Non solo sport. I ragazzi dell’Ajax abbattono il ‘tiranno’. Roma ‘beffata’ dal Var. Rombano i centauri.

LA CRONACA DAL DIVANO. Un omaggio doveroso ad Astori. La sua piccola Vittoria ( un giorno) dovrà andare orgogliosa di un babbo tanto bravo. Tanto rimpianto. Avanza intanto il Campionato, con la Signora passata anche al San Paolo ( 1-2). Suo oramai è l’ennesimo scudetto. Che nessuno ( o quasi) conta più
Che a noi frega infatti fino ad un certo punto. Perchè nella nostra cultura di campanili e non di spettacoli, di palii e non di regate sono zeppe le nostre giornate sportive, animate da uomini geniali e non da uomini accorpati, l’importante sta altrove: che il Diavolo prevalga sulla Berneamata ( e viceversa), ad esempio, ma anche che il Toro mati la Signora ( e viceversa), che la Lupa divori l’Aquila ( e viceversa) etc etc. Fin ai derby tra campanili lontani: Milano contro Torino, Milano contro Roma, Firenze con la Signora, Napoli contro Roma etc etc
In fondo c’è spettacolo e spettacolo, o no? E a noi piace questo tipo di spettacolo. Che avrà pure i suoi limiti, come quelli degli altri del resto. E comunque di che dobbiam vergognarci? Come ci rammentano giorno dopo giorno, ora dopo ora, le sante omelie dei dannati esterofili? Soprattutto se, all’interno della diatriba, delle tante diatribe sparse lungo il Belpaese, ( meglio ) impariamo a non mancare ( mai) di rispetto verso chiunque scende in campo, avversario o nemico che sia ?
Morale: lo scudetto è andato ancora una volta a Torino? Beh, di motivi di (grande) interesse ne restano (tanti) altri. Per citarne qualcuno: chi, tra i campanili in lotta, guadagnerà il diritto alla Champions, o alla Uefa o alla Coppa Italia, o, peggio che peggio non c’è, alla retrocessione? Siam curiosi inoltre di vedere chi trionferà tra i goleador.
I possenti arieti o gli scaltri predatori che sfondano il portone della città assediata. Quando, in Albione, si disputa un incontro tutti cantano, poi, ben che vada, visto che le cose non son proprio come vogliono farle apparire, tutti a casa fino alla prossima cantata. Da noi, invece, gli eroi e i reprobi restano tali, ovunque, per giornate intere, e perfino per anni, e così le loro imprese, i loro gol fatti, non fatti o fatti fare. Ha detto sir Ferguson: ” Non c’è medaglia più bella di quella in cui gli altri riconoscono il tuo stile“. Allora che facciamo: conciliamo, o no?
Sono sullo start di partenza i bolidi delle moto. Nel weekend, dal Qatar. Quest’anno mandiamo in pista una armata di 17 guerrieri. Vediamo che ci combineranno.
News dalle Coppe. I ragazzi dell’Ajax, metà venduti metà prenotati, hanno castigato il ( discusso) Real del ( discutibile) Florentino . Nel tempio suo. Nel tempio loro. Davanti ad una marea di fans merengues allibiti. Spaventati. Pronti alla panolada.
Probabilmente sigillando dopo un lustro, con questa impresa, una volta per tutte, una gestione ‘ Champions’ ancor tutta da vagliare. E comunque lo spirto offeso di Rumenigge potrà finalmente trovare pace, dopo quanto accaduto neppure qualche turno fa, visto che a vendicare quei fuorigioco regalati o non dati ci hanno pensato dei giovani. Giovani, sì, cui mettere in mano il futuro ( del calcio di coppa ) migliore di quanto non lo sia stato quello ‘ subito’ finora e ‘ dominato‘ ( di riffe o di raffe ) dalla ‘candida armada’ del invincibile ‘tiranno’ madridista.
OTTAVI CHAMPIONS. Passa ai quarti il Tottenham ( 0-1) contro il Borussia , re della Bundes, già ‘ strapazzato’ all’andata con un 3-0. Passano anche il Porto ( 3-1 alla Roma) e lo United ( 1-3 al Psg). Ci eravamo illusi di poter contendere alla straricca Premier il secondo posto nel ranking Uefa, sarà già tanto che la Bundes ( quarta, alle spalle) non ci raggiunga, magari anche superandoci. Che dire? Noi cerchiamo di farci in quattro credendo nei nostri, e quelli che fanno ?
Vanno per ortaggi. Vero è che la Roma è stata vessata dal solito arbitro partigiano ( designato da mano italiana) , ma non era certo la formazione mandata in campo dal controverso DiFra a dovere mettere pensieri al modesto ( ma non scontato) Porto edizione 2019. Per restare nell’Olimpo si attende la Signora, che però ha messo ( più d’un piede) nella fossa.
IL TABELLONE CHAMPIONS. Qualificate: Ajax, Tottenham, United, Porto; da qualificare: A.Madrid-Juve ( andata 2-0), Schalke-City ( andata 2-3), Lione-Barca ( andata 0-0), Liverpool-Bayern ( andata 0-0). Se escono le tedesche conserviamo il terzo posto ranking Uefa; se escono le inglesi possiamo tenere ancora a vista le inglesi.
Nella Uefa, invece, il Napoli s’è imposto sul Salisburgo ( 3-0) e l’Inter, dopo avere sbagliato un rigore, torna a casa dalla Germania con uno 0-o . Brodini.
Nota a parte. Con piacere notiamo il ‘ miglioramento‘ in casa Sky del commento calcistico. In generale, e in particolare grazie al contributo del don Fabio che ( finalmente) liberatosi degli ultimi ( non felici) trascorsi con le nazionali di Inghilterra e Russia, ha ripreso a rimirare eventi e personaggi del calcio di casa nostra.
Dobbiamo ammettere, con ( grande) competenza, lucidità, sintesi. Diciamo che ci ‘azzecca’, eccome. Vedi il vaticinio sull’impresa dei ragazzi dell’Ajax al Bernabeu. Stando le cose in questo modo, non possiamo quindi che esultare per avere ‘ ritrovato‘ un contributo ( tanto) importante per la risalita del nostro sport preferito ( stadi e commerciale a parte) nell’Olimpo europeo.
NON LA VOGLIONO CAPIRE. ” Dagli arresti per doping e dintorni di Seefeld - commenta Pier Bergonzi su ‘ Lo spunto’ - sale un rancido odore di vecchio. Vecchio come l’impiego delle trasfusioni di sangue per migliorare le prestazioni, come i nomi che ricorrono, come la mentalità di chi proprio non la vuole capire”.
Odore di vecchio? Perchè c’è chi non la vuol capire? Già, e chi non vuol capire? Lo sport, la sua organizzazione, i suoi interpreti piccoli o grandi che siano, l’informazione che gli grava attorno? Chi? E’ comunque bastato un semplice blitz mattutino delle polizie austriaca e tedesca a Seefeld, sede dei mondiali di sci di fondo, per cogliere con la siringa conficcata nel braccio uno degli eroi che di lì a poco sarebbe sceso in pista per andare a strappare chissà quale lauro per conto suo e della bandiera che rappresenta.
Nove gli arresti, cinque sono atleti. Tra i non atleti c’è anche il medico della Gerolsteiner di ciclismo, ( a suo tempo) travolta dagli scandali doping. Sì, perchè qui, nonostante le evidenti coperture a livelli diversi diffuse in ogni angolo del Pianeta, non s’è ancora ben capito se ‘sta questione doping venga affrontata come si deve oppure no.
Una questione doping che potrebbe riguardare molti sport, addirittura anche quelli finora tenuti in zone franche, ma solo perchè talmente importanti da rischiare la deflagrazione dell’intero sistema sportivo mondiale. E tuttavia, a noi, per quel poco che contiamo, di deflagrazioni minimali o massimali poco interessa.
A noi, per quel filo irrazionale e sentimentale che ci lega ancora all’evento sportivo, interessa che quanto si va ad ammirare, allo stadio o in altro che sia, lo si possa fare ’ a cuore sereno‘. Credibilmente. D’imbrogli ed imbroglioni, insomma, ne abbiamo l’anima piena. Un appello però ai media: non lascino cadere nel vuoto questa miseria umana.
La Beneamata ( 1-2) caduta a Cagliari. La Beneamata sprofonda nella sua tradizione peggiore, quella in cui a dominare sono gli eventi e non gli uomini. Tutti ( o quasi) coinvolti in ‘ trame’ sempre più difficili da sbrogliare. E dove improbo è capire chi le ha iniziate, chi le ha attorcigliate e chi ( caso mai) potrà scioglierle. Forse il giovane presidente con gli occhi a mandorla. Forse il navigato Marotta che la Signora appena abbandonata sognerà giorno e notte.
Forse quella strana combinazione di moglie-manager- show girl che del Maurito conteso come il Paride di Ilio tiene ben strette le chiavi del cuore e della cassa. Forse. Forse. Di certo, al momento, c’è solo una delle grandi squadre del calcio italiano e mondiale a bagno maria, senz’arte nè parte, smarrita, e con il rumore degli avversari sempre più fragoroso alle spalle fin al sorpasso.
Molti si preoccupano nel declassificare il nostro Campionato. Già scontato, come i giri d’Italia ai tempi di Binda e Coppi. Senza tenere conto qual sia la nostra cultura agonistica. Fatta, come la sua storia civile, di campanili e non di spettacoli. Chi se ne frega infatti se la Juve si poterà a casa l’ennesimo scudetto? Così vuole ( al momento) Eupalla? E sia fatta volontà di Eupalla !
Qual notizia più bella può inondare infatti l’aere italico che la Beneamata sia finita in mano ad un Diavolo ( e viceversa) ? Che la Samp si sia fatta impalmare dai bellicosi concittadini( e viceversa) ? Che l’Aquilotto di Lotito sia finito nella fauci d’una Lupa ( e viceversa) ? Che il Toro abbia ( finalmente) matato la Signora ( e viceversa) ? E altro, altro ancora. Di simile e non d’altro.
Di una cosa siamo (abbastanza) certi: se figure che ‘ al primo sollazzo di vento’ sognano di fare le valigie per volare in fantomatici ‘ paesi dei balocchi’ fossero individuate e sbattute tempestivamente su auto o treno o aereo molte di queste situazioni non accadrebbero.
I danari, tanti, troppi, devono avere attirato sulla torta calcio tanti insani e irragionevoli appetiti che o si stroncano sul nascere o ti fanno precipitare negli oscuri gironi ( di dantesca memoria) dell’insaziabile stupidità umana.
Ultime dal Campionato: il Milan ( peggiore della stagione) batte con un autogol l’ottimo Sassuolo di De Zerbi. Rimasto in dieci per doppia ingenuità del portiere Consigli. E soprattutto rimasto ‘ orfano’ sul più bello della stagione di quel Boateng che ha preferito andar a far la comparsa nella grande squadra, piuttosto che il protagonista nella bella squadra di provincia.
Con questa vittoria il Diavolo sorpassa al terzo posto in classifica la Beneamata che potrà rispondere nel derby. Come ai vecchi tempi. Per dire chi sarà la ‘ regina’ dell’anno nello stadio in cui ( ricordatelo agli smemorati) si sono alzate al cielo 10 Coppe dalle grandi orecchie ( con 16 finali su 63 finora disputate) e 36 scudetti d’un inimitabile torneo, al momento in lotta ( nonostante ritardi negli stadi e dirigenti in gran parte da operetta) per il secondo posto nel ranking Uefa .
Altri sport. A 22 anni, Filippo Ganna, si laurea per la terza volta consecutiva campione mondiale dell’inseguimento. Che dalle nostre parti ha avuto, da tempi immemori, grandi interpreti come Messina e Faggin, ma anche come Bevilacqua e Coppi ( 2 titoli mondiali e cinque titoli nazionali). Terzo in gara l’esordiente Plebani, 22 anni, bergamasco.
Come dire che, pur mancando di piste adeguate, il Belpaese continua a sfornare prodigi anche per gli anni futuri. A proposito di prodigi sarà meglio includere anche Letizia Paternoster, 19 anni, della Val di Non, argento nell’Omnium.
Gli uomini della discesa se la sono vista in quel di Kvitfjell ( Norvegia) per la penultima gara di CdM della stagione. Se l’è aggiudicata il nostro Paris davanti allo svizzero Feuz . Sempre a Paris andato il Super G, dove ora guida la classifica di Coppa.
Tra due settimane scenderanno in pista le auto di F1. Con un Binotto cauto e severo: ” C’è ancora tanto dare – grida-, non siamo ancora i migliori del circus“. Ammonimento che giunge come boccata d’ossigeno per quelli della Mercedes, che lo scorso anno solo di riffe e di raffe ( checchè ne dicano i tanti illustri commentatori nostrani) è riuscita a portare in Allemania il doppio titolo.
Cairoli, classe 1985, tenta di aggiungere il decimo titolo alla sua prestigiosa bacheca. Un po’ come dottor Vale. Vediamo allora chi per primo taglierà l’immortale traguardo. Tamberi è tornato a volare nell’alto. Mentre, tra le buone nuove extra agonistiche, c’è l’annunciata inaugurazione ( dopo sette anni dall’inizio lavori) del nuovo Palalido di Milano.
LA ROSSA LIVREA. Quando il Campionissimo di Castellania ‘ strizzava’ il nasone e il Pirata di Cesenatico ‘gettava ai fossi‘ la sua gialla bandana, la gente coglieva il segnale che qualcosa di straordinario stava per accadere. Ed iniziava così a farsi trasportare, sulle ali della fantasia, verso le vette misteriose ed inebrianti degli anfratti onirici più reconditi e riposti.
Solo a rari interpreti gli dei hanno concesso tali poteri. Rari davvero.
Tanto che finiscono con l’esulare in breve dal loro ambito d’avvio per andarsi a collocare nelle sfere più recondite del vivere umano, che non contemplano più solo e soltanto sport, ma anche qualcos’altro. Di ineffabile, solitario, inimitabile. E che in qualche manciata di casi trapassa dagli uomini a quello che gli uomini semidei hanno saputo di meglio creare.
E’ questo il caso della ‘ rossa’ di Maranello, un veicolo da gara, con quattro ruote, come tanti altri più o meno competitivi che si producono nel Mondo, e che però quando innesca il suo ruggito ‘urge’ gli uomini a volare in altri ambiti. Orizzonti illimitati, desideri, speranze.
Dicono che dietro a quella sagoma dalla livrea inconfondibile ci sia un Paese intero, il paese degli Italoi, di coloro cioè che come (segnalavano ) gli antichi greci ’ abitano ad Occidente‘, ma è proprio così? Non è che, qui, un singolo Paese conti ( ormai) più poco o nulla? Visto che basta dare un’occhiata, anche fugace, ai bordi delle piste da corsa d’ogni angolo del Pianeta, per coglier della ’rossa’ il colore ( nettamente) prevalente su tutti gli altri?
E comunque sia, la ‘rossa‘ livrea 2019 è stata presentata al Mondo dal suo quartiere storico di Maranello. Con, sullo sfondo, un manipolo di uomini e donne, pilotato dall’ ingegner Binotto, 49 anni, che di svizzero ha solo l’anagrafe, visto che è figlio prediletto della ‘rossa’ da un quarto di secolo.
Il suo obiettivo dichiarato è quello di portare a Maranello il 32 titolo, strappandolo alle ‘ frecce d’argento’ dopo cinque anni di ( discutibile) dittatura. Non sarà impresa da poco. Ma questo non spaventa. Per nulla. Visto che ( dal 1950) il profumato lauro gli è congeniale.
Due i suoi driver: uno ‘anziano‘, Vettel, 31 anni, l’altro ‘ imberbe‘, Leclerc, 21 . Il primo ha già vinto quattro titoli mondiali , il secondo deve ancora far conoscere chi è.
I patti tra loro dovrebbero essere chiari. Il primo punterà al quinto titolo, ma il secondo dovrà fare la sua parte. Del resto come potrebbe non farla montando su quella prodigiosa vettura che quando ruggisce fa venire la pelle d’oca ? Dei test in Catalunya ( iniziati col vento in poppa) ci occuperemo quando saranno completati. Lasciamo il tempo al tempo.
A proposito di ‘sogni’ e di ‘ fautori di sogni’ lasciam perdere ( al momento) quel ‘dottore‘ di collina marchigiano-romagnola che s’appropinqua al mondiale di MotoGp con un carico di quattro decenni sulle sue spalle. Lui punta al decimo sigillo. Roba da non credere, anche per via dei due ‘ bravacci’ della Honda che agiteranno ( ancora) mani e piedi perchè quel titolo ‘ non sia da dare’.
CURIOSITA’
Questi i numeri della ‘rossa‘: 31 Mondiali ( 15 piloti e 16 costruttori); 970 Gp disputati dal 1950, con 235 vittorie.
ETIMOLOGIE
Sarò meglio chiarire alcuni termini, anche perchè oggi possono risultare utili. Anzi, indispensabili.
* Demagogia è un termine di origine greca (composto di demos, ’popolo‘, e aghein, ‘trascinare‘) che indica un comportamento politico
che attraverso false promesse vicine ai desideri del popolo mira ad accaparrarsi il suo favore a fini politici o per il raggiungimento/conservazione del potere.
* Populismo (dall’inglese populism, traduzione del russo народничество narodničestvo) è un atteggiamento culturale e politico che esalta genericamente il popolo, sulla base di un atteggiamento di forte sospetto nei confronti della democrazia rappresentativa. Il populismo può essere sia democratico e costituzionale, sia autoritario; nella sua variante conservatrice è spesso detto populismo di destra.
Il movimento precursore di questa idea di democrazia può essere indicato e riconosciuto nel bonapartismo (Napoleone I e Napoleone III, in accezione cesaristica) e nella rivoluzione francese, specialmente nelle fazioni che si rifacevano alle idee politiche del filosofo Jean-Jacques Rousseau, come i giacobini. ( Da Wikipedia)
FITCH SALVA L’ITALIA. ” Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!”.
Così il sommo poeta, che oggi ( molto probabilmente) sarebbe finito confusamente fra i milioni di ‘geni’ ai quali una tecnologia rivoluzionaria ( e straordinaria) ha concesso di esibirsi a loro esclusivo piacimento giorno e notte, senza soluzione di continuità, a tutte le latitudini. Confuso. Non preso in considerazione. Ignorato.
E comunque chissà che avrebbe scritto davanti ai responsi delle agenzie di rating internazionali sul Belpaese? Responsi, manco tanto oscuri, come quelli degli oracoli antichi, anzi, piuttosto orientati a tenere in perenne soggezione un Paese che ( alcuni, sparsi qua e là pel Pianeta) vorrebbero eternamente bambino. Chino. Tremante.
Giusto, giusto, al punto per fargli pagare il fio d’una passata grandezza che (evidentemente) non tutti gli perdonano. E comunque sia, che non esista un modo per rispedire al mandante tali e siffatti responsi, non è da credere. Perchè allora non s’opra a trovare un rimedio, magari una tantum, come tante altre tasse vessatorie imposte a questo Paese dalla ricchezza sommersa? Se la ghigliottina è quel ‘ maldido‘ debito pubblico, allora, invece di ciancischiare altri anni per dar alibi ai corvi, perchè non calarlo? Di brutto. Una volta per tutte.
Per palesare ( finalmente) a tutti la nostra reale solidità.
E anche per avere la soddisfazione di poter andare a ‘ controllare‘ quelli degli altri. Quello della Germania, ad esempio, che non ci risulta essere una bazzecola; ma anche quelli ( non da poco) di Usa, Francia, Regno Unito, etc etc.
Zittendo ( finalmente) le agenzie di rating, che tanto sembrano fantomatiche ‘cornacchie’ ripescate in remoti antri per andare ad adempiere chissà quali disegni degli attuali potentati delPianeta.
Per la generosa Fitch meritiamo tre BBB. Come dire poco: sopra la ‘spazzatura’. Già, ‘spazzatura‘, ma noi o colei?
E SAREBBERO QUESTE LE BASI PER LA NUOVA EUROPA? Non è che i due vice premier sotto l’ala provvidenziale del (sorprendente) premier Conte, ci convincano più di tanto. Anzi, l’uno imberbe, l’altro tracotante, non si sa bene cosa stiano combinando. Con le nostre leggi, con i nostri problemi. Con i nostri soldi, con le nostre frontiere.
Epperò a preoccuparci ancor di più sono quelle ( più o meno) ‘ sante alleanze‘ che spuntano ( ad intervalli più o meno regolari) nel cuore dell‘Europa con il (reiterato) intento di metter le basi della ‘ nuova Europa‘. Che più che nuova, basti guardarsi indietro, sembra essere un copia e incolla ( si fa per dire) dell’Impero carolingio o ( in subordine) del Sacro romano impero.
Dove a farla da padrona sarebbero ( ancora una volta) Franchi e Germani, gente (forse) della stessa famiglia, ma che andare d’amore e d’accordo manco lo sognano. Più o meno entrambi Goti, ( bene e spesso) hanno avuto da ’masticare amaro‘ quando dovevano vedersela con i popoli del Sud, i Mediterranei, e nell’ispecie, Italici o Padani.
Chè senza di loro l‘Europa è monca. Impotente. Inutile. Del resto che sarebbero gli Stati uniti d’America senza il Texas o la California ? Una mini potenza? Oppure una nazione sull’orlo d’ un’altra guerra civile?
Udire, di recente, che l’algido Macron e la pensionanda Merkel si sono stretti la mano per rinnovare un altro (anacronistico) ‘asse a due’ non autorizza altra speranza che ‘ possa saltare ‘ come tutti gli ‘assi‘ precedenti, europei e non, a due o tre o quattro, anche perchè ( ammesso e non concesso) dovesse ( davvero) ‘ rinsaldarsi’ per l’Europa tutta sarebbero grossi guai in vista, e per i due vetero ’assisti ‘ in primo luogo. Mamma che furbi!!! Arridateci Cavour, Metternich e Charlone !
Sì, perchè, anche se i rampolli stentano a capirlo, l’Europa non è una torta dalla quale estrapolare fette, a proprio piacimento, all’infinito, ma solo e soltanto ( ancora) una gran bella torta da ‘ godersi’ ciascuno per la propria parte ( insieme) prima che arrivino altri, altri popoli, a forte desiderio di conquistarsi i primi posti sul Pianeta, ad inghiottirsela ( tutta d’un fiato) nelle voraci bocche loro.
Davanti a tanta patetica e inusuale incertezza, speriamo solo che Albione ci ripensi. E invece d’andare a navigare in solitaria in alto mare come vorrebbe la May, resti dove le sue radici affondano. In Europa. Magari per contribuire a (ri) dare al Vecchio Continente quell’equilibrio, nord-sud e centro, che solo i Cesari gli avevano ( molto tempo fa ) imposto, garantendogli secoli di unità, forza e crescita.
SVEGLIATEVI, O BACUCCHI ! Finalmente la vecchia, cara ‘rosea’ suona la sveglia a quelli per cui gli stadi sono solo pensieri. Fastidi. Ingombri. E tuttavia garantisce Abodi, presidente ICS, ‘ Serve una regia del Governo. Ma venti piazze ( almeno) sono pronte a partire con loro progetti. Tutti interessanti’.
Al momento, lo ricordiamo, nuovi impianti da gioco del calcio degni di menzione in Italia sono l’Allianz Stadium ( 42 mila posti), la Dacia Arena, il Mapei Stadium e il Benito Stirpe. L‘Atalanta ci sta lavorando. Ma occorreranno alcuni anni.
Da Roma, invece, la promessa solenne della sindaca Raggi: ” Entro l’anno si parte con lo stadio “. Così assicura anche mister Saputo, per il nuovo ‘Dall’Ara‘ in una piazza tra le più prestigiose come quella di Bologna. Un po’ troppo poco per aspirare ad Euro 2028 ?
Diciamo solo che qualcosa si muove, nell’attesa di passare dalle ciance ai fatti. Che altro non sono, la ( principale) differenza che intercorre tra noi e gli (altri) tre principali tornei europei. A proposito di tornei, non manca pulpito dal quale non s’odano levarsi i soliti peana pro Premier oltre ad altri illuminati apprezzamenti sul nostro frustrato gioco del pallone.
In una trasmissione-svago di Rai 2 il transfuga ( Sky) Massimo Mauro, non s’è trattenuto dal gettare al popolo la sua lucente verità: ’ Il nostro è il Campionato più noioso. Dove tutto è deciso. A me non piacciono i tornei dove tutto si sa ancor prima che partano’. Un piacere, il suo, abbastanza strano da godersi, e da condividersi, visto quanto accade, qua e là, nel Vecchio Continente. In Liga e in Ligue, infatti, tutto è stabilito, o quasi, da tempo. In Bundes ( fortuna loro e nostra) menti illuminate devono avere ( finalmente ) consigliato al Bayern di Monaco di prendersi un anno sabbatico, visto che dei bavaresi ad alzare scudetti non se ne poteva proprio più.
Da quelle bande sembra che del defilarsi dei bavaresi ne stia approfittando il Borussia D., sembra, infatti, visto che di Bundes ne ha vinte ( finora) abbastanza poche. La maggiore suspence ( manco a dirlo) ci giunge dalla Premier, dove la palma della più bella del reame è contesa a due ( solo a due), tra Liverpool e City ( secondo, a 5 punti).
Mamma, che brividi! E che dire della ‘noia mortale’ che s’è impadronita della mitica Coppa dalle grandi orecchie, nell’ultimo lustro finita ( con le buone o con le cattive) per ben 4 volte ( ad eccezione del 2014/2015) nelle mani del Real del Florentino madridista ?
Certo, il piacere di parlare e sparlare sul piatto in cui s’è mangiato e si continua a mangiare, è un esercizio che nel Belpaese trova i suoi più geniali, generosi ed indefessi cultori. Morale è , però, che mentre milioni di nuovi fans in giro pel Pianeta vengono convinti ad affezionarsi ad altre leghe con prodigiosi ritorni economici, la nostra resta al palo.
A contare spiccioli. E come potrebbe essere altrimenti? Scusate, ma se siamo noi i primi a ‘sconsigliare‘ l’acquisto del nostro ( pur sempre pregevole) ’ panettone‘ chi volete poi che ( stadi a parte) voglia affannarsi ad acquistarlo per rallegrare le ore di festa?
AGGIORNAMENTO RANKING UEFA. Aggiornamento al 30 novembre 2018 del ranking Uefa. Classifica: Spagna, punti 96.283; Inghilterra, 73.034; Italia, 72.o11; Germania, 68.355; Francia, 54.331. Con questa posizione l’Italia ha assicurata la quarta squadra anche per il campionato 2020/2021.
CICLISMO. A proposito di grandi, su Bike Channel, in una trasmissione dedicata alla ‘ Grande storia‘ del ciclismo, qualcuno degli invitati nello stilare la graduatoria degli scalatori d’ogni tempo, ancora una volta s’è dimenticato di citare Bartali nel confronto con i Gaul, Fuentes, Bahamontes, aggiungendo invece Mercxs e non Coppi.
I quali, se non andiam a farfalle, sarebbero entrambi da classificare passisti-scalatori e non (solo ) scalatori, o grimpeur , come i francesi chiamano i camosci delle montagne. Che nelle salite, anche durissime, una volta preso il loro passo, sanno seminare anche i più irriducibili specialisti.
L’ ignoranza non sorprende, perchè è da anni che delle vere grandi pagine dello sport italiano non si fa più giusta memoria. E così dei suoi pochi leggendari protagonisti. Incredibilmente. Soprattutto se datati o del Dopoguerra.
Che di eguali però non ne abbiamo mai più avuti. Perchè se è vero che il Pirata ( più di recente) faceva fermare l’Italia degli appassionati, Coppi, Bartali e Magni ( dal ’30 al ’60) non solo hanno fatto scorrere fiumi di lacrime ad ogni impresa ma incidevano ( perfino) sulla rinascita post bellica di questo nostro ( smemorato) Paese.
QUEI RIDICOLI ‘BUU BUU‘ . Durante un sabato recente ’piccoli‘ fans hanno riempito il primo anello di San Siro per Inter-Sassuolo, chiuso ai ‘grandi’ per ‘ razzismo’. Non disattendendo la speranza che si mettessero a fare gli adulti, o meglio, certi adulti, che adulti sono ma solo all’anagrafe. I ‘piccoli’ infatti hanno trionfato. Ridimensionando manifestazioni di insulso ‘ razzismo‘, che come tanti altri famigerati ‘ismi‘ che hanno martoriato il ventesimo secolo non dovrebbe essere manco più menzionato.
E tuttavia, nostro malgrado, così non è. ‘Razzismo’, ‘ violenza’, ‘ignoranza‘ continuano imperterriti a cavalcare come i quattro cavalieri dell‘Apocalisse nella pancia dei popoli del mondo. Dire che qualcuno sia esente è una falsità. Dire però che la ‘ maggior parte dell’umanità‘ condivida certe realtà è una falsità ancora più grande.
Da noi, spesso, quando si parla di sport, o meglio di calcio, si fa riferimento a culture ritenute ‘ superiori’, perchè non infette da certi ‘tumori umani’. Si cita, ad esempio, Albione, con quei suoi cori canterini attorno ai campi, che mai e poi mai si metterebbero ad esercitarsi in quei ridicoli e insulsi ‘ buu, buu‘ che invece s’ascoltano, ad intermittenza, ma si ascoltano, imperterriti, nei nostri tuttora (obsoleti) impianti sportivi.
Dimenticando però che quando si va dicendo d’Albione non è cultura ma solo cronaca. Neppure tanto remota, visti i pregressi che portano date ( ancora ) vicine ai giorni nostri.
Ad esempio, la sera all’Heysel, anno 1985, dove 39 spettatori trovarono la morte, calpestati da invasati fans inglesi; una sera, quella, che portò le squadre d’Albione fuor delle coppe per un lustro. Ma le loro tragedie non si sono fermate qui. Perchè ad Hillosborught , anno 1989, andò ancor peggio, con 96 morti. L’elenco prosegue. Come dire che i canterini d’oggi sono stati ‘ educati’ a cambiare registro da governi e leggi opportune. Tempestivamente applicate. Hooligans, Casual, Skinheads … , donde tengon infatti tutti costoro le loro culle?
E in ogni caso quel (loro) pericolo non è cessato. Perchè se è vero che nei moderni impianti calcistici d‘Albione si può oggi fare baldoria senza timore alcuno, basta allontanarsi qualche chilometro più in là per toccar con mano i tanti rivoli d’una realtà ben diversa da quel che si vuol sbandierare.
Si leggano, cioè, meglio, le realtà dei nostri giorni. Onde per cui, s’astengano i generosi anglofili, dal propinarci omelie ad ogni piè sospinto. Noi non siam peggio d’altri. Noi non manchiamo di ’sciagurati’ da ‘ convertire‘, certo, tanto che sarebbero benedetti leggi ( opportune) e governi ( condivisi) all’altezza del compito.
E tuttavia possiamo contare anche su una marea infinita di gran bravi giovani che ‘ razzismo‘ e ‘ violenza’ subiscono e non ‘provocano’. Perchè allora non chiamarli a raccolta, senza deprimerli?
Il 12 settembre 2018, tanto per tornare alle paginette di cronaca misconosciuta, i fans del Millwall e del Brentford si sono dati appuntamento in aperta campagna per massacrarsi a piacimento tra loro senza limite alcuno. Anche da noi capitano certe sciagure. Certo.
Più circoscritte, e comunque pericolose, da non sottovalutare e d’altra origine originate, ma capitano. Epperò, forse, tanto per fare di testa nostra, la miglior cosa da fare è continuare a celebrare ( presunte ) altrui virtù o riscoprire le nostre, che c’erano, che ci sono, anche per evitare ( l’infame) e (non negletta) abitudine altrui a gettare ( occorrendo) ‘polvere sotto il tappeto‘? Per tornare a difendere una volta tanto, paradossalmente, i più e non i pochi. Non per apparire, ma per essere.
Si è costretti a parlare di calciomercato, quando non lo si vorrebbe proprio fare. Anche perchè scatena ogni volta un mercimonio che non trova più limiti.
Affidato a infinite ‘ gole profonde’ che altro non sanno che ‘danarizzare’ ogni passo sul verde rettangolo di gioco. A incassare sono i giocatori, ma anche altri, di varia provenienza e genere, ad ogni sessione di mercato sempre più voraci, quasi che in quel mondo non esistano più remore e confini.
Tra i voraci ci si sono messi anche i parenti. Come il fratello del Pipita, che non contento dei milioni rossoneri portati a casa a sbafo vorrebbe mandarlo ad infognarsi con quelli che sborserebbe in Albione un oligarca russo ( in fase di cambio di residenza);
come la bella Wanda, che tutti la vogliono ma nessuno la comanda, lesta oltre ogni dire giorno e notte, sui social e non solo, per far di meglio i conti per lo suo amato. Il bello è che quei ‘poveracci’ che se ne stanno a soffrire pene d’amore sugli spalti ( più o meno) obsoleti dei nostri stadi, aspettano gli esiti esultanti.
Quasi che quei soldoni che volano da una tasca all’altra siano di chissà chi. Non loro. Che con la loro infantile passione alimentano le innumerevoli casse, vuotate poi da chi di dovere. Che ben poco merita di cotanto affetto. Per farla breve: se la bella Wanda vuol salutare via Montenapoleone col suo amato, lo faccia, rapida, e basta. La Beneamata, di certo, che di campioni veri ne ha battezzati tanti, sopravviverà, eccome. Anzi. Finalmente si vedrà chi è il sole e chi è la luna.
E così quel Pipita, che se vuol traslocare in quell’amena famiglia dell’oligarca russo ( ) a contare qualche raro trofeo e tante coppe del nonno, s’en vada pure , ma veloce, gattone gattone. Per non far minima ombra ad una ( infinita ) bacheca di trofei troppo ‘ augusti‘ e ‘ dorati‘ per chi è ( non ce ne voglia Bergomi ) un ( pedatore ) ‘trenta e mai trentuno’ come lui.
DEDICATO AGLI ESTEROFILI. Dedicato ai milioni gli esterofili che abitano il Belpaese. Ma anche a quei giocatori, giovani e non, come Chiesa, il Pipita o Perisic che sognano Albione alla ricerca di un Eldorado in questa valle di lacrime. O meglio, ‘ del posto ideale in cui crescere‘.
Basti allora questa confessione di Emiliano Viviani, portiere classe 1985 della Spal: ” Perchè sono tornato? Perchè in Italia si sta come in cima al mondo. Perchè a Lisbona era tutto surreale; mi mancava la quotidianità dei rapporti umani. A Londra e Lisbona è più dura andare in piazza, bere un caffè, leggere il giornale, parlare con la gente. Qui si può. E, a Ferrara, eccome!”
IL CALCIO A TRE VELOCITA’. Non c’è crisi nel calcio europeo. Più ricavi, più spettatori, più utili. Si allarga però la forbice tra ricchi e poveri della pedata. I 12 club ‘ globali‘ fra cui la ( sola) Juventus, fatturano 1,6 mld di sponsor e commerciale, esattamente il 65% del totale. Tutto il restante non raggiunge, messi assieme, un miliardo. Tra le prime 12, 6 inglesi, 2 spagnole, 2 tedesche, una francese e una italiana ( Juve).
La Serie A fattura 2.2 mld, ma è troppo dipendente dalla tivù ( 49% del totale). Siamo al quarto posto, lontani da Spagna ( 2,9 mld) e Germania ( 2,8 mld), con distanze in prospettiva ulteriormente allungabili visti i prossimi rinnovi tivù di Liga e Bundesliga. L’Inghilterra da sola incassa, nel totale, 5,3 mld. Un dato questo, certo e assodato, che attira come specchietto per allodole ( soprattutto) tutti coloro che prima all’erba verde del campo da gioco guardano al luccichio delle monete.
C’è qualche speranza per il calcio italiano di rimontare? Qualche. Solo qualche. Perchè, a dirla alla Teotino, qui occorre qualcuno che sappia allungare la vista oltre il proprio orticello e faccia costruire nuovi e moderni impianti.
Stadi e non soltanto. Infatti c’è anche il marketing. Questo e poc’altro. E subito.
Picciolo sorriso ce lo fa venire il dato che, in compenso, il valore medio di una rosa di un club italiano, 85 mln, è secondo soltanto all’Inghilterra ( 135 mln). Sì, aggrappiamoci all’ aggrappabile. Del resto, che altro fare? Controllare se questi dati sono certi?
‘SCOPIAZZARE’ O ESSERE NOI STESSI? ” Manchester City e Liverpool - esulta il buon Arrigo - hanno regalato 97′ di emozioni e spettacolo. Hanno vinto con merito gli uomini di Pep contro il fortissimo Liverpool di Jurgen, ma in realtà tutte e due le squadre sono uscite vittoriose: ha vinto il calcio. L’incontro è stato giocato a velocità e ritmi impressionanti, impensabili per il nostro calcio…”.
In effetti, qualcosa di notevole si è visto nel match di punta di quel Campionato che nel ranking Uefa sta lottando con il nostro per la seconda/terza posizione. Questione di spiccioli, si sappia, nonostante loro abbiano il vantaggio di entrate maggiori e di stadi adeguati al moderno agone calcistico, e noi invece no, anche per situazioni generali che è difficile comprendere. E tuttavia, non riusciamo a sottrarci a dei ‘ distinguo‘ non di poco conto.
Anche perchè continuare a dirci che gli altri volano e noi passeggiamo più che a stimolarci a fare altrettanto ci preoccupano e non poco. Nell’agone sportivo moderno altre discipline, e non soltanto il calcio, ci hanno insegnato che le ‘ prestazioni fisiche’ non son frutto ( solo) di ‘ eredità genetiche‘ o di ‘ casualità’. C’è di mezzo (ormai) la medicina dello sport, con tutte le sue sofisticherie, sempre più chiamata a fare il possibile ( e l’impossibile) per ‘ ottimizzare‘ la prestazione ( soprattutto) quando questa ( deve risultare) decisiva.
Allora, più che a venire a lamentare le solite nostrane ‘ inferiorità’, pensiamo a qual spettacolo sia meglio affezionarci. A quello di un calcio collettivo, di corsa e (soprattutto) agonistico o a quello di un calcio che coltiva radici profonde, sociali, di campanile, se vogliamo, ma anche di di corsa ( quando serve) e comunque mai a vanvera, perchè soppesato, magari fin troppo, ritagliato apposta come un buon abito sul soggetto interessato, e ricolmo di colore e passione quando esprime al meglio le sue innumerevoli ( e mai anonime) identità?
A qual calcio, dunque, vogliamo affezionarci? A quello foresto o a quello ( ) nostrano? Guardarsi attorno è meritevole. Auspicabile. Per ‘ tenerci al passo’, ma per ‘ scopiazzare’ no. Questo no. Tanto più che abbiamo nel nostro secolare retroterra tanti e tali ‘ retaggi‘, ‘risorse’, ‘peculiarità‘ che tutto possiam fare fuorche diventare fotocopia d’altri.
Ha detto un ( nostro) saggio: per Albione due/tre secoli d’impero sono stati una immensità, per noi una inezia. Del resto, per restare sul solo calcio, in un ‘ confronto’ estivo a tre su Sky, il Pep tanto amato dal buon Arrigo non s’è trattenuto dal dire ” Avete vinto così tanto, e in tanti modi, che se c’è qualcuno che ha da imparare siamo (semmai ) noi e non voi”.
Detto tutto ciò, per favore, bacucchi/e nostrani di varia estrazione, dateci quei benedetti nuovi stadi. E poi valuteremo tra ciance e fatti.
COSA VUOL DIRE UN … ANFITEATRO. Sono anni, anzi, decenni, che si chiede d’avere impianti sportivi aggiornati e adeguati. Potevamo centrare l’obiettivo, almeno parzialmente, con l’assegnazione dell’Olimpiade estiva a Roma. Ma, qui, si sa com’è andata, con quel ( tragico) rifiuto della giovin sindaca impegnata a far tirocinio. Potremmo, sempre parzialmente, centrare qualche impianto minore con l’eventuale assegnazione dell’Olimpiade della neve a Milano-Cortina. Potevamo, potremmo.
E non possiamo. Visto che tutto è in fieri. A Roma, con quella pantomima che lascia interdetti; a Milano, con cino-americani ancora alle ciance, su Santo Siro o altro nevico Ippodromo; a Firenze, con qualche progetto ancora sulla scrivania; a Napoli, con il sindaco De Magistris intenzionato a fare un restyling, o poco più, del vetusto San Paolo. E così via. Insipienti di qua, insipienti di là. E pensare che basterebbe sfogliare qualche vecchio libro per apprendere quanto lungimirante sia costruire un nuovo impianto ( o sta nell’ispecie).
” Vespasiano- si legge – sentì l’esigenza di un colpo di scena: ad esempio, una costruzione monumentale che gli procurasse fama e ammirazione imperiture. Ebbe, allora, la lungimiranza di individuare il tipo di edificio adatto alle sue ambizioni. L’Urbe aveva bisogno di una grande arena per celebrare la sua passione più grande, ovvero il combattimento tra gladiatori? Il Cesare comprese che se avesse realizzato cotale aspirazione, avrebbe potuto ’ eguagliare’ o ( finanche ) ‘oscurare’ i predecessori più celebrati.
La capitale disponeva di quattro anfiteatri. I primi due non abbastanza capienti e gli altri in legno. Il nuovo agone doveva perciò risultare diverso, molto diverso. Vespasiano pensò allora ad un (mega) anfiteatro che potesse ospitare (almeno ) 50 mila spettatori (comodamente alloggiati). Il figlio Tito, con il bottino raccolto in Oriente, gli fornì i danari e la soluzione. Allora, non fu trascurato alcun dettaglio. Neppure l’ubicazione. Scelta ( significativamente) tra Palatino, Equilino e Celio.
Su quei terreni Nerone aveva sognato infatti la favolosa Domus aurea. Di cui al tempo dei Flavi era rimasto lo ’stagnum Neronis’, luogo di feste e sperperi. Vespasiano restituì quei terreni alla cittadinanza. E iniziò il lavori per quello che sarebbe passato ai posteri col nome di Colosseo. Era il 70 d.C., i cantieri durarono circa dieci anni. Vespasiano non riuscì a vedere la realizzazione completa del suo lungimirante e monumentale progetto, poichè se ne andò nell’estate del 79 d.C., lasciando però ai figli il completamento.
Il Colosseo infatti è oggi noto ( anche ) come anfiteatro Flavio. E comunque, a chi attribuirlo o meno poco importa, quel che importa è che chi ebbe l’idea e la mano per cotale opera, nata ( dunque) per allettare i concittadini, oggi ( più o meno) simil ad uno stadiolo dove far scorrere una palla , ha trovato memoria imperitura. ‘ Panem et circenses’ dicevano, i vecchi, i vecchi Cesari, eppure come sapevano guadare lontano! Lontano. Lontano. Sforando i secoli, contrariamente a questi amministratori odierni che a malapena sanno contare i minuti oltre la punta del loro naso.
QUEL DECIMO TITOLO NON S’HA DA DARE! Nuovo anno ( non solo di sport), con (vecchie ) abitudini e relativi ( vecchi) arnesi all’opera. Il buon Lorenzo, trentenne, maiorchino, è ‘ (tra) passato‘ com’ è noto ( dopo due anni) dalla sella della Ducati a quella della Honda. Sembrerebbe, a starlo sentire, per via di qualche centimetro in più che non consentivano, a lui, piccoletto, di dominare a piacimento la terribile Desmo di Borgo Panigale per spadroneggiare come aquila in libero volo sulle piste del mondo.
Due anni per prendere qualche misura tra lui e una moto son tanti, ma non per Lorenzo che le sue cose fa e medita. Compreso la rievocazione del ’ dream team’ che sarebbe stato partorito in combutta con l’amico-nemico Marc, proprio per incantare ( come il Real) negli anni a venire gli appassionati della moto da corsa sparsi sui cinque continenti.
‘Dream team’ non nuovo, non inedito, a dir il vero, visto che ( se anche la nostra memoria non inganna) ha avuto debutto già qualche anno fa. In particolare, su quella pista dove lui e l’altro, come ‘bravacci’ di manzoniana memoria, si sono infilati nell’agone gridando ai ( tanti) don Abbondio ( italioti compresi) colà presenti: “ Questo (decimo ) titolo non s’ha da dare!”.
E se in sede d’auspicio qualche nota stonata (purtroppo) non manca, quelle intonate sembrano ( ampiamente) compensare il conto. Quelli che non guardano solo ai (tanti) danari e alla (facile) gloria. Quelli che se si turano il naso sul doping è perchè vorrebbero vedere competizioni credibili e pulite in ogni agone sportivo.
Quelli che prima di sputare sul loro piatto voglion sincerarsi che anche in Altrove non si giochi all’inganno. Del resto siam figli d’un piccolo, curioso, geniale Paese, che tanto ( soffrendo) ha dato al M0ndo che fatica ad aprire porte e finestre al primo arrivato.
ALTRE DI CALCIO.
La Signora ha chiuso il 2018 a 53 punti . Un record, tra altri record. Qualcosa che i bambini continueranno a sfogliare per anni, estasiati, sugli schermi dei loro tecnologici almanacchi.
CLASSIFICA XXVI GIORNATA. Juventus punti 69, Napoli 56, Inter 47, Milan 45, Roma 44, Atalanta 38, Lazio 38 …. Udinese 22, Empoli 21, Bologna 18, Frosinone 16, Chievo ( -3) 10.
INCONTRI XXVII GIORNATA. ( venerdì 8 marzo) Juve-Udinese ( ore 20,30); ( sabato 9) Parma-Genoa ( ore 18), Chievo-Milan ( ore 20,30); ( domenica 1o) Bologna -Cagliari ( ore 12,30), Frosinone-Torino( 15), Inter-Spal, Samp-Atalanta, Sassuolo-Napoli (ore 18), Fiorentina-Lazio (ore 20,30); ( lunedì 11) Roma-Empoli (ore 20,30).
MARCATORI. Cr7 ( Juve) 19 reti; Piatek ( Milan) 18 reti; Quagliarella ( Samp) 17 reti.
Nelle due partite di Europa Ligue, Napoli ( 2-0 allo Zurigo) e Inter ( 4-0 al Rapid Vienna) non hanno fatto altro che il loro dovere. Agli ottavi d’andata hanno dovuto incontrare ( rispettivamente) Salisburgo e Francoforte. Impegni impegnativi. Il Napoli ha vinto ( 3-0), L’Inter ha pareggiato ( 0-0). Ora, il ritorno.
ARGOMENTI VARI NON DI SOLO SPORT
GB: SACERDOTI CERCASI. Il sinodo anglicano ha abrogato una legge canonica che imponeva la messa ogni giorno festivo. La norma, che risaliva al 1603, prevedeva che le funzioni mattutina e serale fosse ‘pronunciata o cantata in maniera udibile in ogni chiesa parrocchiale ogni domenica o giorno festivo’.
Il perchè della ( sconcertante) decisione è presto detto: non si trovano più preti a sufficienza e, soprattutto, non ci sono più fedeli che si recano in chiesa ad ascoltare funzioni. Il declino della frequentazione della messa domenicale appare inarrestabile: lo scorso anno, a seguire regolarmente la funzione festiva sono stati solo 722 mila, contro i 740 mila del 2016.
Numeri che attestano che quella britannica è una società (sostanzialmente) post religiosa. I non credenti hanno superato il 50% della popolazione, in particolare, la religione non troverebbe più posto alcuno nella vita pubblica.
La crisi investe soprattutto la Chiesa anglicana: oramai soli il 15% egli inglesi si identifica in quella religione che fino a pochi decenni fa era la confessione nazionale. Tra i più giovani, addirittura, la percentuale degli anglicani non supera il 3%. Un ridimensionamento eclatante almeno alle nostre latitudini, che si riflette ( significativamente) sulla coscienza collettiva.
Commenti? Tanti. Ma ne scegliamo uno: l’Inghilterra moderna, quella tanto celebrata anche da noi, nasce dallo scisma anglicano nei confronti della Chiesa romana. Per qualche secolo ha fatto un tutt’uno con la nazione.
In forte antagonismo con i ‘papisti’ corrotti ed ignoranti. Ma mentre i ‘papisti’ ( nonostante errori e tempeste) continuano ad esprimere la personalità morale più ‘forte’ ed ‘ ascoltata’ del Pianeta, a loro non restano che sparuti vecchietti desolati in panca.
Vien da chiedersi ( col senno del poi) se quando i lor signori hanno inteso ( per ragioni varie) ‘rompere‘ ogni rapporto possibile e immaginabile con l’infernale Roma non abbiano fatto come quella levatrice che per ‘ cambiare in bacinella l’acqua sporca‘ ha finito col gettar via ‘ anche il ( meraviglioso) bimbo‘ che gli stava dentro.
BREXIT : GB NEL CAOS. Con 325 voti contro 306 la signora May resta in sella. Si fa per dire. Perchè la sua maggioranza è ora una inezia, in più dovrà convincere l’Europa a concederle più tempo per ‘ rivedere’ l’intesa. Mal digerita da buona parte dell’agone politico britannico. Mentre il nuovo referendum chiesto a gran voce dall’opinione pubblica resta ( al momento) solo teorico.
La May è passata con la manciata di voti di una piccola formazione nord irlandese. Il risultato scongiura il caos, ma le strade da intraprendere ora sono poche e obbligate.
Cosa succede con la Brexit? La data del 29 marzo pv giorno in cui la Gb dovrebbe staccarsi dall’Ue, è dietro l’angolo, mentre non è disponibile un piano B, almeno per ora. Occorre dunque posticipare l’uscita.
Forse a fine luglio, ma nessuno garantisce nulla. I laburisti traccheggiano indecisi. Corbyn, invece, contrario all‘Europa della finanza, balla tra due fuochi: quello dell’elettorato giovane ( over 30) e vecchio ( over 50). I primi guardano al futuro, i secondi al passato. La quaestio alla frontiera tra Irlanda e Irlanda del Nord inoltre non ha soluzione. Quel che potrebbe creare fa venire il mal di testa.
Si tornerà al voto? Il Regno Unito può revocare la richiesta di uscire dalla Ue ? Certamente, ma sarebbe un atto antidemocratico, visto che ha avuto l’avvallo di oltre il 51% degli elettori. Un secondo referendum resta( teoricamente) possibile, ma servono ‘ passaggi’ tecnico-politici da brivido.
Al momento, di difficile realizzazione, anche se 71 parlamentari laburisti ( il partito della May) hanno chiesto ufficialmente una seconda consultazione. Che, a quanto si orecchia, troverebbe ( facile) maggioranza per rispedire la May ad altre faccende affaccendata.
Nel frattempo non felice futuro potrebbero trovare i 700/800 mila italiani che lavorano in GB. Qualche migliaio di loro è già tornato a casa. A dicembre il governo May ha pubblicato un ‘ Libro bianco’ sull’immigrazione, con i nuovi criteri d’ingresso.
L’obiettivo è quello di ridurre drasticamente gli arrivi, comprimendo la presenza a poche migliaia l’anno. Così si guarda innanz. Così s’opera in quel d’ Albione, la perfida Albione, dove per qualche atavica regoletta si giocan le sorti del Vecchio Continente, che più ‘vecchio‘di così ( forse) non è mai stato.
TESTIMONIANZE
* Due ‘ testimonianze‘, entrambe da non trascurare. La prima è una lunga intervista sul calcio europeo alla ‘rosea’ del buon Zvone ‘ Zorro’ Boban, croato ex milanista e ora buon vice presidente Fifa; la seconda è il bel librone curato da Auro Bubarelli e Giampiero Petrucci sull’ indimenticabile Airone di Castellania, deceduto 59 anni fa.
ZVONE IL CROATO MILANISTA. Zvone Boban, che del (non breve) passaggio a Sky ha approfittato per migliorare il suo primigenio look fin al punto da far concorrenza a quegli elegantoni di Leonardo e Maldini, non le manda a dire. A nessuno. Soprattutto a quelli che a vario titolo restano parcheggiati nel pianeta calcio. Oggi come ieri.
E se ora è diventato un alto dirigente Fifa poco importa. Il suo è il solito approccio concreto, credibile, attento e senza ipocrisie di sorta. Piace così, insomma, a tutti, anche perchè di gente che vive di calcio confessando il suo amore ’ per quel pallone che rotola sulla verde erbetta di un campetto da gioco‘ , ( abbagli a parte ) ce n’è sempre di meno.
Zvone nel suo excursus con la ‘ rosea’ tratta molti aspetti del calcio milionario d’oggigiorno. Tra l’altro mette ( finalmente) il dito su quell’assurdo Fair play finanziario che dovendo creare equilibri ha finito col creare ( ulteriori) squilibri. E vistose contraddizioni. Vedi le squadre di Stato qatariote parcheggiate qua e là.
‘ Se non si pongono ( tempestivi ) correttivi al Fair play finanziario - ammette - Inter e Milan, per citare due italiane, faticheranno a tornare al vertice del movimento. Pur essendo giusto vigilare sulla (reale) salute dei club, le norme che impongono il pareggio di bilancio impediscono a nuovi imprenditori di fare i necessari investimenti. Con danari freschi. E mi sembra che Inter e Milan ed altri club versino ( al momento ) proprio in questa condizione ‘.
Un avviso? Un auspicio? Un intendimento? Nel frattempo sulle compagini qatariote, ma anche altre d’oligarca russo o di conte da Montecristo tutte ( più o meno) operanti nell’ infida Albione, risultano indagini in corso.
Che vogliam sperare non finiscano in cavalleria come quelle, ben più tristi, ben più annose, sul doping praticato in discipline diverse, meglio note come Operacion Puerto e volatilizzate grazie a ‘magi… strali’ colpi da mago Silvan.
Psg e Manchester City sono ‘ accusate’ di avere aggirato le regole del Fair play finanziario con aiuti degli azionisti sotto forma di sponsorizzazioni. Vedremo cosa rimedierà l’Uefa. Siamo (ovvio) speranzosi. Mentre non possiamo far altro che (ri)metterci come il cinesino sull’argine del fiume nell’ attesa che passi ( finalmente) il … cadavere.
Zvone anticipa anche alcune importanti novità sul panorama calcistico Fifa. Intanto, il Mondiale per Nazionali che potrà essere allargato a 48 squadre; eppoi, quello che per club, ridicola esibizione appena aggiudicata al solito Real che ( anche ) di ‘ coppe del nonno ‘ ama fare incetta pur di rimpinguare il suo ( infinito?) palmares.
Zvone oltre ad essersi ricreduto sull’uso del Var, non manca di stigmatizzare il fenomeno del razzismo, più o meno evidente, o manifesto, dolorosamente, in ogni angolo del mondo. Quando gli si chiede qual gioco lo entusiasma di più, cita il ‘ tiki taka‘ di Guardiola al Barca, senza dimenticare, però, come puntualmente fanno i nostri esterofili, quel che ‘ lo stesso Pep ha chiarito nel confessare d’avere preso spunto e ispirazione dal ( Milan di ) Sacchi”. Il Milan, già, che a Zvone resta sempre nel cuore in posizione privilegiata.
MA SENZA LA GUERRA CHE AVREBBE VINTO? ” Penso a quanti Giri, Tour, Mondiali, Record dell’ora, classiche avrebbe vinto Fausto se non ci fosse stata la guerra. Ci rifletto spesso e se il numero che accompagna il nome è a tre cifre quale sarebbe stato il suo senza quella lunga inattività”. A porsi il quesito è un tale Eddy Merchx, nella encomiabile prefazione al libro di Auro Bulbarelli e Giampiero Petrucci dal titolo ‘ Coppi, per sempre’.
Per chi ( per ragioni diverse) non è edotto sul quesito bastino poche cifre: Coppi, da Castellania, nasce il 24 settembre 1919. A poco più di vent’anni vince il primo ( di cinque) Giri d’Italia. Destino vuole però che tra il primo ( 1940) e il secondo ( 1947) trascorrono sette anni circa. Durante i quali accumula una vittoria nel 1941 e altrettanta del 1942; richiamato alle armi, tra il 1943/1944 finisce prigioniero di guerra. Risale in bicicletta, con Nulli, nel 1945, riportando 5 vittorie. Per rivederlo in piena attività lungo le strade di una Italia distrutta dal trascorso bellico bisognerà aspettare non tanto il 1946 ( 9 vittorie, tra cui la Milano-Sanremo in solitaria) ma il 1947, dove riporterà 12 vittorie, compreso il secondo Giro d’Italia.
Gli è stato possibile andare al Tour solo tre volte. La prima nel 1949, a trent’anni, centrando la doppietta Giro-Tour; la seconda nel 1951, l’ annus horribilis, segnato dalla morte dell’amatissimo fratello Serse; la terza nel 1952, per ripetere la doppietta Giro-Tour. La disponibilità di Coppi in bici è pressochè totale. Infatti non c’è specializzazione, percorso, gara dove ( volendo) non riesce a primeggiare. Come passista-pistard tenne per (circa) un ventennio il record dell’ora, laureandosi inoltre 5 volte campione italiano dell’inseguimento e due volte mondiale.
Lasciando a parte i suoi avversari che appartenevano all’epoca dei semidei del ciclismo, e la sua profonda incidenza nella rinascita di un popolo, perchè a leggere queste pagine penseranno altri, basterà concentrasi anche solo sugli anni in cui ha potuto espletare compiutamente l’attività sportiva.
Praticamente dall’età dei trent’anni in su, ovvero, quando per un ciclista s’incomincia ad intravvedere la prospettiva di appendere la bici al chiodo. Cosa, ad esempio, non capitata a Merckx, che il meglio si sè l’ha dato durante la ‘ migliore gioventù‘, ovvero fin ai 30 anni.
” I paragoni – confessa onestamente Merckx - non mi sono mai piaciuti … Merckx più di Coppi? Lui il più grande, io il più forte? Cosa significa ? Nulla. Io volevo solo essere il migliore della mia generazione, Lui, la sua, l’ha stravolta …”. Forse, qui, a recar lumi, basterebbe Raphael Geminiani, che i due ha ben conosciuto. E Geminiani, si sa, che abbia detto. Sull’uno e sull’altro.
” Quando Fausto vinceva per distacco – chiosò tra l’altro Raphael - non avevi bisogno di un cronometro svizzero. Andava bene anche l’orologio del campanile”.
IL GRANDE AIRONE HA CHIUSO LE ALI. Per ricollocare in giusta posizione il grande campione nato il 24 settembre 1919 a Castellania e che ha interessato le penne più autorevoli del giornalismo ( non solo) sportivo, ( non solo italiano) del Dopoguerra, basti il ‘saluto’ sulle colonne del ‘Corriere’ porto da Orio Vergani, il giorno dopo l’avvenuta scomparsa.
” Milano, 2 gennaio 1960. Il grande airone ha chiuso le ali. Quante volte Fausto Coppi evocò in noi l’immagine di un grande airone lanciato in volo con il battere delle lunghe ali a sfiorare valli e monti, spiagge e nevai?
Fortissimo e fragile al tempo stesso, qualche volta la stanchezza e la sfortuna lo abbattevano e lo facevano crollare a terra, sul ciglio di una strada o sull’ erba del prato di un velodromo: la sua figura sembrava spezzarsi in una strana geometria, come quella di un pantografo, e una volta di più suscitava l’immagine di un airone ferito. Altre volte era l’immagine di una tragica conclusione di caccia.
Quante volte, di lui affranto per la stanchezza sull’ erba, a pochi metri da un traguardo sentimmo dire: «Sembra un cervo moribondo»!
L’ occhio galleggiava immobile, con la pupilla arrovesciata al limite della palpebra: le guance erano scavate, le labbra anelanti per l’amara fatica: le lunghe braccia, le lunghe gambe come buttate là, senza più armonia, scompostamente, in una stanchezza mortale.
La fragilità fu la compagna sinistra di quest’ uomo che per tanti anni sembrò un ragazzo, il ragazzo più forte di tutti, sostenuto da una energia quasi magica, una forza da racconto delle fate. Il trittico su cui poggiava il misterioso ’sistema’ delle sue capacità fisiche – cuore, polmoni, muscoli – nascondeva, quasi invisibile, un punto di estrema vulnerabilità.
Questa era la vulnerabilità dei ragazzi. Coppi era rimasto tale: sembrava si fosse fermato al gradino dei sedici anni: ossa troppo leggere – dicevano: «Uno scheletro in canna» -, nervi troppo scoperti, un ingenuo palpitare dei sentimenti, un difficile equilibrio fra l’anima del ragazzotto di campagna ch’ egli era stato e l’uomo che la vita l’ aveva costretto a diventare.
Un abulico che poteva scatenare fulminei scatti di lampeggiante volontà; un uomo rimasto per tutta la vita stranamente melanconico favorito dalla natura, perseguitato – bisogna dirlo anche se toccò le soglie della più alta fortuna – perseguitato dalla sorte
. Ora che le ali del campionissimo si sono chiuse, non si può non ricordare quante volte la sua carriera e la sua vita stessa corsero il rischio di essere spezzate da quello che si chiama abitualmente un «banale incidente», una caduta come un ragazzo ne fa a centinaia, cavandosela con una sbucciatura ad un gomito o ad un ginocchio.
Mai nella forsennata vertigine della corsa, quando la ruota della bicicletta va saettando a disegnare il filo sospeso fra la vita e la morte sul ciglio di un burrone: ma a metà di una pedalata senza storia, a passo di carovana, a passo di trasferta.
Anche oggi, è un piccolo, misterioso, atroce imponderabile intervento del fato quello che colloca l’angosciosa parola fine alla sua vita. Fausto vinse sempre senza mai sorridere, quasi non credendo mai totalmente in se stesso.
Sembrava sempre soprappensiero: come stranamente e fissamente in ascolto di una qualche voce interna che gli andasse mormorando dentro una incomprensibile parola.
Quella parola segreta non era: ’Fortuna’. La guigne, vecchia parola dei tempi lontanissimi delle antiche corse su strada, ha rotto il filo della sua vita fragilissima, come un piccolo soffio di vento spezza il filo di una tela di ragno coperta di brina, là, sulle siepi invernali del suo paese di campagna”.
( Orio Vergani, 1960, ’Corriere della Sera’ )
DOPING ? CHE SARA’ MAI STO DOPING? La più grande occasiona mancata dell’antidoping mondiale sembrava aver recuperato l’ora del riscatto. Questo nella prima parte di ottobre.
Quando grazie ad una sentenza di un tribunale spagnolo e al lavoro della della giustizia sportiva italiana ha acconsentito che le (oltre ) 200 sacche di sangue ( sopravvissute, tra le molte altre) durante la (fantomatica) Operacion Puerto venissero ’assegnate‘ al Coni per dare ( finalmente) nome e volto ai 26 uomini e 3 donne a cui appartengono. Restiamo nell’ attesa. Trepidanti, anzi, titubanti.
Sempre sul filo rosso del doping colore giallorosso, era uscita la soffiata di un Sergio Ramos afflitto da ‘ due irregolarità procedurali in altri test antidoping‘. Il Real dell’Innominato, ovviamente, ha alzato immediatamente il ponte levatoio. Ma alcune carte ( peraltro) pubblicate, richiederebbero giusta luce sul ‘ guerriero’ del Blancos, che guerriero sarà pure ma con sempre più ombre sulla sua nuova capigliatura a fraticello.
Le carte rivelerebbero che il buon Sergio dopo la finale 2017, quella di Cardiff, che alcune e mail intercettate all’uopo, presentasse ‘ tracce di Desametasone, con proprietà antinfiammatorie, e che può essere consumato per via intramuscolare lontano dall’evento, fino a 24 ore dalla gara”. Dovrebbe essere dichiarato dal medico. Che però, nella circostanza, indicò un altro medicinale della famiglia dei Glucorticoidi, il Celestone cronodose ( anche questo proibito), specificando che nel pomeriggio della vigilia aveva fatto due iniezioni a Ramos, nella spalla e nel ginocchio, per calmagli i forti dolori derivati da problemi cronici ( mai resi noti in questa portata) agli arti in questione.
” Mi sono confuso- si è giustificato l’infallibile cultore delle sorti mediche del Real - per il clima di euforia che ci circondava. Nella sala antidoping entrarono infatti anche il re Juan Carlos e il primo ministro Mariano Rajoy ”(1) . Inutile aggiungere che citati (perfin0) nomi ( tanto ) illustri, i ‘ vampiri‘ della Uefa si sono subito accoccolati in qualche buio angolo dell’edificio. Noi, invece, per quel che ci riguarda, con irreligiosa curiosità, stiamo ancora chiedendoci che ci siano andati a fare il re e il ministro in una sala antidoping prima d’un evento planetario.
Nota. ( 1) ‘La gazzetta dello sport’ , sabato 24 novembre 2018.
NUOVI STADI. Sullo stadio dell’Urbe, in particolare, va registrata una dichiarazione a sorpresa del sindaco Virginia Raggi, 40 anni.
Allora, ci siamo o no, con questo nuovo stadio a Tor di Valle?
” C’è tutta volontà di andare avanti al più presto”.
Cosa manca al progetto per completare l’iter amministrativo e dar il via ai lavori?
“ In primis, sto aspettando l’esito del parere che ho chiesto al Politecnico di Torino, poi penseremo alla variante urbanistica. Non è un atto dovuto ma ho ritenuto che, dopo tutto quello che abbiamo letto sui giornali, i cittadini abbiano il diritto ad un ulteriore approfondimento.
Ci sono alcune questioni aperte: ad esempio, io continuo a ritenere che si dovrebbe investire di più sulla linea ferroviaria Roma-Lido che collega il centro a Ostia. Il progetto sarebbe ancora più bello e utile alla città. In pratica, dopo la relazione del Politecnico completeremo l’iter. I lavori potranno partire già entro quest’anno”.
( La gazzetta dello sport, venerdì 18 gennaio 2019, pagina 14)
L’ OCCIDENTE RINCOGLIONITO. Non è bastato ( qualche giorno fa) Putin a rammentare alla sciagurata genia umana un possibile ( se non imminente) scenario nucleare; non sono bastati secoli di continua e circostanziata ‘demolizione‘ di quel che recò al mondo il giorno della ’venuta al mondo’ del ‘figlio di Dio‘ , che non sono mancate frotte di epigoni decisi a spegnere le ultime luci su un evento che ha ‘ tracciato‘ e ‘segnato’ storie ( ormai) profonde due millenni.
Sulla ‘prima‘ di un celebre quotidiano italiano è spuntata infatti una recensione, la solita ormai da anni alla vigilia dell’evento cristiano, a metterci sull’avviso che stiamo a festeggiare ‘ bufale, miti e leggende’ d’ una festa ( gradita al mondo dei consumi) e che così appare da qualche secolo in qua. Da noi, ad esempio, l’albero addobbato, non il presepe, fu introdotto da Margherita di Savoia, ovvio, ai suoi tempi. Eppoi, chi l’ha mai detto, se non quell’ingenuo di frate Francesco, che c’erano la grotta, il bue e l’asinello, e che i Magi fossero tre e anche re?
C’è, insomma tanta gente, anche prestigiosa, anche dal gran nome, che circola per il Mondo dilettandosi ad iniettare ‘ dubbi’, (altre) ‘ verità’, ’ veleni’. L’importante è che il ‘ favoloso evento’ abbia a scomparire ( una volta per tutte) dagli orizzonti del ( cosiddetto) uomo moderno. Sopratutto se occidentale.
Che dev’essere impresa ostica, anche perchè restano non pochi problemi a spiegare qual ‘ spirito’ e ‘ qual genio’ abbia ‘elevato’, cattedrali, leggi, valori, (società più ) umane e ( dulcis in fundo) grandi capolavori. Cristiani, diciamolo chiaramente, una volta tanto, e che altro?
Del resto i ’poveri’ , quelli che hanno conservato (ancora ) la ‘ libertà di credere a chi loro più affida‘ queste cose le sanno.
E continuano a stringersi, più numerosi di quel che lasciano ad intendere i ( cosiddetti) ‘ sondaggi‘, fatti apposta per celebrare ideologie e agevolare consumi, non intorno ad un ‘presepe degenerato‘, come van predicando gli ‘ illustri maestri‘, ma ad un ‘evento‘ antico, sconvolgente, unico, diversamente ‘raccontato’ nel tempo, certo, eppure dopo due millenni (e nonostante tutto ) condiviso e diffusamente attuale. Un respiro di fede, evviva, lungo la meravigliosa Penisola.
NOTE STORICHE
IMPERO CAROLINGIO E SACRO ROMANO IMPERO.
Nascita. L’epoca di Ludovico il Pio, Carlo Magno era il figlio di Pipino il Breve, quindi il secondo sovrano pipinide del regno di Franchi. Salito al potere come unico sovrano dopo la morte del fratello Carlomanno, iniziò una serie di campagne militari di successo, che lo portarono presto ad ingrandire i suoi possedimenti verso la Sassonia, la Baviera, la Marca di Spagna (fascia pirenaica della Spagna del Nord) e l’Italia, strappata ai Longobardi. Inoltre sconfisse gli Àvari, ottenendo la sottomissione della Pannonia, dove essi erano insediati, come stato tributario, mentre un’analoga sorte si attuava verso il ducato di Benevento.
Alla morte di Carlo l‘Impero avrebbe dovuto essere diviso tra i suoi tre figli maschi legittimi, ma la morte prematura di due di essi fece sì che il trono passasse nelle mani di Ludovico, detto ‘il Pio’ per la sua attenzione alla religione. Ludovico non fu un sovrano energico come il padre, bensì era interessato soprattutto alle questioni religiose nella convinzione che l’adesione alla dottrina cristiana avrebbe garantito quell’ordine e serenità all’Impero che veniva teorizzata dai suoi consiglieri quali Benedetto d’Aniane o Agobardo di Lione.
Nella pratica Ludovico divenne presto un sovrano incapace di manifestare la sua autorità, mentre le regioni imperiali divenivano soggette sempre più all’aristocrazia franca.
Un suo tentativo di destituire il nipote Bernardo, ucciso dopo essere stato accusato di tradimento, macchiò per sempre la sua coscienza e, su spinta degli alti prelati, fece pubblica ammenda che lo screditò ulteriormente agli occhi dell’aristocrazia.
Già prima della sua morte spartì l’impero tra i suoi tre figli Lotario, Pipino e Ludovico II il Germanico, ma il già fragile equilibro si ruppe con l’entrata in scena del figlio del suo successivo matrimonio, Carlo il Calvo, che diede origine a una guerra civile che aggravò l’instabilità del potere centrale, anche se si alternò a periodi di pace per lo scarso interesse dell’aristocrazia di parteciparvi.
La divisione dell’Impero. Alla morte di Ludovico il Pio (840) Lotario I assunse la corona imperiale, come previsto dal padre, mentre i due fratelli superstiti Ludovico e Carlo si allearono per obbligarlo a cedere una parte del potere. Il giuramento di Strasburgo, rivolto alle truppe dei due fratelli, è rimasto famoso perché conserva il primo accenno scritto alle nascenti lingue francesi e tedesca.
Nell’843, con il trattato di Verdun, Lotario dovette scendere a patti: mantenne la corona imperiale, ma si limitò a governare la fascia di territorio centrale tra Mare del Nord, bacino del Rodano, del Reno, le Alpi e l’Italia, con le città di Aquisgrana e Roma. Carlo il Calvo prese la Francia “occidentale” (odierna Francia senza la fascia più vicina all’odierna Germania e la Provenza) e Ludovico il Germanico la “Francia orientale”, corrispondente alla porzione odierna di Germania compresa fra il Reno e l’Elba, fino alla Baviera e la Carinzia comprese.
Con la morte di Lotario, Ludovico prese la corona imperiale, quindi nell’875 gli succedette Carlo il Calvo, sostenuto da papa Giovanni VIII, che vedeva in lui un possibile alleato contro il principe di Spoleto e i musulmani, insediati alla foce del Garigliano.
Carlo il Calvo morì nell’877 con l’impero carolingio ormai in dissoluzione. Gli succedette Carlo il Grosso, figlio di Ludovico il Germanico, anch’egli incoronato da Giovanni VIII, sempre in cerca di protezione; ma l’imperatore non riuscì a impedire l’assassinio del papa nell’882, durante una delle frequenti guerre civili combattute a Roma dall’aristocrazia locale.
La minaccia di incursioni esterne, Normanni e musulmani in prima linea, avevano messo in dura difficoltà Carlo il Grosso, tanto che i Normanni assediarono la stessa Parigi. In questa situazione fu costretto ad abdicare da un’aristocrazia che si rifiutava ormai di obbedirgli (887). Trascorse gli ultimi mesi della sua vita in prigionia, senza alcun successore sul trono.
Differenza tra Impero carolingio e Sacro romano impero
L’impero carolingio era strettamente correlato alla figura del suo fondatore Carlo Magno ed alla sua discendenza carolingia, alle sue conquiste e allo speciale rapporto che esso aveva instaurato con il papato. Anche l’impero romano-germanico (il Sacro romano impero, poi della nazione tedesca) era germogliato da quello carolingio, ma essendo venuta a mancare la parte occidentale del regno di Francia, per alcuni non poteva esserne erede, se non nella stessa misura della corona francese. La data canonica della sua fondazione è il 962, da parte di Ottone I.
Il titolo imperiale venne tuttavia trasmesso dai carolingi ai sovrani successivi e presenta pertanto una sua innegabile continuità. Per tale ragione nel computo degli imperatori del Sacro Romano Impero si suole generalmente risalire fino a Carlo Magno.