Santarcangelo d/R. Quattro opere del Cagnacci tornate a casa. All’ osteria ‘ La Sangiovesa’.

SANTARCANGELO di Romagna. L’autunno, con le sue fiere in arrivo, dipinge con incredibile varietà di colori la città. Colori, che sono anche l’ingrediente ‘principale’ a cui attinge l’inesauribile vena creativa dagli artisti di Santarcangelo d/R: poeti e scrittori, in particolare, oggi famosi, ma anche pittori, meno celebrati, e pur tuttavia frutti ammirevoli d’epoche diverse.
Infatti, di ‘maestri del colore’, Santarcangelo ne ha cresciuti tanti: dall’eponimo Guido Cagnacci ( 1601/1663) ai numerosi ‘altri’, anche recenti, eppur validi al punto che sarebbe un peccato dimenticarne qualcuno: Moroni, Turci, Lombardini, Bernardi, Tanzi, Beltrambini, Moretti, tra gli scomparsi, Astolfi e (naturalmente) Pino Boschetti, tra i viventi.
Ed è proprio Guido Cagnacci ad offrirci spunti insospettabili per tentare di inaugurare una ‘doverosa’ galleria pittorica locale. Oggi, di lui, inquieto girovago e tenebroso artista, non si trova molto nella città natia, ad eccezione delle due pregevoli tele alla Collegiata.
Certo, meglio sarebbe ‘ reincontrarlo’ da qualche parte. Magari fisicamente. In un giorno normale. Lungo il Borgo o alle Contrade. Come usa qui. Per porgli qualche domanda utile a chiarire curiosità mai ( completamente) soddisfatte nel corso di quattro secoli. Nulla di strano, però, per questo artista clementino. Arcano. Controverso. Geniale.
Di lui si è sempre sentito dire ‘tutto e il contrario di tutto’. Di certo ottenne un qualche pregevole ‘apprezzamento’ in vita. Con approdi professionali significativi come quello, terminale, quale pittore alla corte imperiale di Vienna. Ma è solo di recente che Guido Cagnacci, ha visto ‘recuperare’ e ‘consolidare’ fama e considerazione ( non solo) nazionale.
Per lungo tempo infatti è stato ( molto romanticamente) descritto come un ‘ lunatico guascone errante’; ‘considerazione che (ci) giunge non del tutto gratuita’ conferma Giorgio Pasini nel saggio su ‘ Romagna Arte e Storia’ ( 1987).
La letteratura settecentesca lo ha ( perfino) ritratto come un uomo brutto ( ‘obeso, barbuto e tozzo’ ) e (addirittura ) ignorante ( ‘d’altri studi digiuno fuorché della pittura’); ma anche ‘imprevedibile’ e perfino ‘maldestro’ ( ‘genio bizzarro’ e ‘mordace’) e sopra ogni altra cosa ‘immorale’ per via dei suoi nudi, o meglio, delle sue giovani donne ‘discinte’, esibite ad ogni occorrenza e ‘senza pudori’.
Su di lui, ( come direbbero oggi) i gossip sono ( da sempre) fioriti come margherite a primavera. Giampietro Zanotti, a metà Settecento, rispondendo ad una richiesta di Giovan Battista Costa, non sorvolò affatto sulla ‘diceria’ che dalle parti ( dell’artista santarcangiolese) giravano poche sue opere, anzi, che talune ‘venivano nascoste o cedute con qualche scrupolo’ ( dai loro proprietari) per gli ‘audaci’ soggetti che ritraevano.
Zanotti, in proposito, aggiunse a seguire anche un piccante retroscena: “ Quando ero giovane - riferì - ho conosciuto alcuni vecchi che avevano avuto l’amicizia del Cagnacci e che diceano che seco conduceva sempre una giovinetta vestita da uomo; … e che da questa ricopiava quante femmine facea”.
Su questa traccia ci fu anche chi, già a ottant’anni dalla morte, lo paragonò ( addirittura ) ad un Caravaggio ‘truce e fosco’, con al seguito un ‘cane color pece, girando per le strade sempre con una bella giovane accanto’.
Fake news ? Cattiverie? Pregiudizi? Certo è che mandato in archivio il tempo antico si può oggi cominciare ad avviare una più generosa ed attendibile biografia del discusso artista santarcangiolese.
Per una sua giusta ‘collocazione’. Anche perché, comunque siano andate le cose del passato, oggi, si può cercare adeguata risposta ai tanti rebus rimasti in sospeso. Magari, partendo da alcune domande su quelle situazioni personali che ( tanto) scandalizzavano i contemporanei: forse, ch’egli vivesse con una giovane senza sposarla? O che nelle sue tele, ‘realistiche’, ‘sensuali’, ‘ provocanti’, essa fosse sempre in posa desnuda? O, peggio del peggio, che la giovane contravvenisse alla regola ( allora non in deroga ) di ‘mettersi in panni’ da uomo?
Tra l’altro, il nostro, di legami ( più o meno riusciti) con le donne, deve averne intrecciati diversi. Ad esempio, una notte, del 21/22 ottobre 1628, subito fuori la Porta Romana di Rimini, venne arrestata dal bargello della corte episcopale ( su richiesta dei famigliari) la ventisettenne contessa Teodora Stivivi vedova Battaglini, mentre stava per scappare dalla città con il pittore Guido Cagnacci. Fuga d’amore ? Forse sì, forse no: perché di mezzo sembrò esserci – secondo i parenti della donna- non ( tanto) la passione ( quanto) ‘l’interesse di roba, per privarla dell’amministrazione dell’heredità del marito’. A Cagnacci ( i suoi ‘biografi’ ) concessero pochi amori tranquilli. Sgombri. Duraturi. Felici. Anzi, a ben pensarci, praticamente nessuno. Fors’anche perché ‘ costruiti’ su ( prevalenti) rapporti d’interesse. O d’attrazione fisica, in lui mutevole e pressante.
Come suggerirebbero, in varia maniera, i volti e i corpi ‘tormentati’ di sante o le pose di ‘disinibite’ protagoniste storico-mitologiche ‘ da stanza’.
Altro esempio, infatti, è quello collocabile al 15 aprile 1636, allorquando una certa Giovanna di Serravalle ( ma abitante a Rimini ) si presentò ad un notaio dichiarando di voler donare tutti i suoi beni al pittore Cagnacci. Strascichi giudiziari a parte , la giovane gli restò compagna per oltre un decennio, docilmente, come serva, modella e amante.
Si dice che sia stata lei, l’umile Giovanna, a posare rannicchiata per la Maddalena di Urbania, ora nella chiesa di Santa Maria Maddalena. Altre sue pose vennero rintracciate in Romagna, per una allegoria; e ( in particolare) a Forlì, dove è stata ( variamente) ritratta nelle vesti di santo guerriero, paggio, angelo e pure di ‘desnuda’, in un paio di occasioni, nelle vesti allegoriche di Lucrezia e Cleopatra. La relazione ( tra Cagnacci e Giovanna) s’interruppe ( sostengono gli impietosi ‘biografi’ ) non appena la giovinezza della donna, precocemente fiorita, altrettanto velocemente sfiorò via.
Facile è constatare quanto le ‘storie’ del Cagnacci con Giovanna, del Cagnacci con Teodora e del Cagnacci con qualche altra presenza femminile ( come la serva di Cesenatico), s’intreccino senza soluzione di continuità. E senza chiarezza. Forse , in extremis, ci fu un ritorno di fiamma con la nobile Teodora, tornata ( sembra) vedova. Forse. Perché tutto ( anche in questo caso) resta nel dubbio. Mentre al pittore toccava di traslocare per varia necessità, da un luogo all’altro, passando da Cesenatico ( per l’acquisto un ‘capanno’ sul porto) a Venezia e ( infine) a Vienna.
Questo, contemporaneamente al ruolo d’altre donne ‘importanti’ della sua vita, come la madre e ( soprattutto) come le sorelle Virginia e Lucia, più giovani di qualche anno, entrambe un po’ bigotte, relegato silenziosamente sullo sfondo, senza procurar dilemmi al punto che ‘saltò fuori’ abbastanza raramente e quasi esclusivamente per questioni di danaro.
Anche qui ( forse) non casualmente, forse, visto che Cagnacci ‘destinò’ a loro l’eredità. In ogni città ( cioè, che non fosse la Santarcangelo di questi anni) personaggi come questi farebbero ‘ gioco’. Un gran bel ‘gioco’. A livello nazionale e non soltanto.
Perché, anche senza volersi impegnare in imprese complesse e onerose, basterebbe trovare il modo di ‘ricollocare’ un personaggio tanto prestigioso, laddove ha mosso i primi passi nel mondo. Intanto fornendo ( di lui e del suo ambiente) qualche certezza in più. Eppoi per ‘ rivalorizzarlo’. Adeguatamente. Come da secoli attende. Del resto è lui o no l’illustre eponimo della lunga filiera di maestri del colore santarcangiolesi tuttora prodiga di buoni talenti e buone opere ?
In attesa della risposta, doveroso è segnalare la mostra ‘tutto compreso’ su Guido Cagnacci annunciata al ‘Santa Giulia’ di Forlì all’inizio del prossimo anno.
Roberto Vannoni
NOTE INTEGRATIVE
- Manlio Maggioli, noto imprenditore locale, ha riportato a Santarcangelo, città natale del Cagnacci, due piccoli ritratti, ‘San Bernardino’ e ‘Testa di ragazzo cieco’, e due quadri che hanno entrambi come soggetto la Madonna penitente. I quadri sono stati esposti ( almeno inizialmente) alla ‘Sangiovesa’, ristorante della famiglia Maggioli, nato da una intuizione di Tonino Guerra.
Mentre le opere sono state presentate alla Rocca dal critico Vittorio Sgarbi. Che del Cagnacci possiede una preziosa tela, ‘Allegoria del tempo ( La vita umana)’, molto valutata. “Preziosa, sì; e comunque - ha sottolineato il critico ferrarese – sono ( anche) questa e queste, tutte buone opere del pittore santarcangiolese, ognuna di esse significativa perché mostrano la sua evoluzione artistica. Ma ho consigliato a Maggioli di non fermarsi qui, di andare avanti con la sua collezione. L’ho invitato a comprare ( anche) qualche opera di Francesco Rustici ( noto come ‘Rustichino’), artista toscano che è stato tra i maestri del Cagnacci”. ( Il Resto del Carlino, giovedì 11 maggio 2019).
I dipinti restituiti a Santarcangelo (esattamente) sono: La Maddalena penitente, 1640 circa (post 1637), studio preparatorio per il busto della Maddalena penitente raffigurata nella pala per l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria Maddalena delle Benedettine a Urbania, nelle Marche; altra Maddalena penitente, 1640-1642, e tra le immagini più forti concepite dal pittore, che rappresenta la Santa in un momento di estatico abbandono; e due piccoli preziosi quadretti con Testa di ragazzo cieco e San Bernardino da Siena, 1640-1645, citati per la prima volta nell’inventario della collezione della famiglia Albicini di Forlì redatto il 3 dicembre 1704.
- GUIDO CAGNACCI (Santarcangelo di Romagna, 1601 – Vienna, 1663).
Nato a Santarcangelo il 13 gennaio 1601, il giovane cresce a contatto con le esperienze naturalistiche di matrice caravaggesca visibili in alcuni centri delle Marche (Orazio Gentileschi, Giovanni Francesco Guerrieri), prima di essere inviato dal padre a studiare a Bologna (fine del 1618), dove non sembra essersi legato a un unico maestro. Sul finire del 1621 è a Roma, dove si trattiene almeno sino alla Pasqua dell’anno successivo, ospite nella casa di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, in strada Paolina.
Nell’Urbe Cagnacci ha occasione di conoscere de visu la rivoluzionaria pittura di Caravaggio e dei suoi seguaci nonché il naturalismo protobarocco di Giovanni Lanfranco e di Simon Vouet.
Negli anni venti e trenta lavora per le chiese romagnole (tra le quali la pala nella Collegiata di Santarcangelo, firmata 1635). In questo periodo il pittore intrattiene una relazione con la contessa Teodora Stivivi, vedova Battaglini, con la quale, nel 1628, tenta di fuggire da Rimini.
In concomitanza con lo spostamento a Bologna alla fine degli anni trenta, Cagnacci mostra un avvicinamento all’idealismo di Guido Reni (Maddalena penitente, Urbania), che tuttavia non lo smuove dalle sue convinte propensioni naturalistiche.
Trasferitosi poi a Forlì, consegna nel 1644 i due ‘quadroni’ con la Gloria dei santi Valeriano e Mercuriale destinati alla cappella di Santa Maria del Fuoco nel duomo, nei quali sperimenta un illusionistico spazio barocco, senza rinunciare alla tenera concretezza delle figure.
I capolavori forlivesi sono gli ultimi incarichi pubblici di Cagnacci che, da questo momento, abbandona gradualmente la pittura sacra per dedicarsi a quella profana, privilegiando il tema del nudo femminile.
Questa produzione ‘da stanza’ affascina soprattutto i disinibiti collezionisti di Venezia, dove il maestro soggiorna tra il 1649 e il 1658, licenziando alcuni dei suoi quadri più celebri, tra cui il Ratto d’Europa della collezione Molinari Pradelli e l’Allegoria della vita umana della Fondazione Cavallini Sgarbi.
A detta dei biografi successivi, durante gli anni veneziani, il pittore vive in incognito (col cognome ‘venetizzato’ in Canlassi) nella parrocchia di San Giovanni Crisostomo, vicino a Rialto, in compagnia di una giovane donna, la cesenate Maddalena Fontanafredda, che gli serve da modella e che tuttavia, per non farsi notare, indossa abiti maschili.
Dopo un breve rientro in Romagna, Cagnacci chiude la sua carriera a Vienna (1660), alla corte dell’imperatore Leopoldo I d’Asburgo, per il quale, oltre al suo ritratto ufficiale (Vienna, Kunsthistorisches Museum), licenzia il capolavoro estremo: La conversione della Maddalena, ora nel Norton Simon Museum di Pasadena. ( Da nota aggiunta a comunicato stampa)
- Francesco Rustici detto Il Rustichino (Siena, 1592 – 1625) è stato un pittore italiano. Allievo del padre Vincenzo, si avvicinò più tardi a modelli di matrice caravaggesca, caratterizzati dal gioco luministico delle visioni notturne – in uno stile pittorico noto come tenebrismo - interpretati in particolare dagli artisti nordici operanti in Italia, come Gherardo delle Notti. Intorno agli inizi degli anni Venti del Seicento si registra inoltre l’influenza dei modi di Orazio Gentileschi: questo naturalismo, teso a recuperare una struttura classica, porta il pittore ad essere apprezzato a Firenze dalla famiglia Medici. ( Wikipedia)