Milano. Scatta il Giro. Un ‘ amore infinito’, da Budapest a Verona. Con Girmay, eritreo di San Marino.

GIRO D’ITALIA 2022. Giù le mani dal Giro. In tanti, in troppi, durante questi ultimi anni passati da una pandemia ad una guerra nel cuore dell’Europa, vanno tentando di mettere il Giro all’angolo, ai margini dei grandi eventi sportivi, magari col dire che al mondo ‘ non tutti lo ambiscono’.
Solite cacchiate, come capita per altri ( invidiati) prodotti della casa dell’Araba Fenice, messi in difficoltà pur di dar corso ad altri di ben più infima storia e fattura. Il Giro s’ha da difendere. Tanto dai parvenues, quanto dai nababbi. Quasi un obbligo per chi fin dai primordi ha accumulato sangue blù in questa disciplina, quando altri, tanti altri, infiniti altri, delle due ruote non sapevano manco se erano tonde o quadre.
Al momento, i due o tre robot che vanno per la maggiore hanno preferito il ( ricco ) Tour al ( povero) Giro. Con questo volendo ( esplicitamente ) dire che la maglia gialla è più ambita di quella rosa. Altra cacchiata. Perché i lor signori, robotizzati e non, se vogliono lasciare qualche segno duraturo in questo sport, non possono esimersi dalla conquista di quella maglia rosa rilasciata dall’ Alma Mater del ciclismo.
Che lungo le sue strade, rallegrate dalle grida sorridenti dei tanti bimbi che le incorniciano ad ogni edizione, ha visto nascere e crescere una stirpe di corridori che non temono confronto.
Basta solo accennarli, anche in minima quantità: Guerra, Binda, Gira, Bartali, Coppi ( il più grande d’ogni tempo, non ce ne vogliano gli altri), Magni, Nencini, Gimondi, Moser, Pantani e Nibali. Con siffatta stirpe non consentiremo mica a qualche smemorato, o impudente, di farci scalare in secondo piano?
IL PERCORSO 2022. Parte il 6 maggio e arriva il 29 maggio, coprendo il mese più bello dell’anno, quello della rinascita o della natura materna, colorata e odorosa. Parte da Budapest e arriva all’arena di Verona, dopo 21 tappe ( 3.445 km). Che per la imprevedibile e fascinosa geografia della Penisola facili non sono anche quando scivolano su un cavalcavia.
A vestirsi di rosa non può essere che un gran pedalatore. Di quelli che, come altri dell’ultrasecolare passato, hanno scritto quelle pagine da leggenda che, più d’altro, vanno diffondendo la pratica dello sport su due ruote a pedale nei cinque continenti. Tra i favoriti c’è l’ecuadoriano Carapaz, che ama il Giro. Dire però se sarà lui a vestirsi di rosa a Verona è impossibile. Infatti, chissà quali inimmaginabili ‘sorprese’ tiene in serbo l’infinto amore del Giro d’Italia?
DALL’AFRICA. ‘ Io sono Girmay’, 22 anni, eritreo, vincitore della Gand-Wevelgem e ho un contratto annuo di 1,2 mln, che mi rende l’africano più pagato. Ho vissuto a Lucca e ora sto a San Marino. Dell’Italia ho sentito parlare chissà quante volte, visto che l’Eritrea è stata la prima colonia italiana nel Corno.
E così della ‘rossa’, il mito planetario a quattro ruote; e così del Giro. Riuscissi ad aggiudicarmi anche una sola tappa, i miei, ad Asmara, farebbero impallidire il trionfo che ho ottenuto nella classica belga.
Nella ph repertorio passaggio da Santarcangelo, quest’anno partenza della 18a tappa.