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Non solo sport. Le ‘ ballon d’or’? A chi altri se non al ‘nostro’ Jorgino? Scorrendo, tra ‘oriundi’ e ‘oriundi’.

Non solo sport. Le ‘ ballon d’or’? A chi altri se non al ‘nostro’ Jorgino?  Scorrendo, tra  ‘oriundi’ e ‘oriundi’. Pertinente l'omaggio dl nostro Presidente ai ' leoni di Wembley', così come quello del premier Draghi, che nocchiero migliore per mostrare agli Italiani come si può ( e si deve) uscire dal mare in tempesta non potevamo trovare. Nel novero hanno giustamente inserito anche Matteo Berrettini, 25 anni, tennista, volto bello e pulito, primo finalista azzurro in quel di Wimbledon. Se non altro per rammentare a quelli che i costumi antichi ( e la leggiadra Europa) hanno abbandonato, di tornare ad essere modelli di fair play , dicasi gentleman, per continuare a mostrare agli altri che si può vincere anche perdendo. Tra l'altro, fino a quella finale, tutti pensavano che ad inventare il calcio fossero stati quelli d'Albione, quando invece qualcuno è insorto rammentando a tutti che quel gioco ( riscoperto e regolamentato in età moderna) era un diffuso passatempo tra legionari romani già duemila ani fa. Non sarà per questo che l'ineffabile Eupalla ha provveduto a riportare le lancette della storia nella loro giusta posizione? Si va dibattendo su chi debba essere il ' ballon d'or' 2021. Ma se il riconoscimento va dato a chi più ha alzato la palma della vittoria, a chi altri meglio del nostro Jorgino, vincitore di Champions e di Europeo, ovvero ( Mondiale a parte) di quanto di più arduo e prestigioso oggi esista nel mondo del calcio e dello sport?A Maurito Icardi, attaccante, ex Inter, 'oriundo' argentino , qualche anno fa chiesero se volesse far parte della selezione azzurra. Lui, un poco indispettito, rispose: ' Lo sanno tutti che sono argentino'. A ben pensarci il suo non è l'unico ' caso' tra gli innumerevoli ' oriundi' che popolano ( spesso con grande successo) il mondo dello sport, e del calcio, di sentirli preferire, con una punta di occulta pena, che son ' questo' o 'quello', certo, ma tutto fuorchè Italiani. Perchè anche se 'oriundi', ovvero Italiani nati fuor della patria loro, al sangue non si comanda. Onorare la madre che ti ha accolto quando quella naturale altro non poteva, è certamente lodevole. Anche se ripudiar la prima non è generoso, nè possibile, visto che quel che sei è dono ( prima di tutto ) suo. A Maurito, che da quel che sappiano quando parla poche ne azzecca, forse a tanto nessuno l'ha portato a riflettere. Come invece ha fatto il 'nostro' Jorgino, 29 anni, 'oriundo' brasiliano, che quando mamma azzurra ha chiamato così ha risposto:' Sì, il Brasile mi ha cercato, è vero, ma questa volta ho visto che era l'Italia ad avere più bisogno'. E qui, scusate tanto, non sarà il caso di cominciare a chiarire al Mondo quanto l'Italia, quella che ha affrontato la pandemia affacciandosi a finestre e balconi con il sorriso e il canto, non è manco lontano parente di quella d'un secolo fa, allorquando si gettò in una guerra che ' non s'aveva da fare' con un alleato che 'peggio di così non poteva scegliere'. Ora è altra roba. Tant'altra roba. Che tornando a riallacciarsi ai secoli gloriosi vuol tornare a dare un contributo come pochi altri popoli potrebbero. Non stiamo ad elencare qualcosa, tanto tutti sanno, più o meno. Anche quel Maurito che ( fingendo di non sapere) non può ( certo ) ignorare quanto sia figlia prediletta dell'Italia la 'nostra' l'Argentina; paese importante in un continente importante che ( se non erriamo) manco s'era scoperto, se non ci fosse stato ( dapprima) un italiano a 'mostrarlo' e ( poi) un altro a 'nomarlo'.

LA CRONACA DAL DIVANO. ( dal 12  luglio al 18 luglio 2021 ).Pertinente l’omaggio dl nostro Presidente ai ‘ leoni di Wembley’, così come quello del premier Draghi, che nocchiero  migliore per mostrare agli Italiani come si può ( e si deve)  uscire  dal mare in tempesta non potevamo trovare. Nel novero hanno [...]

14 luglio 2021 0 commenti

Non solo sport. La Compagnia del Mancio campione d’Europa. Matteo, sai che hai vinto anche perdendo?

Non solo sport. La Compagnia del Mancio campione d’Europa. Matteo, sai che hai vinto anche perdendo? Nella festa che ha celebrato l'Italia campione d'Europa di calcio, c'erano tutti. A cominciare da quelle migliaia di morti deposti dentro camion militari avviati mestamente verso i luoghi di sepoltura. Ma c'erano anche quegli altri milioni di concittadini che, in angolo di Paese, con poche distinzioni, hanno cercato di reagire al morbo, con sofferenza, qualcuno riuscendo qualche altro no, e comunque cautelizzandolo col sorriso e il canto. E c'erano anche altri, d'ogni classe e genere, compresa quella folla infinita di miscredenti che continua a non credere nel Paese loro. E che dileggiano quando gli si parla di quell'Araba Fenice che da molto tempo deve avere spostato il suo nido in qualche sconosciuto anfratto del Belpaese. Pronto a rinascere, quando men se lo aspetta, meravigliando, sulle proprie ceneri. Sul calcio, ad esempio, che quivi è metafora di vita, questi ultimi ci davano per andati, dispersi, ormai ai margini del movimento. Per costoro avremmo dovuto tornar in blocco sui banchi di scuola ad apprendere dall'uno o dall'altro. Noi, che sulle nostre maglie, teniamo tanti di quei santi signacoli come nessun altro vanta. Noi. E però bastato un veggente capitano di ventura, certo Mancio da Jesi, a riportare il pendolo della storia al suo posto, dopo avere radunato una Compagnia di ventura non offerta al soldo di questo o quell'altro, come quei ( famigerati) professionisti mercenari, ma solo ed esclusivamente al servizio della Patria loro. Molti, infatti, in questi ultimi due o tre anni, si sono scervellati per comprendere qual razza d'armata avesse messo in campo quell' ex talentuoso giocatore che poca fortuna aveva avuto con le nazionali del suo Paese. Gliene hanno propinate di tutti i colori. La più parte senza capirlo. Ovvio. Tanto che quando parlava di vincere pensavano celiasse. Invece tanto detto tanto fatto, fornendoci ( tra l'altro ) un modello sportivo ed umano antico e nuovo insieme che riscopre valori quali la famiglia o il gruppo, disposto a ragionar col cuore, come in piccolo borgo o anonimo quartiere, e sempre pronto a reagire, e se del caso soffrire, pur di raggiungere un risultato che non è una coppa, o un assegno in banca, ma l'affermazione di una identità con i suoi valori più riposti e cari. E se volessimo alzare lo sguardo, una volta tanto, potremmo vedere che oltre al nostro Paese, ce ne sono tanti altri, pronti a dar vita ad una nuova grande nazione. Per realizzarla fra dieci, venti, trent'anni: chissà? Ma che dell'Italia ha, o avrebbe, per completarsi, inderogabile necessità come 'magister vitae' insegna. Qualche spunto dalla cronaca. Wembley potendo contenere 65 mila posti, era stato riservato ( democraticamente) per 55 mila ad inglesi e per 10 mila ad italiani. Parte del pubblico inglese ha fischiato l'inno di Mameli. Fuor dai cancelli c'è stato ( anche) qualche incidente, dove ( sportivamente) gli italiani non sono stati risparmiati. Non sapendo che tutto questo sull'animo di una Compagnia di ventura poco incide, anzi, sollecita l'orgoglio a compiere più ardita impresa. L'incontro è finito ai rigori come quello tra Italia e Spagna. Anche qui, inizialmente, tutto sembrava facile per i sudditi di Sua Maestà, che però ancora una volta non facevano i conti con l'oste, questa volta incarnato da ometti azzurri che tutto fanno fuorchè demordere. Alla fine è stato un plebiscito per il Gigio in porta, acclamato dalla Uefa quale miglior giocatore del torneo. Qualche giocatore inglese s'è tolto dal petto l'argento consegnato dalle autorità, segno che forse non sia stata la perfida Albione ad inventare il gioco del calcio. Infatti, si sa, che i legionari romani, duemila anni prima, lo usavano come passatempo, prendendo a calci una tonda od ovale vescica d'animale appositamente sigillata e gonfiata. Nella storica domenica un altro italiano è salito agli onori della cronaca, tal Matteo Berrettini, 25 anni, primo azzurro giunto in finale a Wimbledon. Davanti a lui il formidabile Nole, 0 Djoko, figlio di Serbia, figlio d'Europa, primo al mondo nel suo sport. Matteo ha fatto quanto poteva: dopo aver vinto il primo set, s'è battuto con onore contro un avversario che già è storia e leggenda di questa disciplina. In pratica ha fatto vedere che un italiano parto di questa nuova Italia sa vincere ma anche perdere. Senza schiamazzi, senza medaglie strappate, senza piagnistei. Ma solo con una naturale esultanza e un sorriso come esemplificato dal nostro grande Presidente. Maestà, non è che sia arrivata l'ora, per evitarLe ulteriori figuracce, di dire ai suoi di rivedere tanti inutili, ridicoli e anacronistici pregiudizi?

LA CRONACA DAL DIVANO. ( dal 10  luglio al 12 luglio 2021 ). Nella festa che ha celebrato l‘Italia campione d’Europa di calcio, c’erano tutti. A cominciare da quelle migliaia di morti deposti dentro camion militari avviati mestamente  verso i luoghi di sepoltura. Ma c’erano anche quegli altri  milioni di [...]

12 luglio 2021 0 commenti