Non solo sport. Champions: Juve, Napoli e Inter si va avanti. La Dea invece è fuori. San Siro: su o giù?

Non solo sport. Champions: Juve, Napoli e Inter si va avanti. La Dea invece è fuori. San Siro: su o giù?
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CRONACA DAL DIVANO. Dopo i due appuntamenti verde-azzurro e il turno di Campionato sono tornate le Coppe. Con o senza grandi orecchie. Noi, per quel che ci riguarda, abbiamo mandato in campo per la Champions: Juventus contro Lokomotiv, Atalanta contro City, Napoli contro Salisburgo e Inter contro Dortmund; per la Ligue, invece, Roma e Lazio. 

Dalla Signora nella Coppa dalle Grandi orecchie che manca in bacheca da una vita ci si aspettava ben altro comportamento. Da campo di battaglia. Infatti disponendo  di una Bismark e non di un barchino Mas  diventa  ridicolo vederla boccheggiare per ’80,  sotto d’una rete, con avversario ostico ma abbordabile, fino a che due genialate  del suo militante più geniale non l’hanno sottratta a più gravi ambasce. Meglio non pensarci.
Perchè se l’Atletico sale a 7 e la Locomotiv l’avesse seguito a 6 contro i 4 della Signora, ora che staremmo  a dire? Meglio non dar seguito a tali prospettive. Questo però non può che servire da ammonimento alla truppaglia del Sarri, il quale  in Europa ( come dicono)  sembra ( al momento) non essere il ‘ fulmine che tiene dietro al baleno‘.

La Dea fa quel che può, ma continua a ricevere ‘bastonate’. In tanti la assolvono per la simpatia che emana, giustamente, ma fino ad un certo punto. Perchè se il bravo Gasp continuerà  a celebrare i suoi a prescindere evitando  di mettere il dito sulle piaghe dei suoi, che ci sono, eccome, evidenti,  riuscirà nell’intento di non  guarirle. Anche con il City della ‘sirenaGuardiola che prima ‘ incanta‘ eppoi ‘attrae’ sugli scogli, i primi ’30 non sono stati male; anzi, la Dea s’è pur portata in vantaggio su rigore. Il problema è che, soprattutto nelle trasferte in terra d’Albione, dove si ciban di stoccafisso e non di bresaola, a contare non sono i primi ’30 ma gli ultimi ’30.
E comunque, senza infierire su una squadra che per la prima volta con molti meriti s’affaccia sul torneo dei campioni, non si può certo lasciarle credere fischi per fiaschi  per relegarla ad un ruolo da vittima sacrificale: quattro i gol presi nell’esordio dalla ( non irresistibile) Dinamo; due ( in casa) dal ( non fenomenale)   Shakhtar e cinque ( in trasferta) dal ( micidiale) City, la squadra di Stato del Qatar ( gran favorita di mister Capello) allestita in Europa. In tutto fanno 11 gol, in tre partite. Tanti. Per cui stante i (persistenti?) difetti, si può  facilmente prevedere che il restante cammino della Dea sia cosparso di  molte spine. Forse,  visto che anche il terzo posto Ligue è diventato un miraggio, ancor più  dolorose  delle prime. Qualcuno si chiede: cui prodest?

Se l’è invece ben cavata la Beneamata, con un 2-0 indiscutibile sui tipacci del Dortmund, ora da (re)incontrare nel colorito loro habitat calcistico. Con 4 punti, la Benemata ha riaperto o giochi, certo non dovrà più lasciare rimpianti per strada. Ottima, ancora una volta, la prestazione dei piccoletti del sor Carletto, che nell’insidioso campo dell’ambizioso  Salisburgo hanno fatto bottino pieno. Ora con 7 punti e tre incontri da disputare, potranno competere  per il primo posto nel girone.

Prossimo turno: ( 5 novembre) Napoli-Salisburgo; ( 5 novembre) Dormund-Inter.  ( 6 novembre) Atalanta- City; ( 6 novembre) Lokomotiv-Juve.  la Dea è fuori; mentre l’Inter dovrà ‘spareggiare‘ con il Dortmund ( 4 punti a testa) e il Napoli  la Juve ( entrambe a 7 punti e in testa ai loro gironi) dovranno semplicemente ( si fa per dire) chiudere le rispettive pratiche. Turno non favorevole per le  due ( acciaccate) romane in  Uefa.
Vero e proprio abbaglio ( o furto, a seconda delle vedute) per la  Roma, in vantaggio sui tedeschi Mon fino al ’94.  Sconfitta invece per la Lazio in Scozia: 2-1, con i soliti ( inutili) lamenti di Inzaghino : ” Sconfitta immeritata, difficile da digerire”.  Il problema è che, adesso, ( nelle prossime tre partite) la si fa dura. Altro che Ferrari  ( come assicura il buon Lotito) pronta per chissà quale impresa!

 

 LE FRASI CHE COLPISCONO. E se proprio si dovesse costruire un nuovo stadio, che fare di San Siro ? ” Certo, non va buttato giù – risponde il Gianni, mitica e inimitabile    bandiera rossonera-. Farlo rimanere come monumento? Come seconda ipotesi, ma San Siro è un valore perchè ci si gioca dentro. Ed è anche memoria, non è vero che la gente non ha memoria. A parte quelli che abitano nella zona, che sono contrari, credo che la maggior parte della gente voglia che San Siro non sia cancellato”.
Risposta.  Per quel che ci riguarda, abbiamo ‘ ascoltato’ il Gianni fin da imberbi. Incantati. Convinti.
Il personaggio grandissimo in campo ha sempre mostrato acume e lungimiranza. Gran parte del calcio odierno ha radici tra le sue iniziative. E tuttavia, questa volta, non concordiamo. Sbaglia. Troppo amore porta all’errore. Infatti che il San Siro, che per anni abbiamo visto dalla finestra ogni giorno, sia uno dei due o tre campi più vetusti al mondo, non ci piove.  A contare allori e campioni colà levati ed ospitati non basterebbe un giorno.
In ogni caso, il tempo passa e un impianto come quello non risponde più alle aspettative attuali. Non buttarlo giù vorrebbe dire ristrutturarlo, per tre o quattro o cinque anni. Nel frattempo dove andrebbero a giocare le milanesi? Inoltre, è fuori di dubbio, che un complesso ( stadio più altro) appositamente progettato con criteri, funzionalità e materiali aggiornati darebbe ben altre rese. Per altre prospettive. Per altre ambizioni. Mentre chi provvederebbe a  rabberciare continuamente (  costosamente e forse inutilmente ) il vetusto  San Siro ( eventualmente) sottratto alle ruspe?

Eppoi, diciamo la verità più bella, quando mai Milano, la grande Milano, nei suoi momenti cruciali ha rinunciato   ( nel rispetto della memoria, che c’è e resta)  a guardare avanti piuttosto che indietro? Per l’eventuale mancata grande occasione, chi paga ( o pagherà) ?  Con rispetto: i residenti?

L’AMMAZZA GP ? E voi dite che uno che se la svigna già ai primi metri per andarsi a spassare in solitaria  un intero Gp, lo esalta ? O lo sublima, quanto la preghiera di un anacoreta tra le dune del deserto ? Che fa? Dite che fa? Anche perchè a perdere occhi e sonno davanti ad tivù per un MotoGp ce ne stanno sempre meno: o se ci sono, non possono fare altro che dare corso allo sbadiglio. Visto che alle sue spalle, tranne qualche imberbe ancora bisognoso di manducar pagnotte, non c’è granchè.
Non c’è lotta, spasimo. Il Dovi, ad esempio, che in graduatoria sarebbe l’avversario da battere, sembra ormai un pensionato felice di quanto fatto nella sua lunga ( e a tratti) gloriosa carriera; mentre, il Maestro, non fa che emettere  lamenti, e nonostante le due dita al posto delle tre nel maneggiare le manopole sul manubrio, poco o nulla riesce ( più) a sortire. Anzi, talvolta erra pure. Cosa a lui non nota. E questo, tutto questo, con altro, ci pare togliere interesse verso una disciplina  che proprio grazie alla più recente imprevedibile e continuo agonismo aveva attratto folle di appassionati non solo della categoria.
Ora, gettar su ‘ cade non cade’ la croce di ammazza MotoGp, potrà sembrare eccessivo. Ma solo per chi la vuole (sempre) accomodare al meglio. Perchè, se vogliam essere sinceri, italiani o no che siamo, vedere tanta balda gioventù amante della velocità sulle due ruote ‘ castigata e messa in fila‘ in quel modo non diletta nessuno. Costringe a cambiar canale. Basterà poi chiedere del risultato, non per il primo posto, ma per quello degli altri. E dei lai sempre più mesti del ( pur sempre) inimitabile  Maestro.
E comunque l’ultimo  turno in Giappone, non ci ha portato male. Il  Della  Porta  in Moto3, oltre al Gp,  s’è ha incassato altri punti mondiali rispetto al secondo ( +47); mentre Luca Marini, rispettoso fratello del Maestro, s’è aggiudicato in Moto 2 il secondo Gp di fila. Che in molti leggono quale  auspicio certo d’una prossima annata  alla conquista del Mondiale. Infine, il terzo posto del Dovi in Moto Gp, come già detto, che poco o nulla aggiunge ai fasti della massima categoria motociclistica.

CAMPIONATO. Sembra  una lotta a due. Sembra, perchè nel paese d’adozione dell’Araba Fenice, nulla è mai certo. Non lo è in politica, non lo è in economia, non lo è nello sport. Figuriamoci nel calcio. E comunque la Signora s’è dovuta spremere ( dopo un bel primo tempo) fin all’ultimo minuto per portare a casa una vittoria ( 2-1) con il Bologna dell’immenso Sinisa, per il quale auspichiamo  la ‘ Panchina d’oro’.
Gran sudore ha dovuto spremere anche la Beneamata per avere ragione di un Sassuolo orfano dell’indimenticabile patron Squinzi  mai intenzionato ad issare bandiera bianca.  La sua risalita dal 1-4 al 3-4, altro non è, per quel che ci riguarda, che un segno di inequivocabile grande vitalità del nostro torneo. E questo mentre, dando un occhiata Oltre’Alpe, ci vien da pensare che ( in attesa dei nuovi stadi) se non siamo i meglio poco manca, in Francia già si vede la conclusione; in Germania, gioco delle parti a parte, altro non s’intravvede che il solito Bayern; in Spagna, sconvolta dalla ( non sempre) pacifica ‘rivolta’ catalana, i contendenti restano sempre due, con i Blancos che s’accendono e si spengono come le luci dell’albero di Natale. 

Resterebbe la Premier, la celebrata Premier, donde se il Liverpool non fosse stato costretto al pari da un redivivo United, staremmo già a parlare di fuga.  E allora, che dire? Continuiamo per la nostra strada. Riduciamo qualche debito di troppo. Cancelliamo  la cosiddetta ‘ responsabilità oggettiva‘ per togliere ai facinorosi un’arma di ricatto verso i club che in molti s’ostinano a leggere come ‘ manifestazioni di razzismo‘  quando invece appaiono sempre più come tanti bassi reiterati  tentativi d’estorsione. E continuiamo a dar credito a chi vuol costruire le nuove ‘ case’ del pallone. Fast, Fast, Fast! Come grida il buon Rocco di Calabria. Prima che sia troppo tardi.
Una nota per il vecchio Diavolo messo in gravi ambasce da un passaggio di proprietà tutto da indagare. Dopo Gianpaolo sta  la volta del Pioli. La panca rossonera sembra divorare mister come uno squalo le sue prede. Contro l’umile Lecce infatti gli imberbi  eredi degli Immortali sono passati in vantaggio per ben due volte, e per ben due volte sono stati rimontati. Donde stia la differenza con il (recente) passato ( al momento) non c’è dato da vedere.  Speriam solo di essere miopi, ingiustamente miopi, perchè di quella mitica squadra il calcio ( non solo ) italiano ma del Pianeta ha estremo bisogno.  Il Napoli del sor Carletto è tornato alla vittoria ( 2-0), mentre Lazio e Atalanta si sono divise la posta ( 3-3).  Tornano in settimana le Coppe.

LOSCAR DELLE INTERVISTE. Fosse per noi, gli daremmo lOscar della più bella intervista dell’anno. Sincera. Opportuna.  Esaustiva. Meritata, insomma.  L’ha rilasciata alla ‘rosea‘ ( venerdì 18), con tanto di nomi e cognomi. L’eroe mediatico questa volta è senza dubbio alcuno  il buon ADiElle ( al secolo Aurelio De Laurentis, patron del Napoli). Che, a volerlo punzecchiare, quando è in vena, non le manda a dire a nessuno, proprio a nessuno.

A cominciare dal capo Uefa, Ceferin, per allargarsi su alcuni dei suoi rampolli: Insigne, Mertens, Collejion e così via. “ Insigne? Non lo capisco. Non capisco – spiega ADiElle - perchè a Napoli, a casa sua, non debba essere felice. E’ un gran giocatore, glielo riconosco, ma se ritiene che la sua avventura col Napoli sia finita qua, allora s’impegni per non restare un incompreso…”. Come dire: se credi resti, altrimenti ben si metta in viaggio verso altre mete.
” I casi Mertens e Collejon che hanno i contratti in scadenza? Nulla di speciale. Entrambi  infatti – spiega ancora – sono legati al Napoli. Il Napoli è un club da amare, come una bellissima donna. A loro due ho presentato una offerta otto mesi fa e di certo non posso andare oltre quanto loro proposto. Se poi vogliono andare a fare una vita di m… o le marchette in Cina, allora vadano pure”.  Fossero tutti così spicci e chiari, forse, il calcio nostro ( e non solo) sarebbe diverso.
O anche come quello che i (romantici) affezionati sognano da quand’erano in fasce. E  vedon sgretolare giorno dopo gioco, con l’incalzare di ‘ stormi d’uccelli neri’ attratti più dai danari che da altro. Non capendo che, in fondo,  in fondo,  se tutta la baracca regge, non è per questo o quel dirigente o sponsor o giocatore che sia, ma ( solo e soltanto? ) per l’infantile passione che tiene legate folle sterminate, dai colori diversi, sulle tribune ( e non solo) del pianeta calcio.
Linguaggi come quello del sor ADiElle sono rari.  Di qua e di là d‘Oltralpe. L’avessero usato a tempo giusto quelli della Beneamata con  il Maurito  della Wanda o il Perisic infatuato di  Premier  ma finito in Bundes , chissà  che ora non fosse  più agevole la sua risalita?  Verso l’Europa. Verso lo scudetto.  Che  per la Beneamata restano ancora un palmo sotto a quanto richiesto da quegli agoni, già prenotati da  squadre da ben altro tempo strutturate e predisposte.

Continua a passarsela male, veramente male, il glorioso Diavolo. L’infelice passaggio cinese avallato ( nell’ispecie) dal sor Berlusca potrebbe risultare un tunnel senza uscita. E qui qualcuno è ora che venga chiamato a spiegare le sue responsabilità. Infatti non si può assistere al naufragio della squadra ‘ degli Immortali‘, senza battere ciglio. Come nulla fosse. Se il sor Berlusca ha dato il meglio nel quarto di secolo a lui nomato, spieghi perchè ha dato il peggio  nei giorni dell’addio.

 

LA QUESTIO STADI. Sia pur barcollando, per via della solita insulsa politica, anche Milano sta per dire  al nuovo stadio. Al nuovo distretto di San Siro. Che potrà risultare una meraviglia da mostrare al mondo intero. Come merita Mediolanum, città nata sui canali, ex capitale dell’Impero d’Occidente, gran guida dell’Unificazione d’Italia, centro motore del ‘ boom economico‘ anni Sessanta/Settanta e, ora, la Berlino sotto l’Alpe. Sul tema stadio si stanno dando da fare, però, anche altrove.
Ad Empoli, ad esempio, donde con una trentina di milioni sperano di realizzare un impianto tutto da godere per gli anni  a venire.
O anche a Firenze dove il Rocco di Calabria diventato ricco in America non ha ripassato l’Atlantico per venire a menare il can per l’aia ma per fare quel che sa da fare. Ovvero un nuovo Franchi degno di ridare il giusto spolvero ad una delle città più importanti ( e belle) del genere umano.  Avanti, avanti così. Che poi, una volta terminato il (sofferto) processo vedremo chi potrà vendere di più o meno agli appassionati del pallone che popolano l’orbe terraqueo.

GLI DEI DELLE FORESTE. Per lui,  per loro,  in questa stagione, devono essersi scomodati anche gli antichi dei delle foreste d’Oltralpe  e d‘Albione, visto che tutto è filato liscio, perfino nei minimi particolari, da un bullone all’altro, da una pista all’altra, mentre per la ‘rossa’ non s’è mai persa l’occasione di ricacciarla indietro, giusto o no che fosse, probabilmente,  per provare a demolire un mito che fa ingelosire alcuni  fin al delirio.
Fatto è che la ‘stella’ alla fin dell’ultima tenzone s’è portata a casa il suo record di sei mondiali costruttori di seguito, eguagliando ( finalmente) la ‘ rossa’. Verso la quale da un lustro si sta facendo di tutto  per tenerla ai tubi di scarico. Istituzioni, giurie, safety car e perfino volenterosi solidali raccolti all’uopo di volta in volta che come quel ’fanfan la tulipe’  ( il Tulipano)  specializzato in ‘sfascia rosse‘, che basta dargli voce per fargliene buttare fuori una o due, magari anche con un sol magico colpo.

In Giappone, forse, qualche colpa l’ha avuta anche il nostro Carletto, e infatti ( figuriamoci) se non lo sanzionavano. Verrebbe da dire: non aspettavano altro. E comunque tra l’altrui  ‘ malvagità‘ ( non solo) sportiva  e  la ‘ leggerezza’ propria , sta di fatto, che la ‘rossa‘ è costretta ad archiviare un altro anno non proprio da galleria degli Immortali. Si potrà rifare, certo, però altrui permettendo. La macchina c’è, come c’era anche in Giappone, basterebbe non distrarsi e neppure ‘ stare l’un contro l’altro armato’ per raffermare il giusto ordine delle cose. Intanto, nel nuovo massimo sistema che riguarda la F1 del futuro, alla ‘rossa’ verrà concesso il 15% in meno di rimborsi. A lei, e alle prime tre del ranking. 

 Certo che, ben diverse visioni si hanno distesi  su un divano rispetto a quelli che dovrebbero ‘ essere calati’ fino al collo dentro gli eventi. Gli ‘addetti ai lavori’. 
Forse non è adeguata la visione dei primi; forse non è ( sempre ) credibile la visione dei secondi. Che da quel che si legge ( giornali) e si vede ( tivù) sempre più divergono. Ad esempio, sul fuoriclasse cataluno della moto si largheggia in encomi,  quasi non s’aspettasse altro che di vederlo spazzar via i record dei nostri maestri, dal più antico ( Ago) al più recente ( Vale). Impressioni che speriam non siano verosimili.
E comunque ‘ gatte da pelare’ le abbiamo anche per l’auto. Dove da un lustro brilla la ‘ stella d’argento’ delle vetture di Stoccarda.  Qui, ad essere in difficoltà, è la ‘ rossa’, nell’ispecie, la mitica ‘ rossa‘, che più che auto è  il desiderio riposto dell’uomo di superare le barriere della velocità e ( quindi)  del tempo. Un ippogrifo alato, che fa volare. Basti infatti sbirciare il colore prevalente su ogni pista del mondo, per vederlo primeggiare. In maniera trasversale. Dai bimbi ai nonni. E forse proprio per questo che la visita ai luoghi santi della ‘rossa‘ ( Maranello e Modena) è sempre pieno di voci straniere.  Affascinati da tanta calorosa, originale  bellezza

 

CALCIO. E se il derby d’Italia, decisamente  il più bello degli ultimi anni, ha ristabilito le gerarchie in ambito Serie A, non è che tutto sia finito. Deciso. Archiviato.
O quasi. Come in Francia. Come in Germania ( nonostante la fiction  in corso) . Come in Premier ( con il Liverpool  lanciato verso una cavalcata solitaria). Viene infatti da ridere pensando a quanto impegno abbiano messo i nostri anglofili per convincerci ( giornalmente)  che il massimo campionato di calcio d’Albione era il più ‘ incerto’ , ‘ affascinate’, ‘ inarrivabile’, del Globo. Per poi scoprire che se il City lascia qualche altro punticino per strada, ai reeds diLiverpool, basterà attendere ( comodamente stravaccati ) sul un divano  la primavera per  andar poi a levare al cielo un altro Scudetto.

Vogliam dire, che la Signora, al momento, poche rivali ha, soprattutto nel Belpaese, ma questo non significa che la Beneamata,  magari sostenuta dalla beffarda Eupalla, più avanti, con il levarsi d’altri venti, possa cambiare le carte in tavola. Ci sembra invece in serie ambasce il Ciuccio, che dopo la vittoria sui campioni d’Europa sembra  sprofondato nelle bambocce.  Tanto che qualcuno ventila l’addio anticipato del sor Carletto da Napoli. Che, francamente non ci apparirebbe una gran soluzione, nè per lui nè per il sor DeL; come non sarebbe una gran soluzione quella di un altro ventilato ( clamoroso) addio anticipato, quello di Cr7 , da Torino .
Il nostro  Albertone gliela canterebbe “ Ma dovei vai, se la banana non ce l’hai?”. Battute a parte, non ci sembra che in giro pel Pianeta  ci sia ( nel complesso) qualcosa di meglio della Torino, delle terre terra  sabaude dei re d’Italia.
E mentre il Campionato sosta, rispunta la banda del Mancio. Di verde vestita. Quasi una bestemmia, che però ( promettono i nostri cervelloni al timone) risuonerà lungo valli e borghi per una notte sola. Inoltre con il successo sulla  Grecia, 2-1 in casa, abbiamo già in tasca la qualificazione. L’andata a  Liechtenstein è stata pura formalità. Che però   inciderà sul ranking in caso di sorteggio mondiale.  Da interpretare da ‘ guerrieri ’ o da ‘belle statuine’?

 

IL DERBY PIU’ BELLO? Che la smettano, per favore,  i cari anglofili di celebrarci ( quotidianamente) l’altrui virtù. Ne abbiamo le tasche ricolme, anche perchè agli isolani se qualcosa abbiamo da invidiare ( nuovi stadi e merchandising) qualche altra abbiamo da insegnare.  Grazie al respiro che s’ascolta nei derby d’Italia. Antichissimi, unici, irripetibili,  come la loro storia. All’ombra di campanili agguerriti e mai domi. Un poco stonati nel canto, ma densi di passione nei cori. Tanti. Qualcuno anche a sproposito, per via di qualche pugno di ( dolosi) trogloditi che ( proprio) con quei cori spera di ricavare la pagnotta per sbarcare il lunario.

 

 

 

CHAMPIONS 2019/2020

GRUPPO C: M. City, Shakhar, Dinamo Zagabria, AtalantaGRUPPO D, Juve, Atletico Madrid, B. Leverkusen, Lokomotiv Mosca; GRUPPO E, Liverpool, Napoli, Salisburgo, Genk) GRUPPO F, Inter, B. Dortmund, Barcellona, Slavia Praga.
PRIMO TURNO.( GRUPPO C) Dinamo Z-Atalanta 4-0, Shakhtar-City 0-3; Atalanta- Shakhtar 1-2, City- Dinamo Z 2-0; ( Gruppo D)  Atletico M- Juventus 2-2; Leverkusen-Lokomotiv 1-2; Juventus- Leverkusen 3-0, Lokomotiv-Atletico M 0-2; ( GRUPPO E); (GRUPPO F).
PRIMO TURNO EUROPA LEAGUE. RISULTATI. Cluj-Lazio 2-1; Roma-Basaksehir 4-0. 

RAZZISMI O ESTORSIONI? C’è in giro un gran dibattere sul razzismo che, a star a sentire questo o quello, sembra più un ’ caso’  italiano che altro. Perpetrando, come al solito, la solita omelia. Che ha un fondamento, certo, visto che non possiamo  pensare di essere stati  esentati da una quota di trogloditi, ma che non corrisponde assolutamente alla realtà generale. Intanto, chissà perchè quando questo o quello attacca il Belpaese  dimentica che del Belpaese fanno parte ( in particolare) quegli isolani che da anni si svenano per ospitare senza compenso ( e Nobel ) alcuno  i derelitti che arrivano da ogni anfratto mediterraneo, africano e non soltanto? Chissà perchè?

A costoro infatti interessano i razzisti o la polemica sui razzisti?  Come capita da anni di verificare nelle illuminati salotti d’Europa, donde ( alla prova dei fatti) è gesto spontaneo  girarsi i pollici per evitare ogni impegno di  sorta?  E tuttavia, lasciando le colte disquisizioni   sui massimi sistemi, andando invece sullo specifico  razzismo da stadio,  che tanto clamore fa, perchè non si è ancora dato  seguito ad iniziative come quella intrapresa dalla Signora di Torino contro ‘ bande‘ di (cosiddetti)tifosi che il tifo praticano ma soltanto per portarsi a casa ogni fine stagione parcelle niente male? Perchè? A chi giova giurare e rigirare invano  il coltello dentro la piaga quando basterebbe poche ‘cose’ per curare la grave ferita?  Quali ‘cose’? Intanto la collaborazione ( e partecipazione) della gente per bene, eppoi delle società, e quindi delle istituzioni ( non solo calcistiche) e infine della polizia.
Che potrà fare il suo dovere sbolognando da spazi non loro quelle ‘ bande’ che quando hanno bisogno di ricattare le ( deboli) società di calcio, brandeggiano come spade di Damocle i loro ‘ buu buu’ per portarsi a casa la pagnotta. Intanto, perchè  insistere ancora sulla cosiddetta ‘ responsabilità oggettiva’ a (solo)  carico delle società ? E perchè non (ri)chiamare all’uopo, abitualmente, ad ogni ‘ buu buu’ reiterato,  quanti visti e rivisti son presi in flagrante?
Che timore c’è? Forse siamo arrivati al punto che basta qualche più o meno sparuta  ‘ banda’ di malintenzionati a mandare a carte quaranta Stato, Istituzioni, Società sportive, Addetti ai lavori, Polizia e ( da ultimo) le Persone per bene?  E allora, di che parliamo? E che facciamo? Perchè ci sa tanto che, trogloditi a parte, chè quelli non si curano nè da noi nè altrove, più che a disquisire sui massimi sistemi basti ( semplicemente) solo ( e soltanto) muoversi. Fare. Fare quel che si può fare. Come appunto ( sia pure in ritardo) ha iniziato  a sollevar ad esempio la Signora di Torino e ( purtroppo ) pochi altri.

MA ALBIONE E’ DAVVERO UN ESEMPIO ? Allora, ci sono Media del Belpaese che non fanno altro che celebrare la Premier e,  sullo sfondo, la (perfida ) Albione. Che per costoro trattasi di un altro paradiso. Di un’altra cultura. Di un altro sport. Di un altro calcio. Insomma, noi che siam figli e figliastri di Virgilio e Dante, di Leonardo e Michelangelo, di Galilei e Colombo, dovremmo per costoro rimboccarci le maniche e tornare sui banchi di scuola. A 360°. Dimenticando però che solo qualche lustro fa branchi  di anglosassoni s’aggiravano per l’Europa del calcio  portando non canti e gioia ma coltelli e sangue. E se, allora,  se qualcuno gli ha messo un freno è stato solo perchè così non si poteva andare più avanti.

Oggi, quegli stessi anglosassoni, se ne vanno a godersi una partita di calcio, cantando e sventolando colorite bandiere. Infatti, qualcuno, li chiama stadi canterini. Nuovi, belli, comodi e pure ( come si diceva) intonati. Che chiedere di più ad  Eupalla?
Eppure, come insegnavano gli antichi, anche da loro, non tutto quel che riluce è oro.
Vediamo infatti cosa si legge sulla ‘ rosea’: ’ In Inghilterra nelle ultime stagioni gli episodi di razzismo sono aumentati: dal 2012 l’ascesa è stata costante e nelle ultime due stagioni c’è stata un’impennata. Nel 2018/19 si sono verificati, dai campi della Premier alle serie minori,  442 casi discriminatori, di cui il 65% classificati come abusi razziali. Rispetto al 2017/18, l’incremento degli episodi di xenofobia è stato del 43%, con una crescita preoccupante di manifestazioni contro gli ebrei e l’Islam. Su twitter siamo in piena emergenza. Gary Neville, ex difensore dello United, ha invitati i sociale per sei mesi a sospendere i messaggi … ‘.
Ci sarebbe altro, da leggere, ma tanto basti. E che rimedio portano al problema quelli della ( perfida) Albione? Sempre la ‘ rosea’ garantisce : ’ Casi in aumento, ma in Premier è sempre tolleranza zero’: dal 2012 c’è un’ascesa costante di abusi razziali ma la polizia indaga in modo serio e i tifosi perbene collaborano’. Che si dice, forse che da noi mancano una polizia che indaghi in modo e serio e  le persone per bene? O siamo semplicemente di fronte, ancora una volta, ai soliti armiamoci e partite di chi ha responsabilità dirette e le scansa?  Come quelle Istituzioni e  quei Media che invece di fare quel che ( per primi ) dovrebbero altro non conoscono che l’usato gioco dello scaricabarile?

LA ROSSA SVERNICIATA? Eppoi, hanno il coraggio di volerla sverniciare, ogni tanto,  quella prodigiosa macchinina ’rossa’ che mito e non leggenda o favola è, come l’ippogrifo alato, capace di sfidare il sole. Gli altri, infatti, transitano, lei resta. Magnifica. Unica. Che quando men te l’aspetti si rimescola alle sue ceneri e si rigenera. Più lucente e rossa che pria. In tanti cercano di indagarla, d’interrogarla, di imitarla, eppure lei sempre sfugge, riparando dove agli altri non pare, portandosi seco quel misterioso afflato vitale che soltanto il grande Drake deve avere avuto modo e tempo d’avvertire nell’atto della creazione.
Nel lontano Oriente di Sandokan, ad essere favorite erano le ‘ frecce d’argento’ di quel formidabile driver nero. Alle ‘rosse’ veniva riservato soltanto qualche parcella minima di pronostico. Tanto che perfino le Red Bull del venditore di bevande avrebbero dovuto asfaltarla, impietosamente, tra una stradina  e l’altra d’un tortuoso percorso cittadino. Visioni da miscredenti. Perchè, alla prova della pista, la ‘rossa’, anzi le ’rosse’, non hanno fatto altro che attingere alla loro attitudine a scrivere di storia e non (solo) di cronaca. E, alla fin della lunga tenzone, si sono presentate in parata sotto lo striscione del traguardo.
Ora, non è che anche con questa impresa vadano a mettere a repentaglio un titolo mondiale da tempo assegnato, ma solo a riprendersi le luci della ribalta. Che non possono che essere le loro. Così diverse. Così affascinanti. Dal cuore infinito, donde custodiscono tanto i grandi come Schumi vincitore di tutto  o del Niki che di rosso s’è vestito per l’ultimo viaggio; quanto chi ha vinto poco o nulla, ma che  ( come l’immenso)  Gilles il suo ( commovente ) talento donato ha  alla  causa loro.

 

EXTRA SPORT. Extra sportMatteo Renzi, 44 anni, fiorentino, ha annunciato l’addio al PD. La notizia non è giunta del tutto inattesa e, tuttavia, ha gettato scompiglio ( non solo ) tra i sostenitori del  governo Conte.
Il nuovo movimento si chiamerà ‘ Italia viva’Renzi, secondo fonti parlamentari, avrebbe confermato il ‘sostegno convinto‘ all’esecutivo e, dunque, la decisione di uscire dal PD non dovrebbe avere ripercussioni sulla tenuta del Governo Conte-bis. Le ragioni del suo passo sono state spiegate nell’incontro ( recente) alla Leopolda. 

IL  CARLETTO IN ROSSO. Avevamo giurato che non avremmo speso più un rigo per un Mondiale di già deciso a prescindere da qualche bacucco in alto sito. Ma è bastato un sorriso della ‘ rossa’ per farci recedere dal broncio della protesta. La ‘rossa’ si sa da quando è al mondo non fa la caccia  titoli e vittorie ma soprattutto a imprese e storie di uomini. Grandi uomini ( non solo) di sport. Capaci di scrivere di storia e non di cronaca.

Il Gilles, ad esempio ( per quel che che sappiamo) di titoli non ne ha vinti, eppure nella graduatoria degli uomini che recano stampigliato quel cavallino rampante nero su campo giallo, lui sta nel girone più alto. Una graduatoria speciale che ( per quel che ci riguarda) vale assai più di quella a cui si rivolgono statistici e autori d’almanacchi.
Ebbene, il Carletto  nato nel feudo dei liguri Grimaldi, scoperto, cresciuto ed allevato dalla ‘rossa’ come Giove dalla madre Gea nelle caverne del monte Ida,  ad appena ventuno anni, con il dolore nel cuore per la scomparsa  dell’amico Tonio, ha saputo imporsi ad un penta campione del mondo. E portare, dopo un decennio, di nuovo la ‘rossa’ sulla cattedra di Spa per il Gp del Belgio.
Nell’occasione il  magnifico  Toto s’è tolto la candida camiciola fresca di bucato  adatta più in una corsia d’ospedale, per  indossare un giacchetto nero. Già meglio , ma  un poco lugubre. Più da giornate di lutto che di gioia, come gli starebbe una camicetta d’altro colore una volta che decidesse di scendere sotto l’Alpe e di  accasarsi ( una volta per tutte) nella calda, generosa ed accogliente terra emiliana.
Aspettavamo con trepidazione Monza. Il regno del mitico dio della  velocità. Che ha rinnovato per un altro lustro. Come sempre strabocchevole di passione. Anticipata nella straordinaria kermesse in piazza Duomo, affollata come non mai, gonfia di attese, con tutti i protagonisti viventi d’una leggenda automobilistica  senza confronti. Con quel suo gigantesco cuore che a fine gara andrà a dispiegarsi  anche  sotto il podio per porgere  lauro ( e  gloria) eterna al vincitore. Che resterà nella memoria ( negli affetti)  più e meglio di tante altre vittorie e di tanti altri  titoli e titolati in altre situazioni premiati.

Ebbene, Monza ha confermata  la stella di colui che, a detta di molti, manderà in pensione il Lewis. Dopo Monza iridato ma più incavolato che mai, al punto da sparare una bugia colossale “ Io in rosso? Posso farne anche a meno“.

 

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CANTORI  O (SEMPLICI ) ADDETTI STAMPA? E insistono gli angolofili ( & associati) nel favoleggiare sulla ricca Premier, a lor dire il ‘ migliore campionato di calcio del Mondo’. S’ascoltano canti e peana a bizzeffe, qua e là, anche se ( a dire il vero)  più che canti e peana ci sembrano entusiastici comunicati di qualche ufficio stampa di calcio e turismo della ( perfida)  Albione.
Sì, perchè, non ce ne vogliano gli autentici anglofili, tutto quest’oro che riluce noi, proprio, non lo vediamo. E comunque dato che nel mondo ‘ mors tua ’ diventa ‘ vita mea‘, diamo a Cesare quel che è di Cesare, e nulla di più. Se parliamo di dirigenti tra i due tornei, beh, quelli d’Oltremanica son di certo più attenti, aggiornati e …  spregiudicati.

Con risultati  economico-finanziari lusinghieri. Che però sono apparenza. Perchè non bisogna far finta di niente quando si verifica che gran parte delle squadre di calcio d’Albione è  di proprietà estera. E non sempre raccomandabile. Visto che son danari che piovono  dalla steppa, dai deserti e da Oltreoceano, e che spesso, come i venti che li portano,  arrivano e se ne vanno.
Vedi il Chelsea, ad esempio, che il chiacchierato  oligarca russo ( si dice) stia per passare di mano.  Inoltre, se parliamo di stadi all’altezza, ricolmi e canterini, non c’è dubbio che i nostri ( tranne qualche eccezione) fanno la figura dei ‘sedotti e abbandonati’. E da mò, che ai ‘ bacucchi’ che dirigono il Paese e lo sport di questo Paese, si chiede di mettere mano ad una nuova ed adeguata generazione di impianti sportivi ! Che non sono più solo lo stadio, comunque profondamente ripensato, ma anche tutto quello che gli ruota attorno. Con grande profitto. E magna gradevolezza, per le casse della società, ma anche per gli appassionati che sono tanti e belli ma anche stufi della solita ( e spesso pericolosa) routine finita nelle mani di non si sa chi.

Detto questo, però, non è che la  tarda Serie A possa considerarsi meno che l’ agile Premier.
Son belli loro, siam belli noi ( sia pure con qualche acciacco). Sennò, che c’è venuto a fare il pluri medagliato Cr7 in un agone come il nostro? E’ rincoglionito o è venuto a sapere che per ragionar di storia non c’è ‘contesto ’ più accreditato del nostro? Lui di storia deve intendersi, eccome, magari più e meglio del  Messi da Recanati , accucciato da sempre e per sempre dentro un’amorevole  e sola  culla; o di quel genio maledetto del partenopeo Maradona, che per superare il meraviglioso Pelè   s’era  trasferito armi e bagagli da una grande di Spagna ad una media squadra del campionato italiano. Trasformandola d’incanto  da Calimero a Cigno. E siamo belli perchè sono belli i nostri campanili che rendono infuocate  e imprevedibili anche le diatribe più insignificanti. E i duelli più radicati. E i personaggi più impensati.

Da noi il gioco non è una ( estenuante) cavalcata di 90/100 minuti dietro una palla, da  noi  il ‘cencio‘  da strappare  sotto la torre del  Mangia è  ben altra cosa.  A volte esagerata. Ma che altrove manco immaginano. Soprattutto in Premier.

E infatti mentre quando si guarda una partita loro si pensa sempre a cosa gli danno da manducare, da noi , invece, ci si scervella per immaginare qual diabolico artifizio  frulli nella testa dell’uno o dell’altro dei contendenti. Perchè di ‘ punitio divina’  si può essere sempre colpiti quando men ce la si aspetta, anche per mano del più modesto in campo, tra un dettaglio e l’altro. Un articolo della ‘rosea‘ sembra voler restituire ( giusto)  valore e dignità al nostro (bistrattato) campionato.

Che non ha bisogno di copiare da alcuno se non da se stesso. Ricco com’è di ‘ mille identità tattiche’.
Che van da Sarri a Conte ad Ancelotti, tre maestri del mondo del calcio ‘ tornati a percorrere i domestici tratturi, e che nessuno offre con la stessa ricchezza agonistica e studia con tante soluzioni. Dal calcio d’estate – sottolinea la ‘rosea’,  che se non ci fosse bisognerebbe  inventarla – arriva la conferma di una varietà tattica unica: i nostri otto top club, per esempio, usano sei sistemi diversi. Quando lo stesso sistema offre spesso interpretazioni divergenti. Ma con un comune denominatore: la voglia di ‘ far’ gioco. Chi altri può offrire tanto?  e se nessuno può offrirlo, perchè  celebrare ( e arricchire) sempre l’orto del vicino e mai il nostro?

Lo scorso anno  squadre della Premier hanno fatto man bassa in  Champions e in Uefa. Dopo anni.
Forse per un altro ciclo (   l’ultimo  successo  inglese in Champions  l’aveva ottenuto il Chelsea nel 2011/2012,  bissando lo United del 2007/2008). Forse. C’è  però da ammonire che, tra le tante altre cose,  nelle 65 edizioni della Coppa dalla grandi orecchie fin qui disputate, 27 volte  sono arrivate in finale  squadre italiane.
Praticamente  un 45% ca, quasi a dire una edizione su due,  percentuale che non avrebbe necessità di commento se non per ricordare a smemorati e incolti che  ( in regime di libertà) si può celebrare chi, quando e come si vuole, senza però voler passare per cantori pindarici quando s’è null’altro che funzionari ( consapevoli o meno) di questo e quell’ uffizio.  O cari bacucchi, fateci quegli stadi, eppoi vedremo chi ( meglio) saprà  coprire di stelle ( e di sogni) le sue maglie e chi no.

 

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IL CALENDARIO 2019/2020. Inizierà il 25 agosto 2019  e finirà il 24 maggio  2020 il prossimo Campionato. Il nostro Campionato, che nonostante scarsa dirigenza, insignificante attenzione politica e stadi ancora del secolo scorso, resta il più ‘ duro e bello‘ al mondo per le sue intrinseche difficoltà  storiche, agonistiche  e caratteriali.
Attecchite e radicate all’ombra dei mille campanili. Addobbati da storie, personaggi, passioni che altrove manco si sforzano di capire. Danari  a parte. E se a dominare c’è n’è una su tutte, l’augusta  Signora di Torino, a rendere vivo fino all’ultimo secondo l’agone ci pensano le altre. Tutte le altre. Per un motivo o l’altro. Tutti validi. Tutti interessanti. Tutti da ascoltare.

E comunque tali da non farci dormire come invece capita in altri ( celebrati) tornei gemelli che già sotto l’albero di Natale, bene e spesso,  in questi ultimi anni, depositano  il pacco-dono d’uno scudetto ( risultato) anticipato. Il calendario ha tenuto conto, questa volta, di tanti distinguo. Che non stiamo a riprenderli. Ci sarebbe  da perderci la testa. Ci fidiamo. Ci affidiamo. Quel che estrapoliamo è che gli incontri tra le big five si disputeranno tutti in giornate diverse. Per quel che riguarda anticipi e posticipi invece bisognerà attendere la trattativa tra Sky e Dazn, che già lo scorso anno ha generato non pochi malumori. Tra i clienti Sky che dal tutto ( serie B compresa) dell’anno precedente si sono visti limitare ( sopratutto) gli anticipi.

Che dovrebbero restare tre anche l’anno prossimo, con fischio d’inizio per i serali alle ore 20,45. Per la Coppa Italia, infine, finale  in calendario per il 13 maggio.

 

LUCE DEL MARE.. Un anno è trascorso dal crollo del ponte Morandi a Genova.  Morirono nella circostanza 43 persone.  Mentre la ’ferita‘ continua a gettare sangue, nonostante si stia ( rapidamente) procedendo a rimarginarla con una nuova struttura firmata da un genovese che quando si tratta della sua gente non sta a cercare cittadinanze altrove. Il progetto sembra magnifico. Speriamo solo mantenga le premesse, magari sopravvivendo per oltre mille anni a venire. ‘ Studiavo a Milano, quando  costruirono il ponte Morandi - ricorda Renzo Piano, l’architetto progettista del nuovo grandioso manufatto -  che quando si scendeva a Genova era diventato un transito inevitabile.

Una lunga  passerella sul vuoto che odorava di mare. Senza mostrarti mai il mare, ma solo la sua luce’.
La misteriosa Araba Fenice  vuole che geni come Renzo Piano, senatore a vita, resti attaccato alla madre sua, la bella e sofferente Genova, un tempo regina del mare e scrigno finanziario dell’Europa, e ci riservi un progetto che per stile e originalità farà una volta di più stupire quanti ( non solo dalle nostre parti) hanno dato per scontato il tramonto del Belpaese.
” La Spagna - si legge sul Sole24Ore - aspetta da decenni riforme strutturali che dovrebbero rilanciare la competitività della sua economia… ( eppure)  ha dimostrato di saper resistere alle lacune della politica ( da 100 giorni è senza un governo) fornendo stabilità anche senza un governo sorretto da una chiara maggioranza”.

Infatti, roba da non credere, la sua economia cresce al ritmo più alto dell’ Eurozona confermando, trimestre dopo trimestre, la sua forza. Nonostante il rallentamento globale, il Fmi prevede per la Spagna una cresciuta del Pil pari al 2,1% nel 2019 e dell’1,9% per il 2020. Con la creazione in due anni di 800 mila nuovi posti di lavoro e il tasso disoccupazione ( pochi anni fa tra i più alti in Europa) in calo al 14%.

Da noi solo Emilia RomagnaLombardia e Veneto possono dire altrettanto.

E non basta.  Risultati incoraggianti sta riportando anche il ‘ piccolo’ Portogallo, che Moody’s transita da ’stabili’ a ‘positivi’, mantenendo il voto a ‘Baa3′ ( l’Italia, al momento, è ‘ Bbb’  con prospettive negative) Non procediamo. Del resto che gioia c’è? La peggior classe dirigente del Pianeta, o quasi, non autorizza voli diversi. Basti vedere il kafkiano ‘comportamento’  sul famigerato debito pubblico, che nessuno ( dicasi nessuno) riesce a ridurre significativamente per toglierci      ( finalmente) di dosso quella spada di Damocle che ci ‘ umilia’ , ‘avvilisce‘, ‘impigrisce‘, ora dopo ora.
La filosofia di Renzo Piano del ‘ pezzo per pezzo‘ che andrà ad applicarsi per il nuovo viadotto di Genova, ci sembra  null’altro che una  ( straordinaria)  ’ testimonianza del Made in Italy ai suoi massimi livelli, perchè, come continuano  a ripetere tutti gli attori ( quasi mille persone ai vari livelli di responsabilità) qui si gioca il riscatto dell’ Italian pride: l’onorabilità di quanti si ostinano a contrastare l’ideologia del declino giocando la nobile carta del ‘saper fare’ di cui, nonostante tutto, l’Italia è ancora maestra’.

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