Non solo sport. Una ‘cattedrale’ di vetri e luci a Milano? Champions e Uefa: molti bluff, un solo trionfo.

Non solo sport. Una ‘cattedrale’ di vetri e luci a Milano?  Champions e Uefa: molti bluff, un solo trionfo.
Duomo Milano download

CRONACA DAL DIVANO. Che è se non un doloroso bluff quello perpetrato ai  danni dei 60 mila del Meazza  dalla banda Conte Dracula ? Non è certo questo il giusto viatico. Anche perchè i punti persi contro lo Slavia Praga , rodato, esperto, dignitoso,  potrebbe risultare decisivi alla fine del girone. Queste cose la Beneamata le conosce, sulla sua pelle, eppure perchè s’è nuovamente ripetuta?
Mandata in campo senza anima, senza costrutto, senza  leaders, e se il pari ( 1-1, Barella) alla fin della tenzone la tiene a galla questo non vuol dire di certo che anche  quest’anno la Coppa dalla grandi orecchie sia affare alla sua portata. Destino vuole però che a fare da contraltare al peggio dell’uno emerga  il meglio dell’altro. In questo caso del Napoli del sor Carletto, che con maturità da grande equipe ha saputo tenere a testa bassa i ‘ rossi‘ di herr Klopp, sempre più convinto che per lui far trasferte nel luminoso e caldo golfo della bella  Partenope non sia proprio il caso. E tuttavia quel classico 2-0, lo rispedisce in Albione a raccontare di mitiche ninfe e sirene che  lassù si credono scomparse.

Il buon Conte s’è addossato ogni colpa. Anche se, qui, colpe o non colpe, asini o non asini che siano, poco conta.  Quel che è apparsa è stata una squadra senza anima, nè costrutto, nè leaders. I tanti tifosi assiepati ( e delusi) sugli spalti del mitico San Sirosperano, ovviamente, in un imminente cambio di rotta. Anche perchè un pareggio casalingo con la ( ritenuta) più debole del gruppo potrebbe già volere dire una risoluzione anticipata dell’avventura europea, gestione Wang/Marotta.
Di contro, va segnalata con il dovuto orgoglio l’impresa dei ragazzi del Carletto napoletano, pimpanti, con le idee chiare, pugnaci e vogliosi di portare a caso un successo che ha fatto uscire dai gangheri una volta di più herr Klopp, che tutto pote  fuorchè  tornare vincitore dalla terra di Partenope.  La vittoria netta, classica, per 2-0 sui campioni d’Europa in carica, la dice lunga sul nostro calcio.

Vituperato fin all’estremo e purtuttavia, anche in carenza di validi dirigenti, addetti ai lavori e  stadi ammodernati, è sempre pronto a rinascere sulle proprie ceneri. Se si pensasse ogni volta prima di ricorre al flatus voci  che nelle  63  Coppe dalla grandi orecchie finora disputate in 27 finali erano presenti squadre italiane, potrebbero evitarsi tanti  sprechi di inutile saggezza calcistico-sportiva.
Che comunque è sempre meglio conservare, almeno quella autentica, vista la prestazione della Signora contro i Colchoneros:  andata in vantaggio di due gol e  poi rimontata. In vero, proprio allo scadere del supplementare, l’eterno Cr7 ha avuto l’occasione  per riprendere in mano la palma della vittoria, ma sarebbe stata una illusione di forza che ( al momento) continua ( come da tradizione)  a latitare.
Qualcuno ha titolato che è stata Juve vera, ma non condividiamo tanta benevolenza. Infatti le squadre destinate a dominare dominano, punto e basta. Cedimenti ripetuti non fanno altro che mostrare le  crepe d’una fragilità interiore sempre in agguato. Soprattutto quando men te l’aspetti.   Dolorosa è stata anche la prestazione a Zagreb dei ragazzi  del Gasp. Un 4-0 contro una ‘ debole’ del girone, lascia presagire l’uscita certa e anticipata dal massimo torneo. Peccato, perchè dagli eroi della Dea ci si aspettava ( molto) di più. Non certo, vederli arrancare scomposti e impreparati su un campo dal quale portare via un risultato positivo avrebbe significato molto. Tanto. Per il morale, oltre che per il punteggio.

Note non esaltanti arrivano anche dalle due ( nostre) partite del primo turno a gironi Europa League. E se la Roma, pur contro un’avversaria abbordabile, ha fatto il suo dovere ( 4-0), l’altra romana, la Lazio, ha offerto un altro di quei bluff che ( a volte) tolgono la voglia di ‘ sostenere’  il nostro calcio. Che, a dirla tutta, sembra essersi imbottito di tanti modesti, anonimi, mercenari. Dicono che il buon Lotito per cedere  alcuni dei suoi ‘spari’ cifre da capogiro. Dicono. Perchè , in realtà, chissà se per liberarsene non  sia pronto a darli via ( anche)  per quattro soldi?

PRIMO TURNO CHAMPIONS. RISULTATI. Inter- Slavia Praga 1-1; Napoli-Liverpool 2-0;  Atletico Madrid-Juve 2-2; Zagabria- Atalanta 4-0.
PRIMO TURNO EUROPA LEAGUE. RISULTATI. Cluj-Lazio 2-1; Roma-Basaksehir 4-0. 

 DEDICATO A QUEI FESSI CHE ...  Si sa che il calcio nostrano porge mille occasioni per venire biasimato. Ad esempio, quei coretti ‘ buu buu‘ che spuntano come margherite, un po’ qua e un po’ là, forse pilotati, e che potrebbero essere non razzismo, come qualcuno incalza, ma solo e soltanto tentativi di estorsione a danno delle società. L’inchiesta provocata dalla ( coraggiosa) denuncia anti delinquenti e perdigiorno  della Juve è in corso, per cui ( al momento) attendiamo.
Infatti che  anche il Belpaese abbia la sua quota di trogloditi non è da escludere, anzi, ma che al Paese che da anni si svena ( vedi  isole al Sud) per accogliere ‘poveracci’ da tutto il Mondo si cerchi di appiccicare l’etichetta ‘ razzista‘, non ci va proprio giù. A qualcuno bisognerebbe dirlo. Per far dell’informazione ( e della militanza) un momento di verifica obiettiva, e non ( dolorosamente) pregiudizievole.

Detto questo, anzi, detto tutto questo, possiamo (ri)trasbordare sul pianeta calcio. Quello giocato, sia pure su campi (ancora) non adeguati. Per dir che cosa? Nulla, se non dettaglia, che apprendiamo dalla ‘rosea‘. Leggasi infatti: ” I numeri non raccontano le emozioni, ma qualcosa dicono. Dicono come al solito che il derby di Milano sarà un evento grandioso: prima ancora di sapere se si accenderanno le stelle in campo, San Siro è già pronto a illuminarsi. Suggestivo per tutti, indipendentemente dalla fede che in una notte riunirà 70 mila persone ( 7.5oo interisti, 65 mila milanisti)”.
In breve: la partita sarà distribuita in più di 200 paesi e verrà seguita da oltre 600 operatori dell’informazione ( 260 giornalisti, 40 fotografi, oltre 300 addetti alle produzioni televisive). Imponente la presenza di vip. Praticamente sono in tanti quelli che  non si vogliono perdere  il gran spettacolo, giocato, lo si pongano ben in testa quei fessi che …, da due squadre leggendarie non solo per i titoli vinti: 36 scudetti, dello scudetto per decenni più ambito al Mondo;  10 Champions con 16 finali Champions; etc etc ).

ALTRI SPORT. Nulla di nuovo è accaduto  nel Moto Gp  di Misano, con il ‘mostro cataluno‘ in delirio per avere sottomesso al suo regno anche la pista di casa del Maestro, giunto quarto, onorevolmente a dire il vero, ma pur sempre dietro altri due giovinastri della stessa marca, il siculo francese Quartararo e il gitano ispanico Vinales.
Scomparsi all’uopo sono stati i ducatisti, con il Dovi che se va avanti di questo passo può aspirare a prendere il posto nel post carriera di qualche nostro filosofo ormai attempato. Vedremo. Avanza agli Europei del volley maschile la nostra speranza, che vince ma non convince. Nel basket profondo rosso, torna a casa Ettore Messina, classe 1959, uno dei coach più titolati al mondo. Il nostro parquet ha estremo bisogno di riaccendersi. Per non finire anche lui come altri ( es. rugby) tra quegli sport che pratichiamo ma solo ad uso e beneficio dell’altrui orgoglio. Nibali non se la sente di andare al Mondiale in Inghilterra, mentre Bernal fresco di giallo vestito sarà al Giro di Toscana, al Sabatini ( giovedì) e al Pantani , in vista di Mondiale e Lombardia.

Ne prossimo weekend in arrivo la F1, in quel di Singapore. Circuito caro a Vettel, un po’ meno al giovane Le Clerc.  Che però, a questo punto, tutto lascia a sperare. Ma con ‘ jucio Pedro, con juicio’!

E’ TORNATA LA CHAMPIONS Prime battute della nuova Champions. Clamorose. Anche per le nostre. Intanto claro, clarissimo,  è apparso il bluff Inter versione Conte Dracula, che del nobile passato poco o nulla ha fatto vedere. Il pari ( 1-1) ottenuto più per buena suerte  che per altro, non depone di certo per un lusinghiero futuro di Coppa.
Il buon Conte s’è addossato ogni colpa. Anche se, qui, colpe o non colpe, asini o non asini, poco conta.  Quel che è apparso è stata una squadra senza anima, nè costrutto, nè leaders. I tanti tifosi assiepati ( e delusi) sugli spalti del mitico San Siro sperano, ovviamente, in un imminente cambio di rotta. Anche perchè un pareggio casalingo con la ( ritenuta) più debole del gruppo potrebbe già volere dire una risoluzione anticipata dell’avventura europea, gestione Wang/Marotta 

Di contro, va segnalata con il dovuto orgoglio l’impresa dei ragazzi del Carletto napoletano, pimpanti, con le idee chiare, pugnaci e vogliosi di portare a caso un successo che ha fatto uscire dai gangheri una volta di più herr Klopp, che tutto ottiene fuorchè  transitare da vincitore nella terra di Partenope.  La vittoria netta, classica, per 2-0 sui campioni d‘Europa in carica, la dice lunga sul nostro calcio.
Vituperato fin all’estremo e purtuttavia, anche in carenza di validi dirigenti  e addetti ai lavori e di stadi ammodernati, è sempre disposto a rinascere sulle proprie ceneri. Se si pensasse ogni volta prima di ricorre al flatus voci  che nelle  63  Coppe dalla grandi orecchie finora disputate in 27 ci sono state squadre italiane, potrebbero evitarsi tanti  sprechi di inutile saggezza calcistico-sportiva.
Che comunque è sempre meglio conservare, almeno quella autentica, vista la prestazione della Signora contro i Colconeros:  andata in vantaggio di due gol e  poi rimontata. In vero, proprio allo scadere del supplementare, l’eterno Cr7 ha avuto l’occasione  per riprendere in mano la palma della vittoria, ma sarebbe stata una illusione di forza che ( al momento) continua ( come da tradizione)  a latitare.  Qualcuno ha titolato che è stata Juve vera, ma non condividiamo tanta benevolenza. Infatti le squadre destinate a dominare dominano, punto e basta. Cedimenti ripetuti non fanno altro che mostrare le  crepe d’una fragilità interiore sempre in agguato. Soprattutto quando men te l’aspetti.

Dolorosa è stata la prestazione a Zagreb dei ragazzi  del Gasp. Un 4-0 contro una ‘ debole‘ del girone, lascia presagire l’uscita certa e anticipata dal massimo torneo. Peccato, perchè dagli eroi della Dea ci si aspettava ( molto) di più. Non certo, vederli arrancare scomposti e impreparati su un campo dal quale portare via un risultato positivo avrebbe significato molto. Tanto. Nel morale, oltre che nel punteggio.

La sconfitta del Chelsea ( 1-0 a Siviglia) e  l’altra del Liverpool, con il pareggio del Tottenham ( 2-2, rimontato) e la sola vittoria del City ( 4-0), invitano ad un recupero nostro nel ranking Uefa. In questo turno poca gloria anche per i Panda ispanici: Real,sconfitto nettamente dal Psg ( 3-0) e  Barca graziato conto il Dortmund ( 0-0, con rigore da ribattere).

IL NUOVO SAN SIRO. Il 9 novembre Milan e Inter iniziano l‘iter per il nuovo San Siro.  Il 6 febbraio il presidente milanista Scaroni fa un passo in avanti sul progetto ” Forse è più facile costruire un nuovo stadio che rifare il Meazza‘. Il 2 marzo il sindaco Sala rivela: ” Ho sempre detto a Milan e Inter che, se dovessi scegliere, preferirei che lavorassero sul Meazza“.
Il 23 marzo arriva l’ok dell’Inter, che precisa “ Sono maturi i tempi per un nuovo impianto“. Il 24/25 giugno arriva la ‘ polemichetta’ con il sindaco Sala. Forse superata. il ) luglio i due club depositano in Comune il progetto di fattibilità del nuovo stadio che avrà capienza 60/65 mila posti e una maxi-zona di intrattenimento. Sul piatto c’è un investimento globale  di 1,2 miliardi.

Nostro auspicio è che si addivenga alla soluzione. Condivisa. Trasparente. Per dotare l’inesauribile  città meneghina del suo nuovo  indispensabile impianto. Per il calcio e non solo. Moderno, vivibile tutto l’anno, accogliente. Rivitalizzando la zona. Certo salutare uno stadio che ha ospitato  le vicende di due squadre leggendarie (  36 Scudetti e  10 Champions, giungendo in finale 16 volte sulle 62 disputate) non è facile. Il fatto però che a due passi ( si fa per dire) venga a sorgere il suo erede, magari realizzato con i più avanzati criteri ingegneristici e sportivi oggi disponibili, e in aggiunta dotato da una maxi-zona di intrattenimento, attutisce di molto una ‘perdita’ destinata comunque a restare indelebile nella storia dello sport  mondiale.

ANTICIPAZIONI. I pochi che hanno sbirciato i progetti del nuovo San Siro assicurano che l’attesa sarà ripagata. I dossier restano comunque segreti. Forse per qualche giorno ancora. Poi chi vorrà verrà interessato all’operazione. Popolazione compresa. Intanto però qualche ‘spiffero’ filtra.  Due i progetti in gara. Quello di Populus richiamerebbe due eccellenze architettoniche della città, il Duomo e la Galleria Vittorio Emanuele II, con gioco di luci e vetrate che consentirebbe colorazioni diverse a seconda della squadra impegnata. Roba mai vista. Avvenieristica. Formalizzata su un parallelepipedo di cristallo che evoca il concetto della ‘ Cattedrale del calcio‘, con gallerie intorno al corpo centrale le cui arcate richiamano i due capolavori di piazza del Duomo. L’altro progetto, quello di Monica-Cmr, è raccontato come struttura altrettanto fascinosa, ma più tradizionale ( dall’alto presenta il classico ovale). Il suo segno distintivo sarebbero due enormi anelli che si incrociano a simboleggiare la coesistenza dei due club nella stessa casa. Una parte della facciata potrebbe essere dedicata ai tifosi, con la possibilità di inserire sui ‘mattoni‘ dell’impianto il proprio nome, chissà, anche  la propria foto.

Entrambi i rendering prevedono un’ampia zona esterna dedicata a strutture commerciali e a uffici che prenderebbero la forma di due grattacieli. I due stadi ( da 60/65 mila posti) sono accomunati da un basso impatto energetico e di rumorosità, saranno più vicini all’attuale fermata della Metropolitana e garantiscono un accesso semplice e fruibile come un moderno parco cittadino. Tra i due progetti Elliot preferirebbe decisamente Populus, mentre Suning  si mostra possibilista anche se la ‘cattedrale’ convince perchè diventerebbe un intervento più ‘segnante‘ nella nuova geografia della città.
Speriamo ora che si arrivi velocemente al dunque. Come si conviene ad una ex capitale dell’impero romano d’Occidente. Ovvero di coloro  che (  vedi i Flavi)  proprio  grazie ad uno stadio ( vedi il Colosseo) si sono guadagnati l’immortalità.

EXTRA SPORT. Extra sportMatteo Renzi, 44 anni, fiorentino, ha annunciato l’addio al PD. La notizia non è giunta del tutto inattesa e, tuttavia, ha gettato scompiglio ( non solo ) tra i sostenitori del  governo Conte. Il nuovo movimento si chiamerà ‘ Italia viva’Renzi, secondo fonti parlamentari, avrebbe confermato il ‘sostegno convinto‘ all’esecutivo e, dunque, la decisione di uscire dal PD non dovrebbe avere ripercussioni sulla tenuta del Governo Conte-bis. Le ragioni del suo passo verranno spiegate a breve.

IL  CARLETTO IN ROSSO. Avevamo giurato che non avremmo speso più un rigo per un Mondiale di già deciso a prescindere da qualche bacucco in alto sito. Ma è bastato un sorriso della ‘ rossa’ per farci recedere dal broncio della protesta. La ‘rossa’ si sa da quando è al mondo non fa la caccia  titoli e vittorie ma soprattutto a imprese e storie di uomini. Grandi uomini ( non solo) di sport. Capaci di scrivere di storia e non di cronaca.

Il Giles, ad esempio ( per quel che che sappiamo) di titoli non ne ha vinti, eppure nella graduatoria degli uomini che recano stampigliato quel cavallino rampante nero su campo giallo, lui sta nel girone più alto. Una graduatoria speciale che ( per quel che ci riguarda) vale assai più di quella a cui si rivolgono statistici e autori d’almanacchi.
Ebbene, il Carletto  nato nel feudo dei liguri Grimaldi, scoperto, cresciuto ed allevato dalla ‘rossa’ come Giove dalla madre Gea nelle caverne del monte Ida,  ad appena ventuno anni, con il dolore nel cuore per la scomparsa  dell’amico Tonio, ha saputo imporsi ad un penta campione del mondo. E portare, dopo un decennio, di nuovo la ‘rossa’ sulla cattedra di Spa per il Gp del Belgio.
Nell’occasione il  magnifico  Toto s’è tolto la candida camiciola fresca di bucato  adatta più in una corsia d’ospedale, per  indossare un giacchetto nero. Già meglio , ma  un poco lugubre. Più da giornate di lutto che di gioia, come gli starebbe una camicetta d’altro colore una volta che decidesse di scendere sotto l’Alpe e di  accasarsi ( una volta per tutte) nella calda, generosa ed accogliente terra emiliana.
Aspettavamo con trepidazione Monza. Il regno del mitico dio della  velocità. Che ha rinnovato per un altro lustro. Come sempre strabocchevole di passione. Anticipata nella straordinaria kermesse in piazza Duomo, affollatata come non mai, gonfia di attese, con tutti i protagonisti viventi d’una leggenda automobilistica  senza confronti. Con quel suo gigantesco cuore che a fine gara andrà a dispiegarsi  anche  sotto il podio per porgere  lauro ( e  gloria) eterna al vincitore. Che resterà nella memoria ( negli affetti)  più e meglio di tante altre vittorie e di tanti altri  titoli e titolati in altre situazioni premiati.

Ebbene, Monza ha confermata  la stella di colui che, a detta di molti, manderà in pensione il Lewis. Dopo Monza iridato ma più incavolato che mai, al punto da sparare una bugia colossale “ Io in rosso? Posso farne anche a meno“.

IL NOSTRO  MANCIO DA IESI. Continua a non farsi  intortare il Mancio da Jesi, che dopo avere portato a casa ( con fatica) una vittoria nell’orgogliosa  Georgia ( 1-3) ha portato a compimento ( 1-2) la insidiosa trasferta nella  gelida terra dei Finnici. Infatti dopo aver ‘ messo in riga‘ alcuni giovinastri che,  come d’abitudine anzitempo  osannati, credono che per cingersi d’alloro basti fare qualche saltarello una volta ogni tanto, non s’è lasciato sfuggire questi tre punti . Qualificazione ottenuta? A star sentire lui, manco per il cavolo, tanto più che ogni vittoria fa salire il ranking Fifa assai prezioso  per il sorteggio ai Mondiali.
Bene dunque  il Mancio ha fatto a  richiamare il Chiesa, ma anche il Bernardeschi e altri. Per chiarire loro che  per mettersi al pari dei  padri e aspirare alla pentastella di pagnottelle ne devono manducare ancora assai. A proposito di padri, come non si fa a ricordare  ai giovani ( e non solo) quel padre gigante buono di Gaetano Scirea?  O giovin del nostro tempo, fate una cosa ardita, chinate il capo e, in silenzio, meditate!

CALCIOMERCATO.  S’è chiusa ( finalmente)  la ( lunga) sessione di calciomercato. Con qualche inedita risultanza. Ad esempio, sembra che i nostri club si siano dati alla pazza gioia, spendendo e spandendo, qua e là, cumuli di danari, per portare ( e riportare in molti casi ) nel Belpaese una truppa da campo degna del suo passato, in fase di ( probabile) rinascenza.
Sono riusciti a liberarsi, quelli della Beneamata, anche della coppia Icardi,  trapassata in toto dal Leo che transfuga dal Milan s’è andato a riparare sotto le candide sottane della sceicco. Se li cucchi lui, in due amanti, che quelli della Beneamata  non ne potevano più.  Ora, dire chi ( tra i nostri)  s’è ( veramente) rafforzato non è dato da sapere. Piuttosto si sono stilate le liste Champions, ormai imminente, e la Signora ha lasciato fuori Mandzukic e Emre Can. Incavolati. Entrambi. Segno, questo, che il Sarri convalescente intende giocare la carta Europa in tutt’altro modo rispetto al Max .  Con quali risultati si vedrà. Inizia dai colconeros. 

ALTRI SPORT.

ANCORA BERRETTINI. Straordinaria impresa di Berrettini, 23 anni, agli Us Open. Il ragazzo italiano porta l’azzurro  ai quarti dopo (oltre) quarant’anni. Purtroppo, con qualche inesperienza ( ed errore ) di troppo non è riuscito a valicare il muro Nadal. Che però gli ha reso sportivo omaggio “ E’ un talento. Diventerà uno dei migliori al mondo“.

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PASSA IL WOLVES. Un bel Toro, ma non è bastato.  Figuriamoci. Donde sta la sorpresa? Per metterlo fuori gli hanno affibbiato la più difficile, una inglese neopromossa tra le sette della Premier, avanti di (almeno) tre settimane nella preparazione, con andata a Torino e ritorno ( caso mai ce ne fosse bisogno) inAlbione.
Che  cavolo stia facendo la Uefa, lo sa solo la Uefa. Fatto è che i granata ( che con la loro storia sono un pezzo imprescindibile  dell’epica calcistica) tornano a contare margherite, e gli altri sen vanno, irridenti, festosi, con qualche centesimino in più ( rispetto a noi, terzi dietro a loro, secondi) nel ranking Uefa.
Tuttavia l’attenzione dei nostri media è in ben altra direzione affaccendata. C’è il calciomercato, con quei due o tre rebus che ormai hanno stufato anche i sassi; c’è il sorteggio Champions, con la formazione dei gironi, che vedono le nostre in compagnie non proprio raccomandabili.
A noi, francamente, dove andranno  Icardi e Signora non ce ne frega niente. E neppure ci frega di quel Neymar, che di eccezionale ha soltanto il suo agente capace di far sborsare a quei polli del Barca una fortuna. Sono sicuri gli spendaccioni  principi di Cataluna che   ( anche senza) lo  puntero diBrazil,  non abbiano  le stesse possibilità di primeggiare in Ispagna e in Europa ? Sicuri?  E comunque non è questo il calcio che ci piace. E che attira, crediamo, soprattutto agli adolescenti che se s’attaccano ad una maglia, ad un eroe, è perchè lo sentono, li sentono,  intimamente loro. Spassionatamente. Generosamente. Senza scervellarsi  più di tanto per capire in qual paradiso terreno  vadano a depositarsi tanti danari.

Un ‘ distacco‘, questo, che prima o poi, come per tutte le vicende umane,  presenterà il conto. Con quali effetti, ovviamente, non è dato a sapere. Nel frattempo possiamo crogiolarci sui gironi Champions. Secondo i media, Juve, Napoli e Atalanta sono finiti in compagnie ostiche ma abbordabili, almeno per il secondo posto utile al passaggio del turno. Più inguaiata appare ( sempre secondo i media) la Beneamata che  ( nel gruppo F)  dovrà vedersela con Barca, B.Dortmund e Slavia Praga. 

Inguaiata? Ma non scherziamo. E’ vero che per vincere bisogna scendere in campo. Non con quello che fu ma con quello che è. Vero. Ma se tutti sti ‘realisti‘  andassero ogni tanto a sfogliar almanacchi, vedrebbero ad arrivare al lauro sono ( più o meno) sempre le stesse. Quelle dal sangue nobile: Real ( 13 coppe), Milan ( 7), Liverpool ( sei), Bayern ( 5), Ajak (4), Inter  e United ( 3), Juve ( 2, 9 finali) . Nelle 65 Champions disputate per ben 27 volte si sono viste approdare in finale squadre tricolori.
Farci fuori non è facile per nessuno, anzi, è semmai vero il contrario. Anche se è dal 2001 che non alziamo laCoppa dalla grandi orecchie. Che quando men ce lo aspettiamo, tornerà in una bacheca del Belpaese. Forse a Torino, forse a Milano. Ma tornerà. Stiam certi. Che non è mai stato con i bilanci ( più o meno) spendaccioni che si sono vinti trofei. Fosse così i mitici Milionarios sarebbero ancora là ad ammucchiar  coppe.

 

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CHAMPIONS 2019/2020

GRUPPO C: M. City, Shakhar, Dinamo Zagabria, AtalantaGRUPPO D, Juve, Atletico Madrid, B. Leverkusen, Lokomotiv Mosca; GRUPPO E, Liverpool, Napoli, Salisburgo, Genk) GRUPPO F, Inter, B. Dortmund, Barcellona, Slavia Praga.

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CANTORI  O (SEMPLICI ) ADDETTI STAMPA? E insistono gli angolofili ( & associati) nel favoleggiare sulla ricca Premier, a lor dire il ‘ migliore campionato di calcio del Mondo’. S’ascoltano canti e peana a bizzeffe, qua e là, anche se ( a dire il vero)  più che canti e peana ci sembrano entusiastici comunicati di qualche ufficio stampa di calcio e turismo della ( perfida)  Albione.
Sì, perchè, non ce ne vogliano gli autentici anglofili, tutto quest’oro che riluce noi, proprio, non lo vediamo. E comunque dato che nel mondo ‘ mors tua ’ diventa ‘ vita mea‘, diamo a Cesare quel che è di Cesare, e nulla di più. Se parliamo di dirigenti tra i due tornei, beh, quelli d’Oltremanica son di certo più attenti, aggiornati e …  spregiudicati.

Con risultati  economico-finanziari lusinghieri. Che però sono apparenza. Perchè non bisogna far finta di niente quando si verifica che gran parte delle squadre di calcio d’Albione è  di proprietà estera. E non sempre raccomandabile. Visto che son danari che piovono  dalla steppa, dai deserti e da Oltreoceano, e che spesso, come i venti che li portano,  arrivano e se ne vanno.
Vedi il Chelsea, ad esempio, che il chiacchierato  oligarca russo ( si dice) stia per passare di mano.  Inoltre, se parliamo di stadi all’altezza, ricolmi e canterini, non c’è dubbio che i nostri ( tranne qualche eccezione) fanno la figura dei ‘sedotti e abbandonati’. E da mò, che ai ‘ bacucchi’ che dirigono il Paese e lo sport di questo Paese, si chiede di mettere mano ad una nuova ed adeguata generazione di impianti sportivi ! Che non sono più solo lo stadio, comunque profondamente ripensato, ma anche tutto quello che gli ruota attorno. Con grande profitto. E magna gradevolezza, per le casse della società, ma anche per gli appassionati che sono tanti e belli ma anche stufi della solita ( e spesso pericolosa) routine finita nelle mani di non si sa chi.

Detto questo, però, non è che la  tarda Serie A possa considerarsi meno che l’ agile Premier.
Son belli loro, siam belli noi ( sia pure con qualche acciacco). Sennò, che c’è venuto a fare il pluri medagliato Cr7 in un agone come il nostro? E’ rincoglionito o è venuto a sapere che per ragionar di storia non c’è ‘contesto ’ più accreditato del nostro? Lui di storia deve intendersi, eccome, magari più e meglio del  Messi da Recanati , accucciato da sempre e per sempre dentro un’amorevole  e sola  culla; o di quel genio maledetto del partenopeo Maradona, che per superare il meraviglioso Pelè   s’era  trasferito armi e bagagli da una grande di Spagna ad una media squadra del campionato italiano. Trasformandola d’incanto  da Calimero a Cigno. E siamo belli perchè sono belli i nostri campanili che rendono infuocate  e imprevedibili anche le diatribe più insignificanti. E i duelli più radicati. E i personaggi più impensati.

Da noi il gioco non è una ( estenuante) cavalcata di 90/100 minuti dietro una palla, da  noi  il ‘cencio‘  da strappare  sotto la torre del  Mangia è  ben altra cosa.  A volte esagerata. Ma che altrove manco immaginano. Soprattutto in Premier.

E infatti mentre quando si guarda una partita loro si pensa sempre a cosa gli danno da manducare, da noi , invece, ci si scervella per immaginare qual diabolico artifizio  frulli nella testa dell’uno o dell’altro dei contendenti. Perchè di ‘ punitio divina’  si può essere sempre colpiti quando men ce la si aspetta, anche per mano del più modesto in campo, tra un dettaglio e l’altro. Un articolo della ‘rosea‘ sembra voler restituire ( giusto)  valore e dignità al nostro (bistrattato) campionato.

Che non ha bisogno di copiare da alcuno se non da se stesso. Ricco com’è di ‘ mille identità tattiche’.
Che van da Sarri a Conte ad Ancelotti, tre maestri del mondo del calcio ‘ tornati a percorrere i domestici tratturi, e che nessuno offre con la stessa ricchezza agonistica e studia con tante soluzioni. Dal calcio d’estate – sottolinea la ‘rosea’,  che se non ci fosse bisognerebbe  inventarla – arriva la conferma di una varietà tattica unica: i nostri otto top club, per esempio, usano sei sistemi diversi. Quando lo stesso sistema offre spesso interpretazioni divergenti. Ma con un comune denominatore: la voglia di ‘ far’ gioco. Chi altri può offrire tanto?  e se nessuno può offrirlo, perchè  celebrare ( e arricchire) sempre l’orto del vicino e mai il nostro?

Lo scorso anno  squadre della Premier hanno fatto man bassa in  Champions e in Uefa. Dopo anni.
Forse per un altro ciclo (   l’ultimo  successo  inglese in Champions  l’aveva ottenuto il Chelsea nel 2011/2012,  bissando lo United del 2007/2008). Forse. C’è  però da ammonire che, tra le tante altre cose,  nelle 65 edizioni della Coppa dalla grandi orecchie fin qui disputate, 27 volte  sono arrivate in finale  squadre italiane.
Praticamente  un 45% ca, quasi a dire una edizione su due,  percentuale che non avrebbe necessità di commento se non per ricordare a smemorati e incolti che  ( in regime di libertà) si può celebrare chi, quando e come si vuole, senza però voler passare per cantori pindarici quando s’è null’altro che funzionari ( consapevoli o meno) di questo e quell’ uffizio.  O cari bacucchi, fateci quegli stadi, eppoi vedremo chi ( meglio) saprà  coprire di stelle ( e di sogni) le sue maglie e chi no.

 

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IL CALENDARIO 2019/2020. Inizierà il 25 agosto 2019  e finirà il 24 maggio  2020 il prossimo Campionato. Il nostro Campionato, che nonostante scarsa dirigenza, insignificante attenzione politica e stadi ancora del secolo scorso, resta il più ‘ duro e bello‘ al mondo per le sue intrinseche difficoltà  storiche, agonistiche  e caratteriali.
Attecchite all’ombra dei mille campanili. Addobbati da storie, personaggi, passioni che altrove manco si sforzano di capire. Danari  a parte. E se a dominare c’è n’è una su tutte, l’augusta  Signora di Torino, a rendere vivo fino all’ultimo secondo l’agone ci pensano le altre. Tutte le altre. Per un motivo o l’altro. Tutti validi. Tutti interessanti. Tutti da ascoltare.

E comunque tali da non farci dormire come invece capita in altri ( celebrati) tornei gemelli che già sotto l’albero di Natale, bene e spesso,  in questi ultimi anni, depositano  il pacco-dono d’uno scudetto ( risultato) anticipato. Il calendario ha tenuto conto, questa volta, di tanti distinguo. Che non stiamo a riprenderli. Ci sarebbe  da perderci la testa. Ci fidiamo. Ci affidiamo. Quel che estrapoliamo è che gli incontri tra le big five si disputeranno tutti in giornate diverse. Per quel che riguarda anticipi e posticipi invece bisognerà attendere la trattativa tra Sky e Dazn, che già lo scorso anno ha generato non pochi malumori. Tra i clienti Sky che dal tutto ( serie B compresa) dell’anno precedente si sono visti limitare ( sopratutto) gli anticipi.

Che dovrebbero restare tre anche l’anno prossimo, con fischio d’inizio per i serali alle ore 20,45. Per la Coppa Italia, infine, finale  in calendario per il 13 maggio.

 

… SAN SIRO: NUOVO O VECCHIO? ” Non sono ideologicamente contrario ad un nuovo impianto- commenta l’architetto Stefano Boeri, 62 anni, presidente della Triennale -. Del resto come potrei nel mio ruolo? Anzi, vi dirò di più: se passasse il progetto di un nuovo stadio, immagino ci sarebbe un concorso internazionale per scegliere lo studio migliore.
Ecco, io ambirei a parteciparvi, come architetto prima ancora che come presidente della Triennale. Ma resto dell’idea che un restyling del Meazza sarebbe la scelta più equilibrata”. I club, intanto, sostengono che non varrebbe spendere tanto danaro ( circa 700 milioni) per ristrutturare un impianto che non arriverebbe comunque ad offrire i servizi che oggi garantiscono i grandi stadi europei. i servizi di un impianto moderno garantirebbe ben altre entrate. ” Può darsi – replica l’interlocutore -, ma siamo sicuri che il tifoso italiano abbia voglia di vivere l’evento calcistico come fanno altrove, presentandosi allo stadio tre ore prima e andandosene due ore dopo la partita? Per carità, ci si abitua a tutto, ma io credo che da noi basti l’evento per riempire un pomeriggio o una serata allo stadio. Non il contorno”. Obiezioni corrette, quelle di Boeri.
Anche se non è detto a priori che gli italiani non possano, per quel che possono, modificare ataviche abitudini. Obiezioni che però non sembrano rispondere ad alcune domande fondamentali. Esempio: a) fare un restyling a San Siro, non significa ripassarlo con qualche pennellata di colore, ma sventrarlo nell’anima. Per anni. E mentre si procede, dove andrebbero a giocare Milan e Inter: a  Monza o a Como ? ;
b) Siamo sicuri che  un restyling ( per quanto profondo)  andrebbe a soddisfare le mille richieste procedurali, di sicurezza strutturale e di sicurezza nell’uso abituale dell’impianto? Si sa che una casa vecchia, per quanto illustre e cara sia, resta pur sempre  vecchia. Con tutti i limiti della sua vecchiaia. Che non sono   nè pochi nè insignificanti. Soprattutto se si vuol guardare avanti. Comunque sia, il nuovo San Siro è stato deposto sul tavolo del comune di Milano.

 

LUCE DEL MARE.. Un anno è trascorso dal crollo del ponte Morandi a Genova.  Morirono nella circostanza 43 persone.  Mentre la ’ferita‘ continua a gettare sangue, nonostante si stia ( rapidamente) procedendo a rimarginarla con una nuova struttura firmata da un genovese che quando si tratta della sua gente non sta a cercare cittadinanze altrove. Il progetto sembra magnifico. Speriamo solo mantenga le premesse, magari sopravvivendo per oltre mille anni a venire. ‘ Studiavo a Milano, quando  costruirono il ponte Morandi - ricorda Renzo Piano, l’architetto progettista del nuovo grandioso manufatto -  che quando si scendeva a Genova era diventato un transito inevitabile.

Una lunga  passerella sul vuoto che odorava di mare. Senza mostrarti mai il mare, ma solo la sua luce’.
La misteriosa Araba Fenice  vuole che geni come Renzo Piano, senatore a vita, resti attaccato alla madre sua, la bella e sofferente Genova, un tempo regina del mare e scrigno finanziario dell’Europa, e ci riservi un progetto che per stile e originalità farà una volta di più stupire quanti ( non solo dalle nostre parti) hanno dato per scontato il tramonto del Belpaese.
” La Spagna - si legge sul Sole24Ore - aspetta da decenni riforme strutturali che dovrebbero rilanciare la competitività della sua economia… ( eppure)  ha dimostrato di saper resistere alle lacune della politica ( da 100 giorni è senza un governo) fornendo stabilità anche senza un governo sorretto da una chiara maggioranza”.

Infatti, roba da non credere, la sua economia cresce al ritmo più alto dell’ Eurozona confermando, trimestre dopo trimestre, la sua forza. Nonostante il rallentamento globale, il Fmi prevede per la Spagna una cresciuta del Pil pari al 2,1% nel 2019 e dell’1,9% per il 2020. Con la creazione in due anni di 800 mila nuovi posti di lavoro e il tasso disoccupazione ( pochi anni fa tra i più alti in Europa) in calo al 14%.

Da noi solo Emilia RomagnaLombardia e Veneto possono dire altrettanto.

E non basta.  Risultati incoraggianti sta riportando anche il ‘ piccolo’ Portogallo, che Moody’s transita da ’stabili’ a ‘positivi’, mantenendo il voto a ‘Baa3′ ( l’Italia, al momento, è ‘ Bbb’  con prospettive negative) Non procediamo. Del resto che gioia c’è? La peggior classe dirigente del Pianeta, o quasi, non autorizza voli diversi. Basti vedere il kafkiano ‘comportamento’  sul famigerato debito pubblico, che nessuno ( dicasi nessuno) riesce a ridurre significativamente per toglierci      ( finalmente) di dosso quella spada di Damocle che ci ‘ umilia’ , ‘avvilisce‘, ‘impigrisce‘, ora dopo ora.
La filosofia di Renzo Piano del ‘ pezzo per pezzo‘ che andrà ad applicarsi per il nuovo viadotto di Genova, ci sembra  null’altro che una  ( straordinaria)  ’ testimonianza del Made in Italy ai suoi massimi livelli, perchè, come continuano  a ripetere tutti gli attori ( quasi mille persone ai vari livelli di responsabilità) qui si gioca il riscatto dell’ Italian pride: l’onorabilità di quanti si ostinano a contrastare l’ideologia del declino giocando la nobile carta del ‘saper fare’ di cui, nonostante tutto, l’Italia è ancora maestra’.

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