Non solo sport. Addio caro e forte Felice, che hai saputo combattere e vincere contro un Semidio.

Non solo sport. Addio caro e forte Felice, che hai saputo combattere e vincere contro un Semidio.
Gimondi Merckx download
LA CRONACA DAL DIVANO. Addio Felice. Quando un ‘grande’ se ne va immediatamente, anche coloro che poco o nulla di lui sapevano, se ne accorgono. Si chiede. Si spiega. Si celebra. Ognuno come meglio può e crede.
Ci sta. Come ci sta però che chi più sa non se ne stia nell’ombra e lasci libera voce a tutti gli altri. Sapienti e non. Memori o immemori. Definire la ‘ dimensione‘ di certi personaggi ( sportivi e non solo ) non è opera facile. Anche perchè gli elementi da incasellare sono tanti, non sempre a tutti noti, e spesso finiti in bocche non proprio credibili. Questo anche senza dolo o malafede.
Intanto però giusto è salutare  il nostro Felice, 76 anni, stroncato da infarto in Sicilia, e pianto da tutti. Perchè in tutti, tra momenti agonistici ed extra,  aveva depositato lampi di gioia. Di dignità. Di coraggio.
Per molti ( o tutti) il ciclismo anni sessanta/settanta è avvenuto all’insegna del duello tra lui e il belga. In una Europa, in una Italia, già molto diverse da quella precedente di di Bartali/Coppi/Magni.
Un duello epico, come quello ( più volte richiamato) tra Achille ed Ettore. L’uno un semidio, l’altro un mortale. ” Questa volta però – ha confessato il Semidio – a perdere sono io. Con lui se ne va una parte importante di me e della mia vita”.
Detto questo (ri) tornare sull’eterna domanda  di chi sia stato il pedalatore più ‘ grande’ di tutti i tempi è inevitabile, anche se impresa non  scontata. Per il dt  Cassani, probabilmente, da quel che ribadisce da anni, è Gimondi, suo idolo d’infanzia. Per alcuni ( giovani e non ) cronisti di Sky, ci pare nettamente Eddy, il ‘ cannibale‘ belga. Per Geminiani, invece, che con i grandi ( Merckx compreso) ha trascorso una vita, non c’è dubbio alcuno che se all’Airone di Castellania  ( infortuni a parte) fossero stati concessi  gli anni della guerra e del primo dopoguerra, nonostante situazioni  chiaramente diverse tra la sua epoca a quella di Merckx e Gimondi, di palmares ( o altre amenità che per oggettive ragioni lasciano il tempo che trovano) non staremmo manco a parlare.
Cosa avrebbe vinto Gimondi senza Merckx? E cosa avrebbe vinto Coppi senza guerra e primo dopoguerra?
Forse la soluzione più accettabile resta quella del patron Goddet, che i campioni ( tranne gli odierni) li ha battezzati tutti. Goddet e Raschi. Fini  intenditori. Concordi soprattutto  nel sintetizzare la diatriba: la palma del ‘ più forte’ va al belga, quella del ‘ più grande’ al piemontese. Il quale , non dimentichiamolo mai quando lo  sport  diventa ( spesso) metafora di vita e ( talvolta) della storia, non ha scritto soltanto esaltanti  pagine agonistiche ma ha anche aggiunto un  edificante contributo alla rinascita di un popolo ‘ umiliato’,  ’ distrutto‘ e ‘disperso‘ da una guerra disastrosa che ( fosse stato per lui ) mai e poi mai avrebbe fatto.

 WIKIPEDIA

* ALFREDO BINDA. Alfredo Binda, ciclista su strada e pistard italiano. Professionista dal 1922 al 1936, vinse cinque Giri d’Italia, tre campionati del mondo su strada, quattro Giri di Lombardia, due Milano-Sanremo nel 1929 e nel 1931 e quattro Campionati nazionali su strada. Nacque l’11 agosto del 1902 a Cittiglio dove  morì il 19 luglio 1986.

* COSTANTINO GIRARDENGO. Costantino Girardengo, detto Costante, è stato un ciclista su strada e pistard italiano, professionista dal 1912 al 1936. Vinse due volte il Giro d’Italia, sei volte la Milano-Sanremo nel 1918, 1921, 1923, 1925, 1926 e 1928, tre volte il Giro di Lombardia e tre volte il Giro del Piemonte.  Nacque il 18 marzo 1893 a Novi Ligure, morì il  9 febbraio 1978.

* JACQUES ANQUETIL. Jacques Anquetil, ciclista su strada e pistard francese. Vincitore di cinque Tour de France, è anche uno dei soli sette corridori ad essere riuscito ad imporsi in ciascuno dei tre maggiori giri nazionali: Giro d’Italia, Vuelta e ( appunto) Tour. Fu grandissimo contro il tempo e recordman dell’ora. Nacque l’8 gennaio 1934 a Mont Saint Aignan e morì  18 novembre 1987 a Rouen.

* GINO BARTALI. Gino Bartali, ciclista su strada e dirigente sportivo italiano. Professionista dal 1934 al 1954, vinse tre Giri d’Italia e ( a distanza di dieci anni, causa la guerra) due Tour de France, oltre a numerose altre corse tra gli anni trenta e cinquanta, tra le quali spiccano quattro Milano-Sanremo e tre Giri di Lombardia. Nacque il 18 luglio 1914 a Ponte Ema e morì il  5 maggio 2000  a Firenze.

* FAUSTO COPPI. Angelo Fausto Coppi (Castellania15 settembre 1919 – Tortona,

2 gennaio 1960) è  un ciclista su strada e pistard italiano. Soprannominato ‘il Campionissimo’ o ‘l’Airone’, fu il corridore più famoso e vincente dell’epoca d’oro del ciclismo ed è considerato uno dei più grandi e popolari atleti di tutti i tempi.
Formidabile passista, eccezionale scalatore, e dotato di un buono spunto veloce, era un corridore completo e adatto ad ogni tipo di competizione su strada.
Professionista dal 1939 al 1959, s’impose sia nelle più importanti corse a tappe sia nelle maggiori classiche di un giorno. Vinse cinque volte il Giro d’Italia (1940194719491952 e1953), un record condiviso con Binda e Merckx, e due volte ( delle tre a cui ha partecipato) il Tour de France (1949 e1952), diventando anche il primo ciclista a conquistare le due competizioni nello stesso anno. Fra i suoi numerosi successi nelle gare in linea vanno ricordate le cinque affermazioni al Giro di Lombardia (1946, 1947, 1948, 1949 e 1954), record, le tre vittorie alla Milano-Sanremo (1946, 1948 e 1949), e i successi alla Parigi-Roubaix e alla Freccia Vallone nel 1950.
Divenne campione del mondo professionisti nel 1953. Primeggiò anche nel ciclismo su pista: fu campione del mondo d’inseguimento nel 1947 e nel 1949 e primatista dell’ora (con 45,798 km) dal 1942 al 1956. Leggendaria fu la sua rivalità con Gino Bartali, che divise     l’Italia nell’immediato dopoguerra(anche per le presunte diverse posizioni politiche dei due).
Celebre nell’immortalare un’intera epoca sportiva – tanto da entrare nell’immaginario collettivo degli italiani – è la foto che ritrae i due campioni mentre si passano una bottiglietta durante una salita al Tour del 1952. Coppi è anche noto per aver cambiato l’approccio alle competizioni ciclistiche, grazie al suo interesse per la dieta, per gli sviluppi tecnici della bicicletta, per i metodi di allenamento e lamedicina sportiva. Le sue imprese e le tragiche circostanze della morte ne hanno fatto un’icona della storia sportiva italiana, e a decenni dalla scomparsa la sua popolarità e fama appaiono immutate.

* FELICE GIMONDI. Felice Gimondi (Sedrina29 settembre 1942 – Giardini-Naxos16 agosto 2019) è stato un ciclista su stradapistard e dirigente sportivo italiano.

Professionista dal 1965 al 1979, è stato un campione completo, capace di tenere sul passo, di vincere in salita, a cronometro e anche in volata. È uno dei sette corridori ad aver vinto tutti e tre i grandi Giri, cioè Giro d’Italia (per tre volte, nel 19671969 e 1976),Tour de France (nel 1965) e Vuelta a España (nel 1968). Tra le corse di un giorno si aggiudicò un campionato del mondo su strada (nel 1973) e alcune classiche monumento: una Parigi-Roubaix, una Milano-Sanremo e due Giri di Lombardia. Suo è il record di podi al Giro d’Italia, 9, dove ottenne anche sette vittorie di tappa. Nonostante la sua carriera sia coincisa in gran parte con quella del ‘ cannibale’ Eddy Merckx, è stato in grado di ottenere numerosi successi; rispetto al belga ha avuto anche una maggiore longevità ad alti livelli, avendo iniziato a vincere prima, al Tour de France 1965, e terminato dopo, con il successo al Giro d’Italia 1976. Ottenne complessivamente 118 vittorie tra i professionisti.

* BERNARD HINAULT. Bernard Hinault (Yffiniac14 novembre 1954) è un ex ciclista su strada, pistard e ciclocrossista francese, dominatore della scena internazionale tra la fine degli anni settanta e la prima metà degli anni ottanta. Professionista su strada dal 1975 al 1986, è stato uno dei più grandi campioni della storia del ciclismo. Soprannominato le Blaireau (il Tasso), è stato il primo ciclista (soltantoAlberto Contador vi riuscì successivamente) ad aver vinto almeno due volte tutte e tre le grandi corse a tappe ciclistiche (Tour de FranceGiro d’Italia Vuelta a España), e uno dei sette ad averle vinte almeno una volta. Si aggiudicò infatti cinque Tour de France (1978, 1979, 1981, 1982 e 1985), tre Giri d’Italia (1980, 1982 e 1985) e due Vuelta a España (1978 e 1983). Nel 1978 centrò l’accoppiata Tour-Vuelta, riuscita solo a lui, Jacques Anquetil e Chris Froome. Vinse anche un titolo mondiale professionisti (nel 1980), oltre a una Parigi-Roubaix, due Giri di Lombardia e due Liegi-Bastogne-Liegi: in totale ottenne, nei dodici anni di carriera da pro, 216 vittorie.

* EDDY MERCKX. Eddy Merckx, pseudonimo di Édouard Louis Joseph Merckx (Meensel-Kiezegem17 giugno 1945), è un ex ciclista su stradapistard ciclocrossista belga. Soprannominato il ‘Cannibale’ per la voglia di vincere sempre e di non lasciare nulla agli avversari, è considerato da molti il più forte ciclista di tutti i tempi, vantando numerosi record, e il miglior sportivo belga di sempre. Professionista dal 1965 al 1978, si aggiudicò il Tour de France per cinque volte (1969,197019711972 e 1974), un record condiviso con Jacques AnquetilBernard Hinault e Miguel Indurain.

Vinse anche cinque Giri d’Italia (1968197019721973 e 1974), eguagliando il primato di successi di Alfredo Binda e Fausto Coppi, e una Vuelta a España, nel 1973. Tra le corse di un giorno fece invece suoi quattro campionati del mondo su strada, di cui tre per professionisti (19671971 e 1974) e uno per dilettanti (1964), oltre a ventisette classiche, tra le quali spiccano ben diciannove classiche monumento (sette Milano-Sanremo, cinque Liegi-Bastogne-Liegi, tre Parigi-Roubaix, due Giri delle Fiandre e due Giri di Lombardia), tre Frecce Vallone, tre Gand-Wevelgem e due Amstel Gold Race. Per sette anni consecutivi, dal 1969 al 1975, fu suo il Super Prestige Pernod, sorta di coppa del mondo a punti su strada.[3] Per quanto concerne l’attività su pista fu invece primatista dell’ora su bicicletta tradizionale per ventotto anni, dal 1972 al 2000 (percorse 49,432 km)[6], vincendo inoltre diciassette Sei giorni.
È uno dei sette ciclisti ad aver conquistato tutti i tre grandi Giri, e l’unico ad essere riuscito a realizzare l’accoppiata Giro-Tour per tre volte (1970, 1972 e 1974); inoltre è l’unico ad aver aggiunto ai tre Grandi Giri la vittoria del Giro di Svizzera, considerato la quarta corsa a tappe per importanza. Nel 1974 vinse, nella stessa stagione, Giro d’Italia, Tour de France e campionato mondiale su strada: soltanto l’irlandese Stephen Roche, nel 1987, è riuscito ad eguagliarlo. È anche uno dei tre corridori ad essere riuscito ad imporsi in tutte le cinque classiche monumento e l’unico ad averle vinte tutte almeno due volte. Al Tour detiene il record di tappe vinte in totale (34) e in una sola edizione (8), e il maggior numero di maglie gialle (111); al Giro vinse invece 25 tappe e vestì di rosa per 77 volte, anche quest’ultimo è un record. Per avere un’idea di che cosa è stato Eddy Merckx per il ciclismo basta guardare al suo inarrivabile palmarès: in 1800 corse su strada, Merckx ha riportato 525 vittorie, di cui 445 tra i professionisti, 57 tra i dilettanti, e le restanti nelle varie categorie giovanili. Jacques Goddet, storico patron del Tour de France, indicò Fausto Coppi come «il più grande» ed Eddy Merckx come «il più forte» ciclista di sempre.

* MIGUEL INDURAIN. Miguel Indurain Larraya (Villava16 luglio 1964) è un ciclista su strada spagnolo. Professionista dal 1984 al 1996 fu campione del mondo a cronometro nel 1995 e medaglia d’oro olimpica, nella medesima specialità, ai Giochi di Atlanta nel 1996. Nel suo palmarès rientrano anche cinque Tour de France vinti consecutivamente – l’unico a riuscirvi, assieme a Lance Armstrong (titoli poi revocati) – e due Giri d’Italia in accoppiata al Tour. Atleta dalle caratteristiche tipiche del passista-scalatore, oltre ad essere un abile discesista si distingueva come fortissimo cronoman: per lo strapotere nelle prove contro il tempo e per la capacità di amministrare la corsa sulle montagne, venne spesso accostato al francese Jacques Anquetil.

* MARCO PANTANI. Marco Pantani (Cesena13 gennaio 1970Rimini14 febbraio 2004) è  un ciclista su strada italiano, con caratteristiche di scalatore puro. Professionista dal 1992 al 2003, considerato tra i più forti scalatori di sempre, ottenne in tutto 46 vittorie in carriera con i migliori risultati nelle corse a tappe, vincendo un Giro d’Italia, un Tour de France e la medaglia di bronzo ai mondiali in linea del 1995. Soprannominato ‘il Pirata’, con grandi doti di fondo e di recupero oltre che di scattista, è stato l’ultimo dei ciclisti (dopo Fausto CoppiJacques AnquetilEddy MerckxBernard HinaultStephen Roche e Miguel Indurain) ad aver realizzato l’accoppiata Giro-Tour, ovvero la vittoria al Giro d’Italia e al Tour de France nello stesso anno. Escluso dal Giro 1999 a seguito di un valore di ematocrito al di sopra del consentito. Pantani risentì del clamore mediatico suscitato dalla vicenda e, pur tornato alle gare non molto tempo dopo, raggiunse solo sporadicamente i livelli cui era abituato.

LA LUCE DEL MARE. Un anno è trascorso dal crollo del ponte Morandi a Genova.  Morirono nella circostanza 43 persone.  Mentre la ’ferita‘ getta ancora sangue, nonostante si stia ( rapidamente) procedendo a colmarla con una nuova struttura firmata da un genovese che quando si tratta della sua gente non sta a cercare cittadinanze altrove. Il progetto sembra magnifico. Speriamo solo mantenga le premesse, magari sopravvivendo per oltre mille anni a venire. ‘ Studiavo a Milano, quando  costruirono il ponte Morandi - ricorda Renzo Piano, l’architetto progettista del nuovo grandioso manufatto -  che quando si scendeva a Genova era diventato un transito inevitabile. Una lunga  passerella sul vuoto che odorava di mare. Senza mostrarti mai il mare, ma solo la sua luce’. La misteriosa Araba Fenice  vuole che geni come Renzo Piano, senatore a vita, resti attaccato alla madre sua, la bella e sofferenteGenova, un tempo regina del mare e scrigno finanziario dell’Europa, e ci riservi un progetto che per stile e originalità farà una volta di più stupire quanti ( non solo dalle nostre parti) hanno dato per scontato il tramonto del Belpaese. ‘ La Spagna - si legge sul Sole24Ore - aspetta da decenni riforme strutturali che dovrebbero rilanciare la competitività della sua economia… ( eppure)  ha dimostrato di saper resistere alle lacune della politica ( da 100 giorni è senza un governo) fornendo stabilità anche senza un governo sorretto da una chiara maggioranza’.
Infatti, roba da non credere, la sua economia cresce al ritmo più alto dell’Eurozona confermando, trimestre dopo trimestre, la sua forza. Nonostante il rallentamento globale, il Fmi prevede per la Spagna una cresciuta del Pil pari al 2,1% nel 2019 e dell’1,9% per il 2020. Con la creazione in due anni di 800 mila nuovi posti di lavoro e il tasso disoccupazione ( pochi anni fa tra i più alti in Europa) in calo al 14%.
Da noi solo Emilia RomagnaLombardia e Veneto possono dire altrettanto.
E non basta.  Risultati incoraggianti sta riportando anche il ‘ piccolo’ Portogallo, che Moody’s transita da ’stabili’ a ‘positivi’, mantenendo il voto a ‘Baa3′ ( l’Italia, al momento, è ‘ Bbb’  con prospettive negative) Non procediamo. Del resto che gioia c’è? La peggior classe dirigente del Pianeta, o quasi, non autorizza voli diversi. Basti vedere il kafkiano ‘comportamento’  sul famigerato debito pubblico, che nessuno ( dicasi nessuno) riesce a ridurre significativamente per toglierci      ( finalmente) di dosso quella spada di Damocle che ci ‘ umilia’ , ‘avvilisce‘, ‘impigrisce‘, ora dopo ora. La filosofia di Renzo Piano del ‘ pezzo per pezzo‘ che andrà ad applicarsi per il nuovo viadotto di Genova, ci sembra  null’altro che una  ( straordinaria)  ’ testimonianza del Made in Italy ai suoi massimi livelli, perchè, come continuano  a ripetere tutti gli attori ( quasi mille persone ai vari livelli di responsabilità) qui si gioca il riscatto dell’ Italian pride: l’onorabilità di quanti si ostinano a contrastare l’ideologia del declino giocando la nobile carta del ‘saper fare’ di cui, nonostante tutto, l’Italia è ancora maestra’.
IL MONDO DELLO SPORT. In altra parte affaccendato resta il mondo dello sport. Il nostro mondo dello sport. Che tante soddisfazioni ci dona, visto che ( almeno colà) ad essere chiamati ( con poche eccezioni)  sono i migliori e che proprio per questo sanno offrire al mondo la giusta immagine d’un popolo piccolo e grande insieme. Soprattutto quando si comporta da popolo, e non da singole monadi racchiuse nella loro ( il più delle volte)  dannosa esistenza.
Nel calcio, aspettiamo nuovi impianti, da riempire con canti e bambini, per tenerci al pari ( o sopra) d’altri che ( al momento) sembrano andare ad majora. Sembrano, perchè dai primi resoconti appare la disponibilità d’una spesa che se non raggiunge la Premier poco dista. Segno d’una vitalità mai ridimensionata. Tuttora con pochi eguali.  I nostri tecnici più bravi infatti  son tornati, il giocatore più forte al mondo ha scelto di vestire i colori della Signora mentre  tanti altri top ( stranieri e non) son tornati ad imboccare i tratturi che scendono dall’Alpe. Il Barca che spende e spande per rifarsi la credibilità non ci fa paura. E così i Blancos. Anche perchè  qui i fenomeni stan presto a passare  da ‘ gran colpo a conguaglio’.
Degli Angli, quest’anno ( eccezionalmente) sugli scudi, diciam più volte. Non ci ripetiamo. Ci preoccupano semmai sentenze come quella ( recente)  della Fifa che, mentre a noi fan ‘ pisciare sangue‘, agli altri tutto perdonano. O quasi. Per quel  City degli sceicchi del Golfo, ad esempio,che smanetta coi giovani a  piacimento,  era sufficiente una multa ( per loro) da auto in sosta ( 340 mla euro ca) o andavano invece ( esemplarmente)  sanzionati ?  Qui fortuna vuole che il ‘nostro‘ Svone non faccia più parte ( in generale ) della compagnia!  Non ci resta dunque da aspettare che  dirà l’Uefa sul fair play finanziario. Sempre quello ( finora)  concesso ai  nostri amici ( pioviti ) dal  deserto.
CANTI DI LODE O SOLO COMUNICATI STAMPA? E insistono gli angolofili ( &associati) nel favoleggiare sulla ricca Premier, a lor dire il ‘ migliore campionato di calcio del Mondo’. S’ascoltano canti e peana a bizzeffe, qua e là, anche se ( a dire il vero)  più che canti e peana ci sembrano entusiastici comunicati di qualche ufficio stampa di calcio e turismo della ( perfida)  Albione. Sì, perchè, non ce ne vogliano gli autentici anglofili, tutto quest’oro che riluce noi, proprio, non lo vediamo. E comunque dato che nel mondo ‘ mors tua ’ diventa ‘ vita mea‘, diamo a Cesare quel che è di Cesare, e nulla di più. Se parliamo di dirigenti tra i due tornei, beh, quelli d’Oltremanica son di certo più attenti, aggiornati e …  spregiudicati. Con risultati  economico-finanziari lusinghieri. Che però sono apparenza. Perchè non bisogna far finta di niente quando si verifica che gran parte delle squadre di calcio d’Albione è  di proprietà estera. E non sempre raccomandabile. Visto che son danari che piovono  dalla steppa, dai deserti e da Oltreoceano, e che spesso, come i venti che li portano,  arrivano e se ne vanno.
Vedi il Chelsea, ad esempio, che il chiacchierato  oligarca russo ( si dice) stia per passare di mano.  Inoltre, se parliamo di stadi all’altezza, ricolmi e canterini, non c’è dubbio che i nostri ( tranne qualche eccezione) fanno la figura dei ‘sedotti e abbandonati’. E da mò, che ai ‘ bacucchi’ che dirigono il Paese e lo sport di questo Paese, si chiede di mettere mano ad una nuova ed adeguata generazione di impianti sportivi ! Che non sono più solo lo stadio, comunque profondamente ripensato, ma anche tutto quello che gli ruota attorno. Con grande profitto. E magna gradevolezza, per le casse della società, ma anche per gli appassionati che sono tanti e belli ma anche stufi della solita ( e spesso pericolosa) routine finita nelle mani di non si sa chi.
Detto questo, però, non è che la  tarda Serie A possa considerarsi meno che l’ agile Premier. Son belli loro, siam belli noi ( sia pure con qualche acciacco). Sennò, che c’è venuto a fare il pluri medagliato Cr7 in un agone come il nostro? E’ rincoglionito o è venuto a sapere che per ragionar di storia non c’è ‘contesto ’ più accreditato del nostro? Lui di storia deve intendersi, eccome, magari più e meglio del  Messi da Recanati , accucciato da sempre e per sempre dentro un’amorevole  e sola  culla; o di quel genio maledetto del partenopeo Maradona, che per superare il meraviglioso Pelè   s’era  trasferito armi e bagagli da una grande di Spagna ad una media squadra del campionato italiano. Trasformandola d’incanto  da Calimero a Cigno. E siamo belli perchè sono belli i nostri campanili che rendono infuocate  e imprevedibili anche le diatribe più insignificanti. E i duelli più radicati. E i personaggi più impensati.
Da noi il gioco non è una ( estenuante) cavalcata di 90/100 minuti dietro una palla, da  noi  il ‘cencio‘  da strappare  sotto la torre del  Mangia è  ben altra cosa.  A volte esagerata. Ma che altrove manco immaginano. Soprattutto in Premier.
E infatti mentre quando si guarda una partita loro si pensa sempre a cosa gli danno da manducare, da noi , invece, ci si scervella per immaginare qual diabolico artifizio  frulli nella testa dell’uno o dell’altro dei contendenti. Perchè di ‘ punitio divina’  si può essere sempre colpiti quando men ce la si aspetta, anche per mano del più modesto in campo, tra un dettaglio e l’altro. Un articolo della ‘rosea‘ sembra voler restituire ( giusto)  valore e dignità al nostro (bistrattato) campionato.
Che non ha bisogno di copiare da alcuno se non da se stesso. Ricco com’è di ‘ mille identità tattiche’.
Che van da Sarri a Conte a Ancelotti, tre maestri del mondo del calcio ‘ tornati a percorrere i domestici tratturi, e che nessuno offre con la stessa ricchezza agonistica e studia con tante soluzioni. Dal calcio d’estate – sottolinea la ‘rosea’,  che se non ci fosse bisognerebbe  inventarla – arriva la conferma di una varietà tattica unica: i nostri otto top club, per esempio, usano sei sistemi diversi.
Quando lo stesso sistema offre spesso interpretazioni divergenti. Ma con un comune denominatore: la voglia di ‘ far’ gioco. Chi altri può offrire tanto?  e se nessuno può offrirlo, perchè  celebrare ( e arricchire) sempre l’orto del vicino e mai il nostro?
Lo scorso anno  squadre della Premier hanno fatto man bassa in  Champions e in Uefa. Dopo anni.  Forse per un altro ciclo (   l’ultimo  successo  inglese in Champions  l’aveva ottenuto il Chelsea nel 2011/2012,  bissando lo United del 2007/2008). Forse. C’è  però da ammonire che, tra le tante altre cose,  nelle 65 edizioni della Coppa dalla grandi orecchie fin qui disputate, 27 volte  sono arrivate in finale  squadre italiane.
Praticamente  un 45% ca, quasi a dire una edizione su due,  percentuale che non avrebbe necessità di commento se non per ricordare a smemorati e incolti che  ( in regime di libertà) si può celebrare chi, quando e come si vuole, senza però voler passare per cantori pindarici quando s’è null’altro che funzionari ( consapevoli o meno) di questo e quell’ uffizio.  O cari bacucchi, fateci quegli stadi, eppoi vedremo chi ( meglio) saprà  coprire di stelle ( e di sogni) le sue maglie e chi no.
IL MEGLIO NELLO SPORT ? I lusinghieri successi che lo sport italiano va ad ogni ora di più cogliendo per quel che ci riguarda non indicano ( come dice qualcuno)  ‘ un mondo migliore del Paese che lo partorisce’, ma semplicemente un mondo che quando s’affida ai migliori ottiene risultati che (davvero) tutti ci invidiano. Anche perchè ( spesso) inattesi. ( Quasi mai) programmati. E (comunque ) straordinari. Vediamo infatti questo weekend d’agosto. Dove qualche risultato baluginante lo offre il calcio, ma si tratta di esperienze in fieri. Nonostante ciò la Lupa  ( ai saluti con Dzeko) s’è permessa di battere ai rigori ( 2-2 nei regolamentari) nientemeno che i real inguaribili spendaccioni del Real Madrid. Il Toro, inoltre, superati i preliminari,  s’affetta ad incontrare il Wolves per l’ingresso ai gironi Uefa. Non sarebbe male ( per il ranking)  eliminare una inglese e iniziare l’Europa con sette squadre variamente distribuite.
Nella moto, è da alcuni anni che abbiamo messo fine al predominio ( assoluto ) dei centauri spagnoli. Che restano competitivi, ci mancherebbe, ma ( sempre più costretti)  a fare i conti con i nostri. Che vincono. Nella Moto 3, nel’ Austria ex asburgica che tanto ci ama, abbiamo colto l’ennesima doppietta ( per un nonnulla tripletta) con Fenati ( redivivo) e Arbolino ( in crescita). Quivi Della Porta ha sopravanzato in graduatoria mondiale l’ispanico di turno, Canet, con 155 punti contro 154. Nella Mot0 2 solo la precipitosa e improvvida  scivolata del Marini poteva portarci via ( a un niente dal traguardo) se non un’altra doppietta ( certamente)  uno o due sul podio.
Nella Moto Gp, null’altro da segnalare se non l’epica lectio magistralis inferta dal buon Dovi di Frampulla al ‘ titano’ cataluno fratello di Chirone. Durante la tenzone s’è avuto modo di vedere riaffacciarsi in vetta l’eterno  Maestro di Tavullia, giunto poi quarto, e di nuovo il migliore tra i piloti Yamaha. Ora, per le moto, MotoGp nell’ ispecie, il redde rationem è rinviato in quel di Silverston, il  25 agosto. Nel ciclismo, Viviani s’è aggiudicato l’ Europeo in Olanda. Che s’assomma ad altri bei risultati della bici ( in tutto 8 medaglie), come  l’oro di Dainese negli Under 23 e della ( morosa) Cecchini nella Elite donne.
Nel volley, dopo le ragazze, anche i ragazzi di Blengini battendo lo spauracchio Serbia ( 3-0) si sono ritagliati il pass per Tokio 2020. Altri bei risultati sono piovuti dagli Europei a squadre d’ atletica, disciplina da noi data per morta e ora risorta, come ben s’addice nel paese d’adozione dell’Araba Fenice. I nostri atleti ( senza Tortu e Tamberi) si sono piazzati al quarto posto finale ( miglior  risultato di sempre) distanziati di (appena) mezzo punto dalla Francia, terza. Un velo pietoso resta steso sul comportamento oramai cronico di quelli del rugby ( solo 20 minuti, contro l’Irlanda) e del basket ( che nei cinque minuti dell’ultimo quarto si sono fatti fare ben 19 punti).
Sappiamo che queste squadre sono ‘ rimediate’ , ‘ rabberciate‘, ‘ rimpinzate‘, cercando l’apporto di chi azzurro non lo è  più o non lo è mai stato.  Stessero, tutti costoro, ( soprattutto) americani vecchi e nuovi, ricchi e poveri, nella nuova casa  casa loro, ci farebbero un gran piacere. E anche un gran servigio, visto che quando occorre, qui, nel Belpaese,  non preghiamo nessuno,  perchè sappiamo risorgere anche dalle nostre   ceneri.
L’ALTRA ILIADE?  E soffermiamoci  su quanto vanno raccontando della MotoGp, l’interminabile regno ( ora conteso) del Maestro di Tavullia ( in questi suoi ultimi voli) è costretto a cavalcare un ’ronzino ’ piuttosto che  un ’Ippogrifo alato’  come  invece occorrerebbe contro i nuovi ‘titani’  dell’Olimpo motoristico. Ad agitare l’acque basse del picciol  stagno, la voce d’un ritorno del maiorchino Lorenzo in Ducati. Sembrerebbe a seguito d’una valutazione che quelli di Borgo avrebbero fatto mettendo sui piatti della bilancia i loro e gli altrui piloti, quelli ‘ idonei’ ovviamente a far abbassare l’ale a quel catalano che sembra avere scoperto nuove leggi della fisica piuttosto che un nuovo modo a dominare gli avversari. A noi, veramente, più che un fisico, ricorda Totò al Giro d’Italia, che per vestire la rosa s’era perfino adattato a stipulare un patto innaturale  con mister Belzebù.  Ma tant’è.
E comunque stiano le cose, una è chiara: a quello , tra quelli in gioco, in un arco di tempo lungo e continuo, non lo batte nessuno. Per noi manco l’indomabile maiorchino che ci sembra sbagliare però ( ogni volta ) i tempi d’ingresso e d’uscita sul suo lavoro.  Dopo un anno di sofferenza stava  per ‘domare‘  la Desmo, eppure se n’è andato, sul più bello, senza ragione credibile,  che non fosse quella ( apparente) del danaro, il quale   per chi vuol  scrivere di storia,  è una insidia quanto mai mortale. Come quella delle  sirene che abbindolarono i compagni di Ulisse, ma non Ulisse,  che d’altra pasta fatto per sfuggire alle lusinghe  si fece legare ad un palo e otturare le orecchie. Comportamenti  non da tutti, questi.
Da personaggi omerici, senz’altro. E tali, comunque,  non ce ne voglia il maiorchino, da non appartenergli.  Manco per sbaglio. Lo spiffero ha intanto ottenuto l’effetto di demoralizzare tutti.  Tranne il  buon Dovi.  Bravo, generoso, combattente. Ma più Paride che Ettore. Capace comunque  d’opporsi senza timore alcuno al terribile  ‘ cade non cade‘. Che altrimenti continuerebbe   a sguazzare felice come un putto da una pista all’altra.
E, in Austria, con tutte quelle curve a destra, ce l’ha fatta,  il buon Dovi, a (ri)metterlo a partito.  Dopo un duello epico. Come non se ne vedono più tanti sullo scenario sportivo mondiale. Colpendolo proprio in quel ‘tallone ’laddove colui da immortale diventa mortale:  ovvero, non si direbbe, il suo modo ‘ pazzo’ di  ‘ annientare‘ gli avversari. Nonostante tutto questo  ( per noi) resta urgente insistere con  Omero perchè ripensi, almeno in parte,   la sua vicenda rafferma da tempo immemore.
Modificando   la sua  prima nota stesura donde ha posto  il lauro sul capo del giovane guerriero  costringendo il vecchio all’umiliazione d’essere appeso al carro e trascinato più volte inerme davanti alle porte Scee. Mentre, in questa ( auspicata)  seconda versione, con il mondo nel frattempo profondamente cambiato, che altro di più bello  ci sarebbe se non trasferire  il lauro dalla astuta ferocia del giovane alla generosa sapienza del vecchio ? Certo è che per far questo occorrerebbe mettere i contendenti  ( almeno) in condizioni  di parità del mezzo. Non l’uno perfetto e imprendibile e l’altro sfiatato e lento.
Non l’uno cavallo invincibile e l’altro  ronzino. Alla pari. Certo. Semplicemente. Sulla verde pista austriaca, a dir il vero, il vecchio Maestro  è sembrato sulla strada di ritrovare risorse e mezzo. Non ( tali) per rilanciare la disfida, ma (almeno) per intravvedere il podio. Non poco, dopo due anni di calvario.  E chissà però che non sia questo un primo segno del mutato umore degli dei del motorismo verso gli  ( straordinari)  eroi  di questa  disciplina sportiva ( ancor ) capace di produrre  materia  epica?
Oggi, non ha  forse   lo sport ha  un suo peso  simbolico ?  Dai mille risvolti,a nche culturali? Ebbene, il  grande Maestro,  se  a quarant’anni non può certo pretendere d’essere il futuro del suo sport può però pretendere un altra, ultima, chanche. Questo sì.   Anche perchè come si  può  negare  all’umile  Ettore  l’attesa rivincita contro l’ arrogante Achille ?
 
* MOTO CURIOSITA’. Paolo Ciabatti, ds Ducati: “ Andrea in questo modo, con queste prestazioni, acquista fiducia. Per riaprire il Mondiale servirebbe un aiuto esterno ma Zeltweg ha dimostrato che in pista ci sono solo due moto”.  Ci sono, adesso, perchè fin all’ora prima del Gp in Austria, di moto in pista ce n’era una e una soltanto. Quella ‘ misteriosa’ Honda che  risponde ai richiami di Marc Marquez  come Dinamite a quelli di Tex Willer.
* MOTO MERCATO. Gigi Dall’Igna, direttore sportivo Ducati, ha ( chiaramente) confermato il tentativo di riaggancio con Lorenzo. Al momento sembra però che nulla cambi. Del resto la ( straordinaria) risposta data dal Dovi non può non essere messa in conto.
Per lui i punti di distacco dal ‘ mostro’ sono ancora tanti ( +58, 172 a 136), quindi pensare che possa contrastarlo per il titolo 2019 è speranza abbastanza remota. Si può pensare al prossimo anno, questo sì, magari anche con l’ingaggio non tanto del maiorchino ma di qualcun altro  che di timori è privo. 
Magari qualcuno dei nostri giovani talenti in fase di maturazione. Magari anche  quel giovane siculo ( nato in Francia), ancora imberbe, ma che dalla mitica isola d’origine sembra avere attinto ( senza lui saperlo) le  invincibili qualità dei Centauri. 
* AUTO FRASI. E’ capitato di sentire dalla bocca del Tulipano  volante questa frase: “ Hamilton? Nulla di speciale. I suoi successi sono dovuti soprattutto e mamma Mercedes“. In passato anche noi abbiamo pensato ( e detto) la stessa cosa.  Che ci sovviene identica ( o quasi) a quella che vien da  dire a quel ‘titano‘ che spadroneggia in MotoGp, montando Lui un Ippogrifo alato e il Maestro un ronzino rantolante.
GLI GLI USATI PASSI. Ci hanno appena assegnato le Olimpiadi invernali 2026 è già le rivogliono indietro. La ’colpa‘ però questa volta non è del Cio ma del Governo che ha fatto approvare ( in Senato, 152 voti favorevoli, 52 contrari) il  Collegato sport’ che di problemi ne sta creando tanti ancor prima dell’ufficializzazione alla Camera.
E siamo costretti così a tornare suoi nostri ( usati)  passi. I nostri (usati) discorsi. I nostri usati fenomeni. Donde, in teoria, saremmo un Paese meraviglioso, mentre in  pratica manco ci avviciniamo più ai più miserabili della Terra. Il godimento delle opposte fazioni in questi casi sfiora il delirio.  Il viandante bulgaro scruta allibito. E comunque, mentre il ( polemico) presidente Cio Malagò sbotta, il ( serafico) sotto segretario alla Presidenza Giorgetti, 53 anni, chiarisce ‘ Sono solo fraintendimenti’. Anche perchè la legge è tutta inventarsi.  Ora che succederà? Nella lettera del Cio inviata all’Italia si fa anche riferimento all’ipotesi di un incontro da tenersi addirittura alla fine della settimana a Losanna. Che potrebbe favorire un chiarimento fra Governo e Coni, magari con la ‘ mediazione’ del Cio. L’unica variante, da un anno attesa come inevitabile, è la caduta del Governo. Che sembra arrivato ( così si va dicendo) all’ultimo rantolo. E dunque, anche per questo caso, tutto riportando sotto una bella coltre di naftalina?
 IL CALENDARIO 2019/2020. Inizierà il 25 agosto 2019  e finirà il 24 maggio  2020 il prossimo Campionato. Il nostro Campionato, che nonostante scarsa dirigenza, insignificante attenzione politica e stadi ancora del secolo scorso, resta il più ‘ duro e bello‘ al mondo per le sue intrinseche difficoltà  storiche e caratteriali.
Attecchite all’ombra dei mille campanili. Addobbati da storie, personaggi, passioni che altrove manco si sforzano di capire. Danari  a parte. E se a dominare c’è n’è una su tutte, l’augusta  Signora di Torino, a rendere vivo fino all’ultimo secondo l’agone ci pensano le altre. Tutte le altre. Per un motivo o l’altro. Tutti validi. Tutti stimolanti.
E comunque tali da non farci dormire come invece capita in altri ( celebrati) tornei gemelli che già sotto l’albero di Natale, bene e spesso,  in questi ultimi anni, depositano  il pacco-dono d’uno scudetto ( risultato) anticipato. Il calendario ha tenuto conto, questa volta, di tanti distinguo. Che non stiamo a riprenderli. Ci sarebbe  da perderci la testa. Ci fidiamo. Ci affidiamo. Quel che estrapoliamo è che gli incontri tra le big five si disputeranno tutti in giornate diverse. Per quel che riguarda anticipi e posticipi invece bisognerà attendere la trattativa tra Sky e Dazn, che già lo scorso anno ha generato non pochi malumori. Tra i clienti Sky che dal tutto ( serie B compresa) dell’anno precedente si sono visti limitare ( sopratutto) gli anticipi.
Che dovrebbero restare tre anche l’anno prossimo, con fischio d’inizio per i serali alle ore 20,45. Per la Coppa Italia, infine, finale  in calendario per il 13 maggio.
 CON TE, SINISA. Adesso sappiamo del pericoloso male che ha colpito l’amato  Sinisa, una leucemia che andrà affrontata tempestivamente con una ‘terapia d’urto’ e che, prevedibilmente, andrà a creare non poche difficoltà  alla guida tecnica del Bologna.Superabili, però, visto che  ad esserne stato investito è un guerriero. Figlio fiero d’un popolo fiero tra popoli fieri,  che ci auguriamo riescano a trovare nel dialogo il loro futuro, per il bene dei Balcani, per il bene dell’Europa  facendo tesoro proprio  di queste  esperienze possa tornare a ridisegnare la sua ( millenaria ) grandezza.
Sinisa, infatti, non è un serbo migrato nel Belpaese, ma un cittadino del Belpaese. Dal giorno in cui ha messo i suoi piedi prodigiosi nel Belpaese. Che dapprima ha imparato ad ammiralo sul campo, eppoi, per quel suo modo d’essere autentico e diretto, ad amarlo anche fuori campo. Sinisa , ora, è uno di noi. E’ uno del Belpaese. E’ uno d’Europa. Che, in fondo, altro non rappresentano che la stessa casa. Il male è il male. Ma sentire tanto ( condiviso) affetto attorno, forse, l’aiuterà a vincerlo prima. E bene. Anche perchè non solo il calcio ( il calcio nostro, nella sua accezione più ampia ) ha costante bisogno di ‘figli’ come Sinisa.
IL FAR WEST DELLA F1.  Un breve ( e ultimo) commento sulla F1 detta ormai la formula ‘della noia’, o meglio,  della regola fatta su misura, e  che per questo ed altro di più non merita. Infatti ferma restando la situazione attuale, dove contro il lupo ( argentato)  ogni ( sacrosanta)  ragion  ( dell’agnellino) poco o nulla vale, di quanto andrà ad accadere sulle piste automobilistiche di qui alla fine dell’anno  non ce ne importerà un ‘ fico secco‘. Che esultino pure gli altri, gli anglo-germani, del resto sono rimasti così tanto a digiuno che per quel che spendono da  anni per primeggiare  possono anche festeggiare qualche piatto a base di wurstel e crauti. Per noi non c’è problema a consolarci  con altri piatti. Ergo, i titoli che piovono dai piccoli, brutti e cattivi  tortignacoli Fia e loro accoliti se li ‘coccolino’  pur tra loro. Per noi sono  solo carta straccia. Non ci fa piacere dirlo, ma se anche la ‘rossa’cominciasse a pensare di abbandonare quella ( maldestra) compagnia ci farebbe felici. Intanto noi, per quel che potremo, non dedicheremo più riga alcuna ad un ‘circus’ che tale è ma solo per esibire i suoi comici simulacri senza la credibilità necessaria.
Nello stesso tempo non seguiremo più telecronaca alcuna, nè gran premio, Monza compreso. Nostra speme è che in angolo del Pianeta i  milioni di fans della ‘rossa’condividano ( compatti)  una ‘protesta’ che gli uomini di Maranello ( al momento) non vogliono o non possono ( ancora) fare.
ABBANDONI E RITORNI. Tra le tante storie di questi giorni di calura, ce ne sono quattro cinque che c’intrigano. Per dire la nostra, non per altro, come fanno i tanti liberi scorrazzatori delle libere praterie social. De Rossi, ad esempio, mollato dalla sua Roma, è andato alla ricerca del sogno perduto. Ai tempi del  De Amicis avrebbe potuto trovare spazio accanto al racconto  ‘Dagli Appennini alle Ande‘, magari, riadattato ‘ Dalla Lupa al Boca‘, la mitica squadra dei genovesi d‘Argentina che per il nostro rappresenta l’ agognato mito remoto.  Ora, laggiù, i genovesi d’Argentina,  lo hanno atteso  a braccia aperte. Onorati e commossi.
E anche un po’ sgrammaticati nei loro striscioni di benvenuto. In generale però, perchè  anche c’è chi sul Plata  ( più prosaicamente) s’interroga a cosa possa servire un giocatore oramai datato, con diversi mesi d’inattività e che dovrebbe impegnarsi ( soltanto) fino alla prossima primavera. Stesse domande, infatti, ad essere sinceri, ce le poniamo anche noi. Dal divano, ovviamente. Senza malevolezza. Non la meriterebbe. Un’ altra storia andata-ritorno che ci ha intrigato è stato quella  che ha investito il nostro Buffon, nel suo ruolo tra i più grandi di tutti i tempi, ma scaricato pure lui dalla sua bella e finito da un giorno all’altro nelle braccia deludenti  degli sceicchi del Golfo. Infatti, se non andiamo errati, sono bastati pochi mesi sotto la torre Eiffel  per riportarlo laddove ‘ mamma sua lo ha lungamente amato e coccolato’. Comunque bentornato, caro Gigi, meglio tardi che mai. Altra storia intrigante è quella che sta investendo (forse) il più gran pilota di moto da corsa da quando esistono moto da corsa. Parliamo del mitico Maestro di Tavullia, che di ampie macchie giallo colora tuttora le piste del mondo. Anche per lui dire  basta da solo e senza intervento altrui, non è facile. Vuol continuare sfidando una legge che gli uomini dai tempi del sumero Gilgamesh non riescono a sconfiggere. La legge del panta rei. Da sfidare, se si vuole, se si crede, ma con cautela.
Meglio di tutto, infatti, sarebbe accettarla anzitempo, magari venendo a patti. Prima che sia la stessa dura lex  ad imporsi. E ad addolorarti. Sul ‘caso’ Rossi, tanto per fare un esempio Lin Jarvis, boss di Iwata, o se volete della Yamaha, è stato ( ancor) più netto come registra il ‘Corriere’: ” La Yamaha continuerà senza di lui, perchè continuerà anche senza di me e senza l’attuale presidente. Ciò non significa che Valentino non sia importante, anzi speriamo rimanga con noi come ambasciatore del marchio e, ora che sta affrontando l’ultimo capitolo in MotoGp, non andrà in nessun altra casa. Ma il futuro della Yamaha non passa più attraverso lui”. Il capitolo  del  panta rei è ampio. Ci sarebbe altro da sbottare.
Anche perchè sconfina con quei discorsi sulle ‘bandiere’ che oggi non esisterebbero più. Una ‘verità’ funzionale per  alcuni, soprattutto a quelli per i quali ( vedi quell’ex pizzaiolo che per sopportare un suo assistito si dice vada ad incassare qualcosa come  10 mln di provvigione) lo sport ( il calcio di preferenza)  è un grasso pollastro  spennare; ma non per quelli che affollano piste da gara e cavee di stadi più o meno moderni.
Questi ultimi di tanto benessere non mettono in tasca manco un centesimo. Semmai,  s’affezionano. E anche se soffrono come quei bimbi abbandonati da genitori egoisti e sciagurati  non ti molleranno più, per l’eternità.
… SAN SIRO: NUOVO O VECCHIO? ” Non sono ideologicamente contrario ad un nuovo impianto- commenta l’architetto Stefano Boeri, 62 anni, presidente della Triennale -. Del resto come potrei nel mio ruolo? Anzi, vi dirò di più: se passasse il progetto di un nuovo stadio, immagino ci sarebbe un concorso internazionale per scegliere lo studio migliore.
Ecco, io ambirei a parteciparvi, come architetto prima ancora che come presidente della Triennale. Ma resto dell’idea che un restyling del Meazza sarebbe la scelta più equilibrata”. I club, intanto, sostengono che non varrebbe spendere tanto danaro ( circa 700 milioni) per ristrutturare un impianto che non arriverebbe comunque ad offrire i servizi che oggi garantiscono i grandi stadi europei. i servizi di un impianto moderno garantirebbe ben altre entrate. ” Può darsi – replica l’interlocutore -, ma siamo sicuri che il tifoso italiano abbia voglia di vivere l’evento calcistico come fanno altrove, presentandosi allo stadio tre ore prima e andandosene due ore dopo la partita? Per carità, ci si abitua a tutto, ma io credo che da noi basti l’evento per riempire un pomeriggio o una serata allo stadio. Non il contorno”. Obiezioni corrette, quelle di Boeri.
Anche se non è detto a priori che gli italiani non possano, per quel che possono, modificare ataviche abitudini. Obiezioni che però non sembrano rispondere ad alcune domande fondamentali. Esempio: a) fare un restyling a San Siro, non significa ripassarlo con qualche pennellata di colore, ma sventrarlo nell’anima. Per anni. E mentre si procede, dove andrebbero a giocare Milan e Inter: a  Monza o a Como ? b) Siamo sicuri che  un restyling ( per quanto profondo)  andrebbe a soddisfare le mille richieste procedurali, di sicurezza strutturale e di sicurezza nell’uso abituale dell’impianto? Si sa che una casa vecchia, per quanto illustre e cara sia, resta pur sempre  vecchia. Con tutti i limiti della sua vecchiaia. Che non sono   nè pochi nè insignificanti. Soprattutto se si vuol guardare avanti. Comunque sia, il nuovo San Siro è stato deposto sul tavolo del comune di Milano.
PALLONE ITALIA. Aggiornamento. ” Sono 98 mila posti di lavoro, con 56,3 mln di euro risparmiati dal sistema sanitario per la prevenzione delle malattie cardiovascolari e 370 mila euro cancellati grazie alla riduzione della ‘ detenzione giovanile’ perchè giocare a pallone qualche volta è anche un modo per non perdersi”. Questo è altro nella pagina Focus della ‘rosea‘ del 10 luglio. Stilata apposta per fare il punto sul movimento calcistico italiano.
Un movimento ‘ forte’, anche se messo in continua ansia da aspetti non sempre edificanti. E promettenti. Il suo contributo diretto all’economia s’aggira intorno ai 743 mld, con 1.215 mld circa di contributi alla salute. La crescita media annua dei ( ricavi) s’aggira intorno al 10%, superata però dall’incremento medio della crescita stipendi, attualmente al + 10,5%. Occhio quindi ai debiti.
Segno incoraggiante è la crescita dei ricavi da stadio, in un Paese che ha stadi in massima parte inadeguati e vecchi.  Dall’età media d’oltre i 60 anni. Una questione da non sottovalutare, come  tanti insipienti e menefreghisti. Qualcuno sta cercando di superare l’impasse puntando su Eur0 2028. Che, stando l’attuale andazzo, sembrerebbe più una chimera che altro. Speriamo solo che qualcosa si sblocchi. Magari a Milano più che a Roma. Sarebbe un segnale decisivo. Anche se ancora una volta in arrivo dal Nord e non altrimenti.
 
* RAGAZZI  AZZURRI Altre reminescenze. E’ una Italia che piace anche quella del Mancio da Jesi. Lotta e non si fa mettere sotto dalla Bosnia, in una partita ‘vera’  di qualificazione per l’Europeo, ma da fine stagione. Comunque i tre punti incasellati ( 2-1 il risultato) mettono un set ball per il proseguo, a settembre, con due incontri in programma. Dopodichè la partecipazione al torneo continentale dovrebbe essere ( matematicamente) assicurata. Hanno invece ‘ defraudato’ i ragazzi della Under 20, che sotto di un gol contro i simil ucraini erano riusciti a pareggiare al 93′ con un gol stupendo, da scuola di calcio, ma subito raggelati da un Var nato per fare giustizia e usato per fare ingiustizia.
Gli avessero consentito i supplementari, avremmo potuto vedere chi dei due contendenti era superiore dopo una gara condotta tatticamente ( tra e pro e contro) in grande equilibrio. Morale, gli ucraini, una volta tolta di mezzo l‘Italia, sono andati dritti dritti a conquistare il loro primo (insperato, ma neppure maltolto) trofeo iridato di categoria.
ALTRE NOTE DALLA F1.
O ETERNE MOSCHE CAVALLINE ! F1. In Canada a tagliare per prima il traguardo è stata una ‘rossa’, ma per i (soliti giudici Fia) la vittoria è passata  ( sub judice ?) ad una ‘ freccia d’argento’. La solita che da alcuni anni a questa parte si cerca di far arrivare prima alla meta costi quel che costi. Tramite regolamenti ad hoc, pneumatici adattati alla bisogna, giudici univoci e perfino comprimari o accoliti disponibili a dare una mano propizia laddove onestà, carisma ed ingegno scarseggiano. Così è chiaro che lo sport va a puttana. Come è chiaro che i titoli assegnati in questi ultimi anni, ben che vada, saranno accettati come gli scudetti tolti alla Juve per trasferirli ad altri. Nel senso che, giusta o sbagliata che sia l’operazione, ci sarà sempre una parte consistente degli appassionati del calcio ( o  nello specifico  dell’automobilismo ) che mai e poi mai accetteranno queste ‘ salomoniche‘ ingerenze ‘ regolamentari’. ”  Capisco che agli appassionati – commenta un certo ing. Costa ( ex Ferrari ora  Mercedes)- il risultato del Canada lascia l’amaro in bocca, ma in quel caso il regolamento è molto chiaro. Vettel è uscito e poi rientrato non in sicurezza. Hamilton ha dovuto frenare per evitare il contatto e non c’erano altre storie”.
Che la manovra di Vettel sia stata a tal punto maldestra da  sottrargli la guadagnata  vittoria lo crede lui, soltanto lui, non noi, che del resto poco o nulla possiamo fare se non affidarci agli occhi nostri e non a quelli di ‘ addetti ai lavori’ d’un apparato che quando c’è da decidere qualcosa d’importante vede sempre e soltanto in una unica direzione. E non da oggi, da anni. Inoltre che certo ing. Costa capisca l’amaro in bocca dei fans della ‘rossa’ non ci pare proprio.
Ci pare piuttosto che capisca quel che ( non ce ne voglia a male) i cosiddetti ‘transfuga’ da che mondo e mondo ‘sono costretti a dire’ una volta riparati sotto un altro tetto. Del resto, come diceva( se non erriamo)  Gramsci, di ‘mosche cavalline‘ ne son piene le epoche.
Contano quel che contano. Però ci sono. Eccome. Ronzanti. Molti secoli fa, ai tempi dei greci antagonisti dei  persiani, ad esempio,  non pochi  dei primi ( per affaracci loro) sono traslati al servizio dei secondi dominatori di quell’epoca. Qualcuno sì è pure rifatto la verginità. I più, però, hanno dovuto abbassar l’ali.  E qualcuno pure il collo. ” Del resto, caro, che vuoi che ti consideri – motivava con scherno il Grande Re - hai tradito la gente tua, figuriamoci se ti lascio in vita che faresti della nostra”.
MA SI’ CAMBIAMO ( ANCHE) LE GOMME! Volete saperne un’ altra, bella bella e , come si dice da queste parti, con i calzetti sulle ‘frecce’Helmut Marko, 76 anni, braccio operativo di Dieter Mateschitz alla Red  Bull, amico e connazionale del ‘ nostro‘ indimenticabile Niki, s’è sbottonato ( di recente) con la ‘rosea’ trattando tante cose interessanti. Tra queste la decisione di adottare ( a campionato in corso) nuove gomme che ( alla prova dei fatti) aiutano ( solo e soltanto) la ricca e potente casa automobilistica di Stoccarda detta delle ‘ frecce d’argento‘. ” La morte di Lauda avrà certo un peso notevole sulle sorti delle ‘frecce d’argento’ in questo campionato.
La sua intelligenza ( abbianata all’esperienza) contava e non poco. E comunque in questa hanno accumulato un tale vantaggio, grazie a quello stupido cambiamento delle gomme, che sarà difficile  non riportare in porto un altro titolo. Al momento, ci sono 19 team che fanno fatica e uno solo che ne beneficia. Adesso è più importante il giro per scaldare i pneumatici di quello di qualifica. Se non raggiungi la temperatura ideale, sei rovinato. Noi magari in quell’istante abbiamo la macchina più veloce in pista, poi entra la safety car, le gomme si raffreddano e siamo ( tutti)  fregati”. ” Come si è verificata una situazione del genere? Quella di ridurre il battistrada – integra Marko - è stata una richiesta della Mercedes che ha sempre sofferto di ‘ blistering’. Ma così si rovina lo sport … “. Ovviamente . Come ovvia ( scontata) è stata la smentita  della Pirelli, che rimanda alla superiore velocità in gara delle ‘frecce‘ il vero motivo del loro successo. Smentita, giù, ma che manco quelli della casa  milanese ( probabilmente) credono. Non ne avevamo avuto abbastanza con la questio power unit, che sì è aggiunta anche questa ( ulteriore decisiva) concessione. Per quelli che vincere vogliono, sì, ma a tutti i costi. Senz’altro è per questi ‘ retroscena‘ più o meno pubblicizzati, che quando va in pole la ’rossa’ saltano i banchetti, mentre quando il solito ( i soliti) s’assidono ( qua e là pel mondo) sui gradini più alti del podio ( tuttalpiù) s’applaude. Per non sbadigliare. Così cominciamo a credere  a quel venticello leggero leggero che assicura della ‘ segreta voglia’ del ( grande?)  Lewis di provare ( finalmente)  il brivido d’una ‘rossa‘.
PROMOSSI & BOCCIATI  Campionato 2018/2019: ( vanno in ChampionsJuve ( campione d’Italia), Napoli, Atalanta e Inter; ( vanno  in Europa LigueMilan e Lazio  ( gironi) e Roma (preliminari); ( retrocedono) ChievoFrosinone ed Empoli.
* AGGIORNAMENTO RANKING UEFA. Aggiornamento al 30 novembre 2018 del ranking Uefa. ClassificaSpagna, punti 96.283; Inghilterra, 73.034; Italia, 72.o11; Germania, 68.355; Francia, 54.331. Con questa posizione l’Italia ha assicurata la quarta squadra anche per il campionato 2020/2021.
IL FUOCO D’OLIMPIA. Il Cio ha assegnato a Milano-Cortina le Olimpiadi della neve 2016. Un successo ‘ politico-diplomatico-sportivo’ che ci voleva. Per tirare fuori dalle secche uno sport italiano che con la scarsità di buoni dirigenti che ha rischia ad ogni ora di più d’invilupparsi come altri aspetti della vita nazionale. Politica in primis. In questo caso, facendo squadra tra realtà diverse, s’è approdati ad un riconoscimento non scontato ( pochi i voti di differenza) eppure, a suo modo, significativo.
Ora occorrerà rimboccarsi e le maniche e mettersi al lavoro. Perchè tante sono le cose  da fare. Tra queste alcuni impianti che potrebbero segnare il futuro ( non solo) sportivo di Milano, Cortina e delle Regioni coinvolte. Nella circostanza, guarda un po’, Inter e Milan hanno annunciato l’imminente presentazione al Comune del progetto sul nuovo San Siro, circa 60 mila spettatori, poco distante dall’attuale impianto che dovrebbe  (  in seguito) essere abbattuto.
Verrà, perchè ( manco a dirlo) tanti restano i nodi da sciogliere. E sempre che il Comune voglia fare una scelta lungimirante o meno. Per dirla in breve, o come Torino o come Roma. In un caso guardando avanti, nell’altro  arrancando  nei meandri d’un passato torbido e inconcludente.
ALTRO ANCORA.
IL CORRIERE DELLO SPORT  SUL CALCIO CHE  AMIAMO. Questa volta l’iniziativa è del ‘Corriere dello sport’ , che sul nostro calcio cerca di fare chiarezza. Intanto sulle entrate, che sono oltre i 2 mld ( 2.2 mld) , ma sotto ( di non poco) rispetto alla Bundes ( 2,8 mld) e alla Liga ( 2,9mld). E soprattutto alla Premier ( 5,3 mld), che in ogni rivolo a favore riesce a  trovare oro. Noi che potremmo implementare introiti ( soprattutto da stadio e da diritti televisivi esteri) di tanto e in poco tempo, ce ne stiam con le mani in mano. Infatti possiamo far accomodare sulle poltrone di comando chi e quanti vogliamo, che il risultato  ( più o meno) resta ( purtroppo) lo stesso. Si veda la quaestio stadi.
Che se ammodernati come Dio comanda tanti introiti produrrebbero, ma che  restano al palo, nella loro obsoleta noncuranza. Si veda San Siro. Si veda l‘Olimpico. si veda il San Paolo. Qualche mosca bianca svolazza, come a Udine o a Bergamo, ma è ( ancora) poca cosa rispetto a quello che ci vorrebbe per tornare ( anche qui) sul tetto d’Europa.
E qui ci sovvengon le frotte di presuntuosi, ben sbarbati e di griffe vestiti, tutti a gambe accavallate su calde ( e remunerate) poltrone raccolti, a dir del loro. Che nulla cambia. Che nulla crea. Se non i calcinacci che, da quel che si dice, sembrano ( ora) staccarsi ( perfino) dal terzo anello del vetusto e glorioso San Siro.
L’ALLORO   D’ALBIONE. A guastar la festa, soprattutto se tanto danarosa, si sa,  non è bello. Anche perchè, oltre che a risultare antipatici,  si rischia di farsi mandare ‘ a quel paese‘. Eppure quel Made in England stampigliato  da quattro loro squadre sulle finali di Coppe europee di calcio, non ci convince più di tanto. Onde per cui non ci riesce d’esultare più i tanto come van facendo i ‘ faciloni’ di casa nostra sempre pronti a salire sul carro del vincitore non appena questo bordeggia le gambe nostre. Non è una questione di ranking Uefa che, a questo punto, volgerà nettamente a favore dei valorosi d’Albione. Togliendoci quella ( non remota) possibilità di affiancarli e superarli. E’ una questione di trasparenza che nello sport, qualsiasi sport, non è solo forma ma sostanza. I ragazzi che s’affacciano sullo sport credono in quel che vedono ed ‘ingannarli’  non conviene a nessuno.
Di qua e aldilà dell’Alpe.Veniamo al sospetto, che non è una prova, ma solo un sospetto. Delle beghe con l’antidoping di Ramos lasciamo perdere. Rivolgiamo invece lo sguardo sui vari campi di gioco, dove le figlie calcistiche d’Albione hanno fatto sfracelli.
Correndo a perdifiato. Fin oltre i tempi supplementari, come i ‘reeds’ con i ‘ lancieri’, più giovani ma questo ( evidentemente) poco importa quando nella mischia si possono gettare energie prodigiose che  rendono poca cosa  perfino il ‘ genio della lampada del calcio di tutti i tempi‘ , costretto ad assistere più che a partecipare. Durante le telecronache un commentatore s’è lasciata sfuggire l’annotazione ‘ ma come fa al 92′ a lanciarsi con tanta energia in quegli spazi vuoti ?’.
Sul Corriere dello sport, invece, nelle pagelle stilate da Alberto Polverosi si legge, tra l’altro, questa valutazione  su un centrocampista del Tottenham: ” Dopo 20′ ha il fiatone essendo costretto non a correre ma a ricorrere. Non si sa dove riesca a trovare tutte quelle energie nel secondo tempo, quando resta l’unico mediano in campo’. Già, dove le trova? Chi sa perchè non spiega, por favor, una volta per tutte?
NOTRE DAME DE PARIS. Brucia l’antica cattedrale di Notre Dame di Parigi . Brucia non per un attentato o per altro intento doloso. Brucia per una ‘distrazione‘, tutta da verificare, di quanti stavano lavorando alla sua opera di  ‘ ristrutturazione‘.  Incredibile, ma vero.
Quando la notizie si è sparsa per la grande metropoli la gente, segnalano i cronisti, di qualsiasi ceto e origine, di qualsiasi colore ed estrazione religiosa, di qualsiasi età e genere, s’è precipitata ( incredula ) a verificare direttamente quanto di inatteso stava accadendo. Qualcosa che non doveva riguardare  (solo)  un monumento storico, un concentrato d’arte e storia, un prestigioso lascito collettivo d’un millenario passato, ma un fondo di appartenenza ed identità che ad altro può  attingere se non alle  ‘ amai abbandonate  radici cristiane’ ?  Ora al rogo, neglette da troppo tempo, ma ( forse) proprio per questo  ( inusitatamente) capaci  di  qualche senso di colpa? E  fors’anche di voglia di ripensamento? O  perfino di tornare sul sentiero antico? Nel frattempo, lacrime di dolore sono state versate per l’ennesimo crimine a Ceylon contro i cristiani. O meglio contro quei cattolici romani che van predicando il verbo del Cristo risorto.  Per redimere. Per pacificare.  Per instaurare ponti tra le civiltà del Pianeta. Al punto che tanto reiterato odio ( praticamente denunciato, Santo Padre a parte, da nessuno o quasi) verso costoro  non è nè plausibile nè comprensibile.
GLI IMMORTALI. È ritenuto uno dei più grandi allenatori di ogni epoca e il suo Milan (1987-1991) una delle squadre migliori di ogni epoca, da alcuni la migliore di sempre. France football oggi lo mette al terzo posto assoluto, dopo Michels e Ferguson. I suoi metodi di allenamento e le sue idee e convinzioni sono stati spesso oggetto di discussione.
Sacchi ebbe inoltre numerosi screzi con l’opinione pubblica e con alcuni suoi giocatori: proprio per questo è stato spesso accusato di ritenere prioritari gli schemi rispetto agli uomini. Nel settembre del 2007 il Times lo ha nominato miglior allenatore italiano di tutti i tempi e 11º in assoluto a livello mondiale.
Nel 2011 è entrato a far parte della Hall of Fame del calcio italiano. Da allenatore del Milan, squadra che ha guidato dal 1987 al 1991 prima di tornare per una breve esperienza nella stagione 1996-1997, ha vinto uno Scudetto, una Supercoppa italiana, due Coppe dei campioni, due Supercoppe europee e due Coppe intercontinentali. Durante la sua prima esperienza a Milano Sacchi forma il team soprannominato gli Immortali, una delle squadre di club migliori di tutti i tempi secondo la UEFA,oltre che una delle squadre più vincenti della storia del Milan. Ha allenato dal 1991 al 1996 anche la Nazionale italiana, guidandola ai Mondiali di calcio del 1994 (finalista) e agli Europei di calcio del 1996 (eliminazione al primo turno). Nel 2006 la rivista internazionale France Football ha nominato il Milan di Arrigo Sacchi migliore squadra del mondo del Dopoguerra.L’anno seguente un sondaggio online pubblicato nella rivista inglese World Soccer nominò il Milan di Sacchi (in particolare quello della stagione 1988-1989) la squadra di club più forte di tutti i tempi, nonché la quarta migliore di sempre in assoluto, dietro al Brasile del 1970, all’Ungheria del 1954 e ai Paesi Bassi del 1974. Tra i giocatori che scesero in campo nella finale vinta ( 4-0) contro la Steaua,  c’era gente del calibro di Baresi, Maldini, Tassotti, Costacurta, Ancelotti, Donadoni, Rijkaard, Gullit eVan Basten. Una formazione unica, irripetibile.
Nota a parte. Con piacere  notiamo il ‘ miglioramento‘ in casa Sky del commento calcistico. In generale,  e in particolare grazie al contributo del don Fabio che ( finalmente) liberatosi degli ultimi  ( non felici) trascorsi con le nazionali di  Inghilterra e Russia, ha ripreso a rimirare con il dovuto rispetto eventi e personaggi del calcio di casa nostra. Dobbiamo ( dolorosamente) ammettere, con ( grande) competenza, lucidità, sintesi. Diciamo che ci ’azzecca’, eccome. Vedi il vaticinio  sull’impresa dei ragazzi dell’Ajax al Bernabeu. Stando le cose in questo modo, non possiamo quindi che esultare per avere ‘ ritrovato‘  un contributo  ( tanto) importante per la risalita del nostro sport preferito  ( stadi e commerciale  a parte) nell’Olimpo del calcio  europeo.
E  … NON LA VOGLIONO CAPIRE.  ” Dagli arresti per doping e dintorni di Seefeld - commenta Pier Bergonzi su ’ Lo spunto’ - sale un rancido odore di vecchio. Vecchio come l’impiego delle trasfusioni di sangue per migliorare le prestazioni, come i nomi che ricorrono, come la mentalità di chi proprio non la vuole capire”. Odore di vecchio? Perchè c’è chi non la vuol capire?  Già, e  chi non vuol capire? Lo sport, la sua organizzazione, i suoi interpreti piccoli o grandi che siano, l’informazione che gli grava attorno? Chi? E’ comunque bastato un semplice blitz mattutino delle polizie austriaca e tedesca a Seefeld, sede dei mondiali di sci di fondo,  per cogliere con la siringa conficcata nel braccio uno degli eroi che di lì a poco sarebbe sceso in pista per andare a strappare chissà quale lauro  per conto  suo e della bandiera che rappresenta. Nove gli arresti, cinque sono atleti.
Tra i non atleti c’è anche il medico della Gerolsteiner di ciclismo, ( a suo tempo) travolta dagli scandali doping. Sì, perchè qui, nonostante le evidenti coperture a livelli diversi diffuse in ogni angolo del Pianeta,  non s’è ancora ben capito  se ‘sta questione doping venga affrontata come si deve oppure  no. Una questione doping che potrebbe riguardare molti sport, addirittura anche quelli finora tenuti in zone franche, ma solo perchè talmente importanti  da rischiare la  deflagrazione dell’intero sistema sportivo mondiale.  E tuttavia, a noi, per quel poco che contiamo, di deflagrazioni minimali o massimali poco interessa. A noi, per quel filo irrazionale e sentimentale che ci lega ancora all’evento sportivo, interessa che quanto si va ad ammirare, allo stadio o in altro che sia, lo si possa fare  ’ a cuore sereno‘. Credibilmente.  D’imbrogli ed imbroglioni, insomma, ne abbiamo l’anima piena. Un appello però ai media: non  lascino cadere nel vuoto questa miseria umana.
CURIOSITA’
Questi i numeri della ‘rossa‘: 31 Mondiali ( 15 piloti e 16 costruttori); 970 Gp disputati dal 1950, con 235 vittorie.
ETIMOLOGIE Chiariamo alcuni termini, anche perchè oggi possono risultare utili. Anzi, indispensabili.
Demagogia è un termine di origine greca (composto di demos, ’popolo‘, e aghein, ‘trascinare‘) che indica un comportamento politico che attraverso false promesse vicine ai desideri del popolo mira ad accaparrarsi il suo favore a fini politici o per il raggiungimento/conservazione del potere.
Populismo (dall’inglese populism, traduzione del russo народничество narodničestvo) è un atteggiamento culturale e politico che esalta genericamente il popolo, sulla base di un atteggiamento di forte sospetto nei confronti della democrazia rappresentativa. Il populismo può essere sia democratico e costituzionale, sia autoritario; nella sua variante conservatrice è spesso detto populismo di destra.
*l Sovranismo (dal francese souverainisme) è, secondo la definizione che ne dà l’enciclopedia Larousse, una dottrina politica che sostiene la preservazione o la ri-acquisizione della sovranità nazionale da parte di un popolo o di uno Stato, in contrapposizione alle istanze e alle politiche delle organizzazioni internazionali e sovranazionali. Si definisce sovranismo l’opposizione al trasferimento di poteri e competenze dallo Stato nazionale a un livello superiore, sovranazionale o internazionale, processo visto come fattore di indebolimento e frammentazione della propria identità storica, e di declino e svuotamento del principio democratico, che stabilisce un nesso di rappresentanza diretta fra i cittadini e i decisori politici. Partiti e movimenti politici nei confronti dello Stato muovono istanze di tipo federalistaautonomistaindipendentista. Nell’ambito delle relazioni estere con l’Unione europea, altre organizzazioni internazionali e sovranazionali, il sovranismo può tradursi in posizioni di isolazionismo politico-militare e di protezionismo economico (che nel caso del fascismo si tradussero nell’aspirazione a un’ideale autarchia). Il movimento precursore di questa idea di democrazia può essere indicato e riconosciuto nel bonapartismo (Napoleone I e Napoleone III, in accezione cesaristica) e nella rivoluzione francese, specialmente nelle fazioni che si rifacevano alle idee politiche del filosofo Jean-Jacques Rousseau, come i giacobini.
( Da Wikipedia)
QUESTE  LE BASI  DELLA NUOVA EUROPA?   Non è che i due vice premier sotto l’ala provvidenziale del premier Conte, ci convincano più di tanto. Anzi, l’uno imberbe, l’altro tracotante, non si sa bene cosa stiano combinando. Con le nostre leggi, con i nostri problemi. Con i nostri soldi, con le nostre frontiere. Epperò a preoccuparci ancor di più sono quelle ( più o meno) ‘ sante alleanze‘ che spuntano ( ad intervalli più o meno regolari)  nel cuore dell‘Europa con il (reiterato) intento di metter le basi della ‘ nuova Europa‘.  Che più che nuova, basti guardarsi indietro, sembra  essere  un copia e incolla ( si fa per dire) dell’Impero carolingio  o ( in subordine)  del Sacro romano  impero.
Dove a farla da padrona  sarebbero ( ancora  una volta)  Franchi e Germani,  gente (forse) della stessa famiglia, ma che andare d’amore e d’accordo manco   lo sognano.  Più o meno entrambi Goti,   ( bene e spesso) hanno avuto da ’masticare amaro‘ quando dovevano vedersela con i popoli del Sud, i Mediterranei, e nell’ispecie,  Italici o Padani. Chè senza di loro l‘Europa è  monca. Impotente. Inutile. Del resto che  sarebbero gli Stati uniti d’America  senza il Texas o la California ?   Una mini potenza?
Oppure una nazione  sull’orlo d’ un’altra guerra civile? Udire, di recente, che l’algido  Macron e la pensionanda Merkel si sono stretti  la mano per rinnovare un altro (anacronistico)    ‘asse  a due’ non autorizza  altra speranza  che  ‘ possa saltare ‘ come tutti gli    ‘assi‘ precedenti,  europei e non, a due o tre o quattro, anche perchè  ( ammesso e non concesso) dovesse  ( davvero) ‘ rinsaldarsi’ per l’Europa tutta   sarebbero  grossi  guai in vista,  e per  i due vetero  ’assisti  ‘ in primo luogo. Mamma che furbi!!! Arridateci  … il conte di Cavour,  il  gran cancelliere Metternich e  il general Charlone !
Sì, perchè, anche se i rampolli  stentano a capirlo, l’Europa non è una torta dalla quale estrapolare fette, a proprio  piacimento, all’infinito, ma solo e soltanto ( ancora) una gran bella torta da ‘ godersi’ ciascuno per la propria parte ( insieme)  prima che arrivino altri, altri popoli, a forte desiderio di conquistarsi  i primi posti sul Pianeta, ad inghiottirsela ( tutta d’un fiato)  nelle voraci  bocche loro.
Davanti a  tanta patetica e inusuale incertezza, speriamo solo che Albione ci ripensi. E invece d’andare a navigare in solitaria in alto mare come vorrebbe la May, dimissionaria, resti dove le sue radici affondano. Dove? In Europa, logico!  Magari per contribuire a (ri) dare al Vecchio Continente quell’equilibrio, nord-sud e centro,  che solo i Cesari  avevano ( troppo tempo fa ) imposto manovrando con le calighe dei loro imbattibili legionari,  garantendo però   secoli  di unità, forza  e crescita.
SVEGLIATEVI, O  BACUCCHI ! Finalmente la vecchia,   cara ‘rosea’ suona la sveglia a quelli per cui gli stadi sono  solo pensieri.  Fastidi.  Ingombri.  E tuttavia garantisce Abodi,   presidente ICS, ‘ Serve una regia del Governo. Ma venti piazze ( almeno) sono pronte a partire con loro progetti. Tutti interessanti’. Al  momento, lo ricordiamo, nuovi impianti da gioco del calcio degni di menzione  in Italia sono l’Allianz Stadium ( 42 mila posti), la Dacia Arena, il Mapei Stadium e il Benito Stirpe.
L‘Atalanta ci sta lavorando. Ma occorreranno alcuni anni. Da Roma, invece,  la promessa solenne della sindaca Raggi: ” Entro l’anno si parte con lo stadio “. Così assicura   anche mister Saputo, per il nuovo ‘Dall’Ara‘ in una piazza tra le più prestigiose  come quella di Bologna.  Un po’ troppo poco per aspirare ad Euro 2028 ? Diciamo solo  che qualcosa si muove, nell’attesa di passare dalle ciance ai fatti.
Che altro non sono,  la  ( principale) differenza che intercorre tra noi e gli  (altri) tre principali tornei europei. A proposito di tornei, non manca pulpito dal quale non s’odano levarsi i soliti peana pro Premier oltre ad altri illuminati apprezzamenti sul nostro  frustrato  gioco del pallone. In una trasmissione-svago  di Rai 2 il transfuga (  Sky) Massimo Mauro, non s’è trattenuto dal gettare al popolo la sua  lucente verità:  ’ Il nostro è il Campionato più noioso. Dove tutto è deciso. A me non piacciono i tornei dove tutto si sa ancor prima che partano’. Un piacere, il suo, abbastanza strano da godersi, e da condividersi, visto quanto accade, qua e là,  nel  Vecchio Continente.
 In Liga e in Ligue, infatti, tutto è stabilito, o quasi, da tempo. In Bundes (  fortuna loro e nostra) menti illuminate  devono avere  ( finalmente ) consigliato al Bayern di Monaco di prendersi un anno sabbatico,  visto che dei bavaresi  ad alzare scudetti non se ne poteva proprio più.
Da quelle bande sembra che del defilarsi dei bavaresi ne stia  approfittando il Borussia D., sembra,  infatti, visto    che di Bundes ne ha vinte ( finora)  abbastanza poche.
La maggiore suspence  ( manco a dirlo) ci giunge   dalla Premier, dove  la palma della più bella del reame è contesa a due  ( solo a due), tra Liverpool e  City (  secondo,  a 5 punti). Mamma, che brividi! E che dire della ‘noia mortale’  che s’è impadronita della mitica Coppa dalle grandi orecchie, nell’ultimo lustro finita ( con le buone o con le cattive)   per ben 4 volte ( ad eccezione del 2014/2015) nelle mani del Real  del Florentino madridista ? Certo, il piacere di parlare e sparlare sul piatto in cui s’è mangiato e si continua a mangiare, è un esercizio che nel Belpaese trova  i suoi più geniali, generosi  ed indefessi cultori. Morale è , però, che mentre milioni di nuovi fans in giro pel Pianeta vengono convinti ad affezionarsi ad altre leghe con prodigiosi ritorni economici, la nostra  resta al palo. A contare spiccioli.
E come potrebbe essere altrimenti? Scusate, ma se siamo noi i primi a  ‘sconsigliare‘  l’acquisto del nostro ( pur sempre pregevole)  ’ panettone‘   chi volete  poi che ( stadi a parte)  voglia  affannarsi ad acquistarlo  per  rallegrare le ore di festa?
ESPERTI DI CICLISMO. A proposito di grandi, su Bike Channel, in una trasmissione dedicata alla ‘ Grande storia‘ del ciclismo,   qualcuno degli invitati nello stilare la graduatoria degli scalatori d’ogni tempo, ancora una volta s’è dimenticato di citare Bartali  nel confronto con i Gaul, Fuentes, Bahamontes, aggiungendo  invece Mercxs e non Coppi. I quali, se non andiam a farfalle,  sarebbero entrambi da classificare   passisti-scalatori  e non (solo ) scalatori, o grimpeur , come i francesi chiamano i camosci delle montagne.
he nelle salite, anche durissime, una volta preso il loro passo, sanno seminare anche i più irriducibili  specialisti. L’ ignoranza non sorprende, perchè è  da anni che delle vere grandi pagine dello sport italiano non si fa più giusta memoria.
E così dei suoi pochi leggendari protagonisti. Incredibilmente. Soprattutto se  datati o del Dopoguerra. Che di eguali però non ne abbiamo mai più avuti. Perchè se è vero che il Pirata  ( più di recente) faceva fermare l’Italia degli appassionati, Coppi, Bartali e Magni  ( dal ’30 al ’60) non solo hanno fatto  scorrere fiumi di lacrime ad ogni impresa ma incidevano  ( perfino)  sulla rinascita post bellica  di questo nostro ( smemorato) Paese.
DEDICATO AGLI  ESTEROFILI.  Un pensiero dedicato ai milioni gli esterofili che abitano il Belpaese. Ma anche a quei giocatori, giovani e non, come Chiesa, il Pipita o Perisic che sognano Albione alla ricerca di un Eldorado in questa valle di lacrime. O meglio, ‘ del posto ideale in cui crescere‘. Basti allora questa confessione di Emiliano Viviani, portiere classe 1985 della Spal: ” Perchè sono tornato? Perchè in Italia si sta come in cima al mondo. Perchè a Lisbona era tutto surreale; mi mancava la quotidianità dei rapporti umani. A Londra e Lisbona è più dura andare in piazza, bere un caffè, leggere il giornale, parlare con la gente. Qui si può. E, a Ferrara, eccome!”.
IL CALCIO EUROPEO A TRE VELOCITA’. Non c’è crisi nel calcio europeo. Più ricavi, più spettatori, più utili. Si allarga però la forbice tra ricchi e poveri della pedata. I 12 club ‘ globali‘ fra cui la ( sola) Juventus, fatturano 1,6 mld di sponsor e commerciale, esattamente il 65% del totale.  Tutto il restante non raggiunge, messi assieme, un miliardo. Tra le prime 12, 6 inglesi, 2 spagnole, 2 tedesche, una francese e una italiana ( Juve). La Serie A fattura 2.2 mld, ma è troppo dipendente dalla tivù ( 49% del totale). Siamo al quarto posto, lontani da Spagna ( 2,9 mld) e Germania ( 2,8 mld), con distanze in prospettiva ulteriormente allungabili visti i prossimi  rinnovi tivù di Liga e Bundesliga.
L’Inghilterra da sola incassa, nel totale, 5,3 mld.  Un dato questo, certo e assodato, che attira come specchietto per allodole ( soprattutto)  tutti coloro che prima all’erba verde del campo da gioco  guardano al luccichio delle monete. C’è qualche speranza per il calcio italiano di rimontare? Qualche. Solo qualche.
Perchè, a dirla alla Teotino, qui occorre qualcuno che sappia allungare la vista  oltre il proprio orticello e faccia costruire nuovi e moderni impianti. Stadi e non soltanto. Infatti c’è anche il marketing. Questo e poc’altro. E subito.
Picciolo sorriso ce lo fa venire il dato che, in compenso, il valore medio di una rosa di un club italiano, 85 mln, è secondo soltanto all’Inghilterra ( 135 mln). Sì, aggrappiamoci all’ aggrappabile. Del resto, che altro fare? Controllare se questi dati sono certi?  
ESSERE NOI STESSI  O ALTRI ? ” Manchester City e Liverpool - esulta il buon Arrigo - hanno regalato 97′ di emozioni e spettacolo. Hanno vinto con merito gli uomini di Pep contro il fortissimo Liverpool di Jurgen, ma in realtà tutte e due le squadre sono uscite vittoriose: ha vinto il calcio. L’incontro è stato giocato a velocità e ritmi impressionanti, impensabili per il  nostro calcio…”. In effetti, qualcosa di notevole si è visto nel match di punta di quel Campionato che nel ranking Uefa sta lottando con il nostro per la seconda/terza posizione.
Questione di spiccioli, si sappia, nonostante loro abbiano il vantaggio di entrate maggiori e di stadi adeguati al moderno agone calcistico, e noi invece no, anche per situazioni generali che è  difficile comprendere.
Continuare a dirci che gli altri volano e noi passeggiamo più che a stimolarci a fare altrettanto ci preoccupano e non poco. Nell’agone sportivo moderno altre discipline, e non soltanto il calcio, ci hanno insegnato che le ‘ prestazioni fisiche’ non son frutto  ( solo) di ‘ eredità  genetiche‘ o di ‘ casualità’.
C’è ( oggi) di mezzo la ( cosiddetta) medicina dello sport, con tutte le sue sofisticherie, sempre più chiamata a fare il possibile ( e l’impossibile) per ‘ ottimizzare‘ la prestazione ( soprattutto) quando questa ( deve risultare)  decisiva. Allora, più che a venire a lamentare le solite nostrane ‘ inferiorità’, pensiamo a qual spettacolo sia meglio affezionarci.
A quello di un calcio collettivo,  di corsa  e  (soprattutto) agonistico  o  a quello di un calcio che coltiva radici profonde, sociali, di campanile, se vogliamo, ma anche di di corsa ( quando serve) e comunque mai  a vanvera,  perchè soppesato, magari fin troppo, ritagliato apposta come un buon abito sul soggetto interessato, e ricolmo di colore e  passione quando esprime al meglio le sue innumerevoli ( e mai anonime) identità? A qual calcio, dunque,  vogliamo affezionarci? A quello foresto o a quello  nostrano? Guardarsi attorno è meritevole. Auspicabile.
Per ‘ tenerci al passo’, si dice, ma per  ‘ scopiazzare’ no.  Questo no.   Tanto più che abbiamo nel nostro secolare retroterra  tanti e tali ‘ retaggi‘, ‘risorse’‘peculiarità‘ che tutto possiam fare fuorche diventare fotocopia d’altri. Ha detto un  ( nostro) saggio: per Albione due/tre secoli d’impero sono stati una immensità, per  noi una inezia.
Del resto, per restare nel solo calcio, in un ‘ confronto’ estivo a tre su Sky, il Pep tanto amato dal buon Arrigo non s’è trattenuto  dal dire  ” Avete vinto così tanto, e in tanti modi, che se c’è qualcuno che ha da imparare siamo (semmai ) noi e non voi”. Detto tutto ciò, per favore, o bacucchi/e  nostrani e non, dateci quei benedetti nuovi stadi.  E poi potremo valutare tra ‘ciance’ e  ’fatti‘.
COSA HA VOLUTO  DIRE UN … ANFITEATRO! Sono anni, anzi, decenni, che si chiede d’avere impianti sportivi aggiornati e adeguati. Potevamo centrare l’obiettivo, almeno parzialmente, con l’assegnazione dell’Olimpiade estiva a Roma. Ma, qui, si sa com’è andata, con  quel ( tragico)  rifiuto della  giovin sindaca  impegnata a far  tirocinio.  Potremmo, sempre parzialmente, centrare qualche impianto minore con l’eventuale assegnazione dell’Olimpiade della neve a Milano-Cortina.
Potevamo, potremmo. E non possiamo. Visto che tutto è in fieri. A Roma, con quella pantomima che lascia interdetti; a Milano, con cino-americani ancora alle ciance, su Santo Siro o altro nevico Ippodromo; a Firenze, con qualche progetto ancora sulla scrivania; a Napoli, con il sindaco De Magistris intenzionato a fare un restyling, o poco più, del vetusto San Paolo. E così via. Insipienti di qua, insipienti di là. E pensare che basterebbe sfogliare qualche vecchio libro per apprendere quanto lungimirante sia costruire un nuovo impianto ( o sta nell’ispecie). ” Vespasiano- si legge – sentì l’esigenza di un colpo di scena: ad esempio, una costruzione monumentale che gli procurasse fama e ammirazione imperiture.  Ebbe, allora, la lungimiranza di individuare il tipo di edificio adatto alle sue ambizioni. L’Urbe aveva bisogno di una grande arena per celebrare la sua passione più grande, ovvero il combattimento tra gladiatori?  Il Cesare comprese che se avesse realizzato cotale aspirazione, avrebbe potuto ’ eguagliare’ o  ( finanche ) ‘oscurare’ i predecessori più celebrati. La capitale disponeva di quattro anfiteatri. I primi due non abbastanza capienti e gli altri in legno. Il nuovo agone doveva perciò risultare diverso, molto diverso.
Vespasiano pensò allora ad un (mega) anfiteatro che potesse ospitare (almeno ) 50 mila spettatori (comodamente alloggiati).
Il figlio Tito, con il bottino raccolto in Oriente, gli fornì i danari e la soluzione.  Allora, non fu trascurato alcun dettaglio. Neppure l’ubicazione. Scelta ( significativamente) tra Palatino, Equilino e Celio. Su quei terreni Nerone aveva sognato infatti  la favolosa Domus aurea. Di cui  al tempo dei Flavi era rimasto lo ’stagnum Neronis’, luogo di feste e sperperi. Vespasiano restituì quei terreni alla cittadinanza.
E iniziò il lavori per quello che sarebbe passato ai posteri col nome di Colosseo.
Era il 70 d.C.,  i cantieri durarono circa dieci anni. Vespasiano non riuscì a vedere la realizzazione completa del suo lungimirante e monumentale progetto, poichè se ne andò nell’estate del 79 d.C., lasciando però ai figli il completamento. Il Colosseo  infatti è oggi noto ( anche ) come anfiteatro Flavio.
E comunque, a chi attribuirlo o meno poco importa, quel che importa è che chi ebbe l’idea e la mano per cotale opera, nata  ( dunque) per allettare i concittadini,  oggi ( più o meno)  simil ad uno stadiolo dove far  scorrere una palla ,  ha trovato  memoria imperitura.  ‘ Panem et circenses’ dicevano,  i vecchi, i vecchi Cesari, eppure come sapevano guadare lontano!  Lontano. Lontano. Sforando i secoli, contrariamente a questi amministratori odierni che a malapena sanno contare  i minuti oltre la punta del loro naso.
QUEL DECIMO TITOLO NON S’HA DA DARE! Nuovo anno ( non solo di sport),  con  (vecchie ) abitudini e relativi ( vecchi) arnesi all’opera.  Il buon Lorenzo,   trentenne, maiorchino, è ‘ (tra) passato‘ com’ è  noto ( dopo due anni) dalla sella della Ducati a quella della Honda.  Sembrerebbe, a starlo sentire, per via di qualche centimetro in più che non  consentivano, a lui, piccoletto, di dominare a piacimento la terribile Desmo  di Borgo Panigale  per  spadroneggiare come aquila in libero volo  sulle piste del mondo. Due anni per prendere qualche misura tra lui e una moto  son tanti, ma non per Lorenzo che le sue cose fa e  medita. Compreso la rievocazione  del ’ dream team’ che sarebbe stato partorito  in combutta con l’amico-nemico Marc, proprio per incantare ( come il Real)  negli anni a venire gli appassionati della moto  da corsa sparsi sui cinque continenti.
Dream team’ non nuovo, non inedito, a dir il vero, visto che ( se anche la nostra  memoria non inganna)  ha avuto debutto già qualche anno fa. In particolare, su quella pista dove lui e l’altro, come ‘bravacci’ di manzoniana memoria, si sono infilati nell’agone gridando ai  ( tanti) don Abbondio ( italioti compresi) colà presenti:  “ Questo (decimo ) titolo non s’ha da dare!”. E se in sede d’auspicio qualche nota stonata (purtroppo) non manca, quelle intonate sembrano ( ampiamente)  compensare il conto. Quelli che non guardano solo ai (tanti)  danari e alla (facile) gloria. Quelli che se si turano il naso sul doping è perchè vorrebbero vedere competizioni credibili e pulite in ogni agone sportivo. Quelli che prima di sputare sul loro piatto voglion sincerarsi che anche in Altrove  non si giochi all’inganno. Del resto siam figli d’un piccolo, curioso, geniale Paese, che tanto ( soffrendo) ha dato al M0ndo che fatica ad aprire porte e finestre al primo arrivato.
ARGOMENTI.
INGHILTERRA : SACERDOTI CERCASI. Il sinodo anglicano ha abrogato una legge canonica che imponeva la messa  ogni giorno festivo. La norma, che risaliva al 1603, prevedeva che le funzioni mattutina e serale fosse ‘pronunciata o cantata in maniera udibile in ogni chiesa parrocchiale ogni domenica o giorno festivo’. Il perchè della ( sconcertante) decisione è presto detto: non si trovano più preti a sufficienza e, soprattutto, non ci sono più fedeli che si recano in chiesa ad ascoltare funzioni. Il declino della frequentazione della messa domenicale appare inarrestabile: lo scorso anno, a seguire regolarmente la funzione festiva sono stati  solo 722 mila, contro i 740 mila del 2016. Numeri che attestano che quella britannica è una società (sostanzialmente) post religiosa. I non credenti hanno superato il 50%  della popolazione, in particolare, la religione non troverebbe più posto alcuno nella vita pubblica.
La crisi investe soprattutto la Chiesa anglicana: oramai soli il 15% egli inglesi si identifica in quella religione che fino a pochi decenni fa era la confessione nazionale. Tra i più giovani, addirittura, la percentuale degli anglicani non supera il 3%. Un ridimensionamento eclatante almeno alle nostre latitudini,  che si riflette ( significativamente) sulla coscienza collettiva. Commenti? Tanti.
Ma ne scegliamo uno: l’Inghilterra moderna, quella tanto celebrata anche da noi, nasce dallo scisma anglicano nei confronti della Chiesa romana. Per qualche secolo ha fatto un tutt’uno con la nazione. In forte antagonismo con i ‘papisti’ corrotti ed ignoranti. Ma mentre i ‘papisti’    ( nonostante errori e tempeste) continuano ad esprimere la personalità morale più ‘forte’ ed ‘ ascoltata’ del Pianeta, a loro non restano che sparuti vecchietti desolati in panca. Vien da chiedersi ( col senno del poi) se quando i lor signori hanno inteso  ( per ragioni varie) ‘rompere‘ ogni rapporto possibile e immaginabile con l’infernale Roma non abbiano fatto come quella levatrice che per ‘ cambiare in bacinella  l’acqua sporca‘   ha finito col gettar via ‘ anche il ( meravigliosobimbo‘ che gli stava dentro.
DOPING ? CHE SARA’  MAI STO  DOPING La più grande occasiona mancata dell’antidoping mondiale sembrava  aver recuperato l’ora del riscatto.
Questo nella prima parte di ottobre. Quando grazie ad una sentenza di un tribunale spagnolo e al lavoro della della giustizia sportiva italiana ha acconsentito che  le (oltre ) 200 sacche di sangue (  sopravvissute, tra le molte altre) durante la (fantomatica) Operacion Puerto  venissero ’assegnate‘ al Coni per dare ( finalmente) nome e volto ai 26 uomini e 3 donne  a cui  appartengono.
Restiamo nell’ attesa.  Trepidanti, anzi, titubanti. Sempre sul filo rosso del doping colore giallorosso, era uscita la soffiata di un Sergio Ramos  afflitto da ‘ due irregolarità procedurali in altri test antidoping‘. Il Real dell’Innominato, ovviamente, ha alzato immediatamente il ponte levatoio.
Ma alcune carte ( peraltro) pubblicate, richiederebbero giusta luce sul ‘ guerriero’ del Blancos, che guerriero sarà pure ma con sempre più ombre sulla sua nuova capigliatura a fraticello.
Le carte rivelerebbero che il buon Sergio dopo la finale 2017, quella di Cardiff, che alcune e mail intercettate all’uopo, presentasse ‘ tracce di Desametasone, con proprietà antinfiammatorie, e che può essere consumato per via intramuscolare lontano dall’evento, fino a 24 ore dalla gara”. Dovrebbe essere dichiarato dal medico. Che però, nella circostanza, indicò un altro medicinale della famiglia dei Glucorticoidi, il Celestone cronodose ( anche questo proibito), specificando che nel pomeriggio della vigilia aveva fatto due iniezioni a Ramos, nella spalla e nel ginocchio, per calmagli i forti dolori derivati da problemi cronici ( mai resi noti in questa portata) agli arti in questione.
” Mi sono confuso-  si è  giustificato l’infallibile  cultore  delle sorti mediche del Real - per il clima di euforia che ci circondava. Nella sala antidoping entrarono infatti anche il re Juan Carlos e il primo ministro Mariano Rajoy ”(1) . Inutile aggiungere che citati (perfin0)  nomi ( tanto ) illustri, i ‘ vampiri‘ della Uefa si sono subito accoccolati in qualche buio angolo dell’edificio. Noi, invece, per quel che ci riguarda,  con irreligiosa curiosità, stiamo ancora  chiedendoci che ci siano  andati a fare il re e il ministro in una sala antidoping prima d’un evento planetario. Nota. ( 1)  ‘La gazzetta dello sport’ , sabato 24 novembre 2018.
AGGIORNAMENTO NUOVI STADI.  MILANO. L’annuncio c’è: Milan e Inter intendono costruire una nuova casa, a due passi da quella vecchia, da condividere in tutto. A partire dall’onere iniziale di 6oo mln ca, per un impianto della capienza di 60 mila spettatori da terminare in quattro anni.
Il sindaco di Milano, Sala, che evidentemente naviga habitat  totalmente diverso  da quello  della Raggi, di nuovo piombata in altre ambasce, s’è detto disponibile alla proposta. Importante che le venga inoltrata in tempi e modi  consoni.
Certo, dimenticare quanto dal 1926 è accaduto in quel tempio del calcio, ormai obsoleto, non sarà facile. Tuttavia, se si punta per davvero ad un futuro più solido e certo, anche questo ‘ sacrificio’ può essere accetto. Soprattutto dai giovani, che di quel pantheon della pedata milanese ( e mondiale)  poco sa o  manco immagina.
BOLOGNARestyling del Dall’Ara al via nel 2020. Due mesi previsti per la presentazione del progetto, con capienza 29 max mila posti. L’accordo col Comune c’è, infatti 30 mln per la costruzione dell’opera li metterà palazzo d’ Accursio, mentre manca la definizione di un partner finanziario fondamentale per ragionare in termini di avanzamenti. Joey Saputo anticipa  “ Sarà bellissimo, un mix di antico e moderno, tutto al coperto“.
ROMA. Sullo stadio dell‘Urbe, invece, va registrata una dichiarazione (  auspicante ) a sorpresa del sindaco Virginia Raggi, 40 anni. Allora, ci siamo o no, con questo nuovo stadio a Tor di Valle? ” C’è tutta volontà di andare avanti al più presto”. Cosa manca al progetto per completare l’iter amministrativo e dar il via ai lavori? In primis, sto aspettando l’esito del parere che ho chiesto al Politecnico di Torino, poi penseremo alla variante urbanistica.
Non è un atto dovuto ma ho ritenuto che, dopo tutto quello che abbiamo letto sui giornali, i cittadini abbiano il diritto ad un ulteriore approfondimento. Ci sono alcune questioni aperte: ad esempio, io continuo a ritenere che si dovrebbe investire di più sulla linea ferroviaria Roma-Lido che collega il centro a Ostia.
Il progetto sarebbe ancora più bello e utile alla città. In pratica, dopo la relazione del Politecnico completeremo l’iter. I lavori potranno partire già entro quest’anno”. ( La gazzetta dello sport, venerdì 18 gennaio 2019, pagina 14).
 L’ OCCIDENTE RINCOGLIONITO. Non è bastato ( qualche giorno fa) Putin a  rammentare alla sciagurata genia umana un possibile ( se non imminente) scenario nucleare; non sono bastati secoli di continua e circostanziata  ‘demolizione‘ di quel che recò al mondo il giorno della  ’venuta al mondo’ del ‘figlio di Dio‘ , che non sono mancate  frotte di epigoni  decisi a spegnere le ultime luci su un evento che ha ‘ tracciato‘ e ‘segnato’  storie ( ormai) profonde due millenni. Sulla ‘prima‘ di un celebre quotidiano italiano è spuntata infatti una recensione, la solita ormai da anni alla vigilia dell’evento cristiano, a metterci sull’avviso che stiamo a festeggiare ‘ bufale, miti e leggende’  d’ una festa ( gradita al mondo dei consumi) e che così appare da qualche secolo in qua. Da noi, ad esempio, l’albero addobbato, non il presepe, fu introdotto da Margherita di Savoia, ovvio, ai suoi tempi.
Eppoi, chi l’ha mai detto, se non quell’ingenuo di frate Francesco, che  c’erano la grotta, il bue e l’asinello, e che i Magi     fossero tre e anche  re? C’è,  insomma tanta  gente, anche prestigiosa, anche dal gran nome, che circola per il Mondo  dilettandosi ad iniettare ‘ dubbi’,  (altre) ‘ verità’,  ’ veleni’. L’importante è che il ‘ favoloso evento’ abbia a scomparire ( una volta per tutte)  dagli orizzonti del ( cosiddetto) uomo moderno. Sopratutto se occidentale.
Che  dev’essere impresa ostica, anche perchè restano non pochi problemi a spiegare qual ‘ spirito’ e ‘ qual genio’ abbia ‘elevato’, cattedrali, leggi, valori, (società più ) umane e ( dulcis in fundo) grandi capolavori. Cristiani, diciamolo chiaramente, una volta tanto, e che altro? Del resto i  ’poveri’  , quelli che hanno conservato (ancora ) la ‘ libertà di credere a chi loro più affida‘ queste cose le sanno.
E continuano a stringersi, più numerosi di quel che lasciano ad intendere i ( cosiddetti) ‘ sondaggi‘, fatti apposta per celebrare ideologie e agevolare consumi, non intorno ad un ‘presepe degenerato‘, come van predicando  gli ‘ illustri maestri‘, ma ad un ‘evento‘  antico, sconvolgente, unico,  diversamente  ‘raccontato’  nel tempo, certo, eppure  dopo due millenni  (e nonostante tutto )  condiviso e diffusamente attuale. Un respiro di fede, evviva, lungo la meravigliosa Penisola. 

NOTE STORICHE

NOTRE DAME DE PARIS La cattedrale metropolitana di Nostra Signora (in franceseCathédrale métropolitaine Notre-Dame; in latinoEcclesia Cathedralis Nostrae Dominae), conosciuta anche come cattedrale di Notre-Dame o più semplicemente Notre-Dame (pronuncia [nɔtʁə dam]), è il principale luogo di culto cattolico di Parigicattedrale dell’arcidiocesi di Parigi, il cui arcivescovo metropolita è anche primate di Francia. La cattedrale, ubicata nella parte orientale dell’Île de la Cité, nel cuore della capitale francese, nella piazza omonima, rappresenta una delle costruzioni gotiche più celebri del mondo ed è uno dei monumenti più visitati di Parigi. In base alla Legge francese sulla separazione tra Stato e Chiesa del 1905, l’edificio è proprietà dello Stato francese, come tutte le altre cattedrali fatte costruire dal Regno di Francia, e il suo utilizzo è assegnato alla Chiesa cattolica.

La cattedrale, basilica minore dal 27 febbraio 1805, è monumento storico di Francia dal 1862  e Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCOdal 1991.   Nell’area in cui oggi sorge la cattedrale, si trovava un tempio pagano dedicato a Giove,frutto della ricostruzione di Lutezia da parte di Caio Giulio Cesare dopo la resa di Vercingetorige del 52 a.C.  Una più antica cattedrale, dedicata inizialmente a santo Stefano precedette l’attuale edificio.Si trattava di una basilica a cinque navate separate da colonne marmoree e sorgeva più ad ovest rispetto alla cattedrale odierna; annesso vi era un battistero dedicato a san Giovanni Battista, con il nome di Saint-Jean-le-Rond, definitivamente demolito nel Settecento. La cattedrale di Santo Stefano venne affiancata (chiesa doppia) e quindi sostituita da un’altra dedicata alla Vergine Maria. ( Wikipedia)

IMPERO CAROLINGIO E SACRO ROMANO IMPERO.

Nascita. L’epoca di Ludovico il Pio, Carlo Magno era il figlio di Pipino il Breve, quindi il secondo sovrano pipinide del regno di Franchi. Salito al potere come unico sovrano dopo la morte del fratello Carlomanno, iniziò una serie di campagne militari di successo, che lo portarono presto ad ingrandire i suoi possedimenti verso la Sassonia, la Baviera, la Marca di Spagna (fascia pirenaica della Spagna del Nord) e l’Italia, strappata ai Longobardi. Inoltre sconfisse gli Àvari, ottenendo la sottomissione della Pannonia, dove essi erano insediati, come stato tributario, mentre un’analoga sorte si attuava verso il ducato di Benevento.
Alla morte di Carlo l‘Impero avrebbe dovuto essere diviso tra i suoi tre figli maschi legittimi, ma la morte prematura di due di essi fece sì che il trono passasse nelle mani di Ludovico, detto ‘il Pio’ per la sua attenzione alla religione. Ludovico non fu un sovrano energico come il padre, bensì era interessato soprattutto alle questioni religiose nella convinzione che l’adesione alla dottrina cristiana avrebbe garantito quell’ordine e serenità all’Impero che veniva teorizzata dai suoi consiglieri quali Benedetto d’Aniane o Agobardo di Lione.

Nella pratica Ludovico divenne presto un sovrano incapace di manifestare la sua autorità, mentre le regioni imperiali divenivano soggette sempre più all’aristocrazia franca.
Un suo tentativo di destituire il nipote Bernardo, ucciso dopo essere stato accusato di tradimento, macchiò per sempre la sua coscienza e, su spinta degli alti prelati, fece pubblica ammenda che lo screditò ulteriormente agli occhi dell’aristocrazia.

Già prima della sua morte spartì l’impero tra i suoi tre figli LotarioPipino e Ludovico II il Germanico, ma il già fragile equilibro si ruppe con l’entrata in scena del figlio del suo successivo matrimonio, Carlo il Calvo, che diede origine a una guerra civile che aggravò l’instabilità del potere centrale, anche se si alternò a periodi di pace per lo scarso interesse dell’aristocrazia di parteciparvi.

La divisione dell’ImperoAlla morte di Ludovico il Pio (840Lotario I assunse la corona imperiale, come previsto dal padre, mentre i due fratelli superstiti Ludovico e Carlo si allearono per obbligarlo a cedere una parte del potere. Il giuramento di Strasburgo, rivolto alle truppe dei due fratelli, è rimasto famoso perché conserva il primo accenno scritto alle nascenti lingue francesi e tedesca.

Nell’843, con il trattato di Verdun, Lotario dovette scendere a patti: mantenne la corona imperiale, ma si limitò a governare la fascia di territorio centrale tra Mare del Nord, bacino del Rodano, del Reno, le Alpi e l’Italia, con le città di Aquisgrana e Roma. Carlo il Calvo prese la Francia ‘occidentale’ (odierna Francia senza la fascia più vicina all’odierna Germania e la Provenza) e Ludovico il Germanico la Francia’ orientale‘, corrispondente alla porzione odierna di Germania compresa fra il Reno e l’Elba, fino alla Baviera e la Carinzia comprese. Con la morte di Lotario, Ludovico prese la corona imperiale, quindi nell’875 gli succedette Carlo il Calvo, sostenuto da papa Giovanni VIII, che vedeva in lui un possibile alleato contro il principe di Spoleto e i Musulmani, insediati alla foce del Garigliano. Carlo il Calvo morì nell’877 con l’impero carolingio ormai in dissoluzione.
Gli succedette Carlo il Grosso, figlio di Ludovico il Germanico, anch’egli incoronato da Giovanni VIII, sempre in cerca di protezione; ma l’imperatore non riuscì a impedire l’assassinio del papa nell’882, durante una delle frequenti guerre civili combattute a Roma dall’aristocrazia locale. La minaccia di incursioni esterne, Normanni e Musulmani in prima linea, avevano messo in dura difficoltà Carlo il Grosso, tanto che i Normanni assediarono la stessa Parigi. In questa situazione fu costretto ad abdicare da un’aristocrazia che si rifiutava ormai di obbedirgli (887). Trascorse gli ultimi mesi della sua vita in prigionia, senza alcun successore sul trono.

Differenza tra Impero carolingio e Sacro romano impero

L’impero carolingio era strettamente correlato alla figura del suo fondatore Carlo Magno ed alla sua discendenza carolingia, alle sue conquiste e allo speciale rapporto che esso aveva instaurato con il papato. Anche l’impero romano-germanico (il Sacro romano impero, poi della nazione tedesca) era germogliato da quello carolingio, ma essendo venuta a mancare la parte occidentale del regno di Francia, per alcuni non poteva esserne erede, se non nella stessa misura della corona francese.

La data canonica della sua fondazione è il 962, da parte di Ottone I. Il titolo imperiale venne tuttavia trasmesso dai carolingi ai sovrani successivi e presenta pertanto una sua innegabile continuità. Per tale ragione nel computo degli imperatori del Sacro Romano Impero si suole generalmente risalire fino a Carlo Magno.

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