Ravenna. Presentato alla Cassa il volume sui 50 italiani sepolti nel grande cimitero di Parigi.

Ravenna. Presentato alla Cassa il volume sui 50 italiani sepolti nel grande cimitero di Parigi.
Libro Ravenna

RAVENNA. Una affollata sala Bandini della Cassa ha ospitato nel pomeriggio di ieri la presentazione ufficiale (dopo la prima all’Ambasciata di Francia a Roma) del volume ‘L’Italia del Père-Lachaise che raccoglie testimonianze, ricerche e splendide immagini sui 50 italiani più noti sepolti nel famoso cimitero parigino.
‘ Un’opera straordinaria-  ha detto in apertura Giannantonio Mingozzi - alla quale abbiamo contribuito come ravennati nella memoria di Aurelio Orioli e di tutti i patrioti italiani’. La Console a Parigi Emilia Gatto ha ringraziato Ravenna per l’idea che ha dato origine al volume che contiene anche scritti e ricerche di Antonio Patuelli e Mingozzi.
Particolarmente toccanti le testimonianze di Sauro Mattarelli, orgoglioso dell’amicizia con l’antifascista e repubblicano Aurelio, e di Giorgia con i ricordi indelebili del nonno che ogni anno tornava a San Pietro in Vincoli. Giuseppe Alfieri si è detto onorato, come Fondazione Cassa, di aver contribuito ad un libro straordinario che a giorni sarà disponibile nelle librerie ravennati, Eugenio Fusignani ha sottolineato come, grazie a queste documentazioni, il Risorgimento ed il patriottismo italiano e ravennate siano fondamentali per le nuove generazioni e per una cultura civica sui valori della libertà e della Repubblica.

Antonio Patuelli ha ricordato che, ancora giovanissimo, nell’estate del 1980, presentatogli tramite colleghi della madre, lo venne a trovare a casa a Ravenna    un anziano mazziniano, originario di San Pietro in Vincoli (RA), Aurelio Orioli, fuoruscito antifascista alla fine degli anni Venti, riparato a Parigi, dove, contemporaneamente a Sandro Pertini, svolse anche umili lavori come quello di manovale muratore.
‘ Orioli era quell’estate in vacanza a San Pietro in Vincoli e, come ogni anno, sarebbe tornato a Parigi che era diventata la sua città d’adozione, dove aveva diritto anche a tutte le garanzie sociali che mi descrisse’.
‘ Orioli venne da me – ha raccontato il presidente Patuelli – per consegnarmi moralmente la custodia della tomba di Piero Gobetti (anch’egli fuoruscito a Parigi e morto poco dopo nel 1926) che Orioli stesso aveva custodito per circa mezzo secolo.
Rimasi sorpreso ed emozionato – ha proseguito Patuelli – per quell’atto di alta considerazione morale e, pochissimi mesi dopo, andai a Parigi, cercai Orioli di cui avevo solo l’indirizzo di abitazione, ma non il numero di telefono, che non possedeva. Reperii la casa ove abitava. Si affacciò una signora che parlava un italiano stentato, antico: era un’italiana, anch’essa fuoruscita nel ventennio, che mi indirizzò al luogo dove Orioli si tratteneva il pomeriggio per varie ore: un negozio di alimentari. Trovai Aurelio, con cui andai l’indomani a visitare il Père-Lachaise. Mi portò subito alla semplicissima tomba di Gobetti che effettivamente aveva bisogno anche di lavori di consolidamento.
Poi Aurelio mi fece compiere una lunga e molto interessante passeggiata in quel memorabile cimitero dove vi erano le tombe di italiani soprattutto illustri morti a Parigi: le spoglie di alcuni erano state, poi, traslate in Italia ed era rimasto il monumento o la lapide funebre, di altri vi erano rimaste anche le spoglie mortali. Si trattò di un viaggio nella storia più eroica dell’intransigenza morale e civile di italiani che non si arresero di fronte alle coercizioni, intimidazioni e violenze’.
‘ Orioli mi raccontò anche  delle complessità delle attività antifasciste degli anni Trenta a Parigi, che era capitale dei fuorusciti, e della povertà in cui vivevano: visitai anche la sua abitazione che era sempre la stessa da mezzo secolo: una casa di trenta metri quadri, dalle strutture deboli, fatta più da tramezzi che da muri. Le stanze erano solo due, la camera da letto e una minuscola cucina che al tempo stesso era anche soggiorno e pranzo. Il solo letto era autorevole: glielo aveva donato in eredità un altro mazziniano fuoruscito a Parigi, Cipriano Facchinetti.
Appena tornato in Italia andai, il 10 febbraio 1981, dall’allora presidente del Consiglio Giovanni Spadolini, che ben conoscevo innanzitutto come caposcuola di studi storici nell’Università di Firenze dove avevo studiato. Gli raccontai tutto quello che avevo visto e saputo da Orioli. Immediatamente, in mia presenza, dette disposizioni all’Ambasciata d’Italia a Parigi di restaurare e custodire a tempo indeterminato la tomba di Piero Gobetti.
Lo riferii subito ad Orioli che fu molto soddisfatto. Ora questa storia emblematica e tante altre – ha concluso il presidente Patuelli – sono racchiuse in questo bel volume di grande formato, pieno di indimenticabili significati innanzitutto morali’.

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