  Lontano. Lontano. Sforando i secoli, contrariamente a questi amministratori odierni che a malapena sanno contare  i minuti oltre la punta del loro naso.

QUEL DECIMO TITOLO NON S’HA DA DARE! Nuovo anno ( non solo di sport),  con  (vecchie ) abitudini e relativi ( vecchi) arnesi all’opera.  Il buon Lorenzo,   trentenne, maiorchino, è ‘ (tra) passato‘ com’ è  noto ( dopo due anni) dalla sella della Ducati a quella della Honda.  Sembrerebbe, a starlo sentire, per via di qualche centimetro in più che non  consentivano, a lui, piccoletto, di dominare a piacimento la terribile Desmo  di Borgo Panigale  per  spadroneggiare come aquila in libero volo  sulle piste del mondo.

Due anni per prendere qualche misura tra lui e una moto  son tanti, ma non per Lorenzo che le sue cose fa e  medita. Compreso la rievocazione  del ’ dream team’ che sarebbe stato partorito  in combutta con l’amico-nemico Marc, proprio per incantare ( come il Real)  negli anni a venire gli appassionati della moto  da corsa sparsi sui cinque continenti.
Dream team’ non nuovo, non inedito, a dir il vero, visto che ( se anche la nostra  memoria non inganna)  ha avuto debutto già qualche anno fa. In particolare, su quella pista dove lui e l’altro, come ‘bravacci’ di manzoniana memoria, si sono infilati nell’agone gridando ai  ( tanti) don Abbondio ( italioti compresi) colà presenti:  “ Questo (decimo ) titolo non s’ha da dare!”.
E se in sede d’auspicio qualche nota stonata (purtroppo) non manca, quelle intonate sembrano ( ampiamente)  compensare il conto. Quelli che non guardano solo ai (tanti)  danari e alla (facile) gloria. Quelli che se si turano il naso sul doping è perchè vorrebbero vedere competizioni credibili e pulite in ogni agone sportivo. Quelli che prima di sputare sul loro piatto voglion sincerarsi che anche in Altrove  non si giochi all’inganno. Del resto siam figli d’un piccolo, curioso, geniale Paese, che tanto ( soffrendo) ha dato al M0ndo che fatica ad aprire porte e finestre al primo arrivato.

 

ALTRE DI CALCIO.

La Signora  ha chiuso il 2018 a 53 punti . Un record, tra  altri record. Qualcosa che i bambini continueranno a sfogliare per anni,  estasiati, sugli  schermi dei loro tecnologici almanacchi.
SERIE A.  XXI GIORNATA. INCONTRI. ( sabato 26 gennaio) Sassuolo-Cagliari 3, Samp- Udinese 4-0, Milan-Napoli o-o ( ore 20,30); ( domenica 27 gennaio) Chievo-Fiorentina 3-4  ( ore 12,30), Atalanta-Roma 3-3 (ore 15), Bologna-Frosinone 0-4, Parma-Spal 2-3 , Torino.Inter 1-0, Lazio-Juve 1-2  (ore 20,30); ( lunedì 28 gennaio) Empoli-Genoa   ( ore 20.30).

CLASSIFICAJuventus punti 59, Napoli 48, Inter 40, Milan 35, Roma 34, Lazio 32 , Atalanta 32…. Bologna 14, Frosinone 13, Chievo ( -3)  8.

 

ARGOMENTI VARI NON SOLO DI SPORT

BREXIT E GB NEL CAOS.  Con 325 voti contro 306 la signora May resta in sella. Si fa per dire. Perchè la sua maggioranza è ora una inezia,  in più dovrà convincere l’Europa a concederle più tempo per ‘ rivedere’ l’intesa. Mal digerita da buona parte dell’agone politico britannico. Mentre il nuovo referendum chiesto a gran voce dall’opinione pubblica resta ( al momento) solo teorico.
La May è passata con la manciata di voti di una piccola formazione nordirlandese. Il risultato  scongiura il caos, ma le strade da intraprendere ora sono  poche e obbligate.
Cosa succede con la Brexit? La data del 29 marzo pv giorno in cui la Gb dovrebbe staccarsi  dall’Ue, è dietro l’angolo, mentre non è disponibile un piano B, almeno per ora. Occorre dunque posticipare l’uscita.
Forse a fine luglio, ma nessuno la può garantire.  I laburisti traccheggiano indecisi. Corbyn, invece, contrario all‘Europa della finanza, balla tra due fuochi: quello dell’elettorato giovane ( over 30) e vecchio ( over 50).  I primi guardano al futuro, i secondi al passato.  La quaestio alla frontiera tra Irlanda e Irlanda del Nord inoltre non ha soluzione. Quel che potrebbe creare fa venire il mal di testa.

Si torna allora al voto? Il Regno Unito può revocare la richiesta di uscire dalla Ue. Certo. Ma sarebbe un atto antidemocratico, visto che ha avuto l’avvallo di oltre il 51% degli elettori.  Un secondo referendum resta invece ( teoricamente) possibile, ma servono ‘ passaggi’ tecnico-politici da brivido.
Al momento, di difficile realizzazione, anche se 71 parlamentari laburisti ( il partito della May) hanno chiesto ufficialmente una seconda consultazione. Che, a quanto si orecchia, troverebbe  ( facile) maggioranza per rispedire la May ad altre faccende affaccendata.

Nel frattempo non felice futuro potrebbero trovare i 700/800 mila italiani che lavorano in GB. Qualche migliaio di loro è  già tornato a casa. A dicembre il governo May ha pubblicato un ‘ Libro bianco’ sull’immigrazione, con i nuovi criteri d’ingresso.
L’obiettivo è quello di ridurre drasticamente gli arrivi, comprimendo la presenza a poche migliaia l’anno.  Così si guarda innanz. Così s’opera in quel d’ Albione,  la perfida Albione, dove  per qualche atavica regoletta si giocan   le sorti del Vecchio Continente, che più ‘vecchio‘di così ( forse) non è mai stato.

* Due ‘ testimonianze‘, entrambe da non trascurare. La prima è una lunga intervista  sul calcio europeo alla ‘rosea’ del buon Zvone ‘ Zorro’ Boban, croato ex milanista e ora vice presidente Fifa; la seconda, il bel librone  curato da Auro Bubarelli e Giampiero Petrucci sull’ indimenticabile Airone di Castellania, deceduto 59 anni fa.

ZVONE IL CROATO MILANISTA. Zvone  Boban che  del (non breve) passaggio  a Sky ha approfittato per migliorare  il suo primigenio  look fin al punto da far  concorrenza a quegli elegantoni di  Leonardo e Maldini,  non le manda a dire. A nessuno.  Soprattutto a quelli che a vario titolo restano  parcheggiati  nel pianeta  calcio. Oggi come ieri.
E se ora è diventato un alto dirigente Fifa poco importa. Il suo  è il solito approccio concreto, credibile,  attento e senza ipocrisie di sorta. Piace così, insomma, a tutti, anche perchè di gente che vive  di calcio confessando il suo amore  ’ per quel  pallone che rotola sulla verde erbetta di un campetto da gioco‘ , ( abbagli a parte ) ce n’è sempre di meno.
Zvone nel suo excursus con la ‘ rosea’ tratta molti aspetti del calcio milionario d’oggigiorno. Tra l’altro  mette ( finalmente) il dito su quell’assurdo Fair play finanziario che dovendo creare equilibri ha finito col creare ( ulteriori) squilibri. E vistose contraddizioni. Vedi le squadre di Stato qatariote parcheggiate qua e là.

‘ Se non si pongono ( tempestivi ) correttivi al Fair play finanziario -  ammette - Inter e Milan, per citare  due italiane, faticheranno a tornare  al vertice del movimento. Pur essendo giusto vigilare sulla (reale) salute dei club, le norme che  impongono il pareggio di bilancio impediscono  a nuovi imprenditori di fare i necessari investimenti. Con danari freschi.  E mi sembra che Inter e Milan ed altri club  versino ( al momento ) proprio  in questa condizione ‘.

Un avviso? Un auspicio? Un intendimento?  Nel frattempo sulle compagini  qatariote,  ma anche altre  d’oligarca russo o di conte  da Montecristo tutte ( più o meno) operanti nell’ infida Albione, risultano indagini in corso.
Che vogliam sperare non finiscano in cavalleria come quelle, ben più tristi, ben più annose,  sul doping praticato in discipline diverse,   meglio note come Operacion Puerto e volatilizzate  grazie a  ‘magi… strali’ colpi  da  mago Silvan.
 Psg e Manchester City sono ‘ accusate’ di avere aggirato le regole del Fair play finanziario  con  aiuti degli azionisti sotto forma di sponsorizzazioni.  Vedremo cosa rimedierà l’Uefa. Siamo (ovvio) speranzosi. Mentre   non possiamo far altro che (ri)metterci   come il cinesino   sull’argine del fiume  nell’ attesa che passi ( finalmente) il …  cadavere.
Zvone anticipa anche alcune importanti novità sul panorama calcistico Fifa. Intanto, il Mondiale per Nazionali che potrà essere allargato a 48 squadre; eppoi, quello che per club, ridicola esibizione appena aggiudicata al solito Real  che ( anche ) di  ‘ coppe del nonno ‘ ama fare incetta pur di  rimpinguare il suo ( infinito?) palmares.
Zvone oltre ad essersi ricreduto sull’uso del Var, non manca di stigmatizzare il fenomeno del razzismo, più o meno evidente, o manifesto, dolorosamente, in ogni angolo del mondo. Quando gli si chiede qual gioco lo entusiasma di più, cita il ‘ tiki taka‘ di Guardiola al Barca, senza dimenticare, però, come puntualmente fanno i nostri esterofili,  quel che  ‘ lo stesso Pep ha chiarito nel confessare d’avere preso spunto e ispirazione dal ( Milan di ) Sacchi”.  Il Milan, già, che a Zvone resta sempre  nel cuore in posizione privilegiata.

MA SENZA LA GUERRA CHE AVREBBE VINTO?  ” Penso a quanti Giri, Tour, Mondiali, Record dell’ora, classiche avrebbe vinto Fausto se non ci fosse stata la guerra. Ci rifletto spesso e se il numero che accompagna il nome è a tre cifre quale sarebbe stato il suo senza quella lunga inattività”.  A porsi il quesito è un tale Eddy Merchx, nella encomiabile prefazione al libro di Auro Bulbarelli e Giampiero Petrucci dal titolo ‘ Coppi, per sempre’.

Per chi ( per ragioni diverse)  non è edotto sul quesito bastino poche cifre: Coppi, da Castellania, nasce il 24 settembre  1919. A poco più di vent’anni vince il  primo ( di cinque) Giri d’Italia. Destino vuole però che tra il primo ( 1940) e il secondo ( 1947)  trascorrono sette anni circa. Durante i quali accumula una vittoria nel 1941 e altrettanta del 1942; richiamato alle armi, tra il 1943/1944 finisce prigioniero di guerra. Risale in bicicletta, con Nulli, nel 1945, riportando 5 vittorie. Per rivederlo in piena attività lungo le strade di una Italia distrutta dal trascorso bellico bisognerà aspettare non tanto il 1946 ( 9 vittorie, tra cui la Milano-Sanremo in solitaria) ma il 1947, dove riporterà 12 vittorie, compreso il secondo Giro d’Italia.

Gli è stato possibile andare  al Tour solo tre volte. La prima nel 1949, a trent’anni, centrando la doppietta Giro-Tour; la seconda nel 1951,  l’ annus horribilis, segnato dalla morte dell’amatissimo fratello Serse; la terza nel 1952, per ripetere la doppietta Giro-Tour. La disponibilità di Coppi in bici è pressochè totale. Infatti non c’è specializzazione, percorso, gara dove ( volendo) non riesce a primeggiare. Come

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